Gli Ataraxia continuano il proprio cammino sui i diversi livelli dell’esistenza. Percorsi fisici e metafisici che confluiscono ancora un volta in disco carico di allegorie e suggestioni. Francesca Nicoli ci ha condotto nei meandri del labirintico “Centaurea” (The Circle Music \ Metaversus PR).
Bentornata su Il Raglio Francesca, non ci sentiamo dai giorni del precedente “Pomegranate”, ai tempi sapevate già che quel disco sarebbe stato parte di una trilogia?
Bentrovato Raglio del Mulo e grazie per accordarci fiducia e spazio ancora una volta!
No, non ne avevamo idea. Abbiamo sentito che questo era un percorso umano, musicale e spirituale solo quando abbiamo cominciato a creare e registrare “Centaurea”. Te ne accorgi perché è come se stessi camminando lungo un sentiero e non hai voglia di uscirne troppo presto, senti che tutto assume un significato in divenire, il disegno si completa man mano che vivi il presente e questo presente ha radici nell’album precedente e rami che si proiettano in quello che verrà. Una trilogia non significa che i tre album siano simili o abbiano istanze simili ma che noi siamo su un percorso di vita che crea un ciclo, una saga delle nostre esistenze ed esperienze intime in forma musicale. E avremo nuovi compagni di viaggio man mano che il viaggio prosegue. Siamo già proiettati in quello che sarà, i semi stanno per essere messi nella terra.
Cito le note promozionali che raccontano che “su un’isola greca di grande bellezza neoclassica, è nato il concept del nuovo album degli Ataraxia. “Centaurea” è un’isola al di là delle colonne del tempo, ancora immersa in un’età dell’oro, è una novella Avalon mediterranea il cui nome è cento volte più brillante dell’oro e a cui si accede solo sognando e da cui si parte solo dormendo”. Quanto c’è di terreno e quanto di metafisico in questa descrizione dei luoghi in cui il disco s’è formato?
Il metafisico spiritualizza il terreno quindi l’uno e l’altro si fondono in uno sposalizio senza tempo o al di là delle colonne del tempo. Si potrebbe parlare di immagini archetipiche che affiorano oppure di ricordi di vite passate o parallele in dimensioni a noi molto care oppure anche di apertura di canali di percezione che ci permettono di accedere a mondi altri dove queste memorie e queste energie e vibrazioni risuonano con noi. Eppure esistono luoghi concreti che hanno effettivamente ispirato il concept album. Un’isola greca in cui ho soggiornato ha fatto da trigger a tutta la storia. Sono partita con fortissimi mal di testa dall’Italia e nel corso di quei giorni di agonia e rinnovamento la notte mi svegliavo di fronte al mare e scrivevo testi su testi e ho visto l’intero concept. Un’immagine evocativa è stato l’immergermi nelle acque al tramonto circondata da petali di bouganville rosa che sfioravano le onde e visitare un santuario che ha toccato profondamente le mie corde e mi ha acceso memorie.
Da “Quasar” in poi la luce domina sulle vostre copertine. La luce in “Centaurea” che ruolo riveste?
Questa intuizione è per noi nuova, grazie per avere colto questo aspetto. Spesso gli artisti agiscono ed operano in totale presenza, sono come canali che accolgono ed elaborano geometrie celesti e non si rendono bene conto di ciò che fanno, non percepiscono chiaramente il disegno alla giusta distanza. Quindi desumo noi stiamo lavorando con la luce, la luce che si modula in varie stagioni e in varie forme. In “Centaurea” la luce è quella dell’oro. Possiamo chiamarla pietra filosofale? Un po’ azzardato ma la direzione è quella. Almeno l’intenzione. La trasmutazione dal piombo all’oro. Però qui sull’isola primigenia questa età è intatta, come un’età di innocenza integra ed immutata che ci permette di accedere ad una parte di noi libera, selvaggia e pura. E’ forse lo spirito vitale? E’ forse la fiamma primigenia? E’ forse quel nucleo di energia che discende dallUni(verso) e ci permette di sperimentare qui la dualità per poi tornare all’Uno? Uno sguardo alla sorgente ci dà la forza di stare qui mentre apparteniamo al Tutto.
Da un punto di vista lirico un ruolo determinante è stato svolto da te e Mara Paltrinieri, autrici delle poesie alla base dei testi, mi domandavo se le vostre creazioni fossero già nelle diverse lingue che poi sono finite sull’album…
No, i diversi testi sono stati adattati alle lingue che più risuonavano coi brani. Inizialmente i testi erano in italiano, un italiano poetico, ermetico, visionario, molto particolare. Però la musicalità delle parole in funzione della singola composizione è fondamentale, quindi i testi si sono rinnovati, c’è un lavoro molto particolare che si fa a questo proposito, si gioca col suono, con l’illuminazione poetica e col significato. E’ necessario una sorta di istinto per fare questo.
In che modo avete lavorato, invece, sulla musica per renderla conforme ai testi?
In nessun modo, la musica è libera, spontanea, sgorga come acqua di sorgente. Diciamo che io, Vittorio e Giovanni siamo sulla stessa onda e da molto tempo, entriamo facilmente in connessione e quando nasce l’idea di un nuovo album ci troviamo magicamente allineati. Io lo chiamo entanglement ma potremmo definirlo in vari modi. Ecco un brano che è perfetto per questo testo. Come è possibile? Probabilmente lavoriamo anche sui piani sottili senza accorgercene.
L’album è diviso in due parti, cosa rappresentano?
“Aqua Mater (Madre Acqua)” ed “Ignis Pater (Padre Fuoco)” sono le due energie musicali in cui è suddiviso il concept. Puoi chiamarle sacro mascolino e sacro femminino, puoi chiamarle acqua e fuoco, Yin e Yang, Sole e Terra, l’essenza non cambia. Sono le due forze primigenie con le quali siamo generati, che ci generano e generiamo. Tutto è composto da questa potente dualità. Il gioco e l’impresa sono armonizzare queste due forze e fonderle, creare un campo di energia generato e costituito da queste due polarità che ci permetta di vivere in pienezza, bellezza, armonia, piena funzionalità e messa in opera dei nostri talenti sia materiali che spirituali.
Curiosamente la prima parte inizia con una bonus track, cosa vi ha portato a fare questa insolita scelta?
Come al solito tutto avviene in modo intuitivo. Gregorio Bellodi ci ha deliziato con una sua composizione e la mia voce è uscita in Elfico, in pochi secondi. Tutto questo sapeva molto di incipit, di cornice iniziale, di rito di passaggio per giungere all’isola attraversando quel particolare mare. Ecco, questo brano è una iniziazione, abbiamo attraversato il mare per giungere all’isola. E’ anche una sorta di formula magica per varcare “quella soglia”.
Ho sbirciato sui vostri social e ho visto i vari post sul vostro tour in Sud America, come è andata?
Siamo tornati a fine agosto e possiamo senz’altro dire che è stata una esperienza notevole sotto vari aspetti. Quando parti e varchi per così dire lo spazio-tempo, entri in una dimensione dove queste coordinate si dilatano e poi spariscono. Vai altrove, ti proietti con la tua energia in un luogo dove deve accadere qualcosa e dove tu porti i tuoi talenti e questo è un impegno con la propria anima. L’incontro anche ravvicinato con tante anime di tanti paesi e culture diverse è potentissimo. Uno scambio di flusso di amore ed energia che se ben canalizzato porta consapevolezza, pienezza ed emancipazione sia a chi offre la musica sia a chi la riceve. In quei luoghi hanno ben chiaro il concetto di rituale. Abbiamo condiviso dei rituali. Gli ascoltatori erano spesso ad occhi chiusi e si lasciavano trasportare, condurre, c’era emozione, c’era magia, c’erano anche teste che si dondolavano come onde nel mare. Siamo andati a compiere quello che è la nostra missione in totale armonia con il pubblico. Ringraziamo i grandi cuori che abbiamo incontrato in questi rituali collettivi!
Quando tornerete, invece, a girare il Vecchio Continente?
Quando l’Antico Continente ci attrarrà nuovamente. Esiste questa legge di attrazione molto potente, si va dove c’è risonanza, reciprocità, animo sveglio e vigile, sensi accesi. Cosa che manca un pochino qua da noi ultimamente. Ma come ogni onda arriva il ritorno e saremo pronti a cavalcarlo. Comunque, a dicembre molto probabilmente si terrà un evento di grande bellezza in quel di Milano. Se tutto procede, un cartello di nomi quali Camerata Mediolanense, Argine e noi Ataraxia porteranno la loro musica in un contesto di bellezza sia musicale che umana. Ad Maiora!
