Skalf – La voce dei dispersi

Il progetto Skalf si distingue per la particolarità del tema trattato nel proprio concept album di debutto, “Vallis Decia – Le Voci Dei Dispersi”, e per la lingua utilizzata. Il dialetto bresciano diventa così la voce, che urla su una base black metal, delle tante vittime del crollo della diga del Gleno del 1923…

Benvenuto Filippo, direi di iniziare le presentazioni proprio dal nome della band, cosa significa Skalf?
Grazie a te per aver ospitato Skalf sul Raglio del Mulo! Il monicker è una rivisitazione del nome dialettale della valle montana cui è ispirato il nostro progetto musicale. La valle di Scalve (in dialetto “àl de Scàlf”), il cui nome attuale (quello latino era “Vallis Decia”, ossia la valle del fiume Dezzo) pare possa proprio originare dalla parola celtica “Skalf”.

Non credo di sbagliare definendo gli Skalf una concept band, nel primo album vi siete concentrati sul disastro del Gleno, tragedia colposa di cui nel 2023 si è celebrato il centenario. Prima di addentrarci in questo tema, mi viene da chiedervi quante storie sono legate alla vostra valle, tanto da poter pensare scrivere in futuro altri album incentrati su queste terre?
Skalf nasce anzitutto dalla passione mia e di Tiziano per la montagna. Ed è proprio alle montagne scalvine che per varie ragioni siamo particolarmente legati. Sono nato e cresciuto nella bassa ma frequento la Valle di Scalve da quand’ero poco più che un bambino; non è certo il posto più ospitale del mondo, piove sempre e la gente è ad un primo approccio piuttosto burbera e di poche parole. Eppure mi sono sempre sentito a casa tra quelle splendide e impetuose montagne, con le loro storie e leggende, la loro gente umile e profonda. I boschi ed i torrenti scalvini parlano; raccontano storie di povertà, di fatica, duro lavoro e morte in miniera, storie di resistenza. Della Valle di Scalve si parla poco, ma da raccontare c’è tanto. La settimana scorsa salendo per un sentiero mi sono ritrovato in un pascolo montano, nel mezzo di una bellissima nevicata fuori stagione, in un paesaggio che da solo avrebbe potuto ispirare un intero album.

Militate entrambi negli Umbra Noctis, extreme metal band attiva dal 2005. Cosa vi ha spinto a metter su una nuova realtà e quali sonorità che, non riuscite ad reprimere con il vostro gruppo principale, volete esplorare con gli Skalf?
Con Umbra Noctis eravamo soliti trovarci ogni settimana per le prove da una quindicina d’anni e la nostra bella routine venne bruscamente interrotta dal merdoso periodo del Covid. Tiziano pensava ad un suo side project da parecchio tempo e fu proprio in quei mesi che si mise al lavoro per la stesura dei primi riff; poi, in considerazione della nostra passione comune per montagna ed escursionismo, mi chiese di partecipare al suo progetto. Da lì l’idea della concept band con la montagna quale tema di principale ispirazione e poi, con me dentro che soffro di vere e proprie crisi d’astinenza quando sto lontano per tempo prolungato dalla mia valle, la focalizzazione del concept proprio su quelle montagne che ci stanno particolarmente a cuore. Quanto alle sonorità, se con Umbra Noctis abbiamo sempre aspirato a trovare una personale via d’interpretazione al black metal, aperta anche ad influenze rock, anche in questo caso non intendiamo mettere particolari paletti alla nostra musica. Per come la vediamo ora, e per come stanno uscendo i primi pezzi abbozzati da Tiziano per un secondo album, l’intenzione è di guardare alla musica che più amiamo. Quindi al death ed al doom degli anni novanta, strizzando l’occhio per certi versi all’heavy classico. Anche “Vallis Decia” di tipicamente black metal non ha moltissimo, se non le vocal il cui stile mi piacerebbe riproporre anche per il prossimo album. Vedremo.

Ti andrebbe di raccontare le vicende storiche che sono alla base di “Vallis Decia – Le voci dei dispersi”?
Il crollo della diga del Gleno avvenne per il cedimento strutturale della diga medesima, costruita in fretta e furia negli anni del primo dopoguerra, con materiali inadeguati e imperizia. La struttura portante venne cambiata in corso d’opera, si passò dal sistema a gravità ad un altro ad archi multipli utilizzando materiali scadenti e non assicurando la necessaria stabilità della struttura d’appoggio. La gente della valle, che magari istruita non era ma non era neanche stupida, in quegli anni aveva lavorato alla costruzione della diga e sapeva che prima o poi quella struttura, che perdeva acqua da varie parti, non avrebbe retto. Il bacino si estendeva a 1500 metri d’altitudine e conteneva sei milioni di metri cubi d’acqua, si era riempito per la prima volta quello stesso ottobre 1923 dopo abbondanti piogge. Infine venne il 1° dicembre 1923, ore 7.15 del mattino. Si udì un forte boato, poi la furia dell’acqua spazzò via i paesi di Bueggio e Dezzo, continuando poi a devastare e mietere vittime fino a fondovalle, in quel di Corna. “L’è gnìt gio ‘l Glén!”, “è venuto giù il Gleno!”. 356 i morti dichiarati, più un numero mai accertato di dispersi. “Vallis Decia” parla con le voci di costoro, anonime vittime di questo Disastro causato dall’avidità dell’uomo. Racconta gli ultimi istanti delle loro vite ed i tristi attimi subito dopo, per come li abbiamo potuti immaginare noi.

E’ nato prima il concept o prima la musica?
E’ nata prima la musica, anche se a dire il vero noi due abbiamo molto discusso del concept ancora nella fase di arrangiamento delle parti strumentali. Tiziano era in quel periodo molto ispirato e produttivo, mi mandava le sue registrazioni cui rispondevo con gli abbozzi delle mie parti di basso, si susseguivano una moltitudine di messaggi scritti e vocali nei quali fantasticavamo di come avrebbe dovuto suonare questa e quell’altra parte, di come avremmo potuto far rendere la voce, su come strutturare il concept. Tiziano è tuttora molto produttivo, io decisamente meno…. È tempo che mi dia da fare per il seguito di “Vallis Decia”.

Dal punto vista linguistico, cosa mi dite: in che dialetto cantate?
In dialetto bresciano, nella variante della bassa orientale che si parla anche nella parte alta della provincia mantovana. Insomma nel dialetto della nostra terra natia che, nonostante la distanza, ha parecchie affinità col dialetto scalvino con cui si riesce tranquillamente ad interagire. Era balenata l’idea di utilizzare proprio lo scalvino per i testi, ma avrebbe avuto poco senso ed avrebbe suonato meno autentico per noi che, ahimè, scalvini non siamo.

Quando ho aperto il CD mi è saltato all’occhio il logo della Commissione per il Centenario del Disastro (Gleno 1923-2023). Un caso più unico che raro in cui la cultura ufficiale qui in Italia non ha paura di patrocinare un disco estremo. Come è nata questa collaborazione?
Il CD sarebbe uscito proprio nel 2023, l’anno in cui ricorreva il centenario del Disastro. La cosa non era in alcun modo studiata e, lo giuro, me ne resi conto solo nei primi mesi dello scorso anno. La Commissione stava organizzando diversi eventi per commemorare le vittime e sensibilizzare la cittadinanza delle province di Bergamo e Brescia sul ricordo del Disastro, sconosciuto ai più. Così pensai di contattare il presidente della Commissione e parlargli del progetto, per la richiesta di un eventuale patrocinio. Temevo potessero percepire il nostro progetto come qualcosa di poco serio e irrispettoso, mentre fortunatamente hanno apprezzato e capito le nostre intenzioni.

A proposito di collaborazione, alcuni artisti hanno prestato la propria opera per la realizzazione di “Vallis Decia – Le voci dei dispersi”, vi andrebbe di presentarli?
Sì, sono amici e ottimi musicisti che ci piacerebbe coinvolgere nuovamente per i prossimi lavori in studio. Hanno collaborato con noi Abibial degli storici Imago Mortis, alla voce in un pezzo (gli avevo proposto una traduzione del testo in bergamasco ma è stato felice di cantarlo nel nostro dialetto, con ottimi risultati), Daniele Valseriati di Tragodia e The Scars in Pneuma che ha fatto un lavoro grandioso alla batteria, mentre degli assoli di chitarra si è occupato Simone Grazioli, mio collega di lavoro dell’epoca e vero mostro di bravura della sei corde.

Gli Skalf resteranno un progetto da studio oppure in futuro vi esibirete dal vivo, magari proprio nelle vostre valli?
Per vari motivi Skalf resterà un progetto da studio, una vera e propria band di Tiziano e mia cui entrambi teniamo davvero molto, ma non intendiamo esibirci dal vivo.

Grazie…
Ti ringraziamo per lo spazio concessoci sulle pagine de il Raglio del Mulo, invitiamo i tuoi lettori ad ascoltare il nostro primo ep “Vallis Decia – le voci dei dispersi” e a seguirci, presto metteremo mano al nuovo lavoro e sentirete parlare nuovamente di noi.

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