Shamael – La malinconia degli angeli

Le personalità multiple di Raffaele Galasso hanno trovato un’ulteriore valvola di sfogo, che si va ad aggiungere a quelle rappresentate da Gardenjia e Nightcrush, nel nuovo progetto Shamael. Il risultato è “Melancholie der Engel” (Negre planY \ Blood Fire Death), un disco ricco di struggente malinconia.

Benvenuto Raffaele, dal 15 aprile è disponibile l’album d’esordio dei tuoi Shamael. Per te che hai già una cospicua discografia alle spalle con i Gardenjia, cosa rappresenta questo nuovo inizio?
Grazie a voi per l’apprezzato invito. Io non vedo il progetto Shamael come un nuovo inizio, piuttosto è un altro mezzo con il quale poter esprimere una passione, quella per il doom, che ho sempre avuto. Era solo una questione di tempo prima che creassi qualcosa per soddisfare questo desiderio.

Ma Shamael cosa hanno aggiunto al tuo percorso artistico e cosa ti hanno permesso di esplorare rispetto a quanto già fatto con i Gardenjia?
Come dicevo, attraverso Shamael, posso coltivare ed esprimere la mia personale visione del doom metal, cosa che non potevo fare con i Gardenjia, essendo un progetto orientato verso altre sonorità e territori. Posso quindi comporre musica per affrontare l’influenza di certe band, come i My Dying Bride e tantissime altre, che ha contribuito a formare il mio percorso musicale, essendo praticamente cresciuto con il doom degli anni 90, ed allo stesso tempo rielaborare tutto questo con il mio stile, cercando nel contempo di creare paesaggi musicali moderni all’interno del genere.

“Melancholie der Engel” è anche il titolo di un film horror tedesco del 2019, in toto o in parte ti sei ispirato a questa pellicola?
Certo. L’influenza è stata però puramente formale, nel senso che non ci sono riferimenti diretti alla pellicola quanto piuttosto all’idea che può essere rintracciata visionando la filmografia di Marian Dora. Prima di tutto mi ha colpito come un titolo così bello potesse essere usato per un film così feroce. Questa dualità di intenti mi ha sempre affascinato, è l’equivalente filmico (quasi) di Nietzsche o Bataille. Ricercare la purezza e la bellezza in un estremo atto di violenza. Il doom genera una epica e disperata bellezza anche se è generato da sentimenti neri come la depressione, il nichilismo e l’antisocialità.

Sin dalla copertina il disco traspira dolore, l’averlo composto per te ha amplificato in qualche modo la tua sofferenza oppure ti è servito come valvola di sfogo?
L’atto artistico è sempre anche un atto di sfogo, fin dai suoi livelli più superficiali. La creazione è sempre soggetta a molteplici interpretazioni, anche a livello personale. Il nostro giudizio su una nostra opera può cambiare nel tempo a causa di molteplici fattori. In questo caso particolare, il mio disco vuole essere una celebrazione del dolore e della sofferenza, come catarsi, come atto di crescita, come monito delle nostre origini e del nostro destino. Non parlerei di amplificare. Esiste un legame perverso che unisce l’artista alla sua opera, anche e forse soprattutto quando quest’ultima scorre in territori difficili da percorrere, come la tristezza ed il dolore. Il piacere che si prova e vedere o ad ascoltare la propria creazione, che è il risultato di queste sensazioni, è un piacere assoluto difficile da spiegare.

La scrittura dell’opera è avvenuta in un arco temporale ridotto o lungo?
Scrivo sempre i miei album in tempi ridotti, ciò che porta via molto tempo sono gli altri aspetti della produzione come missaggio, mastering, artwork, dato che faccio tutto da solo. “Melancholie der Engel” in particolare è stato scritto e registrato in due settimane.

Il disco è quasi un crescendo, ho notato che il minutaggio dei singoli brani sale man mano sino alla traccia conclusiva. Casualità o cosa voluta in modo conscio o inconscio?
La tracklist del disco è esattamente nell’ordine di composizione dei pezzi. Non ho prestato attenzione al minutaggio, quindi direi che sia stata una cosa inconscia

Anche in passato hai mostrato una predilezione per il lavoro in solitaria, posso chiederti come mai non ami lavorare in gruppo?
In realtà i Gardenjia erano una band a tutti gli effetti. Purtroppo le miserie della vita, dell’ego, hanno trasformato il progetto in una “one-man band”. Ma non odio il lavorare in gruppo, conosco molto bene le dinamiche di una band, il rapporto di odio e amore che si sviluppa tra i musicisti, sono sensazioni uniche destinate a privilegiati. Come per ogni cosa ci sono i pro ed i contro. Da solo posso dare sfogo a tutta la mia creatività, essendo una persona molto produttiva senza avere come ostacolo i rapporti interpersonali o le specifiche necessità di eventuali compagni di viaggio.

“Melancholie der Engel” resterà un capitolo unico o risentiremo in futuro gli Shamael?
Non creerei mai un progetto solo per fare un album, se lo faccio è perché voglio sviluppare un percorso a lungo termine, “Melancholie der Engel” è solo l’introduzione di un libro che avrà molti capitoli.

Hai da poco rilasciato un EP come Gardenjia, hai esordito con gli Shamael: ha altro in serbo il 2021 per te?
Sì, quest’anno sarà molto importante per me, durante la primavera uscirà per la Shunu Records, una etichetta italiana, il debutto dei Nightcrush (synthwave, doomgaze), un progetto per il quale io ed Alessandra (chitarre, synths)  abbiamo lavorato molto. Ho poi completato un EP per un nuovo progetto che farò uscire da indipendente nei prossimi giorni, Lux Aeterna. Poi penso che soddisferò il mio amore per band come Nadjia e The Angelic Process con la creazione di un nuovo progetto, più in là nel corso di quest’anno.