Abbiamo contattato Grym Hünter, chitarrista degli italiani Draconicon, per parlare dell’ultima fatica della band, “Pestilence”, da qualche giorno fuori per Inner Wound Recordings. Un disco che vuole essere un passo avanti rispetto all’esordio “Dark Side of Magic” e che evidenzia la volontà del gruppo di staccarsi da certi cliché del power metal odierno.
Benvenuto, dal 17 novembre è fuori il vostro secondo album “Pestilence”, un lavoro che ritengo più definito e maturo rispetto “Dark Side of Magic”. Quali sono gli aspetti, se ce ne sono, del vecchio dico su cui avete lavorato per far fare un passo avanti alla band?
Ciao a tutti, innanzitutto grazie per l’opportunità. Rispetto al primo abbiamo voluto fare un passo in avanti sul songwriting e sulla ricerca di un’identità che ci facesse divenire riconoscibili. Abbiamo osato, applicando idee a volte lontane dai canoni del genere. Ma alla fine, se sicuramente sul songwriting si può migliorare, possiamo dirci soddisfatti del sound ottenuto. Questo grazie anche all’amico Francesco dei Fleshgod Apocalypse che ha fornito le giuste atmosfere alle nostre canzoni.
In un ipotetico percorso a tappe, ora che è fuori “Pestilence”,a che snodo della vostra carriera siete giunti?
Siamo sicuramente all’inizio di una lunga carriera che speriamo ci porti ad ottenere grandi soddisfazioni. Vogliamo seguire la strada dei grandi del genere e sappiamo che per ottenere certi risultati bisogna dare sempre il massimo, offrendo sempre il miglior prodotto possibile. Non è facile, ma pensiamo che “Pestilence” sia un passo in avanti rispetto a “Dark Side of Magic” seppure non la cosiddetta “svolta” che ci aspettiamo possa arrivare al terzo lavoro. Dobbiamo continuare a dare il massimo!
Come avete lavorato sui brani con Francesco Ferrini?
E’ stato molto facile lavorare con Francesco. Francesco è una grande persona, oltre che un incredibile artista, e questo ci ha aiutato ad entrare subito in sintonia. Come per lo scorso album abbiamo completato le preproduzioni delle canzoni, dove possibile aggiungendo delle idee orchestrali, per poi girarle all’orchestratore, in questo caso Francesco. Abbiamo delineato come volevamo fosse il sound di “Pestilence” e gli abbiamo lasciato molta libertà d’azione. Anche se abbiamo lavorato a distanza è come se avessimo lavorato nello stesso studio, penso il risultato sia manifesto.
Quanto si avvicina il risultato finale a quello che avevate in mente prima di iniziare a incidere il disco?
Su questo siamo molto fortunati, riusciamo sempre a centrare quanto prefissato in precedenza. Siamo molto allineati sul songwriting, e con Alex e Simon riusciamo sempre a comporre senza alcun problema. E’ come se ogni canzone fosse stata scritta da un’unica persona. Penso questa sia una grande forza. Da non dimenticare poi i testi di Ilaria Pisani che centrano sempre quanto vogliamo trasmettere. I nostri testi sono particolari, non vogliamo siano banali.
Il titolo “Pestilence” lascia immaginare che siate andati oltre i temi classici del power per dedicarvi a un periodo, quello della pandemia, che dovremmo aver messo finalmente alle spalle, ma che, invece, ha ancora degli strascichi: è così?
Esatto, vogliamo proporre un power moderno, senza per forza legami con il passato. Vogliamo essere liberi di sperimentare e trovare la nostra strada. Vogliamo essere i Draconicon, non una delle tante band che fanno power metal. La scelta stilistica dei testi è fondamentale in questo tipo di proposta. Vogliamo proporre qualcosa di diverso, sempre in linea con quanto proposto da Draconicon. Ogni tematica che affronteremo sarà sempre ambientata nel nostro mondo, un mondo oscuro e cattivo.
A questo proposito, il musicista è un semplice intrattenitore o ha anche il dovere di riflettere e far riflettere sulla realtà?
Essere musicista, vuol dire molto di più di essere un mero esecutore. Bisogna saper conquistare le persone, intrattenerle e farle ritornare da te. E’ fondamentale avere un proposta che permetta tutto ciò.
Torniamo al disco, avete tirato fuori per il momento due singoli, “Heresy” e “Thorns”, che nell’album si susseguono: sono in qualche modo legati tra loro?
Sono legati dal filo conduttore che unisce tutto “Pestilence”. Tristezza, depressione ed impossibilità di reagire sono tra le tematiche principali dell’album. Quindi si possiamo dire che siano collegate.
Ho apprezzato particolarmente la copertina disegnata da Dan Goldsworthy, nella quale, ho notato che mancano riferimenti ai draghi. Nell’esordio quel simbolo, che poi contraddistingue anche il vostro nome, era ben in evidenza sulla cover. Come mai avete deciso di non raffigurare, anche questa volta, in qualche modo quella creatura mitologica?
Abbiamo voluto dare una virata, evitare che molti ci etichettassero soltanto per la copertina. Oggi chi vede un drago in copertina si aspetta del classic power metal. Abbiamo voluto rendere maggiormente evidente che siamo un progetto diverso, qualcosa di attuale. Prendiamo spunto dal passato per innovarci in futuro. Dan, come sempre, ha colto l’immagine perfetta per il nostro album. Le sue opere fanno parte della nostra identità.
Dallo studio al palco, poterete “Pestilence” dal vivo a breve?
Certo, abbiamo già suonato “Heresy” live al Metalitalia Fest. Vogliamo suonare il più possibile ma purtroppo non è facile per una band nuova. Coglieremo ogni occasione per divertirci insieme ai nostri fan. Ci sono in ballo un po’ di cose che si speriamo si possano concretizzare a breve. Non vediamo l’ora di condividerle con voi!
