Il metal che flirta con la classica non è una novità, su questo non ci piove. Però fa sempre piacere poter ascoltare dei brani nati dall’unione di intenti di musicisti con estrazioni differenti, perché “We Are One” (AFM Records) non è il solito disco di reinterpretazioni in chiave orchestrale di vecchi classici, ma una raccolta di pezzi nuovi che hanno visto lavorare fianco a fianco gli U.D.O. con il direttore Christoph Scheibling e ben due arrangiatori, Guido Rennert e Alexander Reuber. A parlarcene è il figlio di Udo Dirkschneider, senonché batterista della band teutonica, Sven.
Benvenuto Sven, quando è nata l’idea dell’album orchestrale?
Ehi Giuseppe, grazie per avermi contattato! Proverò a farla breve … ahah! Abbiamo suonato il nostro primo spettacolo con questa orchestra al Wacken Open Air nel 2015. Tutti sono rimasti colpiti dalla reazione del pubblico e dall’energia e dalle emozioni che stavano scaturendo dal palco. È stato sicuramente uno dei momenti salienti della mia carriera e penso di poter parlare anche a nome degli altri ragazzi della band. Qualche mese dopo, abbiamo avuto l’idea di fare un altro spettacolo insieme, ma questa volta volevamo che fossero ben due ore di show. Come puoi immaginare, il tempo a disposizione durante il Wacken è limitato, nel nostro caso avevamo avuto solo 75 minuti a disposizione. Detto fatto: ci siamo esibiti insieme a Elspe in Germania nel 2018 davanti a quasi 4000 persone e di nuovo l’atmosfera è stata fantastica! Dopo questo spettacolo, abbiamo bevuto un paio di drink insieme ai ragazzi dell’orchestra e abbiamo tenuto delle piacevoli chiacchierate. Ci siamo detti: vi immaginate che bello sarebbe fare un album insieme? E tutti ci siamo risposti: diavolo, sì! E poi: sarebbe più bello scrivere delle canzoni insieme e non solo ri-arrangiare materiale già esistente! Una sorta di plebiscito, tutti eravamo concordi che fosse un’idea fantastica e l’abbiamo realizzata.
Siamo partiti, però, da un momento successivo, la vostra esibizione al W:O:A:, ma come siete entrati in contatto con la Musikkorps der Bundeswehr (l’orchestra delle forze armate tedesche)?
In realtà ci hanno contattato. Gli U.D.O. già nel 2013 avevano suonato in uno spettacolo con la Navy Orchestra delle forze armate tedesche. Abbiamo anche registrato un DVD, “Navy Metal Night”. Poco tempo dopo questo spettacolo l’orchestra di Wilhelmshaven in Germania è stata sciolta. Più o meno un anno dopo, la banda delle forze armate tedesche ci ha contattato e ci ha chiesto se avessimo voluto continuare il viaggio con loro. E così è stato: siamo andati alla grande e abbiamo suonato al Wacken!

Quanto è stato difficile far sposare il vostro metal con la musica da orchestra?
Non è stato così difficile come si potrebbe pensare… Abbiamo avuto circa una tarentina idee di canzoni per questo album e, dopo diversi incontri con il direttore Christoph Scheibling e i due arrangiatori, Guido Rennert e Alexander Reuber, abbiamo fatto una cernita. Butate giù le versioni demo, siamo passati ad organizzare le parti d’orchestra. Hanno fatto un lavoro fantastico! Quando abbiamo ascoltato i primi loro arrangiamenti, ci siamo trovati innanzi esattamente a quello avevamo desiderato che fosse il risultato finale! Ovviamente, ci sono satti molti dettagli da limare ed è stato necessario quasi un anno per scrivere e registrare tutto, ma l’intero processo è stato molto divertente!
Che tu sappia, Udo ha cambiato la sua tecnica vocale per questo album?
Ad essere sincero, non credo proprio! Non posso parlare per lui, ma personalmente ritengo che abbia cantato come sempre!
Almeno all’esterno, il mondo della classica appare alquanto snob, sopratutto nei confronti di un genere come il metal: invece, dalle tue parole, mi pare di capire che non sia andata affatto male dal punto di vista umano con i 60 musicisti dell’orchestra, no?
Posso sicuramente negare in modo categorico lo snobbismo! Sono tutte persone molto simpatiche e amichevoli e ci siamo divertiti tanto insieme al Wacken, all’Elspe e durante il processo di creazione di questo album. Sono tutti musicisti di alto livello e tutti ardono di passione per la musica! Abbiamo anche trascorso dei bei momenti nei bar dell’hotel…
Tornando al Wacken e all’Elspe, quanto sarebbe stato importante oggi a livello simbolico, durante lo stop parziale imposto dal Covid, pubblicare un album dal vivo con l’orchestra?
Secondo me, anche questo album contuene un messaggio speciale, soprattutto in questi tempi folli: Siamo “uno” e “noi” dovremmo agire come “uno” e “noi” dovremmo aiutarci a vicenda e non ucciderci a vicenda! Sarebbe stato fantastico presentare questo album a questa edizione del Wacken Open Air, ma sfortunatamente non sarà possibile. Posso già dirti che siamo stati confermati per il WOA 2021 e neon vediamo l’ora di poter suonare di nuovo dal vivo!

Mettiamo da parte il nuovo album e passiamo alla tua sfera personale: Sven, durante la tua infanzia hai fatto qualche tour con tuo padre? Hai particolari esperienze o ricordi da raccontare?
Non sono mai andato propriamente in tournée con lui quando ero un bambino. Certo durante le vacanze scolastiche, io, mia sorella e mia mamma, abbiamo viaggiato il più possibile con lui! Sono andato a molti grandi concerti da bambino e ho incontrato molte persone fantastiche! Ricordo che stavamo andando a uno show dei Motörhead a Düsseldorf, dovevo aver avuto 10 anni o qualcosa del genere, mi sono imbattuto nel drumkit di Mikkey Dee, durante l’intero concerto mi sono piazzato là dietro e mi sono goduto la sua prestazione. È un gran bel ricordo per me!
Magari è stato in quel momento che hai deciso di diventate un batterista e non un cantante?
In realtà, è successo tutto in modo naturale. Quando avevo cinque anni ho avuto in regalo per natale una piccola chitarra e alcuni bonghi: ovviamente mi sono fiondato sui bonghi. Ricordo che quel giorno a casa mia c’era l’ex bassista Fitty Wienhold, si è messo a suonare qualcosa con la chitarra che avevo appena ricevuto in dono – c’è anche suo video, credo – io ho iniziato a contare 1,2,3,4 in tedesco e mi sono messo a colpire i bonghi. In qualche modo, sono anche andato a tempo! Da quel momento in poi è stato chiaro per i miei genitori che mi sarei messo a suonare la batteria. Ho iniziato a prendere lezioni all’età di cinque anni. Oggi canto parecchio, ci sono un sacco di mie linee vocali nei lavori degli U.D.O. e nei live. Abbiamo anche fatto un duetto vocale insieme su “We Are One”. Ricorco che la abbiamo cantato insieme per la prima volta su “Here We Go Again”.
È difficile lavorare con tuo padre?
Assolutamente no! È un padre molto simpatico ed è anche un grande amico! Passiamo dei bei momenti insieme ed è molto divertente esibirsi con lui sul palco!
Il mio concerto preferito per band e orchestra è “Live with the Edmonton Symphony Orchestra” dei Procol Harum, qual è il tuo?
Penso che sia quello Deep Purple con la Royal Philharmonic Orchestra del 1969.
Finito l’approfondimento sulla tua vita personale, tornerei in conclusione nuovamente all’album: nella storia della musica ci sono un sacco di album metal con orchestra, c’è qualcosa che differenzia questa vostra uscita da quelle degli altri?
Penso che la differenza principale sia che questa musica è stata scritta insieme all’orchestra e non abbiamo riversato su disco materiale già esistente con arrangiamenti classici. Molte band, specialmente nel metal, hanno lavorato insieme con un’orchestra ma il più delle volte con un’orchestra sinfonica per archi e non con una sinfonica di ottoni. Questo lo rende molto speciale. Anche l’orchestra di archi è fantastica, non fraintendetemi, ma rende la musica più “morbida” per la maggior parte del tempo. Un’orchestra di ottoni rende la nostra musica ancora più forte e più potente. La rende ancora più heavy metal. Letteralmente.
