Fingernails – “Fingernails” (1988) raccontato da Maurizio “Angus” Bidoli

Angus Bidoli – Chitarra e voce
Chris Bianco – Basso
Ricki Duracel – Batteria

Raccontare la storia di questo album ha il sapore tipico delle telenovele. Nel maggio dell’88 era da poco uscito il nostro primo singolo ufficiale per la compilation della Metal Blade Records e stavamo ancora festeggiando un risultato per noi impensabile fino a qualche mese prima, malgrado portassimo già da tempo problematiche legate all’uso incontrollato di droghe ed alcolici. Appena un mese dopo arrivammo ad odiarci e dividere le nostre strade come nella miglior (peggior) tradizione del RnR e decidemmo di sostituire il bassista (Marco Bomber, co-autore ed anche cantante), ingaggiando il mitico Chris Bianco, che aveva appena terminato l’avventura con la migliore metal band dell’epoca, i Raff .

Durante quell’estate tenemmo diversi concerti in giro per l’Italia e un pomeriggio, mentre rincasavo per ritirare la mia chitarra, sento squillare il telefono (non esistevano ancora i cellulari) e, seppur andando di fretta, decido di rispondere. Dall’altro capo un tizio si presenta come responsabile della Cobra Records di La Spezia, mi ricopre di complimenti per ciò che ha ascoltato nella compilation e vuole metterci sotto contratto pagando sia lo studio che due settimane di hotel e pasti. Dopo avergli detto che lo scherzo per me durava poco, riattacco convinto fosse la burla dei miei compagni che nel frattempo stavano aspettandomi in sala per le prove. Ovvio che Giorgio, resosi conto della mia incredulità, si riprometteva di spedirmi il contratto via posta per convincermi dell’assoluto suo reale interesse. Cosa che poi avvenne veramente.

All’epoca registrare un vinile era quantomeno impossibile e i Fingernails erano una band totalmente autonoma ed anarchica, per cui ricevere una richiesta del genere mi riportò fiducia nel business fino ad allora relegata a mero divertimento sfrenato con tutti gli additivi possibili: eravamo solo dei junkers, musicisti viziosi che non si rendevano conto che avremmo dovuto regolarci di conseguenza.

Lo studio di registrazione era all’interno di un impresa vinicola a Castelfranco Emilia, l’etichetta ci spediva i suoi gruppi per le produzioni, noi eravamo l’unica metal band di una label dedita al blues psichedelico e rock internazionale 60/70. Possedevano una grossa fetta di distribuzione sul territorio italiano (ma anche estero) e per noi sarebbe stata una svolta nel campo heavy italiano. Registrammo quattro brani che avevamo pubblicato nei precedenti demo e altre quattro tracce totalmente inedite. Il fonico di sala non era proprio avvezzo al rock, aveva lavorato principalmente con formazioni di liscio e l’unica band alternativa da lui conosciuta erano i Deep Purple, per cui ci chiese di portargli un disco per avere riferimenti più precisi sul suono degli strumenti. Mi presentai in studio con l’album “Reign In Blood” degli Slayer e lui ne rimase colpito dall’aggressività espressa, tant’è che entrò immediatamente in sintonia con i nostri brani e ne tirò fuori suoni incredibili a cui non eravamo abituati. Solo la presenza di chitarre e batteria (Chris era in ritardo a causa del lavoro) suonava già da dio e dovemmo ingegnare un suono per il basso ed inserirlo nel contesto già fortemente violento.

Durante la registrazione di “Let Me Know Why” ci accorgemmo che al rientro della parte solista eravamo già indirizzati nel finale, quando dovevamo invece cantarne un altra strofa come da arrangiamento deciso in precedenza, ma fu talmente perfetto che lo lasciammo terminare malgrado il brano risultasse poi più corto.

Al momento di registrare le parti degli assoli mandai in corto l’impianto, in realtà una corda della chitarra toccò la luce al neon che provocò un botto improvviso lasciandoci tutti al buio più completo, così quando ci occupammo di rimettere in sesto l’impianto, ci accorgemmo che la testata Marshall era andata. Dal magazzino il fonico tirò fuori un piccolo combo posizionando i volumi al massimo, cosa che avrebbe risolto tutti i dubbi sul suono, ma le disavventure non sembravano terminate: cercando di recuperare il cavo jack della mia chitarra incastrato sotto la porta, mi procurai una ferita fastidiosissima, un pezzo di legno si era conficcato nel dito indice della mano sinistra e dovetti eseguire tutti gli assoli tra fitte lancinanti e sangue che schizzava sulla tastiera.

Terminammo le registrazioni in soli cinque giorni, e quel sabato Giorgio si presentò in studio per assistere al missaggio, convinto che la nostra troppa fretta aveva compromesso il lavoro finale, ma si rimangiò tutte le sue paure quando ascoltò il prodotto per intero.

Vado fieramente orgoglioso del nostro album, giunto tutt’oggi ad otto ristampe in tutto il mondo, considerato uno dei migliori dischi metal italiani e uno dei lavori underground metal più venduti in Italia. Purtroppo, all’epoca quello che doveva diventare l’inizio di una grande carriera, risultò invece il canto del cigno che terrà il gruppo in naftalina per diversi anni prima di riprendere il cammino con risultati ottimali.

Maurizio “Angus” Bidoli
Fingernails – Fingernails (Cobra Records – 1988)
1 Intro
2 Dirty Wheels
3 Heavy Metal Forces
4 Kill the Rich
5 Let Me Know Why
6 Crazy for Blow Jobs
7 War Flames
8 Killed by My Hero
9 Total Destruction