Pubblicato nel marzo del 2023, “Drowned” (Liver Productions / Metaversus PR) ha segnato l’esordio del progetto Long Gone, le cui radici affondano nell’hardcore, ma che si è sviluppato attorno alle sonorità indie rock dei 90.
Benvenuto Federico (voce e chitarra), a qualche mese di distanza dalla pubblicazione del vostro album di esordio, che risale allo scorso marzo, vi andrebbe di tirare giù un primo bilancio?
A giudicare dalle difficoltà in cui ci siamo imbattuti personalmente quest’anno, diremmo che per adesso sta andando alla grande, molto meglio di quanto ci aspettassimo. Siamo riusciti a fare qualche live in giro per l’Italia e le risposte che abbiamo ottenuto sono state ottime, fino ad ora. Per adesso le recensioni dell’album sono state decisamente positive e abbiamo pubblicato due video e stiamo per pubblicarne un terzo. Diciamo che sta girando abbastanza, ma speriamo sempre che si amplifichi di più.
La band nasce a metà degli anni 10, però arrivate all’esordio una dozzina di anni dopo, come mai?
Il nostro esordio è stato nel 2017 con un EP di 5 canzoni, dopodiché ci siamo concentrati nella ricerca di una nostra identità musicale più definita siccome ci pareva di aver colto qualcosa di “nostro” ma che necessitava di essere esplorato. Nel mentre si è aggiunto Tado come secondo chitarrista e corista che ci ha permesso di arrangiare meglio i pezzi ed inserire il suo tocco magico nell’album.
Sentite in qualche modo di aver perso del tempo e occasioni oppure siete dei fatalisti e le cose dovevano andare così?
Ci teniamo a fare le cose per bene perciò ci siamo presi il tempo che l’album meritava per essere registrato, mixato e masterizzato, volevamo che il nostro primo full-length ci rappresentasse il più possibile e ci riteniamo soddisfatti del risultato. I due anni di covid nel mezzo hanno fatto si che i tempi si allungassero ma ci ha anche permesso di riflettere di più sui pezzi e arrangiarli più accuratamente.
Nei Long Gone quanto è rimasto delle vostre precedenti esperienze in ambito hardcore?
Dal punto di vista musicale è un altro mondo, suonare dal vivo richiede molta calma e cercare di essere il più rilassati possibile, tutto il contrario di quando si suona con una band hc/punk. Quasi tutti noi suoniamo ancora in band hardcore e sicuramente quello che ci portiamo è l’attitudine, il supporto reciproco e la voglia di suonare tanto e menarsela poco.
Appare chiaro invece il vostro amore per il rock degli anni 90, come mai avete deciso di rapportarvi a quel sound quando avete messo su la band?
Semplice passione comune, abbiamo avuto la fortuna di avere gli stessi interessi e gusti musicali, quanto meno una visione su ciò che vorremmo essere ovviamente ispirati da ciò che ci ha più influenzati musicalmente.
Per temi trattati, e direi anche per la copertina, il disco mi ha ricordato certo cinema di Nolan, ci può stare?
Assolutamente, credo che le atmosfere di spazio, sogni e visioni siano molto vicine ai testi e le parti strumentali che suoniamo, l’uso di riverberi e delay ci è sempre piaciuto per dare un senso esoterico ai nostri pezzi. La copertina vuole esprimere un contrasto sia di luce che architettonico, caratteristiche che sono entrambe presenti nei film di Nolan anche se non ci abbiamo mai pensato direttamente.
Dal vivo avete già eseguito l’album?
Assolutamente, l’abbiamo suonato per intero al nostro release show e stiamo continuando a portarlo in giro.
In chiusura, come immaginate gli sviluppi futuri del vostro sound?
Stiamo lavorando su delle nuove canzoni, è difficile da dire ma sicuramente le nostre stesse influenze e la nostra identità si stanno definendo, non vogliamo limitarci in un genere musicale perciò gli sviluppi futuri potranno essere imprevedibili.
