Within Temptation – We go to war

Interview by Marcelo Vieira (metalbite.com), click HERE for the original English version.
Intervista a cura di Marcelo Vieira
 (metalbite.com), clicca QUI per la versione originale in inglese.

Nell’ottobre 2023, i Within Temptation sono tornati con vigore sulla scena musicale con “Bleed Out”, che esplora le ingiustizie globali e lo stato tumultuoso del mondo. In questa intervista esclusiva, la cantante Sharon den Adel ha condiviso gli spunti sul processo creativo dietro questo lavoro intenso e politicamente impegnato. Con un approccio musicale più aggressivo e oscuro, il nuovo lavoro segna una fase innovativa nel percorso della band olandese. Durante la conversazione, Sharon ha riflettuto sull’inaspettata facilità nello scrivere “Bleed Out” dovuta alla vicinanza dei temi alle proprie emozioni ed esperienze. La band ha affrontato questioni come la guerra in Ucraina e la lotta per i diritti delle donne in Iran, trasformando le proprie preoccupazioni in canzoni potenti e di grande impatto. L’intervista descrive anche in dettaglio il coinvolgimento della band con Music Saves UA, un’organizzazione che sostiene i musicisti ucraini e offre aiuti umanitari ai rifugiati di quel Paese. (Marcelo Vieira)

“Bleed Out” esplora le ingiustizie globali e lo stato tumultuoso in cui versa il mondo. In che modo questo approccio ha influenzato il processo di scrittura delle canzoni e le scelte musicali della band?
Penso che il suono sia più aggressivo e le emozioni un po’ più intense. Credo che questo sia l’album più intenso che abbiamo mai realizzato. Non saremo mai pesanti come i Sepultura, ma a modo nostro è il disco più heavy che abbiamo prodotto.

Quali sono state le sfide principali da superare nel creare un album con temi così intensi e politicamente impegnati?
Sorprendentemente, per noi è stato straordinariamente facile scrivere questo album perché era molto vicino alle nostre emozioni. Abbiamo lasciato semplicemente fluire la nostra frustrazione e le nostre emozioni. L’album è stato scritto in un periodo molto breve, circa due mesi e mezzo, anche se è stato distribuito su un anno intero poiché eravamo in tour e facevamo altre cose insieme. Ma ogni volta che ci riunivamo uscivano sempre nuove canzoni e c’era molto di cui scrivere, ovviamente. Quindi, a dire il vero, non ci sono state molte sfide. Ovviamente volevamo un suono specifico e abbiamo dovuto sperimentare molto in studio con batteria e chitarre, rendendole più interessanti, questa volta più heavy. Questa è stata una sfida musicale per noi, poiché oggigiorno ci sono tante possibilità [sonore].

Come avete bilanciato la necessità di parlare di questi argomenti con la creazione di un sound che fosse allo stesso tempo accessibile e accattivante?
Beh, penso che a livello di suono, abbinato al mio tipo di voce, ci sia sempre una certa morbidezza. Ma la musica, ovviamente, è più forte e aggressiva. E questa combinazione di morbidezza e aggressività è sempre stata presente nella nostra musica, più o meno. Quindi, secondo me, i pezzi si incastrano sempre insieme.

Tra i temi complessi affrontati nei testi ci sono la guerra in Ucraina e la lotta per i diritti delle donne in Iran. Quanto è stato difficile per te e per la band prendere posizione su questi temi attraverso la musica?
Siamo sempre stati coinvolti politicamente, ma usavamo metafore, come in “The Heart Of Everything”, che parla di William Wallace; alcuni eventi storici che possono essere rtitrovsti anche nella vita di tutti i giorni. La canzone “The Howling” è stata scritta quando i gruppi di estrema destra stavano guadagnando forza nel nostro paese nel 2004, così come anche [l’album] “The Silent Force” è stato ispirato da essa. Tuttavia, l’influenza dell’estrema destra era già presente prima, con [l’album] “Mother Earth”, con qualche problema in quell’area. Quindi, molte canzoni sono state politicamente impegnate anche prima, ma non ne abbiamo mai parlato così chiaramente a meno che qualcuno non ce lo chiedesse, cosa che accadeva raramente. Quindi, la gente ha sempre pensato che le nostre canzoni riguardassero storie di fantasia, che, ovviamente, era l’immagine che trasmettevamo visivamente sul palco. Ma in realtà spesso abbiamo avuto un impegno politico [dietro le quinte]. Adesso ci sentiamo più vecchi e la minaccia della Russia si avvicina all’Europa. Sono solo due ore di volo da dove vivo a Kiev e renderci conto che questa guerra sta accadendo nel nostro cortile ci ha persuasi che dobbiamo essere più chiari riguardo alla nostra posizione. Mi congratulo con chiunque lo faccia perché è necessario come Europa unirci e affrontare l’aggressione della Russia e aiutare l’Ucraina perché, al momento, la situazione non è favorevole per l’Ucraina.

Dato che “Bleed Out” è così diversificato in termini di stili e temi musicali, c’è qualche aspetto legato all’album o al processo creativo che vorresti evidenziare?
Beh, come ho detto, il modo in cui abbiamo scritto questo album è stato un po’ diverso dal solito, con diversi tipi di chitarre, il che mi ha dato la possibilità di fare di più vocalmente e il risultato è una canzone come la title track, che è più sperimentale di quanto pensassimo. Era qualcosa che volevo davvero fare, più esperienze, un approccio più sperimentale. Per noi è già qualcosa di sperimentale provare a fare un nuovo passo avanti. In passato ero molto limitata con la mia voce perché ho una certa estensione, ma ovviamente non canterò mai come un uomo e con la stessa aggressività. Tuttavia, con le chitarre che ora hanno più corde, possiamo andare più in basso rispetto a prima, e questo mi permette di cantare in registri diversi. È una sfida per me e anche per i chitarristi, che hanno dovuto suonare le linee di chitarra sulle tastiere e poi trasferirle sugli strumenti a corda. Dicevamo ai musicisti della band: “Okay, ora suonatelo con le chitarre”. E si chiedevano: ‘Come? Non e possibile.’ Ma possiamo farcela, anche se non possiamo farlo, sai? A volte è facile per noi perché alcuni di noi non scrivono così bene le parti per le chitarre, ed è più facile sulla tastiera [emulata] con i suoni della chitarra. Ma poi è impossibile suonare perché devi allungare le dita fino a un certo punto, e c’è un limite. Quindi, abbiamo dovuto lavorare insieme ai chitarristi per trovare una via di mezzo nel suono della chitarra, e per me ha funzionato perfettamente.

Hai raccontato che hai vissuto in Yemen quando eri bambina. In che modo le tue esperienze personali in Medio Oriente hanno influenzato il testo di “Bleed Out” e il modo in cui affronti le questioni sociali e politiche nella tua vita nel suo insieme?
Anche se mi è piaciuto il tempo trascorso in Yemen, nonostante fossi così giovane, avevo solo sei anni, ho studiato per un po’ in una scuola araba. Le persone erano molto amichevoli con me, ma ho sempre notato, sai, le cose che le persone non dicono, il modo in cui mi guardavano come ragazza in generale, non solo me, ma le ragazze in generale. Era un mondo molto diverso da quello da cui provenivo, l’Occidente. E a sei anni sentivo già quella differenza. Il modo in cui le persone si vestivano era diverso e puoi sentire qualcosa anche senza che la gente lo dica. Ho sempre pensato che le donne fossero oppresse perché è una cultura diversa, una cultura molto maschilista, dove gli uomini possono tenersi per mano, ma le donne non possono fare nulla. E’ così strano. Per me è stato come vedere le donne iraniane, ma anche un’intera generazione, soprattutto quelle più giovani, cercare di rovesciare il regime. Vogliono più libertà, mentre la vecchia generazione e il regime, soprattutto quelli al potere, vogliono mantenere tutto uguale, anche se la voce della gente dice qualcos’altro. Se vuoi continuare con il tuo modo di vivere e ne sei felice, per me va bene. Ma se molte persone vogliono uno stile di vita diverso, più democrazia o più libertà di religione, io sostengo la voce di quelle persone. Penso che ognuno dovrebbe avere la propria voce ed essere in grado di scegliere cosa indossare o come presentarsi, ma questo viene dall’Occidente, ovviamente, e lo riconosco. Tuttavia, quando vivevo lì, sentivo davvero che c’era una grande differenza tra uomini e donne. È necessario riconoscere il potere delle donne di prendere posizione, sapendo che potrebbero essere imprigionate o addirittura morire per questo. Molti uomini componevano anche canzoni in onore delle loro sorelle, madri, e finivano per essere impiccati solo per aver fatto musica, per aver parlato di ciò che lì non è accettabile. Quando ho visto la notizia della morte di Mahsa Amini, mi ha toccato profondamente. Ero molto triste. Mi ha immediatamente ispirato a comporre “Bleed Out”, che parla di questa ragazza che sa che sta facendo qualcosa di buono per l’ultima volta, consapevole che non sopravviverà ma che lo fa perché sa che è per una buona causa e per le altre donne. Questo è molto stimolante.

Quale è stata la risposta dei fan a questo nuovo album?
Alla maggior parte delle persone è piaciuto davvero. E, naturalmente, è ancora un suono leggermente diverso, quindi a volte le persone hanno bisogno di adattarsi e di familiarizzarsi con esso. Ma, per la maggior parte, è stato molto positivo. Secondo me, la gente sa anche che cambiamo un po’ con ogni album, e diventa tutto un po’ diverso. A volte è difficile per le persone perché spesso, ovviamente, anche per me, quando ascolto un album che amo davvero, mi identifico con la musica che ascolto. E se il prossimo album sarà molto diverso, devo anche abituarmi al nuovo sound della band che mi piace così tanto. Quindi, a volte funziona, a volte non funziona.

Cosa speri che portino via da “Bleed Out” in termini di messaggio ed esperienza musicale?
Quello che spero è quello che volevo, quello che volevamo fare con questo album. Siamo narratori e portiamo notizie, ispirati da cose che accadono intorno a noi, ispirati dalle nostre stesse vite. Molte cose. Ma soprattutto quando parliamo di Iran o Ucraina, per noi è importante che la gente si renda conto che il giorno dopo una notizia viene dimenticata e la vita continua, il che è naturale. Faccio la stessa cosa. Ma se vogliamo davvero cambiare le cose e sostenere certe persone in certi paesi, dobbiamo continuare a parlarne e a portare alla luce questi problemi. Scrivendo canzoni al riguardo, spero che le persone inizino a pensare un po’ di più a questi problemi e magari a fare qualcosa, come donare o anche parlare con gli amici degli stessi argomenti, per mantenere vivi questi temi, perché le persone in quei paesi non si sentiranno sole. Dobbiamo sostenerci a vicenda in quella direzione, credo. E non solo un po’. Dobbiamo davvero sostenerci a vicenda e insieme possiamo realizzare questo cambiamento. A volte hanno bisogno anche di un aiuto esterno.

Il video musicale di “A Fool’s Parade” è stato girato per le strade di Kiev. Com’è stata l’esperienza di girare nei luoghi più importanti della città in un momento così delicato per l’Ucraina?
Non potevamo andare in aereo perché non c’erano voli commerciali. Quindi siamo volati in Polonia e poi abbiamo preso un treno notturno per Kiev. È stato un lungo viaggio per arrivarci. E quando siamo arrivati, ci hanno subito dato indicazioni per scaricare l’app di allarme antiaereo sui nostri telefoni e configurarla per la regione in cui ci trovavamo. Così, ogni volta che c’era un allarme, potevamo raggiungere un rifugio in sicurezza. Queste cose sono un po’ strane quando vieni dall’Occidente, dove vivi una vita normale. Ti rendi subito conto che sei in un paese diverso, che è in guerra. Abbiamo dovuto cercare rifugio alcune volte mentre eravamo lì. Ho provato molte emozioni: tristezza, ma anche ammirazione per un popolo così resistente e unito nella lotta contro i russi. Ogni persona con cui ho parlato aveva perso qualcuno in guerra, ma ognuno aveva anche una propria storia su qualcosa che gli era successo. Inoltre, ognuno sta facendo la propria parte, facendo volontariato e donando soldi all’esercito. Sono molto uniti e capiscono la necessità di donare soldi perché sanno che è l’unico modo per vincere la guerra. In molti momenti in Ucraina mancano le munizioni per reagire perché non ce ne sono abbastanza. Queste situazioni ci fanno capire che sono sul punto di perdere la guerra se non ricevono sostegno, non solo da me, ma da tutti. Hanno bisogno di sostegno, hanno bisogno di soldi, hanno bisogno di sistemi di difesa aerea più avanzati di quelli già esistenti per restare al sicuro. Hanno anche bisogno di munizioni. Sono cose semplici come queste. Non possono difendersi in certi giorni e lasciano che accada perché sanno che possono usarle solo una volta e solo quando è veramente pericoloso, e non quando è lontano. Ciò avvicina la guerra a noi, ci tocca profondamente. Anche se sono rimasta lì solo pochi giorni, questo ha cambiato qualcosa in me e ha reso l’esperienza, secondo me, più intensa.

La band ha annunciato che tutte le royalties di “A Fool’s Parade” saranno donate a Music Saves UA. Come e quando è stata presa questa decisione?
Abbiamo fatto donazioni in altri modi all’Ucraina, ma poiché volevamo realizzare una canzone su questa guerra insieme a un cantante ucraino [Alex Yarmak], ci siamo messi in contatto con l’organizzazione. Abbiamo pensato che fosse una buona associazione perché cerca di aiutare i musicisti in Ucraina, ma anche perché la musica è molto importante in questi tempi difficili per loro. E a volte, la musica è tutto ciò che hai quando ti senti triste. Quello che fanno è usare il denaro per aiutare i rifugiati nel loro paese, fornendo loro vestiti, cibo e altri beni speciali. Il denaro viene utilizzato anche per costruire rifugi. Cercano anche di aiutare i musicisti a continuare a suonare, tenendo spettacoli in locali sotterranei per le persone bisognose. Inoltre, organizzano corsi per bambini affetti da PTSD [disturbo da stress post-traumatico]. Fanno molte cose buone con questi soldi. Quindi, pensiamo che sia una buona organizzazione a cui donare i nostri soldi.

Per concludere, il singolo precedente di “Bleed Out”, “Ritual”, è stato descritto come ispirato al film “From Dusk Till Dawn”. È il tuo film preferito di Tarantino?
È stato il suo primo film che ho visto. Ed è stato lo shock più grande che ho avuto. Tipo: “Oh mio Dio, cosa sta succedendo?” All’inizio sembra un film d’avventura e all’improvviso tutto si trasforma in caos e tutti si trasformano in vampiri, cosa che non mi aspettavo perché non l’avevo letto prima di guardarlo. Lo amao. Mi ha fatto innamorare dei suoi film e li ho guardati tutti. E sì, non vedo l’ora che arrivi il prossimo.

Qual è il tuo preferito, allora?
Oh Dio! È “Django”. Ma devo dire che sono tutti fantastici. E “Kill Bill” è stato, ovviamente, fantastico. Ma onestamente, quale non è buono? Forse una domanda migliore sarebbe: “Quale dei suoi film non ti piace?” [Ride.]

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