Abysmal Grief – Despise the living…

Regen Graves nel corso della sua esistenza ha seminato lungo la propria strada, come un oscuro Pollicino, piccole molliche di morte. Per nostra fortuna, queste briciole nere non vanno quasi mai disperse, così come capitato ai nove brani, provenienti da periodi diversi (2016 – 2021) della carriera degli Abysmal Grief, raccolti nell’antologia di inediti pubblicata di recente dall’Avantgarde Music,Despise the Living, Desecrate the Dead.

Ciao Regen, nelle note promozionali che accompagnano la vostra nuova raccolta, “Despise the Living, Desecrate the Dead”, ho trovato questa tua dichiarazione sul contenuto dell’album «canzoni registrate e mixate nel nostro studio negli ultimi anni, con diverse formazioni, che per una serie di ragioni non sono mai state incluse nelle uscite precedenti». Direi di iniziare proprio da questa “serie di ragioni”, che immagino che non siano di tenore qualitativo…
Il motivo per cui ci ritroviamo spesso con outtakes e “inediti” lasciati nel dimenticatoio è dato dal fatto che abbiamo un ritmo compositivo fortunatamente (ancora) piuttosto elevato, e quindi in occasione di ogni album si ripresenta la necessità di dover scegliere i brani che meglio si adattano ad un determinato concept, o che più banalmente stanno bene tra di loro a livello musicale. E dato che ormai da qualche anno abbiamo scelto di non pubblicare più singoli, mini-Lp o split, tutto questo materiale escluso va poi a confluire in un’unica release nel momento in cui esso raggiunge una durata sufficiente per un album. Non ti nego che dopo trent’anni di pubblicazioni, mi diverte assai di più assemblare un disco del genere, molto più eterogeneo e interessante, che non mettermi al lavoro su un album “ufficiale” dall’inizio alla fine, e ritengo che probabilmente in futuro sarà una direzione che continueremo a percorrere più marcatamente, sia che piaccia o no.

In generale, come fai a capire se un pezzo è pronto per finire in una vostra pubblicazione ufficiale?
Ovviamente, al momento della composizione tutti i brani hanno la stessa importanza, altrimenti finirebbero direttamente cestinati. Poi, però, a seconda del concept o del mood di ogni album viene fatta una scelta. Tutto qui.

Ti è mai capitato di pentirti anni dopo, magari riascoltando un vostro disco, di aver inserito nella tracklist un determinato brano?
No, per fortuna non mi sono mai pentito per aver incluso brani “brutti” o sbagliati, per il motivo di cui ti parlavo sopra. Semmai, mi è dispiaciuto non aver avuto sufficiente spazio in quel determinato album per includerne altri che avrebbero potuto starci assai bene.

Torniamo a “Despise the Living…”, i pezzi sono finiti nella compilation così come sono stati registrati all’epoca oppure ci hai messo nuovamente mano?
La maggior parte erano già stati completati e “chiusi” da tempo, mentre alcuni hanno necessitato solamente di piccole aggiunte qua e là, di qualche ripulita, e soprattutto di un mixaggio definitivo. In ultimo, è stato fatto un mastering non eccessivo, che potesse mettere per quanto possibile tutti i brani ad uno stesso livello sonoro.

Zess e The Black sono le due realtà a cui avete reso tributo in questo disco. Secondo te, la loro opera è servita a creare una vera e propria scena italiana o ci troviamo oggi innanzi a un nugolo di band, che pur avendo delle affinità stilistiche e concettuali, si muovono come entità isolate?
Gli Zess purtroppo sono stai una realtà praticamente sconosciuta a tutti, nel senso che il loro unico disco è uscito quando la band non esisteva più. Discorso diverso per Mario Di Donato, ovviamente, anche se è risaputo che tutti i grandi nomi del dark sound italiano hanno agito praticamente nell’ombra, soprattutto nei loro periodi migliori, e sono stati realmente scoperti e apprezzati solo successivamente, tranne rare eccezioni.

Di Vito Salvatore Monitto e della sua marcia funebre degli anni ’50, “Estremo Dolore”, cosa puoi dirmi?
Che era dai tempi di “Misfortune” che desideravamo trasporre in metal delle vere marce funebri della tradizione italiana (l’idea era addirittura quella di farne un album intero!) ma non ci siamo mai azzardati a intraprendere un lavoro del genere. Era semplicemente arrivato il momento di farlo, prima che ci pensasse qualcun altro meno titolato di noi.

Quello della Morte è il vostro tema per antonomasia, ma la tua percezione della stessa è cambiata nel corso del tempo? Magari, proprio in questi ultimi anni in cui abbiamo assistito a fenomeni di morte di massa quali pandemia e guerra nel nostro continente?
No, nell’era attuale i processi storici a cui assistiamo non credo possano influire più di tanto sul concetto proprio di Morte. Non ho ancora un’età tale da poter fare un confronto tra epoche vissute particolarmente distanti tra di loro o diverse, quindi per me, a livello personale, la percezione di essa come di tutti i fenomeni umani è rimasta pressochè inalterata. I fenomeni di pandemia e di guerra poi ci sono sempre stati, solo che erano lontani dal nostro felice mondo occidentale “civilizzato”, e quindi ipocritamente ce ne sbattevamo il cazzo e ne davamo una valutazione superficiale e “cinematografica”. Ora finalmente qualcosa è arrivato a smuovere, seppur di poco, anche le nostre confortevoli esistenze, e ai più sembra tutto così enormemente difficile da gestire a livello psicologico…

A proposito di morte, ma il formato CD è completamente defunto? La compilation esce in formato digitale e vinile, come avviene sempre più spesso anche per le release di altre band…
Questa release è solo su vinile poiché, in accordo con la Avantgarde Music, volevamo in qualche modo differenziarla dagli album “ufficiali”, ma presumo che il prossimo disco sarà pubblicato come sempre su CD, LP e cassetta. Mi piacerebbe che fosse il formato digitale a essere “defunto”, ma sono consapevole di dire una cosa fuori dal mondo ormai, quindi mi devo adattare alla realtà delle cose.

A breve dobbiamo aspettarci un nuovo disco di inediti, magari proprio l’Avantgarde Music?
Sicuramente non a breve, ma nel 2024 credo potremo parlare di un nuovo album. I brani nuovi ci sono, e ci stiamo lavorando proprio in questi mesi.

Abysmal Grief – Nel buio più profondo

Gli Abysmal Grief rappresentano la continuità all’interno della scena italiana. Sono probabilmente l’unica band che è stata in grado di riprendere il discorso lasciato in sospeso da band quali Jacula, Death SS (mi riferisco alla prima incarnazione della band), Violet Theater\Paul Chain. Il gruppo non si è limitato a rinverdire questa tradizione, ma si è spinto oltre donando nuova linfa alla scena doom nostrana. Regen Graves, Lord Alastair e Labes C.Necrothytus hanno risposto alle nostre domande.

Vi va di presentare la band ai nostri lettori?
R.G.: Da più di dieci anni gli Abysmal Grief portano avanti un discorso filosofico-esoterico basato sui rapporti medianici e sul culto della Morte, inserendolo in un contesto musicale strettamente legato alla tradizione dark doom italiana degli anni settanta/ottanta. Ogni nostro lavoro è da intendersi come una sorta di resoconto delle nostre personali ricerche nell’ambito dell’Occulto, che esponiamo traendo ispirazione anche dalla letteratura e dalla cinematografia horror.

Quali sono le vostre influenze musicali?
L.A.: In un periodo in cui la crescente popolarità del metal stava, a nostro giudizio, corrompendone l’essenza, abbiamo cominciato ad approfondire le nostre conoscenze sui precursori di questo genere. Gruppi come i Black Sabbath, Jacula, Black Widow e sopratutto i Death SS del periodo dal 1977 al 1984, hanno dato vita ad un percorso artistico talmente innovativo e suggestivo da influenzare profondamente il nostro approccio alla musica. Nel tempo abbiamo compreso che ciò che ci attrae maggiormente è legato a differenti generi musicali, in particolare l’horror metal, il doom ed il dark, ma al centro delle nostre attenzioni ci sono le emozioni e la concettualità che la musica riesce ad esprimere.

Una vostra cover, “Black Mummy”, è stata inserita nel disco tributo ai Death SS. Ci sono secondo voi delle similitudini tra la vostra band e quella di Steve Sylvester?
R.G: Di certo noi portiamo avanti un discorso musicale ed esoterico che deriva dai primi Death SS del periodo Sylvester/Chain, ma ti assicuro che sono quasi dieci anni che nelle interviste mi sento nominare i Death SS e la cosa comincia un po’ a stufarmi.

Nella biografia presente sul vostro sito ufficiale si legge a riguardo del gruppo “fortemente influenzato dal profondo interesse verso elaborate forme di esoterismo e magia rituale (ben lontane comunque da ogni tipo di satanismo)”. Cosa è per voi la magia?
R.G: Personalmente ritengo la Magia e lo studio delle pratiche magiche in generale un metodo efficace per entrare in contatto con una parte della mia coscienza che altrimenti tenderebbe a rimanere sopita dal senso di inutilità della mia esistenza. Col tempo in questo mio percorso del tutto personale mi sto lentamente liberando di quegli stereotipi che caratterizzavano certe fasi della mia espressività artistica, per confluire in una riflessione maggiormente filosofica e lontana da influssi esterni e probabilmente per certi versi ben lontana anche dalla musica stessa.

In fase di recensione ho definito la vostra musica: “Una ricerca religiosa, scevra di ogni religiosità”. E’ corretta come definizione?
L.A.: Non siamo persone religiose, non condividiamo i dettami della chiesa cattolica ne quelli delle altre dottrine. Siamo profondamente attratti dalla Morte, unica certezza della nostra esistenza e ci affascina tutto ciò che la circonda evocando funebri sensazioni. Questo ci lega saldamente alla ritualità funerea, all’arte cimiteriale, allo spiritismo ed alle superstizioni legate al mistero dell’Occulto. Trattiamo questi argomenti con rispetto e serietà poiché sono alla base della nostra musica.

Continuando la lettura della biografia indicate nell’Horror un’ulteriore influenza.
L.A.: La letteratura ed il cinema dell’orrore sono una grande fonte di ispirazione per noi, che ha radicalmente influenzato il nostro percorso stilistico, spingendoci a cercare di creare con la musica le stesse atmosfere e la stessa suggestione che evocano la paura della Morte ed il dolore che essa crea. Il nostro progetto fonde l’impatto emozionale del genere horror con lo studio delle tematiche occulte, dando vita ad un sound che si basa su diverse influenze, ma con lo scopo preciso di trasportare l’ascoltatore al centro di una rappresentazione delle nostre più macabre visioni.

Da poco è stato pubblicato il vostro album omonimo, potete parlarci di questo lavoro?
R.G.: “Abysmal Grief” racchiude canzoni composte in un periodo di tempo piuttosto lungo, ma che sono state incluse nello stesso lavoro per il forte legame filosofico che le lega tra di loro. Siamo soddisfatti dell’obiettivo raggiunto, anche se abbiamo avuto una serie di innumerevoli problemi sia in fase di registrazione che di missaggio e la qualità finale forse ne ha un po’ risentito. Ritengo comunque che rappresenti in pieno il nostro messaggio esoterico e un resoconto piuttosto completo dei nostri studi fin qua intrapresi.

Possiamo considerarlo un concept album?
(R.G.) Ogni nostra uscita discografica è sempre stata elaborata come un concept, nel senso che abbiamo sempre cercato di dare un’impronta unitaria ai pezzi dal punto di vista concettuale e filosofico, prima ancora che musicale. Anche “Abysmal Grief” può quindi essere considerato essenzialmente un concept basato sui rapporti con l’Aldilà.

L’album contiene il vostro mini LP “Mors Eleison”, cosa potete dirci al riguardo?
R.G.: “Mors Eleison” era stato pubblicato ufficialmente solo su vinile dalla I Hate Rec nel 2006 e la Black Widow ha insistito per inserirlo nella versione cd dell’album. All’inizio ero estremamente contrario a questa ipotesi, ma col senno di poi credo che ciò abbia dato la possibilità a chi non possiede un giradischi di poter ascoltare un lavoro per noi estremamente importante, dato che rappresenta un po’ il manifesto di tutta la nostra filosofia legata alla Morte. Ritengo “Mors Eleison” e “Abysmal Grief” due lavori profondamente distinti, ma nello stesso tempo assolutamente propedeutici.

Una costante della vostra carriera è stata quella delle poche date dal vivo. Con un album come AG sul mercato come sta andando da questo punto di vista?
L.N.: I motivi del fatto che le nostre apparizioni dal vivo sono così rare sono molteplici. Innanzitutto nei nostri concerti la componente teatrale è fondamentale, perciò dobbiamo avere massima libertà di scelta sul palco e sulla preparazione dello stesso. Ad esempio, anche a causa delle atmosfere che creiamo con la nostra musica, i festival non sono molto adatti a noi e, nonostante abbiamo partecipato ad alcuni con grande piacere, ci viene difficile pensare di suonare alla luce del sole o di spalla a gruppi che non hanno il nostro stesso “culto” musicale. Inoltre i continui cambi di line-up hanno fortemente rallentato le nostre produzioni live e il fresco divorzio con l’ennesimo batterista (quello con cui abbiamo fatto le ultime date dal vivo) ci impedisce di programmare un qualche tour di supporto all’album. Negli anni i continui cambi di batterista ci hanno dato notevoli problemi, ma credo che questo sia servito anche a cementificare il nucleo degli Abysmal Grief che essendo sempre stato composto da noi tre si è trovato sempre più unito nelle decisioni. Comunque abbiamo intenzione di supportare il nostro ultimo lavoro con date live e, nonostante siamo in fase di composizione dei pezzi nuovi, proveremo a breve un nuovo batterista per poter portare a voi il nostro messaggio anche dal vivo.

Puoi descriverci una vostra esibizione?
R.G.: Dal vivo cerchiamo semplicemente di ricreare un rituale funebre e di fare in modo che lo spettatore si senta coinvolto il più possibile. L’uso di candele o oggetti funebri non ha ovviamente uno scopo solamente estetico, ma ha il compito di ricreare un contesto di simbolismo nel quale sia possibile esprimere il concetto di Evocazione che sta alla base della nostra musica.

Con quali band vi piacerebbe dividere il palco?
L.N.: E’ stato un gran piacere ed onore poter condividere in passato il palco con Mario “The Black” Di Donato e mi farebbe personalmente piacere farlo ancora in futuro, così come con i tanti gruppi italiani troppo sottovalutati come Doomraiser, Misantropus e Mydriasi coi quali abbiamo condiviso un piacevole pomeriggio allo Stoned Hand of Doom due anni fa. Altre band con cui un giorno ci farebbe piacere suonare, anche perché abbiamo diverse tematiche in comune, sono Mortuary Drape e Denial of God che, pur facendo musica decisamente differente dalla nostra, condividono con noi un forte attaccamento alle radici della musica esoterica che, nonostante nel tempo non abbia avuto grande seguito, ha sempre portato avanti un discorso iniziato oramai trent’anni fa da gruppi quali Death SS o Jacula.

R.G.: Personalmente ritengo non sarebbe male neanche un concerto insieme ai Malombra, anche se credo di aver capito che difficilmente ci sarà la possibilità di rivederli dal vivo.

Secondo voi esiste una scena doom italiana?
R.G.: Altroché se esiste, ma mi sembra che se ne siano accorti più all’estero che in Italia. Personalmente ritengo che più ancora del Doom, l’Italia vanti nel mondo una scena che viene definita “Dark Sound” che ormai ci è stata riconosciuta come un marchio di fabbrica e della quale noi siamo orgogliosi di far parte.

A voi il compito di chiudere l’intervista…
L.N.: Ti ringrazio innanzitutto per l’occasione che ci hai dato con questa intervista e per le interessanti domande posteci e voglio lasciare i tuoi lettori con un consiglio e un monito: ogni azione che intraprenderete contribuirà, come un nuovo mattone su una strada in costruzione, alla direzione verso cui il vostro spirito volgerà nell’Oltre Mondo, perciò tenete bene a mente che è “la Coscienza ad essere la presenza di Dio nell’Uomo”. In Morte.

g.f.cassatella

Intervista originariamente pubblicata su www.rawandwild.com nel 2008 in occasione dell’uscita di “Abysmal Grief”.
http://www.rawandwild.com/interviews/2008/int_abismalgrief.php