Abysmal Grief – Despise the living…

Regen Graves nel corso della sua esistenza ha seminato lungo la propria strada, come un oscuro Pollicino, piccole molliche di morte. Per nostra fortuna, queste briciole nere non vanno quasi mai disperse, così come capitato ai nove brani, provenienti da periodi diversi (2016 – 2021) della carriera degli Abysmal Grief, raccolti nell’antologia di inediti pubblicata di recente dall’Avantgarde Music,Despise the Living, Desecrate the Dead.

Ciao Regen, nelle note promozionali che accompagnano la vostra nuova raccolta, “Despise the Living, Desecrate the Dead”, ho trovato questa tua dichiarazione sul contenuto dell’album «canzoni registrate e mixate nel nostro studio negli ultimi anni, con diverse formazioni, che per una serie di ragioni non sono mai state incluse nelle uscite precedenti». Direi di iniziare proprio da questa “serie di ragioni”, che immagino che non siano di tenore qualitativo…
Il motivo per cui ci ritroviamo spesso con outtakes e “inediti” lasciati nel dimenticatoio è dato dal fatto che abbiamo un ritmo compositivo fortunatamente (ancora) piuttosto elevato, e quindi in occasione di ogni album si ripresenta la necessità di dover scegliere i brani che meglio si adattano ad un determinato concept, o che più banalmente stanno bene tra di loro a livello musicale. E dato che ormai da qualche anno abbiamo scelto di non pubblicare più singoli, mini-Lp o split, tutto questo materiale escluso va poi a confluire in un’unica release nel momento in cui esso raggiunge una durata sufficiente per un album. Non ti nego che dopo trent’anni di pubblicazioni, mi diverte assai di più assemblare un disco del genere, molto più eterogeneo e interessante, che non mettermi al lavoro su un album “ufficiale” dall’inizio alla fine, e ritengo che probabilmente in futuro sarà una direzione che continueremo a percorrere più marcatamente, sia che piaccia o no.

In generale, come fai a capire se un pezzo è pronto per finire in una vostra pubblicazione ufficiale?
Ovviamente, al momento della composizione tutti i brani hanno la stessa importanza, altrimenti finirebbero direttamente cestinati. Poi, però, a seconda del concept o del mood di ogni album viene fatta una scelta. Tutto qui.

Ti è mai capitato di pentirti anni dopo, magari riascoltando un vostro disco, di aver inserito nella tracklist un determinato brano?
No, per fortuna non mi sono mai pentito per aver incluso brani “brutti” o sbagliati, per il motivo di cui ti parlavo sopra. Semmai, mi è dispiaciuto non aver avuto sufficiente spazio in quel determinato album per includerne altri che avrebbero potuto starci assai bene.

Torniamo a “Despise the Living…”, i pezzi sono finiti nella compilation così come sono stati registrati all’epoca oppure ci hai messo nuovamente mano?
La maggior parte erano già stati completati e “chiusi” da tempo, mentre alcuni hanno necessitato solamente di piccole aggiunte qua e là, di qualche ripulita, e soprattutto di un mixaggio definitivo. In ultimo, è stato fatto un mastering non eccessivo, che potesse mettere per quanto possibile tutti i brani ad uno stesso livello sonoro.

Zess e The Black sono le due realtà a cui avete reso tributo in questo disco. Secondo te, la loro opera è servita a creare una vera e propria scena italiana o ci troviamo oggi innanzi a un nugolo di band, che pur avendo delle affinità stilistiche e concettuali, si muovono come entità isolate?
Gli Zess purtroppo sono stai una realtà praticamente sconosciuta a tutti, nel senso che il loro unico disco è uscito quando la band non esisteva più. Discorso diverso per Mario Di Donato, ovviamente, anche se è risaputo che tutti i grandi nomi del dark sound italiano hanno agito praticamente nell’ombra, soprattutto nei loro periodi migliori, e sono stati realmente scoperti e apprezzati solo successivamente, tranne rare eccezioni.

Di Vito Salvatore Monitto e della sua marcia funebre degli anni ’50, “Estremo Dolore”, cosa puoi dirmi?
Che era dai tempi di “Misfortune” che desideravamo trasporre in metal delle vere marce funebri della tradizione italiana (l’idea era addirittura quella di farne un album intero!) ma non ci siamo mai azzardati a intraprendere un lavoro del genere. Era semplicemente arrivato il momento di farlo, prima che ci pensasse qualcun altro meno titolato di noi.

Quello della Morte è il vostro tema per antonomasia, ma la tua percezione della stessa è cambiata nel corso del tempo? Magari, proprio in questi ultimi anni in cui abbiamo assistito a fenomeni di morte di massa quali pandemia e guerra nel nostro continente?
No, nell’era attuale i processi storici a cui assistiamo non credo possano influire più di tanto sul concetto proprio di Morte. Non ho ancora un’età tale da poter fare un confronto tra epoche vissute particolarmente distanti tra di loro o diverse, quindi per me, a livello personale, la percezione di essa come di tutti i fenomeni umani è rimasta pressochè inalterata. I fenomeni di pandemia e di guerra poi ci sono sempre stati, solo che erano lontani dal nostro felice mondo occidentale “civilizzato”, e quindi ipocritamente ce ne sbattevamo il cazzo e ne davamo una valutazione superficiale e “cinematografica”. Ora finalmente qualcosa è arrivato a smuovere, seppur di poco, anche le nostre confortevoli esistenze, e ai più sembra tutto così enormemente difficile da gestire a livello psicologico…

A proposito di morte, ma il formato CD è completamente defunto? La compilation esce in formato digitale e vinile, come avviene sempre più spesso anche per le release di altre band…
Questa release è solo su vinile poiché, in accordo con la Avantgarde Music, volevamo in qualche modo differenziarla dagli album “ufficiali”, ma presumo che il prossimo disco sarà pubblicato come sempre su CD, LP e cassetta. Mi piacerebbe che fosse il formato digitale a essere “defunto”, ma sono consapevole di dire una cosa fuori dal mondo ormai, quindi mi devo adattare alla realtà delle cose.

A breve dobbiamo aspettarci un nuovo disco di inediti, magari proprio l’Avantgarde Music?
Sicuramente non a breve, ma nel 2024 credo potremo parlare di un nuovo album. I brani nuovi ci sono, e ci stiamo lavorando proprio in questi mesi.

Kryuhm – Danze macabre tra i fuochi

Puoi aspettare per una vita l’esordio della tua band, e quando arriva, non pensi agli anni difficili che ti sei messo alle spalle, ma ti godi il presente e programmi il futuro e delle scorie del passato non resta quasi più traccia. Qualcosa del genere è capitato ai Kryuhm di Daniele “Ozzy” Laurenti, nati più meno venticinque anni fa e giunti solo lo scorso al debutto con “Only In My Mind” (Black Widow Records).

Ciao Daniele, da poco è fuori l’esordio dei tuoi Kryuhm, “Only In My Mind”, però la band esiste da quasi un quarto di secolo. Come mai ci avete messo così tanto a pubblicare la vostra opera prima?
La storia dei Kryuhm si potrebbe definire una sorta di “sfida” alle problematiche di vita. Chi ha dei sogni, spesso li mette nel cassetto per mille motivi: quando ero ancora giovane dovetti abbandonare le passioni musicali per turni di lavoro esasperati, bambini da far crescere, mutui da pagare..Raramente riuscivo a trovare le energie, il tempo e la costanza per dedicarmi al progetto. Aggiungo che spesso la storia delle band va avanti solo trovando la giusta alchimia tra i musicisti, se non arriva ci si imbatte nell’ennesimo stop… e nei Kryuhm è successo più volte.

Appunto, un anno importante della vostra storia è sicuramente il 2004, contraddistinto dall’uscita di Sinico e il conseguente stop di un lustro. L’attività poi viene ripresa nel 2009 e interrotta nuovamente, almeno sino al 2021. In questo lasso di tempo si sono avvicendati diversi membri e immagino che anche tu come persona sia cambiato rispetto alla fine dei 90, quando hai creato la band. Quanto dell’idea originale dei Kryuhm c’è ancora in questa edizione del 2022 e cosa invece è cambiato in meglio o in peggio secondo te? 
Bella domanda! Partiamo dalla storia: dopo uno sforzo economico per autoprodurre il nostro primo demo tape, abbiamo cercato di compattare la band a suon di concerti e serate ma le vie per arrivare al pubblico negli anni 90 erano molto più difficili di oggi con internet ed i social. Si poteva solo mandare il demo a case discografiche e le due-tre riviste del settore. Sinico ad un certo punto lascia la band ed arriva il primo scoramento, io e Brusaferro ripartiamo nel 2009 ma anche lì per problemi di lavoro Berton lascia. Il cambiamento vero e proprio è arrivato quando io ho variato modo di vedere le cose, prendendo in mano la band e cercando di sistemare tutto in maniera seria e professionale In quel periodo lascia anche l’ultimo dei fondatori per visioni diverse sul progetto. Ho messo su una nuova band  cercando obiettivi da raggiungere senza pensare ad altro. Dell’idea originale è rimasto il “sogno”, è cambiato totalmente invece il modo di lavorare, la mentalità ed il metodo, che è sicuramente più positivo ed appagante.

Al di là delle influenze storiche, c’è una band più recente che ti ha ispirato o dato degli spunti per “Only In My Mind”?
Ne ho molte in realtà. Anche se sono legato al sound del classico heavy metal, ascolto molto e di molti generi, dal progressive rock italiano degli anni 70 al dark sound made in Italy. Una band che mi affascina particolarmente sono i The Magik Way dell’amico Flavio Porrati, così come Il Segno Del Comando di Diego Bnchero. Ma potrei citarne moltissime, da Mater At Clivis Imperat di Samael Von Martin ad Incantvum di Vittorio Sabelli. Le seguo tutte e tutte danno lustro all’underground italiano.

Cosa c’è “solo nella tua mente”?
Nella mia mente c’è solo la “voglia” di recuperare il tempo perso, portare la nostra musica agli appassionati, tributare i miei musicisti preferiti e dare spazio a nuove collaborazioni con tanti artisti “amici”, che stimo e con cui condivido storie, idee e progetti… Credo molto nelle collaborazioni.

Effettivamente, nel disco appaiono in veste di ospiti Federico Dalla Benetta (Riul Doamei, Nero The Fall Of Rome) e John Goldfinch: come sono nate queste collaborazioni?
Con John ci eravamo sentiti negli anni passati, c’era la voglia di fare qualcosa assieme ed alla fine ci siamo riusciti! Federico lo conosco bene, per anni l’ho visto nei live club di Verona, mi ha impressionato il lavoro fatto con i Nero The Fall Of Rome e da lì la voglia di contattarlo per questa collaborazione.

I pezzi finiti nell’album sono il frutto delle diverse epoche della band oppure sono tutti recenti?
Ci sono tre pezzi del 2001, due del 2009 e tre del 2022. Ho voluto proprio inserire le varie epoche e formazioni dei Kryuhm per rendere, comunque, a chi ne ha fatto parte. Anche se, ovviamente, tutto l’album è stato registrato dalla formazione attuale.

Leggendo la tracklist, salta subito all’occhio l’unico titolo in italiano “Danze macabre tra i fuochi”. Questo pezzo rappresenta un esperimento che potrebbe portare a nuovi sviluppi per i prossimi album oppure si tratta di un pezzo isolato che non apre in modo definitivo all’uso dell’italiano nella vostra produzione?
Non è un’episodio isolato, anzi, posso anticipare che i Kryuhm faranno più pezzi in italiano e non solo: in un pezzo useremo anche delle frasi in lingua francese, oltre all’inglese ovviamente.

I brani come sono stati accolti dal vivo?
La dimensione live credo proprio che sia uno dei punti di “forza” dei Kryuhm, abbiamo una notevole intesa sul palco ed un groove non indifferente. Infatti i nostri concerti sono accolti molto positivamente dal pubblico. Vorrei citare quello tenuto a Genova recentemente dove abbiamo condiviso il palco con Blue Down e Vanexa. Siamo stati accolti con una vera e propria “magia”, il pubblico ci ha supportato da sotto il palco per tutto il tempo in maniera eccezionale!

In conclusione, apriamo una finestra sul futuro: c’è un pezzo di “Only In My Mind” che potrebbe rappresentare la base di partenza per il prossimo disco?
Per certi versi direi “Danze Macabre Tra I Fuochi”, ma non abbandoneremo le atmosfere di “In The Nightmare” o “The Evolution…

Dionisyan – Garden of lost shades

“Last Millenium” (Decibel Productions), l’ultima fatica della cult band italiana Dionisyan, è stato l’ottimo pretesto per ripercorre, grazie all’intercessione della Ocularis Infernum Booking&Promotion, con il poliedrico Tregor Russo tutte le tappe della carriera di una delle più entusiasmanti band del panorama doom metal italiano…

Benvenuto Tregor, ammetto che quando Andred di Ocularis Infernum, qualche mese fa, mi ha proposto un’intervista con i Dionisyan, ho dovuto rifiutare perché non stavo passando un periodo particolarmente felice e avevo poca voglia e tempo per dedicarmi al sito. Però amando “The Mystery of Faith” , il ripianto di quel noè stato forte. Così, oggi che le condizioni lo permettono, ho voluto recuperare. Vorrei parlare di quel disco e non solo, ripercorrendo tutta la vostra carriera. Cosa ricordi quei giorni del 2010 quando la band è nata?
I Dionisyan sono il mio progetto musicale solista principale, assieme ai Gates Of Eden, Leper Divine e Sortilegium. Ho creato e fondato i Dionisyan nel 2010 con l’intento di proporre musica innovativa ed originale, amalgamando diversi stili dovuti alla mia conoscenza e competenza. Dopo ricerche, studi ed approfondimenti sul mondo musicale concreto, ho preso come genere principale l’atmospheric doom metal combinandolo con il progressive metal, la musica classica, il melodic death metal ed altri stili che nei tre album ho voluto suonare, evolvere, performare, mettendo in auge l’interpretazione, le emozioni, le sensazioni più profonde che venivano fuori dalla mia anima di compositore, arrangiatore, polistrumentista professionista, oltre che, ovviamente, di docente di musica.

Il 2012 è segnato dalla pubblicazione di “Land of Dreams”…
Dal 1996, all’inizio della mia carriera solista, ho creato i miei progetti musicali, tra cui i Sortilegium, Gates Of Eden, Leper Divine ed i Dionisyan. Tra il 2010 ed il 2012, avendo il bagaglio di esperienze compositive e tutto il resto, volevo creare una musica che mi aveva appassionato e fatto avvicinare al metal: il doom metal, il mio genere di musica preferito. Così nacque “Land Of Dreams”, il primo EP ufficiale, che fu accolto molto bene dai vari siti che trattavano metal oscuro e non. La cosa nuova fu che lo suonai con le chitarre a sette corde, il basso a cinque corde, la batteria con la tecnica del drum’n’bass e con le tastiere come accompagnamento, il tutto amalgamato con grande potenza sonora. Una registrazione perfetta, pulita e cristallina per godere della produzione stellare che avevo in studio di registrazione come produttore musicale e tecnico del suono, mescolando diversi stili musicali, stili compositivi e arrangiando il tutto con un risultato allucinante.

Eccoci così arrivati a “The Mystery of Faith”, lavoro che si distacca dalla tradizione doom italica e abbraccia lo stile scandinavo\britannico. Come è nato quel disco?
Il primo lavoro, “The Mystery Of Faith”, che ho creato per i miei Dionisyan è stato volutamente scritto, composto e arrangiato nello stile polifonico contrappuntistico poliritmico. In tutto l’album nasce una grande innovazione musicale dove, insieme al death metal melodico, prog metal e al doom metal atmosferico, ho unito musica classica, musica barocca, canti gregoriani, musica tradizionale mediorientale, creando un capolavoro unico nel suo genere. Tra l’altro suonando tutti gli strumenti, essendo polistrumentista. Non avevo mai fatto e realizzato videoclip per nessuna delle mie altre band professionali, prima del primo album dei miei Dionisyan. Per “The Mystery Of Faith” ho scelto due canzoni per realizzare i videoclip come produttore esecutivo, ossia “Torment And Ecstacy” e “Chain Of Thorns”. Mi sono divertito, ho posto le basi della mia prima esperienza da regista e come attore con più di 30 anni di esperienza teatrale alle spalle. Ho scritto la narrazione, le trame dei due videoclip e ho scelto sia le location, le modelle, le ballerine e le comparse. Sono davvero soddisfatto sia del primo album “The Mystery of Faith” che delle produzioni e del lavoro finale dei due videoclip.

Nel 2017 tornate con “Delirium and Madness (Concerto Grosso Opera №2 in G Minor)”, un lavoro che ridisegna la band. Come siete arrivati a quel disco e alla nuova formazione?
Ho scelto di cambiare generi rispetto al primo album per proseguire il mio percorso evolutivo per non fossilizzarmi, come è mio solito fare di album in album. Il mi intento è quello di creare delle complesse canzoni che uniscano il doom metal con la musica barocca. Nota dopo nota, brano dopo brano, per realizzare un album con un tipico virtuosismo di chitarra barocca, che conferisce un suono atmosferico speciale alle canzoni. Il secondo lavoro si intitola “Delirium And Madness”, è stata volutamente scritto, composto e arrangiato in stile polifonico contrappuntistico poliritmico. In stile di musica barocca a metà tra quella tedesca, con riferimento a J. S. Bach, e a quella italiana, in particolare a quella veneziana con riferimento ad Antonio Vivaldi. Una vera opera metal, ricontestualizzata in chiave barocca, nel pieno stile del Concerto Grosso della prima metà del Settecento. Ho composto, arrangiato, orchestrato tutta la musica e suonato tutti gli strumenti in studio. Ho diretto due cantanti, di cui una lirica e una moderna, alternando le loro voci e tecniche vocali, con un ottimo risultato. Sono stati realizzati due lyric video promozionali – “In The Mirror of My Soul” e “Blood Prophecy” – molto belli. Quando li guardo e li ascolto mi emoziono ancora, sono davvero soddisfatto per il gran lavoro svolto.

Altri quattro anni e arriva “Last Millenium”, contraddistinto dalla tua scelta radicale di fare tutto da solo: come mai?
Ho lavorato a quest’ultimo terzo album per un totale di due mesi, creando le principali linee melodiche con la chitarra elettrica a sette corde e poi scrivendo le altre composizioni e gli arrangiamenti per gli altri strumenti musicali! In “Last Millenium” il mio modo di comporre musica è intricato e complesso come sempre, ma diverso dagli altri. Negli anni ho creato il mio stile, rendendolo unico per la ricchezza dei dettagli che metto in ogni mia composizione per rendere le mie opere molto affascinanti e mistiche allo stesso tempo. Il mio modo di comporre segue solitamente la realizzazione di uno spartito della linea melodica principale di una chitarra ritmica, su cui poi compongo tutto il resto in sovrapposizione. In realtà tutti i miei album sono stati registrati interamente da me negli studi di registrazione, con qualche rara eccezioni per via di collaborazioni con cantanti uomini e donne e di strumentisti che come special guest a cui ho fatto eseguire le partiture di qualche strumento classico acustico. I session li adopero esclusivamente per farei i live. Tuttavia ho creato il progetto Dionysyan nel 2010 per l’importantissima influenza che la Sicilia ha avuto su di me su tutti i fronti dell’arte, della cultura, della politica, della democrazia, della storia a latro o ancora nel periodo della Magna Grecia, dal Settecento al duecento avanti Cristo.

Il disco inizialmente è uscito come autoprodotto, solo l’anno successivo viene pubblicato dalla “Decibel Productions”. Ci sono differenze tra le due edizioni, al di là del formato (digitale e fisico)?
In verità non è affatto vero che l’album in questione sia uscito l’anno prima autoprodotto. L’album sin da subito è stato messo sotto contratto con la Decibel Production con la differenza che nei primi sei mesi è stata pubblicata la versione digitale nei vari canali. Poi nel marzo 2022 è uscito in formato CD fisico e messo a disposizione dei vari fornitori e distributori italiani ed esteri per essere venduto e apprezzato sia da chi ascolta ed ama il doom metal in tutti i suoi sotto stili e sia per chi per curiosità vuole conoscere la mia musica ed entrare in questa avventura trascendentale.

Cosa avvicina “Last Millenium” a “Land of Dreams” e cosa, invece, lo distingue dall’idea primigenia che avevi dei Dionisyan?
“Last Millenium” ha un po’ tutto quello che riguarda i precedenti lavori pubblicati, ha la melodia e la potenza del primo Ep “Land Of Dreams”, ha la cattiveria, l’astrusità, l’intricatezza del primo album “The Mystery Of Faith “e la solennità, la complessità e l’oscurità del secondo album “Delirium And Madness”. Non mi sono mai limitato nello spaziare nel mio background molto complesso, completo ed intricato in fatto di conoscenza musicale a 360°. Ho escogitato una soluzione finale che fonde sapientemente diversi e svariati stili musicali, ben distinti tra di loro per metrica compositiva, abbinandoli con gusto estetico e metafisico. Il risultato è una musica diversa dal solito e non la solita roba utilizzata e tritata da decenni. Ho mirato all’innovazione, originalità e personalità, colpendo ogni tipo di interlocutore, dal più esperto in materia sin al dilettante novellino che si è affacciato da poco nel campo della musica metal, jazz e classica.

Dovendo riassumere con un termine “Last Millenium”, quale useresti?
“Last Millenium” è un mondo, quello della sensibilità e della sofferenza, di cui non potresti più fare a meno. Un exploit di emozioni che porta a un cambiamento intrinseco di personalità. Tristezza, malinconia e solitudine sono state le mie muse ispiratrici. Elementi trattati, infatti anche nei miei primi due libri intitolati “Catarsi Redentrice”, edito da La Zisa Edizioni nel 2018 e “Al Rintoccar dei Sensi Assopiti” edito da Ex Libris Edizioni nel 2020 sia in Italia che in Europa, in cui ho affrontato i temi di l’era contemporanea come la filosofia, la spiritualità e la religione. L’amore è proprio il sentimento più nobile alla base della catarsi. “L’amore è qualcosa di personale. Saper ascoltare e capire diventa fondamentale. Come un fiore che ogni giorno deve crescere”. Queste e tante altre mie parole si trovano nei miei primi due libri, nei quali mi sono costantemente evoluto. La mia arte che si trasforma. Muta. Musica sanguigna fuori dalla chitarra permeata dalla melodia struggente e malinconica. Nell’agosto 2021 è uscito il mio nuovo e terzo libro intitolato “Le Ferite Dell’Essere” edito da Melqart Communications Editore, che tratta temi come l’assenza dell’Io, decadenza mentale, egocentrismo, decadenza e rinascita spirituale, ispirata dalle mie esperienze di vita, arricchita da alcune fotografie artistiche con le quali ho potuto riscrivere la mia anima con la penna. Qui ho scritto aforismi, lunghi testi e pensieri che poi sono diventati elementi per i testi delle nostre vite. Si tratta anche del mistero della fede, della resurrezione, della filosofia, della psicoanalisi e molto altro. A breve verrà pubblicato sempre a livello nazionale italiano il mio quarto libro che riguarda la storia del patrimonio dell’arte, della cultura e di tanto altro della Sicilia!

Lasciamo da parte il passato, guardiamo avanti: cosa c’è nel futuro dei Dionisyan?
Di sicuro la promozione del terzo Album dei Dionisyan e far conoscere e guardare i due lyric video e due videoclip ufficiali. In qualità di regista, produttore esecutivo ed attore ho girato “Spheres Of Hourglass” e” Dismal Emptiness” in stile gothic horror nei mesi di febbraio e marzo 2022, in un bellissimo e monumentale cimitero in stile liberty a Palermo. Inoltre, ho collaborato con l’artista grafica Olga Kann dall’Ucraina per il secondo lyric video “Predictions” e con la Modotive dall’Italia per il primo lyric Video “Garden Of Lost Shades”.

A te la chiusura…
Voglio ringraziarti per avermi intervistato, salutare tutti i lettori e far sapere sia ai miei vecchi che ai miei nuovi fan cosa faccio nella mia vita artistica e culturale. Ringrazio anche il mio agente Andred Ocularis Infernum per il suo lavoro di press agent, il mio manager Marian Peron e la casa discografica Decibel per il supporto. Vi invito ad acquistare le vostre copie con le cartoline e le magliette del nuovo terzo capitolo della mia band Dionisyan, dal titolo “Last Millenium”.

Tony Tears – Pains

Antonio Polidori, in arte Tony Tears, è un personaggio che ha contribuito in modo importante alla creazione del mito della scena doom italica, sia con la creatura che porta il suo nome, sia con realtà quali Zess, Abysmal Grief, Soul Of Enoch ed Helden Rune. Il suo sound oscuro, pur rifacendosi alla lezione impartita decenni fa da Paul Chain, è sicuramente tra i più riconoscibili del darksound. In occasione della ormai imminente pubblicazione per la BloodRock Records del nuovo album “Pains”, abbiamo fatto con Antonio un lungo excursus sulla sua carriera, non tralasciando, ovviamente, neanche la prossima uscita…

Ciao Antonio, o preferisci che ti chiami Tony?
Ciao Giuseppe, è lo stesso, sono due nomi di un’anima.

C’è un momento preciso in cui Antonio Polidori diventa Tony Tears?
Sì, all’ età di 12 anni. Quando sentii il bisogno di esternare le mie sensazioni, se pur “acerbe”, sensazioni legate anche ad una bisnonna guaritrice di campagna (Strega).

Facciamo un balzo indietro nel tempo, qual è il tuo primo ricordo legato alla musica e quando, invece, hai imbracciato il tuo primo strumento?
Ricordo che da bambino mi spaventava l’ album “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd, ma era una droga. Lo mettevo sempre e ricordo che sono nato da un padre musicista e con vinili dei Pink Floyd, Iron Butterfly, Led Zeppelin ecc. La musica, e soprattutto il rock, hanno suonato in me fin dalla tenera età. Lo strumento me lo ricordo benissimo: fu la chitarra acustica a sei anni, se pur non sono mai stato un chitarrista acustico, passai all’ elettrica dopo qualche anno e poi alla tastiera.

A quando risale il tuo esordio in una vera e propria band?
Risale agli stessi Tony Tears, poiché la prima timida formazione, composta da amichetti dell’epoca, risale al 1989 (un anno dopo la fondazione degli Anthony Tears).

Prima di addentrarci nella tua discografia, mi soffermerei un attimo sul genere che hai proposto principalmente in questi anni, una musica oscura che si muove tra doom e darksound di scuola italiana: come mai hai scelto questa precisa, e ben definita, linea stilistica per le tue uscite?
In realtà le band che mi/ci piacevano (e mi/ci piacciono) e a cui ci ispiriamo, anche se erano orgogliosamente italiane (Death SS, Paul Chain, The Black, Goblin, ecc.), secondo noi proponevano heavy metal oscuro a 360°. Quindi, non ci accostammo al darksound italiano, e tanto meno al doom, con l’intenzione di esserne fossilizzati. La realtà è che in quel genere sentiamo esserci una totalità musicale che riscontriamo nel nostro modo di comporre. Ovviamente, però, abbiamo anche guardato all’estero, non solo in Italia, anche se il dark metal italiano non ha rivali. Nei Tony Tears Band prevale il dark metal (preferisco chiamarlo così), mentre nel “solista” prevale l’aspetto un po’ più tipicamente italiano vecchio stile, ma che poi in realtà sono sempre i Tony Tears (i due aspetti non sono divisi). La lieve differenza sta che mentre per la band c’è più un aspetto musicale anthem da presentare sul palco, il “solista” da libero sfogo realizzando gli album totalmente da solo o al massimo con il cantante storico David Krieg (o con sporadiche ospitate). Le canzoni del “solista” volendo possono essere suonate live anche dalla band. Sono la faccia della stessa medaglia. Anche se è la band ha ed avrà sempre la priorità.

La musica è l’aspetto principale e più evidente delle tua proposta, ma quanto conta la componente filosofica e religiosa?
Tanto! Non riesco a concepire un album dei Tony Tears se non vivo le mie esperienze. Non riuscirei mai ad essere ispirato solo nella musica, se prima non lo sono passando attraverso vicissitudini spirituali/esoteriche. Ogni uscita dei Tony Tears rappresenta delle vicissitudini sentite e le uscite seguono un filo logico.

La carriera discografica dei tuoi Tony Tears parte ufficialmente con “Fears And Sensations In The Claustophobic Mirror” e “The Reality Before All”, che ricordi hai di quelle uscite pionieristiche e di quel periodo della tua vita?
In realtà, la prima demo ufficiale risale all’ anno di fondazione 1988, si intitolava “Strane sensazioni”, seguita da “Luna nera” del 1989 ed altre demo degli anni ’90. Però, sì, il primo album con un po’ più di “pubblicità” e che incorona il tragitto Tony Tears è “Fears and Sensations …”. Ad oggi “Fears…” non lo rifarei, o meglio, curerei di più l’ aspetto sonoro. Ammetto che fu registrato maluccio, anche se è l’ unico album dei Tony Tears ad essere registrato così. Ciò nonostante è un disco che ha il suo perché sia sul lato compositivo che creativo, dove vi sono tantissime astuzie musicali (riscontrate anche dalla maggior parte dei nostri fan). D’altronde molte band hanno esordito con album non proprio perfetti nelle registrazioni, eppure , sono ritenuti dei capolavori. Mi viene in mente “Into the Macabre” dei Necrodeath (che adoro) secondo me registrato anche peggio di “Fears and Sensations…” eppure è il loro album d’esordio a cui siamo tutti affezionati. “The Reality Before All”, invece, suona dark/doom ma con atmosfere elettronic/rock. Strumentale e allucinato, fu un viaggio interiore dimostratosi poi profetico sulle brutture del mondo e di ciò che sarebbe diventato di li a poco. “The Reality…” fu uno degli album “solisti” che battezzò la linea/stile profetica dell’aspetto più solista, non è facile etichettarlo, ne sono molto orgoglioso.

Poi si passa alla coppia di album con la “V”, “Voci dal Passato” e “Vortice”, due dischi che probabilmente definiscono ulteriormente il tuo sound, rendendolo più maturo, ma che tra di loro poi non sono proprio così simili. Concordi con me?
Sì, assolutamente. “Voci dal passato” è un ottimo album a mio avviso, sia a livello musicale/compositivo che come qualità audio, anche se un po’ vecchio stile. Fu anche l’ ultimo dove utilizzai la mia voce, già in quegli anni non l’allenavo più e iniziava a non piacermi (nonostante i fan ne andassero matti). Forse l’ unica cosa che rifarei di “Voci del passato” è la mia voce, ma questo non vuol dire che sono insoddisfatto, tra l’ altro “Voci…” è l’ album più ristampato dei Tony Tears, è il nostro “Life and Death” anche per tematiche. “Vortice” è il “proseguo” di “The Reality…” però con più riff dark/doom e con il cantato del mio amico, e cantante storico dei Tony Tears, David Krieg. “Vortice” è un dark metal elettronico prog oscurissimo, forse uno dei più oscuri per certi versi. Quindi, sì, due album diversi ma c’è sempre una coerenza tra i due stili proposti negli anni dai Tony Tears, da un lato il metal da palco con la band, e dall’altro il metal contaminato dall’ elettronica oscura di Goblin, Antonius Rex e qualcosa di Klaus Schulze con assoli da guitar hero oscuro.

E’ arrivato il turno delle due uscite targate Minotauro Records – “Follow The Signs Of The Times” e “Demons Crawl At Your Side” – etichetta che ha ospitato le opere di uno dei tuoi miti, Paul Chain. Che mi dici di questi due dischi?
Da qui decisi che bisognava fare il salto definitivo; ovvero avere un sound ancora migliore e iniziare ad avere oltre un cantante vero anche musicisti stabili per tornare live non solo con le band in contesti diversi ma anche (e finalmente) con i Tony Tears. Per “Follow…” andammo in studio dal nostro amico Regen Graves che, oltre realizzare il master, si prestò a suonare batteria e basso. “Follow…” è molto roboante come produzione ma è fottutamente heavy dark e le composizioni sono sublimi così come le parti più da colonna sonora stile Goblin. “Demons…” è più misterioso e pieno di finezze tecniche, più “precisino” rispetto a “Follow”, anche se comunque ne ricalca alcuni aspetti. “Follow” è il viaggio di un medium che sente la diversità tra lui ed un mondo che non gli appartiene. “Demons…” è la percezione reale delle possessioni moderne, dei veri demoni e non dei demoni narrati dalla chiesa. Con Minotauro questi due album ci aiutarono a diffondere in maniera stabile la creatura Tony Tears, ne saremo sempre riconoscenti. La rottura con la stessa fu per situazioni un po’ ambigue ma non per colpa nostra, peccato perché era un bel sodalizio, anche se oggi siamo altrettanto soddisfatti. Comunque massimo rispetto per la Minotauro.

Possiamo definire “The Wail of the Elements” l’album più atipico dei Tony Tears?
Non saprei, il giudizio è sempre individuale. Effettivamente è quello più rock “normale”, quando lo riascolto ci sento assoli molto eleganti, forse anche troppo. Però è allo stesso tempo molto darksound. Non saprei definirlo, ma poi perché definirlo? Comunque è il primo album solista, registrato, mixato e prodotto da me nel mio studio personale ad avere un’ottima produzione (non inferiore a quelli della band negli studi).

Per il momento, ci fermiamo a “The Atlantean Afterlife (…Living Beyond)”, ultima uscita ufficiale: lo consideri il tuo disco migliore, o quantomeno, quello più maturo?
Assolutamente sì! E’ l’album consacrazione dei Tony Tears. Sia a livello filosofico testuale, sia a livello musicale (compositivo e audio): è il miglior album dei Tony Tears Band in assoluto!

Prima di proiettarci sul futuro, ti andrebbe di fare una carrellata veloce sulle tue altre pubblicazioni con Zess, Abysmal Grief, Soul Of Enoch, ecc ecc?
Zess è stata una bellissima esperienza che mi fece conoscere maggiormente e a cui devo molto, così come a Renato “Mercy” e a Diego Banchero. Abysmal Grief: oltre ad aver inciso “Black Mummy” nel primo tributo dei mitici Death SS, esiste una cassetta ufficiale dove ci sono altre track con me al basso. Con gli Abysmal oltre esserci da sempre una bella amicizia, c’è da sempre una grande empatia musicale, gli uni con gli altri. Soul Of Enoch è stato (con l’ album “Neo Locus”) un coronamento della vecchia amicizia tra me ed il cantante storico dei Tony Tears Band, ovvero David Krieg. Infatti, anche se “Neo Locus” è del 2013 la maggior parte delle canzoni sono nostre vecchie song degli anni ’90 risuonate e riarranggiante meglio per l’ occasione. Tra l’altro non sono le uniche cose incise negli anni ’90 da me e Krieg che, come coppia chitarra/voce, penso di poter dire che siamo stati secondi in Italia solo alla coppia Sylvester/Chain. Comunque “Neo Locus” è un album di cui andiamo entrambi fieri. Vorrei citare anche l’ album con gli Helden Rune, che è stato il primo disco di gothic rock Italiano nel vero senso della parola. Un’esperienza che è rimasta nel mio cuore e nel cuore di molti fan.

Eccoci arrivati a “Pains”, disco che ho avuto modo di ascoltare in anteprima e che ho trovato grandioso. Non vedo l’ora di avere tra le mani la versione definitiva. Ti va di anticipare qualcosa ai nostri lettori?
“Pains”, come si intuisce dal titolo, è stato realizzato in un periodo della mia vita molto doloroso. Appena dopo l’ondata peggiore del covid, persi il lavoro, caddi in una specie di depressione (fortunatamente in forma lieve e presa in tempo), dimagrii anche abbastanza. Ero avvilito, non so nemmeno io per che cosa precisamente, piangevo fisso (non mi vergogno a dirlo. Oltre queste cose, la causa del mio “Pains” furono altre questioni non di minore importanza. Fortunatamente, l’amore per la musica, l’arte e i pochi amici mi aiutarono a superare questa fase. Ma il fatto “strano” fu che mentre “uscivo” piano piano da quella situazione, intuivo che le Entità/Energie, che mi circolavano attorno, stavano trasmettendomi qualcosa (tanto per cambiare). Sentivo che una guerra sarebbe iniziata e che avrebbe fatto diversi morti, ovviamente mi riferisco al conflitto in Ucraina. Non è un caso che la maschera da me utilizzata per le grafiche di “Pains” sia simile a quella per coprirsi le vie respiratorie (covid), però fatta di filo spinato, simbolo dei confini territoriali nelle guerre. Questi sono solo alcuni aspetti dei tanti segni arrivatemi. Questi dialoghi, segni, e altro tra me e certe Entità sono una costante nella mia vita e non ci posso fare niente. Per quello che riguarda la musica, “Pains” è un “ritorno” al darksound più tradizionale italiano, fortemente influenzato da Antonius Rex e Goblin, ma con una serie di riff più tirati che a tratti sfiorano il simil thrash dei Requiem e/o dei Death SS più duri. Infatti, è l’ ennesimo disco “diverso”, qui più incazzato. Non ce la faccio più a vedere le cose nel mondo che vanno come stanno andando e ho voluto tirare fuori tutta la “rabbia” che avevo. Forse non l’ho tirata fuori nemmeno tutta. Ho cercato di unire il darksound tradizionale ad un heavy più tirato comunque sempre oscuro. In “Pains” sono tornato dopo anni alla voce, cercando di curarla e di migliorarla il più possibile, sia nel recitato, infatti ho più recitato/declamato che cantato, sia nel cantato. Credo (spero) di esserci riuscito. L’ unica pecca (ma non è colpa mia) è che purtroppo questo album deve ancora uscire ed è fortemente in ritardo, peccato.

Al di là del nuovo disco, altri progetti all’orizzonte?
Stiamo lavorando e siamo già entrati in studio per alcune parti del nuovo dei Tony Tears Band (“Pains” fa parte più del “solista”), e posso dire che sarà un ulteriore passo avanti a “The Atlantean Afterlife”, anche grazie all’ ingresso in band del nuovo batterista Gianni “Coroner” Queirolo (batterista degli amici Damnation Gallery) , un vero mostro di bravura, tecnica e gusto. Sarà molto particolare a livello esoterico, poiché realizzato con un potente Mago/Esoterista, con il quale stiamo facendo combinare musica ed altro per la sua uscita. Sarà una “Pietra Filosofale”. Oltre questo, c’è il ritorno dei Soul Of Enoch che sarà un po’ più gothic metal \ new wave abbinato al darksound (io e Krieg vorremmo orientare più verso questo stile i Soul Of Enoch). Infine, sto cercando di portare a termine il nostro, mio e di David, “The Story Of…”, con varie cose inedite che vanno dai primissimi anni ’90 fino alla fine dei suddetti (unico periodo rimasto un po’ scoperto discograficamente eccezion fatta per “Neo Locus”). Ci sarebbe anche il disco solista di Sandra Silver, storica vocalist ex Paul Chain e seconda voce ufficiale dei Tony Tears, però l’album in questione dipende molto da lei (la musica è pronta). Ovviamente, a partire dal 10 giugno all’ Angelo Azzurro (Genova) si torna a suonare dal vivo, sperando di dare un seguito a questa data.

Godwatt – Il terzo rintocco

I Godwatt ci hanno messo un po’ – a causa di fattori interni, cambio di line-up, ed esterni, restrizioni covid in primis – per tornare tra noi. Ma quando l’hanno, l’hanno fatto a modo loro, con una vagonata di riff pensanti e oscuri. E’ toccato a Moris Fosco il compito di presentarci il nuovo album “Vol III” (Time to Kill Records \ Anubi Press).

Benvenuto Moris, ai tempi della pubblicazione di “Necropolis”, vi chiesi da quale lavoro dovessimo iniziare a contare i vostri dischi, dato che in precedenza vi chiamavate Godwatt Redemption e avevate testi inglese, e tu mi rispondesti: “I nostri album dobbiamo contarli dal demo precedente a “The Hard Ride…””. Come mi spieghi, allora, quel “Vol. III” che dà il nome alla vostra ultima fatica?
Intanto grazie per averci di nuovo cercato per questa intervista! “Vol. III” indica semplicemente il terzo lavoro ufficiale della band uscito per una label, poiché tutti i dischi precedenti a “L’ultimo sole” del 2015 sono autoprodotti.

Mi pare che in generale “Vol. III” riprenda una certa oscurità che in parte avevate “diluito” in “Necropolis”, è così?
Sinceramente io trovo molto oscuri, anche se in maniera diversa, tutti i nostri ultimi tre dischi soprattutto se paragonati ai nostri primi lavori autoprodotti dove forse l’impronta stoner era un po’ più marcata. Devo ammettere inoltre, che ogni nostro disco, anche se può essere considerato stoner doom come genere, abbia caratteristiche diverse l’uno dall’altro, sia per la composizione che per la produzione in generale. Ogni disco ha un suono, una sua caratteristica, un suo groove, anche se l’impronta Godwatt si riconosce comunque.

Il vostro terzetto non è mai cambiato, almeno sino ai giorni successivi alla pubblicazione di “Necropolis”. Come sono andate le cose?
Purtroppo è proprio così poiché nel 2018, dopo pochi mesi dall’uscita di “Necropolis”, il nostro batterista storico Andrea Vozza per motivi diversi decise di lasciare la band. All’inizio non fu facile, dopo circa 12 anni di convivenza, cercare un altro batterista, sia perché eravamo e siamo ancora grandi amici e sia perché avevamo ormai un’intesa collaudatissima da anni sul palco. Questa cosa non ci permise di promuovere nella maniera idonea il disco poiché dovemmo fermarci e cercare un nuovo batterista. Dopo qualche avvicendamento, comunque, nel settembre del 2019, quindi circa un anno dopo, abbiamo ritrovato la quadratura del cerchio con l’ingresso in pianta stabile di Jacopo Granieri. Anche se proveniente da ascolti e esperienze diverse, nel giro di poco tempo è riuscito ad entrare nei meccanismi della band, tanto che pochi mesi dopo, ci siamo catapultati in studio per iniziare le registrazioni di “Vol. III”.

Il disco si apre con “Signora morte”, che se non erro è stato anche il primo singolo estratto da “Vol. III”, credi che sia il brano che oggi vi rappresenti al meglio?
Sicuramente è uno dei brani del nuovo album che noi preferiamo suonare dal vivo e comunque credo ci rappresenti anche bene, dato che ha una parte heavy iniziale e una parte stoner-doom finale che in definitiva sono un po’ le nostre caratteristiche principali.

Tra le vostre due ultime pubblicazioni sono scoppiate una pandemia e una guerra sul territorio Europeo. Nei vostri testi avete sempre trattato temi come la morte e la disperazione, ma questi anni particolarmente ricchi di eventi nefasti hanno in qualche modo cambiato la vostra percezione della morte?
Di sicuro non hanno portato gioia e solarità nei nostri testi… Anche se devo ammettere che non mi hanno influenzato più di tanto, dato che avrei comunque parlato di certe tematiche perché penso che si adattino alla perfezione alla nostra musica, che di base è negativa e oscura.

Restando in tema pandemia e guerra in Ucraina, i costi dei tour sono notevolmente aumentati in questi anni: quanto è dura per un gruppo come il vostro organizzare oggi delle date?
Sicuramente questi eventi catastrofici non ci aiutano affatto e organizzare date è diventato veramente difficile dato che le spese per i gestori/organizzatori sono aumentate a dismisura e quindi di conseguenza chiamare una band, specialmente se proveniente da lontano, diventa una spesa non sempre sostenibile. Speriamo comunque di poter riuscire a suonare il più possibile, come spiegavo precedentemente abbiamo avuto periodi di stop forzato per cercare un batterista prima e, come tutti, le restrizioni per covid successivamente.

Nonostante questi fattori critici, avete dei concerti in programma?
A Marzo suoneremo al Roma Caput Doom Fest, abbiamo una data a Latina ad Aprile e una in Puglia da confermare. Stiamo comunque lavorando per organizzarne altre.

Avete già proposto i nuovi brani dal vivo e quali sono stati i riscontri?
Si abbiamo realizzato un release party suonando tutto “Vol. III “ed è stato accolto alla grande dal pubblico anche, se un paio di brani venivano eseguiti dal vivo già da un po’ di tempo. In generale, dalle recensioni, come anche dai social, sembra che il disco stia piacendo molto e non vediamo l’ora di farlo ascoltare il più possibile.

In chiusura vorrei tornare nuovamente alla nostra intervista del 2018: in quell’occasione mi parlaste di un brano escluso da “Necropolis” per la sua lunghezza e che nelle vostre intenzioni sarebbe dovuto poi andare a finire in un futuro EP. Che fine ha fatto quel pezzo? Avete ancora intenzione di fare un EP?
Che memoria! Quel pezzo è rimasto purtroppo nel cassetto… almeno per ora! È stato registrato con il vecchio batterista e aveva una produzione diversa da quella di “Vol. III”, quindi sarebbe da registrare nuovamente magari per una prossima uscita.

Cancervo – La montagna sacra

Un paio d’anni fa ha fatto la propria comparsa nella scena doom nostrana una nuova e interessante creatura. I lombardi Cancervo, nel giro di due dischi, sono stati capaci non solo di attirare le attenzioni degli amanti delle sonorità più fumose e lisergiche, ma anche di variare il proprio sound da un doom\stoner strumentale dal taglio psichedelico a un doom più tradizionale con voce e rimandi alla scuola italica . “II” (Electric Valley Records \ Qabar Pr) è fuori da qualche giorno, ne abbiamo discusso con il bassista\cantante Luca.

Benvenuto Luca, anche se potete contare già due album nella vostra discografia, la band è di recente formazione, per questo ti chiederei di ripercorre velocemente la vostra storia a vantaggio di chi ancora non vi conoscesse…
Ciao, nasciamo come Cancervo ad inizio 2020, dopo qualche cover per trovare il giusto feeling, proviamo ad inviare il nostro primo brano (“Darco”) ad Electric Valley Records. Sorprendentemente il pezzo piace e ci accordiamo per l’uscita di “I” che vede la luce a febbraio 2021. Persuasi dal buon feedback ricevuto per il nostro LP d’esordio, concordiamo, sempre con Electric Valley Records, l’uscita del nostro secondo album “II” per Gennaio 2023.

Un elemento che colpisce immediatamente è il vostro nome, ti andrebbe si piegarne il significato?
Il nome proviene dalla montagna che domina la nostra valle. In passato i suoi boschi venivano incendiati per rigenerare i pascoli per gli anni a venire. Questo ci ha dato l’ispirazione per “prendere in prestito” il nome e scrivere il nostro primo singolo.

Alla luce di ciò, quanto la natura che vi circonda vi influenza al momento della composizione dei vostri brani?
Tanto. Conosciamo i nostri territori e le loro leggende, esploriamo e cerchiamo inspirazione in tutto questo. Una volta immersi in una di queste storie cerchiamo di metterla in musica preservando quelle emozioni.

Tra la pubblicazione di “I” e “II” è passato relativamente poco tempo, c’è qualcosa che non è stato utilizzato nel primo disco che poi è andato a finire nel secondo?
Assolutamente no. Anzi “I” è stato completato con la nostra versione di una delle cover che all’epoca proponevamo live (“Swlabr”). Forse proprio questa canzone ha segnato lo spartiacque per giungere poi al secondo album.

Come dicevo, tra i due dischi non è che ci passi molto tempo, eppure “I” mi sembra più orientato sullo stoner\doom, mentre “II” in molti frangenti mi pare più vicino alla tradizione doom italiana: sei d’accordo con me?
Pienamente d’accordo, il primo album è fortemente influenzato dal prog-rock inglese degli anni ‘60/’70, Cream e King Crimson in testa. Nel secondo invece non sappiamo bene quale sia stata la nostra fonte d’ispirazione, diciamo che forse siamo stati meno influenzati e abbiamo trovato il nostro sound e la nostra via..

Altra novità importante in “II” è il ruolo della voce, del tutto assente sull’esordio e invece presente su questo disco: a cosa è dovuto questo cambio stilistico?
Un caro amico ci disse “se non avete nulla da dire (cantare) meglio non dire nulla”. Sacrosanta verità! Non abbiamo mai voluto autoimporci la presenza o no della voce. Nel primo album siam riusciti ad esprimere tutto con la sola musica, mentre in ”II” è stata essenziale per dar forma a certe sfumature.

Ho fatto un giro su Bandcamp e ho scoperto che l’edizione in vinile del vostro esordio è esaurita in tutte le sue varianti fisiche. Sono previste delle ristampe, magari per la prima volta in CD, dato che in precedenza lo avete pubblicato solo in digitale e vinile?
A grande sorpresa è andato completamente sold-out ed il secondo lavoro è arrivato subito senza farci pensare ad un’eventuale ristampa. Ad oggi la escludiamo, ma mai dire mai…

Invece, “II” in quali formati uscirà?
Anche “II” è previsto in digital e vinile, ma con una tiratura di 500 pezzi.

Dalla vostra pagina FaceBook ho appreso che nel mese di marzo farete alcuni concerti all’estero e in Italia, possiamo aspettarci altre date?
Stiamo lavorando ad altre date della tournee europea che ci occuperà metà mese di Marzo. In parallelo stiamo finalizzando un evento per il mese di Febbraio, in compagnia degli amici Humulus e di una nota band tedesca, ed uno per il mese di Aprile ancora tutta da imbastire. Per l’estate c’è ancora tanta indecisione, “III” sta prendendo forma e la voglia di pubblicarlo ad inizio 2023 è forte…

The Ossuary – Devils in the night sky

Venerdì, 23 dicembre, all’Extreme Academy di Bari si terrà il concerto degli The Ossuary, una delle realtà più importanti che la nostra città abbia partorito in ambito musicale prettamente metal. Gli Ossuary, giunti al loro terzo lavoro discografico, “Oltretomba”, ottengo sin dai loro esordi ottimi riscontri anche a livello internazionale, proponendo un personalissimo heavy occult rock, come loro stessi definiscono il loro sound. Abbiamo intervistato il loro batterista, Max Marzocca, già noto agli appassionati del genere, per la sua lunga militanza nella band altrettanto storica, i Natron.

Max, con gli Ossuary siete arrivati al terzo album, quali sono le differenze che avete trovato nel modo di concepire questo lavoro rispetto ai due precedenti?
Abbiamo diretto il nostro sound “doom and gloom” ulteriormente verso territori psichedelici ma il processo compositivo è rimasto sempre lo stesso. Per “Oltretomba” è cambiato il modo di registrare un album, stavolta abbiamo deciso di incidere tutti gli strumenti separatamente per avere un risultato più definito e per questo ci siamo presi più tempo rispetto ai due dischi precedenti.

Ci sono stati cambi di formazione recentemente?
All’inizio dell’estate del 2021 ci siamo separati da Dario e Domenico che hanno deciso di intraprendere altri percorsi personali e musicali. Alex era il nostro chitarrista session e video maker con cui collaboriamo sin dal 2017 ed ora è in pianta stabile da giugno 2021. Dal vivo abbiamo ripreso a suonare con un bassista session, dopodiché Francesco si è unito a noi ad agosto di quest’anno.

State portando il vostro tour in diverse città in tutta Italia, ci sono secondo te, delle città più “ricettive” dal punto di vista musicale o il pubblico metal o rock generalmente ha lo stesso tipo di impatto ovunque?
Il feedback verso la nostra musica in genere è sempre uguale, abbiamo un manipolo di follower un po’ dappertutto nelle principali città in Italia e all’estero, poi molto dipende dal lavoro di promozione delle serate. Se i promoter lavorano bene allora ci sono buone possibilità che la gente venga a vederci dal vivo. Ad ogni modo non vediamo l’ora di tornare ad esibirci nella nostra città dove non suoniamo dalla fine del 2019.

Tu suoni metal da tantissimi anni, nota la tua carriera con i Natron, è ancora difficile suonare questo genere in Italia?
Per quanto possa essere appetibile ad una fascia di pubblico più ampia rispetto a quella dei Natron, gli Ossuary sono comunque una band che suona un genere di nicchia. Questo significa che avremo sempre difficoltà qui in Italia dove l’interesse verso un certo tipo di sonorità è un fenomeno relegato all’ underground. Non abbiamo accesso ad un circuito che ci permetta di suonare in club più grossi o di ricevere supporto dalle strutture preposte al supporto della cultura e della musica. Così come per Natron, gli Ossuary sono degli outsider che hanno feedback maggiore fuori dai confini patrii, la nostra casa discografica è tedesca, il nostro distributore è internazionale e la maggior parte del pubblico che ci segue è in U.S.A e in Europa. La pandemia e la crisi economica hanno avuto un impatto pesante sull’economia e di conseguenza su tutto il settore dell’industria discografica e della musica dal vivo, quindi ovunque è diventato difficile portare in giro la propria musica. Noi comunque ci riteniamo sodisfatti di aver suonato nell’arco di circa un anno diciotto concerti in giro per l’Italia.

Che tipo di set ci aspetteremo il 23?
Sarà il nostro show speciale di fine anno! La setlist sarà la stessa che portiamo dal vivo da un po’ di tempo: tutto “Oltretomba” e un paio di brani per ognuno dei due dischi precedenti ma avremo come ospiti sul palco le Scarlet Mandrake, un trio di danzatrici di tribal fusion di Bari che per l’occasione allestiranno uno show teatrale in tema con le nostre sonorità e danzeranno durante il nostro live set. In più avremo l’onore di ospitare gli amici Grendel, la storica prima heavy metal band di Bari fondata verso la fine degli anni ’70”.

E proprio la voce dei baresi Grendel, Gennaro Verni, ci racconta:
La band nasce nel 1980, ma è nel 1981 che prende forma con Vito Milella alla chitarra, Oliviero Spinelli al basso, Gaetano Pierno alla batteria, sostituito da Onofrio Mantuano in seguito al suo abbandono per motivi di studio, e me alla voce. A cavallo tra il 1981-1982 i Grendel si sono esibititi in circoli culturali baresi e della provincia e proprio dopo in un’esibizione a Capurso, nel cinema cittadino, la band si sciolse e io con Vito Milella insieme ai fratelli Bruno di Castellaneta formiamo gli Hellbound band che ha partecipato all’Italian Massacre nel 1983, evento che viene considerato il come il primo festival metal italiano. La nuova formazione dei Grendel vede solo me alla voce della formazione originale, gli altri due purtroppo non sono più tra noi, e si completa con Angelo Errico alla batteria, Michele Langiulli (Mitch Allen) alla chitarra, Gino Gentile (Ataniel) al basso. Proprio grazie al lavoro incredibile di Langiulli che da una registrazione telefonica ritrovata su una cassetta dispersa è riuscito a rievocare i pezzi di quel repertorio inedito in pieno stile metal anni 80, e nel risuonare questo repertorio sembra quasi che si materializzino sia Oliviero che Vito. L’invito degli Ossuary ad aprire l’ultima data del loro incredibile tour finale del 2022 è una specie di magia e rende tutto eccezionale.

INTERVISTA ORIGINARIAMENTE PUBBLICATA SU “IL QUOTIDIANO DI BARI” IL 21 DICEMBRE 2022

Ahab – 20000 leagues under the sea

ENGLISH VERSION BELOW: PLEASE, SCROLL DOWN!

Forse era scritto nelle stelle che prima o poi gli Ahab e il capolavoro di Jules Verne “20000 leghe sotto i mari” si sarebbero incontrati. “The Coral Tombs” (Napalm Records \ All Noir) è l’ennesimo grandioso incubo marino partorito dalla band tedesca, ne abbiamo discusso con il batterista Cornelius.

Ciao Cornelius, dopo il vostro precedente acclamatissimo album “The Boats Of The Glenn Carrig”, avete impiegato otto anni per pubblicare un nuovo disco. Avete sentito il peso della responsabilità di garantire un grande successore al vostro quarto album?
Assolutamente! All’inizio sembra sempre un peso. Registriamo e pubblichiamo solo musica di cui siamo convinti al 100%. I nostri album sono sempre il meglio che siamo in grado di offrire in quel preciso momento. Quindi quando pubblichiamo qualcosa, mi capita sempre di pensare “come mai faremo a incidere di nuovo un album che sia figo come questo?”. Avverto una responsabilità nei nostri confronti, in primis. Avere una band perde ogni significato non appena smetti di sfidare te stesso. E sfidarci significa scrivere canzoni che ci piacciono, in primo luogo. Che siano passati otto anni questa volta non ha cambiato tutto questo, almeno fino alla data in cui abbiamo seriamente iniziato a scrivere le nuove canzoni di “The Coral Tombs”.


“The Coral Tombs” è ispirato al capolavoro di Jules Verne “20000 leghe sotto i mari”, era scritto nelle stelle che prima o poi la vostra musica e questo capolavoro letterario si sarebbero incontrati, sei d’accordo con me?
Beh, sì, haha… Anche seo libro è in circolazione da un bel po’ di tempo, tutti noi siamo stati affascinati dal film Disney nella nostra infanzia. Ma la storia non sembrava dare spazio a riff distorti e a grugniti death metal. Questa opinione è cambia quando abbiamo letto il libro. Quindi, ancora una volta, abbiamo avuto la la prova che la lettura aiuta.

Durante i tuoi tour passati, hai mai visitato Les Machines de l’île a Nantes, l’isola dove alcuni artisti hanno costruito le fantastiche macchine di Verne?
Hmmmm, aspetta…. Nel nostro tour con Mammoth Storm e High Fighter siamomstati a Nantes. Ho dovuto mandare un messaggio agli altri membri della band per scoprirlo. Secondo loro, Chris e Stephan ci sono andati. Daniel ed io eravamo ovviamente ubriachi… Ma non ho prove certe, posso solo fare affidamento su quello che mi è stato detto, haha!

Un giochetto veloce veloce: Melville o Verne?
Melville!

Cosa è arrivato prima, il tuo amore per la letteratura o per la musica?
Questa è in realtà un’ottima domanda. Ricordo che nella mia infanzia ho letteralmente divorato libri. Ma la musica è sempre esistita, quindi davvero non posso dirlo. Ma entrambe sono state con me sin dalla prima infanzia, questo è certo!

Dal punto di vista musicale questo è forse il tuo album più vario ma anche il più estremo…
Penso di sì, sì. È un po’ presto per parlare dell’album nella sua interezza, perché non ne ho ancora una visione personale. Ma pensando a quello che abbiamo fatto musicalmente, immagino che sia, in effetti, il più vero.

Come sono nate le collaborazioni con Chris Noir di Ultha e Greg Chandler di Esoteric?
Stavamo cercando una voce che offrisse un netto contrasto con quella profonda di Daniel per l’intro. Poiché ci piacciono le urla assolutamente disperate di Chris, gli abbiamo semplicemente chiesto se gli sarebbe piaciuto contribuire al nostro album. Greg Chandler è un amico di lunga data degli Achab. Gli Esoteric hanno avuto una grande influenza sugli Achab, specialmente durante il periodo della fondazione. Quindi era solo una questione di tempo prima che accadesse un qualcosa di simile a questa collaborazione.

Durante il tour di quattro date di novembre, avete suonato le nuove canzoni? Come hanno reagito i vostri fan?
Sì, abbiamo suonato “Colossus of the Liquid Graves” e “Mobilis in Mobili”. Alla gente pare che siano piaciute molto. In generale posso dire che ci sono alcune canzoni nel nuovo disco che sembrano funzionare molto bene sul palco.

Quali sono i vostri prossimi appuntamenti dal vivo?
Il 14 gennaio terremo il release party di “The Coral Tombs” in una chiesa a Braunschweig, in Germania. Abbiamo alcune date confermate e altre che sono in contrattazione, proprio ora. Ad essere onesti, ho dimenticato quali sono confermate e quali no. Quindi immagino che sia più facile per voi controllare sulla nostra homepage ahab-doom.de, haha…

Perhaps it was written in the stars that sooner or later Ahab and Jules Verne’s masterpiece “20,000 Leagues Under the Sea” would meet. “The Coral Tombs” (Napalm Records \ All Noir) is yet another great marine nightmare born from the German band, we discussed about it with the drummer Cornelius.

Hi Cornelius, after your much acclaimed album “The Boats Of The Glenn Carrig”, you needed eight years, to release a new record. Did you feel the weight of responsibility to grant a great follow up to your fourth album?
Absolutely! It always feels like a weight at first. We only record and release music we are 100% convinced by. Our albums always are the best what we are able to deliver at this very point in time. So when we release something it´s always the same that I think “how are we ever gonna make an album again that is as cool as this one?”. I feel a responsibility for ourselves, in the first place. Having a band loses its point as soon, as you stop challenging yourselves. And challenging means writing songs we like ourselves, in the first place. That it has been eight years this time didn’t change, until the date when we seriously started writing new songs for “the Coral Tombs”.

“The Coral Tombs” is inspired by Jules Verne’s masterpiece “20000 Leagues Under The Sea”, It was written in the stars that sooner or later your music and this literary masterpiece would meet, do you agree with me?
Well, yes, haha… This book has been around for quite some time, actually. All of us have been fascinated by the Disney movie in our childhoods. But the story never seemed to give room for heavily distorted riffs and death metal grunts. This changed, when we read the book. So, again, there is proof that reading helps, in fact.

During your past tours, have you ever visited Les Machines de l’île in Nantes, the island where some artists built Verne’s fantastic machines?
Hmmmm, wait… On our tour with Mammoth Storm and High Fighter we were in Nantes. …I just had to text my bandmember to find out. According to them, Chris and Stephan were there. Daniel and me were drunk obviously… But I have no proof here, I have to rely on what I was told, haha!

Just a little game: Melville or Verne?
Melville!

Did your love for literature or music come first?
This is actually a very good question. I remember that I literally swallowed books in my childhood. But music always had been around, so I really can´t tell. But both of them have been with me since early childhood, that´s for sure!

From a musical point of view this is perhaps your most varied album but also the most extreme…
I think so, yes. It is a little bit early to talk about the album in its entireness, because I don´t have the personal distance to it, yet. But thinking of what we did here musically, I guess it is, in fact, the most veried one.

How did the collaborations with Chris Noir of Ultha and Greg Chandler of Esoteric come about?
We were looking for voice that delivers a harsh contrast to Daniel deep voice for the intro. For we like Chris´ utterly desperate screams we just asked him if he´d like to contribute to our album. Greg Chandler has been a long term friend of Ahab. Esoteric have been a major influence on Ahab, especially during the founding time. So it was just a matter of time until something like this collaboration would happen.

During the November four dates tour, did you play the new songs? How did your fans react?
Yes, we played “Colossus of the Liquid Graves” and “Mobilis in Mobili”. People seemed to like them very much. Generally I can say that there are quite some songs on the new record wich seem to work very well on stage.

What’s about your next live dates?
On January, 14th will play a release show for “the Coral Tombs” in a church in Braunschweig, Germany.We have a few confirmed dates and some more that are being discussed, right now. To be honest, I somehow lost, wich ones are confirmed and wich arent´. So I guess, it´s easiest to check our homepage ahab-doom.de, haha…

Mater A Clivis Imperat – Memorie dal luogo atroce

Italiani popolo di santi, poeti e navigatori… ma non solo. Se c’è un qualcosa che sappiamo fare meglio degli altri, anzi direi meglio di tutti, è quel sound che unisce magistralmente progressive rock e sonorità oscure. Lo abbiamo fatto in passato con Jacula, Goblin, Devid Doll, lo facciamo ancora, senza paura di confronti con i nomi citati, con Il Segno del Comando, L’Impero delle Ombre e i più recenti Mater A Clivis Imperat. Capeggiata da Samael von Martin (Evol\Death Dies), questa misteriosa orchestra ha tirato fuori una delle cose più belle del 2022, quel “Atrox Locus” (Black Widow Records) che ha attirato da subito le attenzioni degli amanti di certe sonorità…

Benvenuto Samael, i Mater A Clivis Imperat, pur essendo nati non molti anni fa, hanno alle spalle una storia iniziata molto prima, quasi che una forza misteriosa, attraverso vari progetti, ti abbia poi portato a comporre “Atrox Locus”. Ti va di ripercorre le tappe principali di questa epopea?
I Mater a Clivis Imperat si formano grazie alla mia passione per la musica progressive italiana anni 70 di band quali Goblin, Jacula, Biglietto per L’Inferno e dei compositori Ennio Morricone e Fabio Frizzi. I Mater a Clivis Imperat sentono anche una forte influenza dei loro conterranei veneti Devil Doll, dei quali sono grandi estimatori. Il concetto dell’opera è stata abbozzata più di 10 anni fa, nel lontano 2008, ma poi accantonata a causa degli impegni con le band che tra incisioni e concerti, mi hanno lasciato poco tempo per la lavorazione conclusiva. Proprio mentre sostituivo temporaneamente il chitarrista dei Deusdiva, una hard rock band padovana, nel 2011, vengo a contatto con la cantante Isabella che decide di prestare la voce per portare a termine il progetto, che si intitolerà “Atrox Locus”. In origine ispirata a temi dell’orrore ma nel corso degli anni, sviluppata in maniera esoterica. Nel periodo di marzo – aprile 2020 ho lavorato a capofitto per terminare le composizioni e per farlo mi sono avvalso, oltre che della voce di Isabella, anche della Soprano Elisa Di Marte, dell’organista Milanese Alessio Saglia e di una sua collega Natalia Brankovic al pianoforte, con la quale lavora in ambiente sanitario. Dopo l’estate 2020, con tutto il materiale musicale mi recato agli Giane Studio di Padova per registrare la voce principale, i canti gregoriani e per mixare. Le musiche assumono un connotato sempre più occulto, nonostante le composizioni non siano per forza sempre oscure, rivelando un qualcosa di macabro, costantemente. Le influenze musicali oltre a provenire dall’ambito italiano, sono frutto della passione per la musica dei Black Sabbath, dei Coven, dei Black Widow e molti altri. Le liriche trattano di antichi racconti popolari detti anche “Racconti del filò” e narrano di leggende e superstizioni ancorate nelle magiche terre dei colli Euganei il tutto visto attraverso gli occhi della band.

Ti andrebbe di presentare, in maniera più approfondita, la formazione che ha inciso il disco?
Il disco è stato da me composto, pensato e mi sono occupato delle parti di chitarra, basso alcune tastiere e vari effetti, Hanno collaborato alla sua realizzazione Tomas Contarato, Isabella, Natalija Brankovic e Alessio Saglia. Tomas è un batterista preparato versatile nei vari generi musicali. Isabella, oltre ad essere una cantante strepitosa, ha una sensualità nel parlato che fa venire i brividi. E’ stata la cantante dei Deusdiva e dei Kolossal. Natalija Brankovic si è occupata del pianoforte ed è un personaggio particolarmente oscuro e stravagante. Alessio un ottimo tastierista, attualmente suona con Maurizio Vandelli. Come special guest si è occupata del cantato lirico Elisa Di Marte, noto soprano delle mia terre e molto dotata.

E’ pure vero che tu sei la mente principale, ma quale contributo hanno dato i diversi membri alla composizione dell’opera?
Inutile dire che anche involontariamente, ognuno dei membri ha contribuito alla realizzazione del lavoro mettendoci del proprio. In “Atrox Locus” ho richiesto le esecuzioni o scritto le partiture in maniera dettagliata ma nel prossimo lavoro ho lasciato loro un maggior campo di espressione tanto da aver fatto crescere ed arricchire l’opera che vedrà la luce il 31 ottobre 2023. Il lavoro di Alessio è notevole come lo sarà per il nuovo chitarrista piemontese che ha collaborato al disco. Tutto è al proprio posto e il nuovo lavoro vedrà la presenza di ospiti famosi nel campo del progressive italiano.

Possiamo considerare “Atrox Locus” un canonico concept album oppure si tratta di brani a se stanti ma legati da un filo comune?
“Atrox Locus” è entrambe le cose: ovvero un concept album ma non in modo convenzionale. Quindi, come dici tu, si parla di brani a se stanti ma legati da un filo conduttore. Le liriche narrano delle leggende popolari dei colli Euganei viste attraverso gli occhi di tre streghe (allegorie della natura) mentre di collina in collina viaggiano attraverso ville storiche in rovina fino ad approdare al monastero del monte Venda per adorare l’oscura Madre che domina dalle colline, il tutto tra leggende e folklore padovano. Per quest’opera mi sono ispirato si alle fole esoteriche delle mie campagne ma anche ai racconti del filò che si svolgevano nelle stalle fino ai primi anni 80, periodo nel quale mi trasferii dalla città alla periferia.

Musicalmente avevi già un’idea del disco? Sapevi che avrebbe giocato con le influenze di Jacula, Requiem, Goblin e dei maestri della tradizione cinematografica italiana?
Musicalmente come ho detto prima, il progetto nasce nel 2008 e naturalmente le influenze sono sempre le stesse che mi accompagnano dai tempi degli Evol… Diciamo che con questi ultimi masticavo pane, Celtic Frost e Goblin, mentre per quanto riguarda i Mater a Clivis Imperat ho dato sfogo alla mia passione musicale che tanto amo ovvero il progressivo italiano horror anni 70. Sono cresciuto con colonne sonore come “Profondo rosso”, “L’uccello dalle piume di cristallo”, “Quattro mosche di velluto grigio” dal quale ho assimilato lo stile di batteria oltre ad ispirarmi al lavoro di Agostino Marangolo, “L’aldilà” di Fabio Frizzi”, di non poca importanza “Lucifer’s rising” di Bobby Beausoleil, senza tralasciare tutta l’opera di Antonio Bartoccetti. Il mio lavoro è abbastanza contaminato dalle influenze degli artisti appena nominati anche se in verità ho creato un sound piuttosto personale che verrà sviluppato maggiormente nel prossimo lavoro. Per quanto riguarda i registi che hanno ispirato almeno in parte “Atrox Locus” posso citare senza ombra di dubbio Dario Argento, Lucio Fulci, Alberto De Martino, Sergio Martino e molti altri…

I Mater A Clivis Imperat appaino molto distanti da quanto fatto da te con alcune tue band procedenti (Evol e Death Dies), ma secondo te c’è qualcosa che accomuna questa creatura alle altre ben più estreme?
No non direi… Qualcuno ancora accomuna i Mater con gli Evol ma nulla di più sbagliato. Se l’opera l’avessi stampata con un altro nome invece che Samael Von Martin, nessuno avrebbe accostato le due band. I Mater a Clivis Imperat sono totalmente distanti dal mondo metal o black metal, non c’entrano in nessun modo. Se devo trovare per forza una similitudine che non sia nel prog italiano, li vedrei più simili ai Nox Arcana, nonostante la differenza di stile o di strumenti musicali. Non so se mi spiego. Se invece intendi la passione per l’occulto, l’esoterismo nonché le tradizioni popolari e folcloristiche posso dire che, essendo un mio interesse costante, tutti i miei progetti sono accomunati da questo. Ma musicalmente non ci troverai nessuna somiglianza, ho stravolto il mio stile musicale e abbandonato certi gusti per l’estremo nel realizzare “Atrox Locus”.

Credo che un approfondimento lo meriti anche la stupenda copertina…
Avevo bisogno di dare un vestito al progetto. Non ho voluto puerili inneggi a varie divinità o espliciti riguardi nei confronti di chissà chi, ho solo sempre avuto stima per i lavori di Enzo Sciotti con il quale sono cresciuto (da amante dei film in generale, horror o meno…) fin da piccolo e mi sono chiesto: chissà se risponderà alle mie mail o se sarà interessato alla cosa… Per me è uno dei migliori illustratori di sempre, tanto che all’inizio lo ricordo anche come l’esecutore di alcune copertine magnifiche dei fumetti horror erotici anni 70. L’opera che Enzo ha creato per noi si discosta dal solito pandemonio di immagini, “Atrox Locus” sembra la locandina di una colonna sonora di un film mai realizzato. Ed è quello che è, come opera nella sua interezza. Enzo ha ascoltato attentamente le mie spiegazioni e con il suo magico colpo di Maestro, ha riassunto tutte le mie visioni in maniera semplice ed esaustiva. Mi è dispiaciuto moltissimo per la sua dipartita, era una cara persona abile e umile come pochi. Ricordo ancora un sacco le lunghe conversazioni sul mondo del cinema e sulla musica attuale. Il suo strumento preferito era il violino così ho scelto di rappresentarlo assieme all’ idea del Maestro come metafora e per quanto riguarda le tre streghe, come accennato prima, sono allegorie delle terre venete.

Porterete dal vivo il disco?
Ho già avuto richieste per la cosa ma per ora non ci penso minimamente. Sto lavorando al seguito di “Atrox Locus” e pure ad una piccola operetta che verrà inclusa nella versione limitata, ho appena realizzato il video clip del singolo, edito per Black Window Records, “Chori Tragici”, Quindi il tempo non è abbastanza per fare questo passo. Non nego che in futuro qualcosa possa accadere, ma per il momento preferisco concentrarmi sul lavoro in studio.

In chiusura, come dobbiamo considerare i Mater A Clivis Imperat un progetto estemporanea oppure una vera e propria band che pubblicherà album con una certa costanza?
I Mater A Clivsi Imperat sono un’orchestra a tutti gli effetti, e mi darò da fare per realizzare e mettere in musica le visioni che mi ossessionano quanto possibile. Oltre ad “Atrox Locus” esiste un sette pollici picture inedito ed estremamente limitato, oltre al nuovo lavoro che è già praticamente pronto e vedrà la collaborazione di Elisa Montaldo, Flavio “Nequam” Porrati, Domenico Lotito, Simon Ferètro oltre che alla formazione citata in precedenza. Il lavoro sarà molto più personale, anche se influenzato dai maestri di cui ho parlato. La copertina verrà affidata ad un altro famoso illustratore italiano. Detto questo, vi ringrazio, per acquistare il disco scrivete a blackwidow@blackwidow.it.

Demonio – La musica del demonio

La musica dei Demonio, dopo gli ottimi riscontri ricevuti su Bandcamp in versione digitale, sta per essere pubblicata da Helter Skelter Productions / Regain Records in formato CD e cassetta. Un’occasione ghiotta per chi ha avuto modo di apprezzare “Electric Voodoo” e “Black Dawn” di accaparrarsi in un colpo solo entrambe le uscite, grazie alla compilation “Electric Voodoo of the Black Dawn”.

Benvenuto Matteo, direi di iniziare dalla fine: dal 24 dicembre sarà disponibile “Electric Voodoo of the Black Dawn” per la Helter Skelter Productions / Regain Records in formato CD e cassetta. Questa compilation, se possiamo definirla così, raccoglie “Electric Voodoo” e “Black Dawn”, rispettivamente il vostro album del 2021 e l’Ep del 2022, inizialmente usciti solo in formato digitale. La vostra musica quanto ha bisogno di un supporto fisico per essere goduta al meglio?
Ciao e grazie per questa intervista, ci fa molto piacere. Direi che non solo la nostra musica ma tutta la musica avrebbe sempre bisogno di un supporto fisico per essere goduta appieno! L’esperienza di ascoltare musica in vinile resta difficilmente superabile nella mia umile opinione. Parlando di vinili, abbiamo da poco ricevuto il vinile test press da parte della DHU Records, l’etichetta olandese che sta per rilasciare a breve sia l’album “Electric Voodoo” che il mini album “Black Dawn” proprio in vinile e per noi è stato davvero super figo poter alla fine ascoltare la nostra musica per la prima volta con il giradischi!

Da amanti del vintage siete più eccitati dell’idea di avere fuori un CD o una Cassetta a vostro nome?
In realtà non mi sento di sminuire nessun supporto fisico, anche il CD ha la sua dignità e personalmente ne ho collezionati tanti quando ero più giovane, anche se poi mi sono dedicato molto di più alle cassette oltre che ai vinili, dal momento che a un certo punto è iniziato un revival, più che giusto a mio parere, dell’analogico. Il fatto che il CD non abbia alcun problema di spazio per i brani resta di sicuro il suo punto forte e questo ci permette di avere una versione veramente bella del nostro materiale rilasciato in un pezzo unico dalla Regain Records – Helter Skelter Productions. Insomma tutti i formati sono validi fintantoché si supportano le band che più ci piacciono!

Dimmi aualcosa in più della versione in vinile…
Sì, come detto sopra verso fine dicembre dalla DHU Records dovrebbero partire i preordini dei vinili, quindi occhio che con le edizioni limitate non si sa mai quanto durino, eheh. Tra l’altro sarà in una fighissima edizione “sawblade” cioè con i bordi stile lama circolare.. e ho detto tutto!!

Come erano andati entrambi i lavori in digitale e cosa vi aspettate da queste pubblicazioni in formato fisico?
Erano stati pubblicati solo sul nostro Bandcamp per farli girare un po’ a name your price e a qualcuno sembrano essere piaciuti, qualcuno probabilmente è stato colpito dalle copertine eccessive innanzitutto ma poi la musica pure ha ricevuto degli apprezzamenti! Dalla pubblicazione in fisico non sappiamo cosa aspettarci ma abbiamo avuto dei messaggi da persone che già non vedono l’ora di ricevere il disco. Yeah!

Come è nata la collaborazione con la Helter Skelter Productions / Regain Records?
Amici in comune ci hanno messo in contatto e Per ha detto subito di essere interessato a rilasciare la musica del Demonio in CD e cassetta il che ci ha fatto un estremo piacere.

Tra le due uscite ci sono pochi mesi di differenza, “Electric Voodoo” e “Black Dawn” sono il frutto della stessa sessione di registrazione?
No, “Electric Voodoo’’ era stato registrato tra ottobre e novembre 2021, mentre i tre brani di “Black Dawn’’ soni stati registrati tra aprile e maggio 2022 quindi svariati mesi dopo!

Siete già a lavoro sui nuovi brani e, se sì, in che direzione vanno?
Al momento siamo fermi nello scrivere nuovi pezzi ma vorremmo continuare sulla linea delle tracce di “Black Dawn’’ e andare in territori sempre più psychedelic rock, questa in linea di massima sarebbe l’idea.. difficile dire quando succederà.

Al di là dell’attività da studio, come siete messi con quella live?
Per il momento non abbiamo attività live in programma, anche perché abbiamo avuto un po’ di modifiche nella vita personale di alcuni di noi che ci hanno portato a essere più distanti per motivi vari di lavori e famiglia ecc. quindi già fare prove adesso è diventato ben più incasinato.. ma mai dire mai!

A te la chiusura…
Grazie per l’intervista e ascoltate “Electric Voodoo Of The Black Dawn’’ sulla pagina
https://regainrecords.bandcamp.com/album/electric-voodoo-of-the-black-dawn !!!