Immanuel Casto – Non erano battute

Immanuel Casto, cantante, artista poliedrico, conosciuto maggiormente per brani che hanno fatto divertire, parlare e riflettere, come “Escort 25”, “Crash”, “50 bocca/100 amore” e tanti altri di grande successo, è anche un autore di giochi da tavolo, presidente dell’associazione Mensa Italia e dopo il successo del suo tour di alcuni mesi fa, eccolo rivestire una nuova e interessantissima veste, quella di attore a teatro. “Non erano battute – monologo metacomico” è il titolo dello spettacolo che sabato 16 dicembre, alle ore 21, approderà sul palco de La Cittadella degli Artisti di Molfetta. Dopo il grande successo delle doppie date sold out a Milano e Torino e degli spettacoli di Cesena e Bologna, il tour attraverserà tutta l’Italia passando anche per la Puglia, riscontrando un grandissimo successo ovunque. Ne parliamo direttamente con l’artista.

Immanuel, cosa significa esattamente questo titolo, “Non erano battute – monologo metacomico”, e cosa puoi anticiparci sullo spettacolo di sabato a Molfetta?
È la prima volta che porto in scena uno spettacolo di questo tipo che tecnicamente è un monologo comico, ma l’ho definito “meta-comico” perché racconto di come un determinato uso del linguaggio può risultare involontariamente comico. È una sorta di conferenza, questo è l’azzardo del format, che parla di comunicazione, di stili di comunicazione che le persone hanno senza rendersi conto se ne possono avere altri. Lo stile a cui mi riferisco ha a che fare con l’esprimersi in modo molto letterale per quanto riguarda i disturbi dello spettro autistico, però questa cosa non viene esplicitata, qualunque persona può ragionare sui diversi stili di comunicazione, su come questo scontro può generare sia situazioni difficili sia molto comiche, ovviamente lo spettacolo va a sottolineare quello, infatti parlerò di diversi temi, legati alla società, però sempre con questo approccio. Per me è stato un azzardo, ma vedo che sta funzionando. È un qualcosa a cui non siamo abituati, perché nello stand-up comedy che è la cosa più vicina al mio spettacolo, si fa un grande uso di scarti tonali, espressioni facciali, di tempi comici, ad esempio, nel mio caso non uso invece questo tipo di cose, e questo contribuisce alla comicità. Non erano battute si riferisce al fatto che tuttora mi capita di dire una cosa che risulta comica ma che nella mia testa non lo era affatto.

Il tour è partito con poche date, poi si è rivelato un grande successo…
All’inizio sì, avevamo annunciato una manciata di date, la vendita dei biglietti è andata così bene che ne abbiamo aggiunte tante altre. Non vedevo l’ora che lo spettacolo debuttasse, ora che è iniziato sono molto contento.

Ci sarà spazio dedicato alla tua musica durante lo spettacolo?
No, la componente della musica qui non ci sarà, è proprio uno spettacolo a sé. Avevo voglia di fare una cosa completamente diversa, che mi ha consentito di arrivare ad un altro pubblico, un pubblico interessato a contenuti diversi, perché una cosa è la musica, un altro è questo tipo di spettacolo. È proprio l’esperienza che è diversa, non a tutti piace stare due ore in piedi in un music club con la musica ad alto volume, mentre seduti ed ascoltare un monologo, è tutt’altra cosa.

L’ironia che ti contraddistingue, è stata utile in qualche modo nella tua vita, una sorta di elemento di salvezza?
Assolutamente sì. E dirò di più, è proprio una cosa che racconto all’inizio dello spettacolo, riuscire ad usare la comicità e soprattutto l’ironia, mi ha consentito nel legare con le altre persone, è un collante non da poco. Per me è stato fondamentale. Al tempo stesso, affermo che l’autoironia sia una cosa importantissima, aiuta a vivere meglio, ma contemporaneamente non può essere pretesa da parte delle altre persone, non posso cioè dire ad una persona che deve ridere se le dico una cosa le dà fastidio, per intenderci, al tempo stesso chi riesce a farlo ne trae grande beneficio.

Negli ultimi anni, il politically correct è sempre più presente nei commenti e nelle critiche che leggiamo tutti i giorni, esasperando il tutto a volte. I tuoi brani se uscissero oggi sarebbero accolti diversamente da una parte del pubblico?
Sì, devo dire di sì. Perché all’epoca la lotta principale era il moralismo, che impediva di parlare di sesso, cosa che oggi ancora esiste in alcuni ambienti, mentre adesso, c’è un tipo di linguaggio e attenzione prettamente simbolico, quindi non usare termini che hanno assunto una determinata accezione, che sarebbero in forte contrasto con la mia scrittura dell’epoca. Se all’epoca questo mi ha reso molto popolare nella scena alternativa progressista, oggi sarebbe il contrario, al netto dei messaggi intrinseci, che quelli invece sono di natura progressista.

Diventa un problema quindi esprimersi oggi, sia dal punto di vista comico che artistico in generale
È una sfida abbastanza complessa, l’arte richiede di essere libera, altrimenti non è arte, è la ragione per cui la comicità schierata, ha un problema di prevedibilità, perché ci sono cose che devi dire per forza e cose che non puoi dire, questa cosa rende il tutto sterile, non è più arte ma un comizio. Io questa cosa la risolvo con la questione del contesto e del disclaimer, un politico che parla in pubblico deve tenere conto della sensibilità di tutto il pubblico, se sono un artista invece, e porto uno spettacolo a teatro, le persone scelgono di venire a vedermi, se a loro non sta bene ascoltare certi termini o argomenti, non dovrebbero venire.

Progetto imminente o futuro, discografico o no?
No, al momento sono molto concentrato su questo spettacolo.

Tu hai fatto tantissime cose, non solo musica, ora teatro, potrebbe esserci spazio in futuro per il cinema?
Non so, attualmente mi piace molto la dimensione del teatro. Sono già impegnato in tanti progetti.

INTERVISTA ORIGINARIAMENTE PUBBLICATA SU “IL QUOTIDIANO DI BARI” IL 13 DICEMBRE 2023

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