Electrocution – The cruel reality

Gli Electrocution sono indubbiamente una della realtà più persistenti della nostra scena, a due anni di distanza dalla pubblicazione di “Psychonolatry” ad opera della nostrana Goregorecords proviamo a “tastare il polso” alla band con il frontman Mick.

Ciao Mick e bentrovato sul Raglio del Mulo, ti ringrazio molto per la tua disponibilità a questa intervista, come “antipasto” vorrei iniziare chiedendoti di parlarci un po’ della storia della band.
Ciao a te e grazie per questa intervista. Durante l’estate del 1989 presi la decisione di fondare una nuova band, dopo il tentativo appena fallito con la precedente (Khanckrena) nella quale erano presenti il primissimo bassista di Electrocution (Paolo Massarenti) e uno dei componenti di Cerebral Disfunction (forse la prima band grindcore italiana) e successivamente Euthanasia (Pierluigi Ricci). Fu proprio uno dei componenti dei Cerebral Disfunction, Luca Lodi (ex Crematorium e attuale membro di Hallucinator) a suggerirmi il nome, ispirandosi al brano omonimo dei Sodom presente in “Persecution Mania”. All’epoca ero convinto che Electrocution sarebbe stata una band thrash e il nome sarebbe stato perfetto per quel genere. Nel febbraio del 1990 finalmente la line-up era completa per cominciare le prove sui brani che avevo composto nel frattempo e, da lì a breve, uscì il primo demo tape “No Rest in Peace”. Dopo qualche cambio di componenti, l’anno successivo fu il turno di “The Rieal Doom”, il demo che ci permise di firmare per Contempo Resemary’s. Con un contratto discografico in mano eravamo proiettati verso la composizione dei brani per l’album ma, nel frattempo, facemmo uscire “Remains”, terzo e ultimo demo tape, prima dell’uscita di “Inside the Unreal”. Pubblicato nel 1993, questo album ci diede tantissima visibilità sia in Italia che nel mondo. Ci permise di aprire concerti per band del calibro di Death (1993) e Carcass (1994).

Com’è noto siete presenti sulla scena da tantissimi anni, posso chiederti come mai nonostante ciò, abbiate pubblicato appena tre dischi?
Il motivo fondamentale è stato lo scioglimento e la successiva reunion. Dopo la pubblicazione del primo album, abbiamo lavorato sul nuovo materiale più progressive e tech, sull’onda di band come Cynic e Atheist. Uscirono un paio di 7’’ con un totale di 4 brani (“Seamed With Scars”, “Images Are Turning”, “Water Mirror”, “Chained To Life”). Ma quando vennero pubblicati, io avevo ormai abbandonato Electrocution. Successivamente la band prese una piega che non mi sarei mai aspettato, lasciando il death metal e, se non sbaglio, all’inizio del 1997 si sciolse. Fu molti anni dopo, nel 2012, con la prima ristampa di “Inside The Unreal”, che Alex ed io decidemmo di lavorare ad un nuovo album in studio: “Metaphysincarnation” (2014). Senza pensare di dover fare una vera e propria reunion per suonare dal vivo, chiamammo i vecchi componenti ma, Luca (il batterista) decise di declinare, per cui trovammo Vellacifer per sostituirlo. Le voci di un nuovo album erano arrivate alle orecchie dei promoter che ci chiamarono per alcuni live. Come dicevo, però, la band non era rinata per questo: Alex viveva a Los Angeles e Max era veramente impegnato col suo lavoro ai Fear Studios. Sentivo la necessità viscerale di tornare sul palco e così, con la benedizione di tutti, trovai i musicisti per poter suonare nuovamente davanti al pubblico. Dopo vari cambi di lineup e l’abbandono definitivo di Alex e Max, trovai la giusta alchimia con Neil Grotti (chitarra), Alessio Terzi (chitarra), Mat Lehmann (basso), Vellacifer (batteria). La band era ormai rinata dalle proprie ceneri, con nuova energia e così facemmo uscire il terzo album: “Psychonolatry” (2019).

In tutti questi anni quanto e in che modo ritieni sia cambiato il sound della band, partendo ovviamente dal presupposto che la matrice sia sempre il Death Metal?
Il sound ha effettivamente preso varie pieghe, di album in album. Di fatto ha trovato il modo di raffinarsi nel secondo, infatti si può notare un grosso salto tra “Inside the Unreal” a “Metaphysincarnation”, pur rimanendo old school. L’impronta “classy” di Alex, sia come compositore che come produttore, è palpabile al massimo. Nell’ultimo album invece, avendo Neil come principale compositore, fonico e produttore, il registro si sposta verso un’altra impronta. Ero entusiasta di avere lui dietro al mixer perché sapevo che avrebbe sfoderato la sua vena di cattiveria musicale unita alla sua precisione quasi maniacale. Effettivamente “Psychonolatry”, arriva direttamente “in the face” con un notevole lavoro di produzione che permette di trafiggerti con violenza old school, pur rimanendo ben definito: come piace a me! Spesso nelle interviste mi sono sentito chiedere: “come mai avete fatto uscire un album così violento?”. Sinceramente ritengo che il death metal debba essere questo. Ma effettivamente mi rendo conto che sia difficile fare uscire tutto il potenziale di cattiveria di questo genere e, quando ci si riesce, i deboli di cuore abituati al metal patinato possono subirne le conseguenze. Hahaha.

Quali sono le band che vi hanno maggiormente ispirato per ciò che concerne il songwriting?
Sicuramente agli inizi, ma parlo ancora dei demo tape: Slayer, Kreator, Iron Maiden e Metallica. Successivamente sono subentrati influssi da Sepultura, Death e Deicide. Poi Cynic. Ultimamente, visto che Neil è un grande fan di Morbid Angel, ci puoi sentire molto della loro influenza. Io non li amo un gran che, ma Neil lo sa e coglie sempre la parte più adatta da questa band.

Chi sono tra voi i maggiori fautori in termini di composizione?
Mentre in passato eravamo Alex ed io i compositori principali, ora Neil è assolutamente il compositore principale. Per esempio, su “Psychonolatry”, ha composto almeno l’80% della musica. Alla fine dei conto partecipiamo un po’ tutti al lavoro, soprattutto per quanto riguarda l’arrangiamento. Io, in particolare, lavoro sulla struttura, perché avendo la mente un po’ più semplice, dal punto di vista musicale, riesco a dare buoni consigli a Neil per come rendere più scorrevoli i brani. Lui poi, a sua volta coglie le idee e le migliora ulteriormente. Un vero lavoro di squadra. Sono circondato da ottimi musicisti e questo è un gran vantaggio sia quando si tratta di esecuzione che per trovare ottimi riff. Neil è un vulcano di idee ma, il rovescio della medaglia è che, per esempio, spesso con uno dei suoi brani se ne possono fare almeno due! Hahaha.

Cosa puoi dirmi riguardo ai testi? Di cosa trattano e chi è il principale autore?
Sui testi lavoro ormai solo io. Trattano di tematiche variegate. Mi piace spaziare, anche se il genere non lo “consente” più di tanto. Adoro scrivere brani death metal, anche se credo di essere in grado di scrivere anche per altri generi. Le parole che uso sono tendenzialmente crude e violente, ma il significato che nascondono è qualcosa di più profondo. Quando leggi i miei testi non devi mai fermarti alla superficie, devi farti trascinare nell’allucinazione e lasciare che le parole ti inghiottano nel proprio vortice per portarti altrove e farti vedere una realtà diversa o, per meglio dire, la realtà vista con altri occhi. Non tratto argomenti di fantasia. Tratto la cruda realtà delle cose, che è molto più spaventosa e violenta della fantasia. Adoro scrivere testi, è il mio modo di viaggiare con la mente senza bisogno di assumere alcun tipo di sostanza psicotropa. Al momento sto scrivendo quelli per il nuovo album. Sto esplorando le emozioni umane. Paura, rabbia, depressione, dipendenza. Una cosa che mi affascina moltissimo è l’appiattimento delle emozioni e le relative conseguenze. Già il grande Chuck Schuldiner aveva esplorato questo interessante aspetto umano e lui, per me, rimane tutt’ora una ispirazione!

Il vostro ultimo “Psychonolatry” è stato distribuito dalla Goregorecords, puoi dirmi in che circostanze nacque l’interesse della label nostrana nei vostri confronti?
Emiliano è un nostro fan da sempre e lavorare con lui è un vero piacere. Si tratta di una collaborazione di lunga data. Già nel 2012 fece uscire la ristampa di “Inside the Unreal”. Da lì poi si è proseguito con gli album successivi.

Dopo due anni dall’uscita della vostra ultima release vorrei chiederti quali siano le vostre aspettative nonché le vostre speranze per questo 2021, tenendo ovviamente conto della situazione in cui ci troviamo da un anno a questa parte.
Non ti nascondo che non abbiamo aspettative. Credo che di live se ne parlerà nel 2022. In compenso stiamo lavorando ad un nuovo album sul quale invece pongo grandi speranze. Lavorare su nuova musica e portare in fondo un album è, sì un lavoro molto stancante, ma anche un gran divertimento! Non credo che riusciremo a pubblicarlo entro l’anno ma, forse, qualcosa si comincerà a sentire già tra qualche mese… vedremo!

Sono stato molto colpito dall’impatto grafico del vostro booklet e della copertina, cosa vuol rappresentare e chi è l’autore?
L’autore è Gustavo Sazes (Arch Enemy, Morbid Angel, Machine Head e molti altri). Lui ha saputo ben interpretare graficamente le tematiche dell’album. Già il titolo è emblematico: “Psychonolatry” è l’unione tra Psiche e Iconolatria. Siamo bombardati quotidianamente da immagini falsate della realtà e ne abbiamo sempre più bisogno. Dobbiamo adorare e essere guidati da un fottio di nuovi idoli che si mettono in mostra sui social media vendendo una falsa realtà. Assumiamo questa falsa realtà come una droga che ci permette di sognare di vivere le vite altrui, ed ecco che tutti noi, senza quasi rendercene conto, finiamo in questa psico adorazione delle nuove icone pagane.

Bene, siamo giunti al termine di questa intervista, ti ringrazio molto per la tua disponibilità. Faccio i miei più sinceri auguri alla band e vi auguro il meglio, concludi come vuoi!
Grazie per questa intervista! Nonostante l’impossibilità di suonare dal vivo, stiamo lavorando alacremente per non lasciare soli i nostri fan. Grazie per continuare a sostenerci!