
Paolo Merenda – Batteria e voce
Davide Peglia – Basso
Firmammo per la Sana Records di Bussero nel 2001. Il contratto prevedeva la stampa di 1000 copie a carico dell’etichetta, di cui 200 spettavano omaggio alla band come “rimborso spese di registrazione”. Non mi ricordo la durata del contratto, ma prevedeva l’opzione di ben tre album.
I classici contratti di pubblicazione citavano inoltre possibili guadagni su passaggi radio, acquisizioni da parte di etichette più grandi e roba del genere. Prevedevano poi una specie di obbligo promozionale fatto di presenze radio, tv e live. Spoiler: non guadagnammo mai nulla da tutto ciò. Inoltre alcune di queste clausole spaventarono il nostro cantante, futuro neo-sposo, che lasciò la band.
Fu così che, con l’ennesimo cambio di line – up (ci si riempirebbe una pagina con l’elenco degli ex membri K.d.M.), decidemmo di cambiare anche direzione musicale. Fino a quel momento suonavamo ska – punk o ska – core. I pezzi ultimamente già stavano diventando sempre meno ska, anche se il nostro ex cantante non era favorevole, per cui decidemmo per una svolta definitiva e radicale.
Comunicammo all’etichetta il desiderio di non mandare in stampa “Greatest shits”, ossia quello che sarebbe dovuto essere il nostro primo album. Grazie a quell’album avevamo firmato il contratto. Doveva intitolarsi in quella maniera perché comprendeva rivisitazioni di pezzi usciti nel demo, insieme ad inediti e alle tracce splittate su vinile con una band locale e una tedesca.
Nel giro di poco tempo buttammo giù alcune nuove idee e ne arrangiammo altre. Andrea (chitarra) ed io (batteria) decidemmo di alternarci alla voce assestando quindi la formazione in un power trio. Andrea cantava in maniera melodica, io urlavo rozzamente. I testi, fino a poco prima festosi o composti da slogan, stavano diventando delle sottospecie di poesie ermetiche in bilico fra i Sottopressione e Ungaretti.
La canzoni, diventate parecchio più veloci, si esaurivano nell’arco di massimo 90 secondi. All’interno di ogni pezzo c’erano però diversi cambi ritmici, parti di chitarra piuttosto inusuali per un disco hardcore (vedi la rumba di Astrattismo), urla alternate a melodie e sostanzialmente parecchia rabbia. Stavamo nettamente passando dalla nostra epoca “cazzona” a quella “matura”, sia in senso artistico che nella vita di tutti i giorni. I K.d.M. nacquero quando ancora non eravamo entrati nel mondo del lavoro, per cui la nostra musica stava cambiando al ritmo dei turni in fabbrica o al bancone di un bar.
Quando ci sentimmo pronti per registrare lo comunicammo all’etichetta che ci indicò uno studio convenzionato. Andrea era prossimo nel diplomarsi al conservatorio per cui, poco prima di entrare in studio, si sarebbe dovuto assentare per frequentare un seminario di musica classica, con tanto di saggio e valutazione. Appena concluso il seminario ci avrebbe raggiunto.
Il fonico ci sembrò inadeguato fin da subito. Quando ci raccontò di essere membro di una tribute band tutta al femminile iniziammo a preoccuparci seriamente. Decidemmo di registrare in presa diretta e senza metronomo, per essere più possibile veloci e spontanei.
Nel giro di poche ore avevamo terminato le takes e, visto che Andrea aveva ancora appresso la chitarra classica, lo esortammo nel farci ascoltare il pezzo che aveva portato al saggio. Ci sembrò talmente assurdo e entusiasmante che lo registrammo per ficcarlo in fondo al disco col titolo “Spazi vuoti inespressi”.
Mixaggio e mastering furono un parto. Il fonico non sembrava in grado di tirare fuori un buon risultato soprattutto dal mastering. Ci mandò diverse prove con suoni deformati dal voler spingere in uscita il volume, fino a che gli consigliammo di evitare di “pomparlo”. E anche così il risultato fu piuttosto disastroso. Il disco suona ancora oggi parecchio male rispetto agli standard delle uscite di quegli anni: suoni grezzi, mixaggio mal combinato, volume in uscita ridicolo. Sembra un prodotto non professionale, realizzato da un amico o da uno stagista alle prime armi.
Quando presentammo il disco finito l’etichetta ci voleva negare la pubblicazione. Il motivo principale era che mentre “Greatest shits” presentava 40 minuti di rassicurante e post adolescenziale ska – core, “Disfunzione” conteneva 14 pezzi furiosi, durava meno della metà del precedente e, come se non bastasse, suonava pure male.
Il boss della Sana Rec. decise così di inserire come ghost track l’intero album precedente (quindi la ghost track durava il doppio rispetto all’album stesso!). Visto però che il primo album era masterizzato a regola d’arte usciva ad un volume esagerato rispetto al resto del cd. Il prodotto, già così fantascientifico assunse connotati ancora più grotteschi.
Per la grafica non avevamo la più pallida idea di come e cosa tirar fuori. In precedenza ci eravamo rivolti ad un amico disegnatore per caricature e disegni di Pacciani in chiave comico – grottesca, ma naturalmente ora non si adattavano più al nostro stile.
Dopo diverse prove, un amico, ci propose l’immagine di un carro armato presa da non so quale situazione di conflitto. E per motivi che ad oggi mi risultano oscuri ci piacque quell’idea. Consegnammo così le grafiche ad una litografia che doveva occuparsi della realizzazione delle pellicole. Il contratto discografico prevedeva infatti che non solo la grafica, ma anche la stampa delle pellicole serigrafiche fosse a carico delle band.
Quando il litografo mi disse che avrei potuto risparmiare realizzando solo due pellicole anziché quattro accettai di buon grado. Per questo la grafica, oltre ad essere brutta e sgranata, risultò in solo nero e magenta. Se avessi speso qualche soldo in più avremmo avuto perlomeno una stampa in quadricromia anziché bicromia.
Nonostante questa somma di errori e esperienze fantozziane, riuscimmo a collezionare buone recensioni di “Disfunzione”. Mi ricordo in particolare l’uscita su “Tutto”, una rivista a tiratura molto alta per l’epoca, che lodava le qualità del disco pur non capendo la motivazione della ghost track. La traccia “Ieri” comparve poi sul cd sampler di un Rock Sound – speciale punk.
Le vendite però risultarono ridicole, nonostante il disco fosse distribuito da Audioglobe, e i live erano pochi. Altroché presenze in radio e tv… facevamo fatica a trovare live nei centri sociali. Essendo poi diventati un gruppo hardcore a tutti gli effetti, ci pregiudicammo tutta quella fetta di pubblico che stava seguendo la rinascita del punk rock italiano di Derozer, Porno Riviste prima e Peter Punk, Moravagine dopo, o l’evoluzione dello ska-core trainata da Persiana Jones e Shandon.
I nostri fratelli maggiori (nonché concittadini e parenti, visto che il loro batterista è fratello del nostro chitarrista) Duffy Punk inanellavano successi sia di pubblico, aprendo live dei Persiana, che di vendita, uscendo per Uaz Records. Noi ci limitavamo ad aprire i loro concerti nei centro sociali, lasciando il pubblico indifferente, se non schifato dai nostri nuovi pezzi.
Suonammo soltanto un paio di volte nel milanese grazie all’etichetta, come opening di festival punk rock, ma non trovammo praticamente riscontro.
Dopo l’uscita del disco cercai di costruire un’amicizia con Dario della Tube Records, perché nutrivo molta stima nei loro confronti. Erano riusciti a costruire un seguito entusiasmante di pubblico ai loro festival e le loro band vendevano migliaia di copie. Sognavo quindi di poter un giorno passare alla Tube Records, ma non ci riuscii mai. Anche perché i K.d.M., un paio d’anni dopo l’uscita di “Disfunzione” si sciolsero, senza nemmeno terminare il terzo album previsto da contratto.
Chiuderei quindi con una citazione proprio di Dario che, dopo aver ascoltato “Disfunzione” commentò: – Uno dei dischi punk più interessanti dell’anno, con la registrazione peggiore degli ultimi 20.
Paolo Merenda

Momenti
Egorinuncia
Dissenso
Sfumature
Ien
Missione
Istinto
Chi Sono
Astrattismo
Tratto
Significare
Egioga
Loro
Spazi Vuoti Inespressi
Rumori (Peggio Punx)
Ghost Track