A due anni dal promettente EP d’esordio arriva il primo album di Viadellironia, quartetto rock di ragazze dalle idee chiare e dai testi eleganti. “Le Radici sul Soffitto” (Hukapan, 2020 \ Fleisch Agency) vanta anche la partecipazione di Cesareo (produzione e chitarra) e Mangoni (prezioso inserto) degli EELST, nonché un duetto alla voce con Edda nel primo singolo estratto dal disco. Ecco la nostra intervista.
Il nome del gruppo rappresenta un luogo immaginario ed il titolo del vostro primo album ne esalta la dimensione fantastica, facendo crescere delle radici sottosopra. Quando è nata in voi questa voglia di creare realtà parallele?
Maria: Ci sono delle immagini che spostano il significato ordinario delle cose, o il loro collocamento nel tempo o nello spazio. E così creano delle allegorie. Le radici sul soffitto, ad esempio, rappresentano un’inversione spaziale, che sottintende anche il senso del tempo. L’arte a cui sono più affezionata è quella che utilizza questi scarti. Spesso si colora di un contenuto politico. Succede da sempre, uno dei casi più straordinari è quello di Galileo che, con un linguaggio non artistico, ma scientifico, ha suggerito che la realtà non fosse ordinata come voleva il potere dominante. Uno dei testi a cui sono più legata, per questi motivi, è la Vita di Galileo di Brecht. È una lezione di ribaltamento artistico.
Ho letto che i gusti musicali di ogni componente della band sono a volte molto diversi fra loro. Come riuscite ad armonizzare così tante sfaccettature sonore?
Maria: Il fatto di avere una consapevolezza del modo in cui ci piace suonare crea una grande unità. Intendo che ciascuna di noi riconosce con facilità quale impatto possa dare una propria scelta musicale all’insieme, è un contributo che si innesta in modo naturale. Forse dipende dal fatto che suoniamo da tempo insieme, e che sia diventato scorrevole avere un amalgama istintivo ed empatico.
Greta: Ci piace molto il fatto di giocare con le sonorità personali e di trovare il modo di farle coesistere nel sound finale. Il nostro amore per il “puttan pop” è sicuramente uno dei nostri punti in comune e probabilmente il meno intuibile da come suonano poi i pezzi, ma di certo presente nello spirito.
Laura: D’altra parte ci sono molti artisti che apprezziamo all’unanimità, e anche certe sonorità e certi timbri. Le cose che ci accomunano sono quelle a cui ci riferiamo maggiormente e consapevolmente. I gusti più personali, invece, influiscono nella genealogia del nostro modo di suonare.
Giada: Come dicono le ragazze, ci legano molti artisti. Suoniamo insieme da più di quattro anni e tra prove, discussioni e improvvisazioni abbiamo imparato a far convergere le nostre idee. La nostra musica è una sorta di ibrido: mescola stili, periodi musicali lontani, ma sempre compatibili con i gusti di tutte e quattro.
Tra il primo EP “Blu Moderno” e questo album sono trascorsi due anni. Se nel primo lavoro il trait d’union fra le canzoni è principalmente il timbro vocale di Maria, “Le Radici sul Soffitto” si distingue anche per una maggiore uniformità musicale. Qual è stato l’apporto di Cesareo nella costruzione del sound che cercavate?
Maria: Sono contenta che tu abbia notato questa differenza! Davide ha avuto molta cura degli equilibri interni alla musica, ma anche del rapporto che questa intesse con la voce. Non mi ha mai detto di modificare alcunché dei testi, ma ci ha aiutate a creare dei ponti tra questi e la musica. Non risulta scollata, e nemmeno ancillare.
Prestando attenzione ai vostri testi graffianti, non stupisce la collaborazione con Edda, che di liriche sardoniche ne ha scritte tante e molto belle. Che emozioni vi ha trasmesso al primo ascolto la sua interpretazione della vostra canzone “Ho la febbre”?
Maria: È stato fantastico. Ci ha colpite la naturalezza con cui ha acquisito quel testo. Nel momento in cui lo ha letto, lo ha subito restituito con un livello di autorialità e di espressività pazzesco.
Mi piace quando nel processo creativo un musicista coinvolge i propri amici, soprattutto se talentuosi come il vostro concittadino noto con lo pseudonimo di Dorothy Bahwl, che ha realizzato l’enigmatica copertina per “Le Radici sul Soffitto”. Avete ideato insieme questa immagine oppure è un’ispirazione tutta dell’artista?
Maria: Abbiamo fatto un solo incontro per parlare del concept del disco. Abbiamo spiegato a Dorothy che cosa intendessimo con questa immagine delle radici sul soffitto, aggiungendo altri elementi a quello, più esplicito, della sepoltura. Ha capito subito quale fosse il nostro immaginario e l’ha tradotto perfettamente. Ha fatto tutto Dorothy! Ci piace davvero tanto la nostra cover, lo ringraziamo di cuore.
Un argomento presente nelle canzoni, così come sulla copertina dell’album, è il dualismo tra fioritura ed appassimento, che sia fisico, spirituale o relazionale. L’immersione in queste tematiche vi ha aiutato ad affrontare il periodo attuale di stravolgimento del mondo come lo conoscevamo?
Maria: Il disco era pronto per l’uscita prima che entrassimo in questo periodo terrificante, ma le assonanze di mood che i brani (e l’artwork di Dorothy) istituiscono con il 2020 sono tante. È un disco che parla della volontà di uscire dalla stasi, del fallimento che ne consegue (“come poi ci resto male quando affondo”). È un disco ossessionato da una nostalgia retrospettiva – da cui l’immagine di noi stese a osservare, catatoniche, le radici. Ci ha aiutate nella misura in cui, nel congelamento di questo 2020, abbiamo vissuto la grande felicità di far uscire il nostro primo disco che, neanche a farlo apposta, sembra una didascalia del periodo. Penso che si dispieghino tematiche valide, però, per qualsiasi fase. Facile parlare del bronzo nell’età del bronzo! È più interessante parlare del fallimento nell’età dell’oro, sicuramente. Non vedo l’ora arrivi l’età dell’oro per continuare a parlare della tristezza.
Greta: Come dice Maria, il disco era pronto molto prima di questo periodo orribile. Ma il fatto che le tematiche presenti ci si rispecchino così tanto è stato quasi un sollievo: oltre all’avere qualcosa da fare (cosa non da poco) mi ha consentito di esorcizzare un po’ le difficoltà di queste lunghe giornate.
Laura: Personalmente, per quanto i testi guardino alla morte, la chiave di lettura che più mi appartiene è quella della fioritura, della rigenerazione, e dell’esorcizzazione del campo semantico della morte. Come se il disco fosse un rito stagionale antico, che disinnesca l’inverno. Quindi sì, ti direi che questo disco mi ha aiutata.
Ho notato con piacere riferimenti rococò nei testi e negli arrangiamenti del nuovo album, ma anche nella scenografia del video per la canzone “Blu Moderno”. Da dove proviene questa passione per la Francia del Settecento?
Laura: Dal delizioso salottino della nonna Neris! Non è una scenografia, è proprio il salotto che ho ereditato da mia nonna. Ma io e Maria (viviamo insieme) lo usiamo solo per tenerci la cacciagione e gli arazzi. Volpi e madonne.
Giada: Per coniugare l’ammirazione per Bach e il fascino verso il mondo settecentesco abbiamo deciso di utilizzare quella location come scenografia di uno dei nostri pezzi più antichi.
Non vi ho ancora visto in concerto di persona, però già dallo schermo del pc si percepisce come sapete stare bene su un palco. Perché non avete posticipato l’uscita del disco, in modo da poterlo promuovere anche dal vivo?
Maria: Sai, era lì pronto da tempo, anche lui congelato. Non avrebbe avuto senso attendere oltre, sarebbe stato in qualche modo artificioso. Siamo contente sia uscito a novembre ma, come dici, non nego sia frustrante non poterlo promuovere dal vivo. Per ora, ovviamente; se non si è capito siamo un concentrato di ottimismo e speriamo nello scongelamento estivo.
Greta: Scalpitavamo perché uscisse. Poterlo finalmente vedere stampato e ricevere i primi feedback è stato bellissimo. Feedback sicuramente meno potenti di quelli che può dare la promozione live, dal punto di vista del calore umano e soprattutto del sudore! Ma è comunque stato vitale, sempre in relazione alla pesantezza e alla staticità di questo periodo, vedere il disco esistere davvero, e progettare in vista di tempi meno bui di poterlo finalmente suonare davanti ad un pubblico.
Qualcosa di nuovo bolle già in pentola?
Greta: Sì, stiamo cominciando a pensare a cose nuove. Così il nostro primo tour promuoverà almeno due dischi! (scherzo). Farebbe sicuramente ridere passare da 45 minuti di concerto a 2 ore e mezza.
Giada: Abbiamo in cantiere qualche pezzo nuovo, ma la situazione attuale, che tutti conosciamo, non ci consente di vederci per provare. Anche noi come tanti lavoriamo comodamente da casa, ma per una band risulta molto difficile.
