Noctu – Super illius specula

Ancora una volta ospite sulle colonne virtuali de Il Raglio del Mulo Noctu, artista mai banale e sempre fonte di spunti interessanti di conversazione. Ovviamente, principale fulcro di attenzione di questa nuova intervista è l’ultimo album, “Super Illius Specula”, che ha proiettato la one-man band su nuovi percorsi stilistici e concettuali.

Ciao Simone, se non erro siamo alla nostra terza intervista, questo significa che la “macchina” Noctu è sempre in movimento. Come fai a mantenere così costante l’ispirazione?
Ciao Giuseppe! Si, se non erro è proprio la terza intervista. E Noctu continua, sì, continua a stupire anche me! Ma l’ispirazione può essere ovunque, se uno sa dove guardare. Io ascolto, osservo, leggo e poi valuto. Faccio le mie considerazioni e poi tiro le somme. Ci sono così tanti argomenti che si possono trattare a livello musicale che c’è solo l’imbarazzo della scelta. Ovviamente non tutti gli argomenti sono adatti per tutti i generi musicali, ma c’è un buon margine di scelta. Infatti non capisco perché molte band affrontano sempre gli stessi argomenti e sempre negli stessi identici modi album dopo album…

In qualche modo le tue muse in questi anni sono cambiate?
Più che cambiate potrei dire “ampliate”. Tutto ciò che passa nella mia mente lascia come un marchio indelebile, rimane come un archivio mnemonico in cui ogni dettaglio può essere “richiamato” in qualunque momento e aggiunto a nuovo materiale. Ed è un bene. Mi piace avere un personale bagaglio culturale! E ho bisogno di mantenere attiva la mia mente. Le mie patologie mi portano ad avere dei deficit cognitivi, perciò è imperativo “non dormire sugli allori”, come si suol dire…

Hai chiuso un trittico e stai aprendo una nuova fase con “Super Illius Specula”. Ci dobbiamo aspettare una nuova trilogia o questo album è un volume a sé stante?
La prima trilogia di Noctu è divenuta tale perché ho affrontato un argomento talmente ampio da non poter essere racchiuso in un solo album (a meno di non parlarne in modo molto superficiale). Ma ho deciso di non occuparmi più di trilogie. Realizzare la prima è stata alquanto sfiancante e, allo stato attuale, non avrei più la forza per gestirne un’altra. Inoltre, non mi piace ripetermi. Quindi “Super Illius Specula” è un album a sé stante, in cui l’argomento trattato si apre e si chiude nell’arco delle sei tracce.

Il nuovo concept su cosa è focalizzato?
Il nuovo concept prende ispirazione da un fatto realmente accaduto qui in Italia. “Super Illius Specula” è il nome di una Bolla papale redatta da Papa Giovanni XXII che portò, il 28 giugno 1424, all’esecuzione pubblica di una certa Finnicella, bruciata viva su una pira. Fino a quel momento gli aspetti legati alla stregoneria erano stati affrontati con molta superficialità dalla classe clericale. Solo i casi più evidenti avevano portato a delle vere e proprie esecuzioni, ma non ve n’erano stati poi molti fino a quel momento. Ma con questa nuova Bolla la Chiesa cominciò a fare sul serio. Anche il minimo sospetto veniva portato all’attenzione delle autorità competenti, perché la Chiesa ormai confondeva la stregoneria con la semplice eresia. Bastava che una persona avesse un pensiero differente da quello clericale per essere guardata con sospetto. E in pochi anni tutto andò peggiorando. Quello di Finnicella fu il primo tassello di una forte inquisizione che si espanse in tutta Europa e poi anche nelle nascenti comunità americane, grazie anche a Heinirich Kramer e al suo Malleus Maleficarum. Comunque, io ho preso ispirazione dagli avvenimenti che hanno portato alla morte di Finnicella e ne ho realizzato una rivisitazione in un contesto distopico e retrofuturista, ispirandomi anche alle opere grafiche di Hugh Ferriss. Questo perché ho voluto portare l’attenzione alla nostra situazione mondiale attuale, dove sembra che ad ogni angolo ci sia il pretesto per iniziare nuove battute di caccia a moderne “streghe”, ovvero verso coloro che tendono ad essere scomodi in quanto contrari alle nuove tendenze di vita che si stanno diffondendo a macchia d’olio in tutta la società. Siamo arrivati al punto che una persona non può più dire una sola parola senza il rischio di offendere qualcuno (e senza neppure averne l’intenzione). Siamo ormai ben lontani dalla parodia di Renato Pozzetto ed Eleonora Giorgi in “Mia moglie è una strega”. Se oggi ti azzardi a ridere di qualcosa che semplicemente trovi buffo e divertente, rischi di finire denunciato, o peggio…

Quanto c’è di autobiografico?
In realtà non molto. In quanto questo è un problema che, poco o molto, è affrontato in tutta la società. Io ho semplicemente espresso il mio disappunto verso questa situazione, che trovo a dir poco deplorevole, e che spinge sempre più in basso la qualità di vita e il quoziente intellettivo degli esseri umani. Troppo spesso vedo manifestarsi atteggiamenti e comportamenti che neppure le bestie manifestano tra loro… Ma ormai ho perso pure il desiderio di manifestare il mio disappunto in modo più evidente. Certo, la mia attitudine rimane la stessa. Ma come ho detto in altre occasioni, la società sta collassando su sé stessa a causa della sue stessa depravazione, e io sto solo aspettando che giunga la fine. Finire a discutere con qualcuno che non accetta il mio punto di vista e vorrebbe impormi il suo tacciandomi di essere razzista/omofobo/intollerante è apertamente controproducente. Anche perché io non ho mai puntato il dito contro nessuno. Ma non intendo cominciare ad accettare cose che ho sempre considerato sbagliate e contro natura solo per fare piacere a qualcuno. Io non giudico le persone. Sono solo in disaccordo con certi modi di vivere. Punto.

Al di là dei nuovi orizzonti tematici, ho notato anche alcuni cambiamenti stilistici, me lo confermi?
Certo che ci sono stati dei cambiamenti. Fa parte della mia natura musicale evolvere il suond delle mie produzioni. Come ho detto prima, non mi piace ripetermi. Già a partire dalla prima trilogia, benché gli album abbiano delle atmosfere comuni, ci sono delle differenze, alcune piuttosto evidenti, altre meno. Ma ora, essendo “libero” dal concetto di trilogia, ho allargato maggiormente lo spettro sonoro delle mie composizioni, non solo nel modo di comporre, ma anche per il tipo di strumentazione usata. Prima ero un po’ “confinato” in sonorità ascrivibili al metal estremo e alla dark ambient. Ho preso spunto da altre band e artisti di questi ambienti, come Nortt, Mournful Congregation, Atrium Carceri e simili. Questo perché il Metal è stato il mio primo interesse musicale dall’età di 6 anni. Ma già da metà anni ’90, ossia quando ho cominciato a suonare la chitarra, lo studio per la tecnica esecutiva mi ha portato ad interessarmi anche di altra musica. Anche amici e alcuni parenti anni contribuito a questo ampliamento d’interessi. E col tempo la volontà e la curiosità di scoprire nuovi campi musicali da sondare mi ha portato ad ascoltare moltissima musica tralasciando il concetto di “genere”. Blues, Jazz, Country sono tra le varietà sonore che più apprezzo, ma non sono le uniche. Così non ho più avuto problemi a passare da un disco Metal ad uno di Miles Davis o John Coltrane. Oppure da B.B. King a Johnny Cash. E questo solo per citare alcuni artisti che hanno fatto la Storia della musica. Ma scavando in profondità sono arrivato a scoprire band ed artisti contemporanei che mi hanno aperto nuovi mondi e nuove possibilità, come Bohren & Der Club Of Gore, Dale Cooper Quartet, Alan Jackson, Willie Nelson, Chris Bell, Gary Moore per citarne alcuni. Ma potrei continuare per ore… Quindi, ora che ho pure acquisito una maggiore capacità d’espressione con i miei strumenti, è stato per me normale incorporare vari orizzonti sonori. Infatti, in questo nuovo album sono partito ancora dal Doom Metal, ma tralasciando un po’ la “forzata” ossessività del Funeral in favore di trame più melodiche dal mood malinconico e drammatico. Questo mi ha permesso un maggior uso di arpeggi armonici ed assoli, alcuni che rimandano a certo Death melodico, altri al Blues più malinconico. Ma probabilmente il maggiore “innesto” sonoro è da dato dal Noir Jazz, dal quale ho “ereditato” anche un certo modo di comporre “scomposto” con ritmiche e melodie che vanno al di là del canonico 4/4.

Questi cambiamenti li ritieni un atto di coraggio, un uscire dalla comfort zone, oppure si tratta di un passaggio inevitabile nella crescita del tuo Iato artistico?Mah, direi un po’ tutti e due. Come dicevo prima, per me è normale ma anche indispensabile apportare dei cambiamenti nelle mie composizioni proprio per una crescita artistica. Ma è innegabile che ci voglia anche una buona dose di coraggio per portare avanti questa crescita. Non tutti i musicisti hanno il coraggio necessario per affrontare dei cambiamenti e per diversi motivi. In parte perché hanno paura di fallire modificando il loro approccio nella composizione. Un altro motivo (e questo soprattutto per quelli che della musica ne hanno fatto il loro business) è la paura di cambiare o modificare creando qualcosa che non piace al loro seguito di ascoltatori e quindi perdere in termini di vendite. I fan sanno essere esigenti e spesso ho letto commenti di alcuni di loro che vorrebbero che le loro band preferite creino album sempre simili tra loro, forse perché sono i primi ad aver paura di uscire dalla propria confort zone. Però io mi chiedo che gusto ci sia nell’ascoltare 10, 20 o più album tutti simili tra loro. Capisco mantenere una radice comune nel proprio modo di comporre. Di sicuro non è stato bello vedere certe band snaturare totalmente la propria natura artistica (avrebbero fatto meglio a cambiare anche nome), ma trovo palloso e privo di stimoli il dover ascoltare una discografia sempre fine a sé stessa. Se è vero che la verità sta nel mezzo, allora lo è di sicuro da un punto di vista musicale. Si dovrebbe avere la capacità di evolvere mantenendo al contempo un forte legame con il proprio retaggio culturale. Per quanto mi riguarda, io non ci vivo di musica, in termini economici intendo, quindi non ho il patema di accontentare a tutti i costi dei fan accaniti. Tra l’altro sono partito con un dei generi sicuramente meno commerciali, e anche le varianti inserite non sono comunque tra le quelle più in voga. Ma non ho mai voluto accontentare prima gli altri. Quello che suono deve piacere prima a me. L’unica difficoltà è trovare delle etichette discografiche serie per produzione fisica e distribuzione. Ma quello per me è ormai estremamente relativo. Se il mio punto focale fosse stato vendere avrei sicuramente scelto di suonare musica più commerciale, anche restando nella scena Metal, come hanno scelto di fare quelle band che, di fatto, riescono a vivere di musica, ma che in primis devono accontentare il loro pubblico scendendo a compromessi con le mode del momento. Ma no, non fa per me…

Hai collaborato con alcuni artisti per il disco, ti andrebbe di presentarli?
Ebbene si! Questa volta ho messo da parte la mia indole di misantropo per accettare l’aiuto di altri musicisti fuori di testa (ma geniali!) che come me hanno un approccio tutto particolare alla materia musicale. Izzy OP De Beeck è la mente dietro al sound di flicorno e tromba. Un belga che, come me, spazia attraverso diversi stili musicali e incrociandoli senza timore alcuno. Mi trovo davvero bene a collaborare con lui, tanto che abbiamo realizzato un nuovo progetto insieme, che parte dal Noir jazz incorporando elementi di altri generi musicali creando uno stile unico. Abbiamo già pronto l’EP d’esordio (che dovrebbe uscire sotto etichetta). Il progetto è chiamato The Midnight Shade e c’è un Bandcamp per chi volesse ascoltare l’EP. Adriano Vincenti, il deus ex machina dei Macelleria Mobile di Mezzanotte (e di un’infinità di altri progetti affini), che ha partecipato con una sezione di Industrial Dark Ambient in uno dei brani. Anche lui è ben lontano dalla paura della sperimentazione e il suo retaggio lo precede. Ha aggiunto un tocco di classe alla materia oscura dell’album spingendo ancora più in là il concetto di evoluzione in un contesto molto tradizionalista come quello Metal. C.D. non è un vero ospite dell’album in quanto si tratta di un turnista italiano che ho contattato per la parte di sax tenore, parte che, a differenza degli altri ospiti, ho scritto io. Il sax tenore è uno dei miei strumenti preferiti e, dopo averne ascoltato l’uso fatto di questo negli album dei Carpathian Forest, ho capito che è uno strumento molto versatile e che non deve essere limitato ai contesti Jazz. In ultimo, ma non ultimo, il mio Grande Amico Justin Hartwig dei Mournful Congregation. Ha suonato la chitarra solista in uno dei brani dell’album e il suo timbro si sente al primo colpo. Non credo che lui abbia bisogno di presentazioni. E’ letteralmente una leggenda vivente. Fa “cantare” la sua chitarra come pochi altri artisti a questo mondo e ha un piglio melodico tutto suo, ormai un trademark riconoscibile senza pari! Ringrazio tutti questi artisti che con il loro assoluto genio hanno reso memorabile questo nuovo album. Senza il loro indispensabile contributo non sarei riuscito a raggiungere quello che sono convinto essere il picco creativo per Noctu. Inoltre, vorrei ringraziare mia moglie, perché se riesco ancora a trovare la carica e il desiderio di spingermi sempre oltre è anche grazie al suo aiuto, al suo continuo supporto e amore incondizionato. Lei esprime la forza emotiva e spirituale che mi dà l’energia per andare oltre l’ostacolo delle mie patologie e realizzare arte al di là di ogni confine apparentemente invalicabile. Un grazie di cuore.

Le tue prossime mosse?
Questa probabilmente è sempre la domanda a cui è più difficile rispondere, perché non si può prevedere il futuro, neppure quello più immediato. Comunque cerco sempre di stare in movimento. Come dicevo prima, ho realizzato un nuovo progetto con Izzy, basato sul Noir jazz come struttura di base, e del quale abbiamo già pronto un EP, ma io sto già lavorando al primo full-length. Poi, all’inizio di questo 2024 ho ristanato il mio primo vero progetto, chiamato Dusk, e che quest’anno, con il quarto album in studio, ha segnato il ventennale di carriera. E’ un progetto che ha avuto i natali nella nascente scena Depressive Black Metal, ma a distanza di vent’anni, ha incorporato elementi di Doom classico, Blackgaze e altri stili accomunati dal senso di tristezza e malinconia. Un’ottima valvola di sfogo! Ho da poco rilasciato un nuovo particolare EP con il mio progetto Vampyriia, dopo la pubblicazione del primo full. Ho rilasciato il primo full anche di un nuovo progetto chiamato Mekrahkth, un Black Metal rozzo e atmosferico con un piglio cerimoniale che esula dai soliti schemi di genere. Questo è in sostanza il presente delle mie produzioni. E per il futuro vorrei continuare a produrre nuovo materiale con questi progetti che, col tempo, mi hanno regalato molte soddisfazioni. Riguardo Noctu è troppo presto per dire cosa farò in futuro. Sicuramente se farò un nuovo album, sarà diverso da quello appena pubblicato, sia in termini tematici che sonori. Ma per la testa ho solo qualche briciola di idee… Ad ogni modo, il prossimo anno cadrà il decennale per Noctu, quindi vorrei realizzare qualcosa per chiudere il cerchio. Si vedrà…

Grazie di tutto
Grazie a te per questo ennesimo spazio che mi hai dedicato. E’ stato un onore e un piacere.

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