Paolo Merenda è un artista versatile: salta dalla musica alla scrittura con naturalezza e coerenza. Ma non solo, la sua vena camaleontica viene confermata dalla miriade di band, stilisticamente differenti, in cui è coinvolto e dalla notevole produzione letteraria che va dalla saggistica alla narrativa per bambini. Se c’è un’opera, però, che in qualche modo riesce a catturare entrambe le versioni di Paolo (musicista e scrittore) è “Break – Confessionale Punk” (Gonzo Editore), volumetto che al proprio interno contiene 50+1 mini-racconti e un CD.
Ciao Paolo,se non erro ci siamo sentiti l’ultima volta ai tempi del tuo esordio come autore per bambini con lo pseudonimo Paul Snack, come è andata l’esperienza “Il magico videogame”?
Ciao! Sì, in effetti non pubblicavo carta da parecchio tempo. Sono stato impegnato fra problemi lavorativi e familiari, per cui ho preferito impiegare il poco tempo libero dell’ultimo quinquennio principalmente suonando. Ho pubblicato infatti parecchio materiale musicale, a differenza di quello cartaceo. Quel libretto alle fiere vende bene, parliamo sempre di piccoli numeri e di microeditoria. Non essendo un racconto “rassicurante” non è facile per una insegnante proporlo come lettura facoltativa, ne parlavo proprio pochi giorni fa con una persona del mestiere. Purtroppo la tendenza dei genitori è un po’ quella del padre di Siddharta…
Darai un seguito alla tua produzione per bambini?
E’ un mercato molto difficile. La maggior parte dei libri che escono per editori specializzati sono realizzati “su commissione” dagli autori e si punta sulla produzione seriale dal successo di Geronimo Stilton. Ma io non voglio piacere a tutti e mi guadagno da vivere diversamente, per cui non sono disposto ad accettare troppi compromessi. In conclusione: per ora non ho più pubblicato libri per bambini. Se capiterà, con la giusta motivazione e il giusto editore, però potrei farlo (ho ancora materiale nel mio hard disk).
Da poco è uscito il tuo nuovo libro, “Break – Confessionale Punk”, contenente 51 micro-racconti. Come è nata questa raccolta?
Il “micro-racconto” è una idea che mi frulla in testa da anni. Volevo qualcosa che stesse nello spazio di un biglietto da visita (deformazione professionale) che però fosse di senso compiuto (non aforismi, poesie etc…). Sul sito di “Inchiostro Sprecato”, un progetto letterario autoprodotto che ho ideato insieme ad altri amici del giro punk, abbiamo creato uno spazio per i “Racconti da visita”, alcuni scritti da autori noti. Dopodiché ho cominciato a lavorare ad una mia raccolta di storie, partendo dalla prima uscita sul nostro facebook. Ho proposto l’idea a Gonzo (che ho conosciuto grazie all’amico Vincenzo Trama, a cui è dedicato l’ultimo racconto) quando ancora era in fase embrionale (pensavo nessun editore mi prendesse sul serio), dopodiché abbiamo lavorato per definire e sistemare il tutto. Ci abbiamo lavorato per un annetto, il libro sarebbe dovuto uscire per la Fiera di Torino del 2020, poco prima del mio 40esimo compleanno, ma causa pandemia siamo arrivati a gennaio 2021. Ci tengo a menzionare il lavoro molto professionale di Gonzo, sia a livello di grafica/ ideazione che a livello contrattuale.
I racconti sono tutti inediti e scritti appositamente per questo libro o parte del materiale proviene dal tuo archivio?
Avevo da parte circa 65 racconti, di cui ne abbiamo selezionati 51. Alcuni sono “reprise” – avrai riconosciuto in “L’artigiano” l’ossatura del plot narrativo di “Magico Videogame” – ma perlopiù si tratta di storie scritte apposta per la raccolta e con la stessa tecnica (750 battute spazi inclusi, divise in 3 paragrafi).
Leggendo queste 51 schegge ho sempre avvertito una sensazione di tristezza, quasi di rassegnazione, anche nei momenti più spensierati. Si tratta di una mia impressione o è effettivamente così?
Hai perfettamente ragione. Penso che sia radicata in me ormai questa sorta di malinconia perenne. Anche quando scrivo un pezzo non mi esce mai “fun-fun-fun”. Penso che un po’ derivi dal mio essere “mandrogno” per cui esperienza e background hanno influito sul mio carattere. Inoltre quando ricordo l’adolescenza penso a qualcosa di magico e che non tornerà (anche se in realtà le problematiche erano parecchie). Credo che un po’ della causa sia la nostra memoria selettiva, che tende a ricordare soltanto i momenti piacevoli, ma parte di questo atteggiamento deriva anche dal fatto che ben pochi adulti vivano spensierati come bambini. A me è sempre piaciuto scherzare, prendere e farsi prendere in giro, ma lo humour non è per tutti. Il “mandrogno” poi usa spesso uno humour cinico, secondo me vicino a quello inglese. Anche per questo probabilmente il mio autore preferito rimarrà sempre Dahl. E forse sempre per questo motivo “Break” come il “Magico Videogame” non sono libri per tutti. Ma d’altronde non voglio piacere a tutti e, come già dicevo, non devo pagarci il mutuo con i libri.
Siamo abituati ad immaginare il punk come un movimento, per quanto di periferia, legato alle grandi città. Ma c’è anche un punk di provincia, e tu ne sei il cantore. Mi daresti la definizione di punk di provincia? In cosa si differenzia da quello metropolitano?
Beh, non oserei definirmi il “cantore” del punk di provincia. Prima di me libri come “La città è quieta” di Carlo Cannella hanno avuto molto più successo e molti altri autori sono più conosciuti di me. Detto ciò, per definire il punk di provincia bisognerebbe definire prima il punk, che secondo me non me non è granché definibile. Posso dire soltanto che io amo la provincia e, da qualche anno, la vita di campagna. Da noi puoi vivere in mezzo a un bosco ed essere comunque a 5 km. dal centro storico e questo trovo sia un punto a favore della provincia. Inoltre il costo della vita ad Alessandria è decisamente basso, anche se abbiamo diversi punti negativi: l’alto tasso di inquinamento, il degrado in cui la città è decaduta negli ultimi anni e la delinquenza legata al mercato dello spaccio e della prostituzione. Posso aggiungere soltanto che fare musica alternativa in provincia è sempre stato difficile, mancano spazi, non c’è una “scena” alternativa etc… poi in un periodo come questo mi sembra ormai fantascienza parlare di live. Comunque sia parecchie band di Alessandria, di diversi generi, sono riuscite ad affermarsi all’estero pur essendo ben poco considerate in città.
Alla luce della tua definizione di punk di provincia, quanto c’è di autobiografico in “Break”?
C’è sempre molto di autobiografico in quello che scrivo. A volte esagero i toni come nella tradizione dei “tall tales”, ma principalmente parlo di esperienze vissute: sia per essere più credibile, ma anche perché diversamente non saprei come fare. Ho sempre avuto ben poca fantasia, fin da bambino vedevo altri creare con l’immaginazione fantastiche storie e disegni: a me non usciva mai nulla. Sarà anche per questo che sono ancora legato ai fumetti, molto presenti in “Break”. Il disegno mi ha sempre affascinato, trovo che sia una forma d’arte molto elevata, ma sono totalmente negato.
Il libro contiene anche un CD, di che si tratta?
Ho pensato al “bonus cd” principalmente per dare un valore aggiunto al libro “magro” di pagine. Ci tenevo poi a fare uscire queste tracce (originariamente pensate per il mio progetto A.S.E.) che non si sono concretizzate su disco a causa di problemi della line-up. Ultimamente ho ascoltato parecchie “One-man-band” ed è nata così l’idea di rivisitare le tracce in una versione più grezza e suonabile da solo. Ho registrato in un paio d’ore, in presa diretta, suonando con gli arti inferiori charleston e cassa, mentre con i superiori cercavo di fare del mio meglio per andare a tempo con la Telecaster, aiutato anche da un fuzz in alcune parti. I temi delle canzoni sono poi in linea con i racconti, per cui penso che il cd sia un complemento ideale. Gonzo anche in questo caso si è dimostrato subito disponibile ed ha pensato bene di creare un allegato “artigianale” in puro stile d.i.y. masterizzando e incollando uno ad uno i cd sul retro del libro.
Già che stiamo parlando di musica, c’è qualcosa che bolle in pentola su quel versante?
Come One-man-band avrei voluto suonare per strada e nelle librerie a supporto di “Break” (ovviamente causa pandemia non l’ho ancora fatto), dopodiché sto continuando a suonare punk con il progetto “Bag of Snacks”. Il primo 12” è uscito durante il lockdown di aprile 2020 co-prodotto da diverse realtà italiane ed una americana. In queste ultime settimane invece ho iniziato a provare con un quartetto country/folk/blues (2 acustiche, contrabbasso e percussioni). Sono appassionato di musica e cultura country ormai da 20 anni, per cui trovo sia una esperienza entusiasmante. Con loro stiamo rivisitando alcuni brani del cd allegato a “Break” in aggiunta ad inediti e cover, sperando un giorno di suonare live.
