Bloodorn – Let the fury rise

Nei Bloodorn, la nuova band di Nils Courbaron dei Sirenia, c’è un pizzico d’Italia rappresentato da Francesco Ferraro (Freedom Call). Questo progetto – che vede anche coinvolti anche Mike Livas (Silent Winter) e Michael Brush (Sirenia) – ha da poco pubblicato il proprio album di debutto, “Let The Fury Rise”, per Reaper Entertainment. Un lavoro di power metal robusto e moderno che è stato, ovviamente, il fulcro della nostra conversazione con Francesco.

Ciao Francesco, in questo momento ti trovi qui in Italia oppure in giro per il mondo per impegni musicali?
Ciao Giuseppe e ciao Raglio! Appena tornato a casa dopo 40 giorni di vita tedesca per la prima parte del tour con i Freedom Call, per l’uscita dell’album “Silver Romance” e il festeggiamento dei 25 anni di attività della band. Ma durerà poco perché a breve ripartirò per nuovi orizzonti e nuove avventure, ahahaha.

Dal 24 maggio è fuori l’album d’esordio dei Bloodorn, “Let the Fury Rise”, che aspettative hai ora che questa nuova avventura è ufficialmente iniziata?
Vista l’incredibile accoglienza che stiamo ricevendo con i video e con l’uscita dell’album, direi che le aspettative, sebbene fossero già alte, si stanno ingrandendo. Sapevamo di avere del potenziale, ma l’interesse che le riviste e gli addetti del settore stanno dimostrando mi porta a pensare che oltre a quello ci sia stato anche il “momento” giusto per uscire con i Bloodorn. Adesso, quello che resta da fare, è trovare il modo di rendere giustizia a questo coinvolgimento e dimostrare di essere una band a 360°, portando la nostra musica sui palchi. Perchè nonostante tutto, la nostra idea è sempre quella di essere una band che fa live, non abbiamo interesse a restare una band “da studio e da album”.

Come è nato il tuo coinvolgimento nei Bloodorn?
E’ nato quasi per caso. Con Nils eravamo in contatto tramite social, e aspettavamo di conoscerci dal vivo tra tour e festival. Durante la pandemia iniziammo a parlare un po’ di cosa stavamo facendo, di come ci tenevamo occupati e lui mi disse che aveva questo progetto e che gli mancava un bassista. Mi mandò la prima stesura di “Under the Secret Sign”. Mi piacque da subito, così mi lanciai e mi proposi al volo. E da lì è partito tutto.

Nils quanto vi ha coinvolto nella scrittura dei brani?
Quando siamo entrati, Nils ci ha subito detto che chiunque avesse avuto delle idee per le canzoni poteva proporle senza problemi. Ha messo in chiaro che era la nostra band, non un suo progetto. Dal canto mio, il genere dei Bloodorn è un po’ fuori dal mio “solito genere” musicale, quindi non ho voluto mettermi in mezzo e proporre qualcosa che probabilmente ne avrebbe alterato lo stile o non sarebbe risultato in linea. Ma a livello di testi, quello sì. Mi sono messo a rivedere le prime stesure e ho voluto mettere mano su tutti e Nils è stato entusiasta del coinvolgimento e del risultato finale.

Hai accennato al tuo coinvolgimento nei testi, dal punto di vista lirico non rimanete nei canonici confini del power, ma cercate di andare oltre, magari nascondendo dietro alcune metafore messaggi importanti. Ritieni che il musicista oggi debba limitarsi al ruolo di intrattenitore o deve anche diffondere un messaggio sociale e/o filosofico nei suoi pezzi?
Questo dipende. Ognuno fa quello che si sente, ci sono musicisti che decidono di intrattenere e basta, ci sono musicisti che raccontano di storie (a volte anche di alcune storie personali) di opinioni, di idee. Dal canto mio, io ritengo che ognuno, anche chi non lo fa attivamente o non vorrebbe farlo, con la sua vita, le sue scelte, le proprie azioni e parole, mandi comunque un messaggio o esponga le proprie idee. Le canzoni dei Bloodorn hanno ispirazioni di natura molto eterogenea (miti, storie, pensieri personali, videogame, ecc.) ma il messaggio che alla fine trasmettiamo ha la stessa origine: non ci va giù che alcune persone calpestino le altre, non ci va giù che i “forti” vogliano schiacciare e sottomettere i “deboli”, non ci va giù che ci sia disparità di trattamento tra chi si ritiene detentore di un potere e il resto delle persone. Si può lottare e lo si deve fare insieme. Abbiamo deciso che il nostro messaggio dovesse essere piuttosto chiaro e personalmente mi piace a volte usare metafore o altre figure narrative per veicolarlo e renderlo più d’impatto.

Torniamo alla musica, la tracklist si chiude con la cover di “Square Hammer” dei Ghost, un brano relativamente recente, visto che è del 2016. Come mai lo avete scelto al posto del solito classicone?
Nils ha, tra tutte le sue favorite, due band che adora: Iron Maiden e Ghost. I Bloodorn sono un gruppo power metal, ma sono anche un gruppo che inserisce delle componenti moderne nel proprio sound, nella composizione e nella presentazione. Quindi la scelta della cover dei Ghost vuole anche riprendere questa idea. Ci sono classici leggendari, e ci sono “nuovi” classici, più moderni. E magari, fra qualche anno, ci saranno altri classici, ancora più moderni, eh eh.

Nella copertina firmata da Rusalkadsegin compare un losco personaggio, lo possiamo considerare la vostra mascotte? Ha già un nome? E Soprattutto, comparirà sulle cover dei vostri prossimi album?
Ding! Ding! Ding! Esatto. Come detto precedentemente, Nils adora gli Iron Maiden. Anche il nome della band, Bloodorn (che è un misto di Blood e Blóðörn, la tortura nordica dell’Aquila di sangue) è un omaggio ai Maiden e alla loro Vergine di Ferro, altro tipo di tortura. Quindi abbiamo deciso che Bloodorn non solo sarebbe stato il nome della band, ma anche il nome di un personaggio che ci avrebbe accompagnato in ogni album. E’ la personificazione del nostro spirito di rivolta. Vogliamo che sia il “nostro Eddie”, quindi si, lo vederete spesso da qui in avanti in diverse forme e costumi.

Hai parlato della vostra volontà di non limitarvi alla dimensione studio, quindi ti pongo la più canonica delle domande: date in programma, magari anche qui in Italia?
Finora siamo stati molto impegnati con la promozione dell’album, con la programmazione delle uscite per i video e le interviste. Ma come ti ho già detto, l’attività live è una nostra priorità. Da adesso le energie saranno spese a cercare di trovare il modo migliore e più adatto a portare la band sul palco. Ovvio, non sarà facile. Veniamo tutti da diversi paesi, spostarsi non è facile e di questi tempi non è troppo economico, ma appena ci sarà la possibilità, lo faremo senza dubbio. E, ovviamente, a me e a tutti noi piacerebbe molto suonare anche in Italia. Anzi, l’Italia, dal canto suo, ha già visto la band riunita a lavorare insieme con gli strumenti in mano, perché l’unico video creato con tutta la band in studio, “Let the Fury Rise” è stato girato da Andrea Falaschi, nel suo studio in provincia di Pisa. Quindi l’Italia ha già dei punti di vantaggio, come attività live dei Bloodorn, rispetto agli altri Paesi, ah ah ah.

In chiusura, metterei da parte i Bloodorn, e ti chiederei invece quali sono tuoi programmi in ambito musicale…
Eh… In ambito musicale, diciamo che sono molto impegnato. Freedom Call a parte (che sono molto attivi sul punto di vista live) e restando fermi che su tutto quello che c’è da dire sui Bloodorn lo abbiamo raccontato, vi posso solo dire che non c’è tregua in nessun momento, ah ah ah. Davvero, purtroppo non posso dirvi nient’altro se non di seguirmi se volete avere altre informazioni su nuovi progetti o nuove collaborazioni. Inoltre sono operativo anche come bassista da studio (prendete per esempio il progetto degli Artaban’s Redemption, dove ho registrato album e singoli) e come turnista. Ho iniziato “tardi” come musicista e soprattutto come musicista professionista, quindi ho ancora fame di tutto. Fame di palco e fame di studio. Fame di creare, scrivere. Voglio fare il più possibile.

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