Ruxt – Labyrinth of pain

Neanche la pandemia ha fermato i Ruxt: il gruppo genovese da quando è stato fondato ha rilasciato dischi al ritmo di quasi uno all’anno. Il 2020 è stato contrassegnato dall’uscita di “Labyrinth of Pain” (Diamonds Prod. \ Nadir Promotion), che propone la consueta qualità sonora e una ghiotta novità: il nuovo cantante K-Cool.

Benvenuto Stefano (Galleano, chitarra), immagino che tra le poche cose positive di questo 2020, per voi ci sia la consapevolezza di aver pubblicato un ottimo disco, “Labyrinth of Pain”. Come mai un titolo così oscuro?
Nei nostri dischi abbiamo sempre cercato di trattare temi di un certo tipo. A volte decisamente introspettivi, altre volte di denuncia. L’album ha preso il titolo dal nostro singolo, un brano che tratta il tema del bullismo. Argomento forse scontato ma che non fa mai male menzionare quando è possibile. Abbiamo denunciato questa problematica attraverso un videoclip piuttosto esplicito. Abbiamo evidenziato che può sempre esistere una via di uscita dall’ inferno in cui può precipitare un ragazzo se il problema viene condiviso con genitori, professori ed insegnanti. Il simbolo del labirinto a rafforzare metaforicamente il significato di quanto un ragazzo possa perdersi nei meandri del dolore, dell’angoscia e della solitudine, da cui però può venire fuori attraverso il coraggio della denuncia.

La band è di relativa recente formazione, dato che è nata nel 2016. In questo lasso di tempo avete pubblicato quattro album, precisamente nel 2016, 2017, 2019 e 2020. Un ritmo non facile da sostenere, come alimentate la vostra vena creativa?
Mi rendo conto non sia facile mantenere un ritmo di questo tipo. Tuttavia, la vena creativa non è mai mancata e ritengo che nel tempo abbiamo mantenuto una certa qualità e abbiamo migliorato decisamente il nostro songwriting. Mentre nei primi due dischi sono stato l’unico firmatario dei brani, negli ultimi due ho condiviso alcuni pezzi con l’altro chitarrista Andrea Raffaele proprio per dare un po’ di respiro agli album ed alleggerirli in alcuni tratti. Penso che alla lunga la scrittura di una singola persona possa sentirsi e da qui la necessità di allargare il songwriting ad altri. Gli arrangiamenti sono sempre fatti insieme con Steve Vawamas ed in questo caso anche con il nuovo cantante K-Cool. Oserei direi che abbiamo materiale per altri quattro/5cinque dischi senza alcun problema e non a discapito della qualità.

La scelta di pubblicare un disco quasi ogni anno va in controtendenza rispetto ai dettami dell’odierno mercato discografico, che tende a privilegiare il singolo brano all’album. Questa scelta di continuare alla vecchia maniera è più di natura istintiva o è un rischio ponderato?
Capisco. Siamo in controtendenza rispetto a molte cose. Tutti i membri della band sono cresciuti nei periodi in cui esistevano vinili e poi CD e chiaramente allontanarsi dal concetto di album diventa difficile. Crediamo, finché esiste creatività, che sia sempre piacevole per un ascoltatore immergersi nell’ascolto di un CD intero con brani che hanno varie sfumature proprio per percepire il senso della band, il senso dei brani e di quello che vogliamo veramente dire. Oggi in effetti va di moda il singolo con video e stop. Una pennellata buttata lì su una tela bianca. Io prediligo ancora un dipinto con tanti colori che rappresenti per intero il significato dei Ruxt e di quello che vogliono comunicare. Certamente sono ben conscio che in pochi ascolteranno attentamente l’intero album e che gli ascolti saranno forse distratti, ma preferisco pubblicare materiale e metterlo a disposizione piuttosto che preservarlo non si sa per quali tempi e audience.

“Labyrinth of Pain” segna l’ingresso del nuovo cantante K-Cool, ti va di presentarlo ai nostri lettori?
Certamente, con molto piacere. Si tratta di un cantante con un background decisamente heavy metal che nel tempo ha abbandonato l’approccio ‘metallaro’ alla musica per dedicarsi ad altri generi, forse più pop. Ho sentito una sua performance in duetto con chitarre acustiche ed ho capito che la sua voce avrebbe potuto essere messa al servizio dei Ruxt, in un certo modo cambiando completamente il sound del gruppo. Abituati alla voce di Matteo Bernardi non potevamo certo scegliere un cantante con stile simile che avrebbe solo potuto imitare Matt. Ho cosi pensato di rivoluzionare il tutto e di proporre a K-Cool di entrare a far parte di Ruxt. All’inizio devo dire che lo stesso K-Cool era dubbioso sulla riuscita dell’esperimento, ma abbiamo comunque provato e quello che sentite è il risultato!

I brani sono nati quando Matt Bernardi era ancora con voi o successivamente all’ingresso di K-Cool? Nel caso fossero stati scritti prima, sono stati modificati per adeguarli allo stile del nuovo cantante?
I brani non solo erano stati scritti per Matteo Bernardi ma erano già stati cantati da lui. Purtroppo, dopo aver completato le registrazioni, Matt ha deciso di lasciare la band. A quel punto avevo due opzioni: far uscire l’album con un cantante che già aveva abbandonato oppure trovare un voce nuova che potesse ricantare il disco e soprattutto re-interpretarlo a modo suo. Abbiamo prima provato un paio di pezzi con K-Cool e, quando ho capito che forse poteva funzionare, abbiamo ricantato tutto l’album. Non abbiamo avuto il tempo di modificare i brani per la voce di K-Cool. Abbiamo deciso di cambiare solo le parti vocali ed il risultato è stato soddisfacente. Certamente ci sarà qualcuno che farà raffronti, ma questi fanno parte del gioco.

Nella tracklist, in terza posizione, troviamo “November Rain”, brano che riporta alla mente la hit dei Guns. Come mai avete scelto di chiamare così il pezzo, nonostante l’illustre predecessore?
Non esiste alcuna relazione tra i due brani e non volevo dedicare nulla ai Guns. Diciamo che si tratta di una coincidenza. Il brano è nato come se si trattasse di una poesia in cui vengono evidenziate percezioni visive e olfattive (l’odore della pioggia, la nebbia, i colori dell’autunno) che si ripresentano nello stesso periodo dell’anno, novembre, facendo rivivere le sensazioni di una relazione finita.

Il disco si chiude con uno strumentale, “Butterflies”: che significato ha questo pezzo posto nel finale?
Come abbiamo riportato sul retro della copertina del CD: “siamo fragili ed effimeri proprio come le farfalle. Passiamo attraverso fasi difficili per crescere e diventare adulti, cambiamo forma, ma siamo sempre noi, che voliamo in giro mostrando i nostri colori. Non possiamo permetterci di sprecare tempo, viviamo la vita al massimo perché in un batter d’occhio la nostra alba si trasformerà in crepuscolo’’. Semplicemente ho metaforicamente messo in musica il concetto di nascita, crescita ed invecchiamento fino alla morte. E quanto sia breve ed effimero questo passaggio. Questo è il senso di “Butterflies”. Avrebbe potuto essere posto in una qualsiasi posizione del CD. Semplicemente per il fatto che è piuttosto lungo, ho preferito metterlo alla fine. Una sorta dedica mia a chi ha avuto la voglia di ascoltarsi tutto il CD.

Quale è stato il brano che vi ha creato più difficoltà durante la scrittura e quale invece quello su cui all’inizio non puntavate e che, a giochi fatti, invece è uscito meglio di ogni più rosea previsione?
Puntavo molto su “Labyrinth of Pain’’ ed in effetti, nonostante alcune perplessità iniziali, si è rivelato essere un buon brano ed è stato scelto come primo singolo anche per l’importanza del tema trattato. “Simply Strangers’’ era un altro pezzo a me molto caro, ma non sono certo che sia uscito proprio come lo avevo immaginato. Tuttavia, resta una buona canzone. Lo strumentale è stata una scommessa. Avevo ben in mente che cosa volevo dire e trasmettere ed ho provato. Strada facendo, confortato anche dal parere di Steve e di K-Cool, ho capito che poteva essere un bel pezzo strumentale e che anche se un po’ lungo poteva effettivamente trasmettere delle emozioni.

Alla ripresa dell’attività live, riproporrete fedelmente i nuovi pezzi sul palco oppure opterete per nuovi arrangiamenti?
Assolutamente, cercheremo di riproporre i pezzi come sono stati registrati così come abbiamo sempre fatto. Non abusiamo mai nelle registrazioni di suoni che poi non possiamo riproporre dal vivo. Siamo abbastanza vintage e reali da evitare basi o quant’altro. Più che altro speriamo vivamente di poter tornare a suonare dal vivo al più presto.

E’ tutto, grazie
Grazie a voi per l’opportunità. Colgo l’occasione per ringraziare i compagni di band per il lavoro che abbiamo fatto in così poco tempo. Ringrazio oltremodo tre ospiti che hanno suonato nel disco: Stefano Molinari alle tastiere, Francesco Russo alla chitarra e Marco Biggi alla batteria in due pezzi. Vorrei ricordare inoltre che il disco è stato questa volta registrato, mixato e masterizzato allo studio di Steve Vawamas: Steve Vawamas Studio.