Malombra – “The Dissolution Age” (2001) raccontato da Diego Banchero

Mercy – voce, effetti synth
Diego Banchero – basso, programming
Franz Ekurn – tastiere, pianoforte, archi, programming
Francesco La Roas – batteria, programming
Roberto Lucanato – chitarre elettriche e acustiche

I lavori relativi alla registrazione di “The Dissolution Age” iniziarono proprio a cavallo tra il secolo precedente e quello attuale. Io ne venivo da un periodo piuttosto faticoso, sia per problemi legati alla mia vita privata sia per aver consumato ogni forza vitale per completare il secondo album de Il Segno del Comando (“DerGolem”). Quest’ultimo lavoro mi aveva tenuto più di sei mesi in studio, giorno dopo giorno, fino a tarda notte e appena terminato mi ero sentito così stanco da pensare seriamente di smettere con la musica. Ai tempi in cui si registrava in analogico le cose erano piuttosto differenti da ora. Si prenotava lo studio e tutto restava impostato per quel disco fino alla fine dei lavori. Era necessario lavorare a ritmo serrato limitando al massimo le pause.

Detto questo, faccio un passo indietro di almeno un anno per poter raccontare dall’inizio le vicende relative a questo album.

Mesi e mesi prima c’era stato lo scioglimento della band di Malombra che aveva realizzato i primi due album. Un periodo di grosse tensioni a causa delle quali un disco quasi concluso era stato buttato nel cestino, dopo che le musiche erano già quasi totalmente registrate. Il motivo di tutto ciò era dovuto dal fatto che Mercy aveva avuto un grosso ripensamento e voleva dare una svolta stilistica decisiva ai suoi progetti (questa è almeno la versione dei fatti che io ricordi). Anche Il Segno del Comando era stato per un attimo accantonato e, in un primo momento, si optò per avviare una terza band. Si scelse anche il nome: Crime of Passion e iniziammo a scrivere brani e a vederci al CDM di Genova per lavorarci sopra. Dal punto di vista dello stile si era previsto di avvicinarsi al gothic, genere che in quel momento andava particolarmente forte e al quale eravamo da sempre legati. Dopo pochi mesi, però, qualcosa ci spinse a lasciare da parte questo progetto e a ripartire con le nostre due band principali. Il materiale composto fu diviso tra queste ultime e sviluppato per adattarlo ai rispettivi concept che si era pianificato di sviluppare. Cosi avevamo scritto e realizzato DerGolem con Il Segno del Comando. Il cambio della squadra dei musicisti di fiducia con cui collaboravamo ormai da qualche anno era stato sostanziale. I nuovi arrivati avevano iniziato a dare il loro contribuito anche a livello compositivo.

Anche per “The Dissolution Age” ci si affidò al Creativ Studio di Genova di Giovanni Guelfi (che già si era occupato di “DerGolem”), il quale prese in carico anche la fase di pre-produzione. Il materiale era scritto, ma le energie per le session di prova e tutto il carico di lavoro in studio erano venute quasi completamente meno. Quindi la Black Widow si fece carico di una spesa piuttosto consistente per l’epoca. Giovanni ci organizzava persino le prove prenotando uno studio in cui ogni cosa veniva registrata e si potevano via via operare le scelte definitive degli arrangiamenti.

Venne il giorno di passare alle registrazioni vere e proprie, dopo le quali lasciammo l’onere di seguire il lavoro di missaggio soprattutto ai nostri giovani collaboratori (Roberto Lucanato, Francesco La Rosa e Franz Ekurn) che peraltro avevano avuto molta libertà anche in fase di registrazione. Questi ragazzi fecero un lavoro molto buono anche se, forse, il risultato finale acquisì un taglio leggermente più speed metal di quanto si era immaginato in fase compositiva.

Questo disco fu ultimato con non poche fatiche, ma la sua uscita precedette di circa dodici mesi quella di “DerGolem”. Rimase comunque fermo per un anno dalla consegna del master alla casa discografica. Questo fu un problema che, a mio avviso, si ripercosse molto sul successo dell’opera. Infatti fu concepita in un momento in cui il movimento gothic metal era nelle fasi iniziali, ma uscì con troppo ritardo per poter incidere in maniera determinante in quell’ambito, pur essendo un album che a mio avviso ha un grande spessore. Forse, alla parzialità del successo di questo disco, incise anche il fatto di essere stato fatto in Italia.

Dal punto di vista dei testi si iniziò a trattare tematiche che furono, negli anni successivi, al centro dell’impianto filosofico di band come Recondita Stirpe, Egida Aurea e Ianva. Fu un album che espresse in pieno la voglia di cambiamento che, per alcuni di noi, non tardò ad arrivare e trovò il massimo compimento in ambienti piuttosto lontani da quelli in cui opera la Black Widow Records. Eravamo già attratti dal movimento neofolk che ci sembrava un canale di avanguardia che proponeva tematiche e intenti di ricerca e recupero ancora in buona parte insondati.

Questo album ebbe forse l’utilità di aprire la porta di un futuro differente per chi, come noi, iniziava a sentire stretto il mondo del darksound/prog. Come tutte le opere di passaggio lasciò molti fans con un po’ di amaro in bocca. Soprattutto coloro che si aspettavano un lavoro in linea con i primi due album della band. Ci si rese conto, però, di aver cercato di mettere in atto un lavoro di adattamento incompatibile con il nuovo percorso che si voleva compiere. Malombra non avrebbe mai potuto valicare determinati confini stilistici. Non avrebbe avuto senso. La stessa Black Widow non era interessata a rivolgere le proprie produzioni a certi ambienti con i quali non era, tra l’altro, minimamente collegata. Cosi si fece l’unica cosa sensata: si mise definitivamente fine al progetto.

Diverse le sorti de Il Segno del Comando che da sempre aveva mantenuto la sua identità. Si era costantemente evoluto ma senza snaturarsi. Infatti fu più semplice ripartire, dopo quasi quindici anni di pausa, nel 2013, preso atto del fallimento evidente di un filone artistico, quello del neofolk, che non aveva saputo evolversi e sul quale non aveva più senso investire (almeno per il sottoscritto).

Malombra, ad oggi, non ha mai accennato a riprendere le proprie attività. Se mai succedesse, a patto che a qualcuno, oltre alla Black Widow, possa interessare riavviare una progetto simile, penso che la strada più sensata sarebbe quella di fare un passo indietro rispetto a questo album. Lo dico pur avendolo amato molto.

Oggi io considero questa tappa della mia discografia come un passaggio importante per la crescita. Subito dopo questo periodo presi atto che era fondamentale fare un lavoro preciso sulle squadre con cui avrei lavorato in futuro. Commisi ancora molti errori e non fu possibile subito creare una rete di collaborazioni giuste, ma riuscii quasi da subito ad intraprendere un modus operandi volto a non persistere in quelle dinamiche automutilanti che sono la causa del fallimento di molti progetti, e soprattutto, presi totalmente in mano le sorti del mio destino artistico che prima avevo sempre lasciato, in parte, in mano ad altri.

Diego Banchero
MalombraThe Dissolution Age (Black Widow Records – 2001 )
Intro: The Useless Millennium
The Dissolution Age
Unknown Superiors
The Duncan Browne Song
Everybody Afterwards
The Anti – Sex
Venice Lido 1901
A Spiritual Waste
Mortal Despise Song
Misery Domine7
El Centro
The Lost Father
The Dissolution Age (Reprise)

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