Superati i vari blocchi dovuti alla pandemia con “The C-19 EP”, i grinder tricolore Tsubo tornano sulle scene con un full-length, il primo dal 2012. Un titolo, “Capitale umano”, e una copertina, su cui è raffigurato una sorta ti panzer tritatutto, che non lasciano dubbi sulla vocazione “sociale” di questo nuovo lavoro…
Ciao Demo, ci avete fatto attendere un po’, ma finalmente il vostro secondo full-length è fuori. Ti andrebbe di ricostruire velocemente gli undici anni che separano “…con cognizione di causa” da “Capitale umano”?
Già, in effetti è passato molto tempo! Diciamo che alcuni pezzi per il disco erano pronti già nel 2018, ma il bassista per motivi familiari lasciò la band e noi ci fermammo un po’, anche perché a me nacque un secondo figlio. Poi, nella primavera del 2019, trovammo il sostituto al basso e ci mettemmo all’opera per fargli imparare i pezzi nuovi, cercando anche di fare qualche data dal vivo: infatti suonammo a Firenze, Latina a Roma di spalla a gli Schizo e a Cagliari allo Strike Down Fest, proprio qualche giorno prima del blocco totale per la pandemia. Quando, poi durante la pandemia, si è sbloccato qualcosa, ricominciammo fortunatamente a vederci a fare le prove e a scrivere nuovi pezzi ma la situazione concerti era critica e non aveva senso fare un disco nuovo per poi non poterlo suonare dal vivo, quindi ci venne l’idea di registrare un EP per dire a tutti: “ci siamo, siamo ancora vivi e incazzati neri”. Lo facemmo uscire solo in digitale, non avendo un’etichetta distributrice, e poi era il formato più consono al periodo che stavamo vivendo. Da quella uscita ci siamo dati una scadenza e ci siamo messi a lavorare per la stesura finale del disco nuovo e la sua successiva registrazione.
Vi sentite nella posizione di dover recuperare del tempo perduto oppure arrivate a questa pubblicazione con animo sereno?
Non credo che abbiamo da recuperare, magari dal punto di vista dei concerti dal vivo di sicuro, ma il corso degli eventi di questi ultimi 3/4 anni non è dipeso tanto da nostre decisioni, ma da una serie di fattori improvvisi a cui abbiamo fatto fronte come meglio potevamo. Ricordo, poi, che noi siamo gente comune, come tutti, lavoriamo abbiamo famiglia impegni nello studio e dobbiamo spesso conciliare molte cose. Siamo arrivati a “Capitale Umano” serenamente e convinti che fosse il giusto momento, anche se poi pronti in realtà non lo si è mai, siamo sempre alla ricerca della cosa che per noi sia perfetta.
Se di full-length ne avete pubblicati un paio, ben più copiosa è la vostra produzione di EP e split album. Credi che questi supporti di breve durata siano più confacenti alla vostra proposta musicale oppure è solo un caso che abbiate pubblicato solo due lavori di lunga durata?
Forse è vero che i supporti di breve durata, come Split e EP, siano più semplici ed immediati anche da produrre e registrare e si addicono ad un certo tipo di musica, ma credo sia puramente un caso che siano usciti solo due lavori su lunga durata. La musica per noi è un mezzo importante cerchiamo sempre di puntare molto sulla qualità delle cose che facciamo in tutti gli aspetti dalla musica ai testi alle copertine alle citazioni le impaginazioni, forse se fossimo più “ma si va bene tutto”, mettendo copertine a caso e scrivendo una marea di pezzi simili con pochi ragionamenti, saremmo di certo più produttivi. Ma per come la vediamo, la qualità si abbasserebbe, non siamo certo gli Zappa del grindcore, né ci stiamo inventando qualcosa di nuovo: crediamo che investire tempo nella composizione musicale e nella ricerca dei suoni sia importante per noi.
Rimanendo in tema di EP, dato che non è passato molto tempo dalla pubblicazione di “The C-19 EP” in digitale, vorrei sapere che significato date a quella pubblicazione e se pensate di farlo uscire un giorno in formato fisico…
L’EP “C-19” del 2021 per me rappresenta la reazione a un periodo difficile per il gruppo, per motivi esterni ed interni. La pandemia, con i suoi lockdown, ha letteralmente bloccato ogni attività per molti mesi e prima ancora venivamo da un cambio nella formazione, con l’uscita di Manuel e l’entrata nel gruppo di Marco al basso. Morivamo dalla voglia di far uscire qualcosa di nuovo e reagire a ogni ostacolo. Allo stesso tempo, il nostro chitarrista Fasano, insieme ad alcuni soci, ha aperto uno studio di registrazione e sala prove, chiamato 1904 Recording Studio, che è diventato per noi una nuova casa e volevamo metterci tutti alla prova con una registrazione diversa, che di fatto è stata come una prova generale prima di iniziare a lavorare sull’album. È un peccato anche per me che non sia ancora uscito su un formato fisico, speriamo di recuperare presto! Dobbiamo comunque ricordare che questo EP è uscito nel pieno della pandemia covid e di fare concerti non se ne parlava ancora, quindi può essere visto anche come una forma di adattamento al periodo, ma soprattutto una reazione, un urlo di vita a una realtà asfittica e opprimente.
Concentriamoci su “Capitale umano”, in primis vorrei sapere in che accezione, positiva o negativa (come immagino), dobbiamo leggere il titolo?
Naturalmente il titolo è da intendersi in una accezione fortemente negativa. In qualche modo questo disco é un “concept album”, il trait d’union che percorre tutte le tracce è una critica feroce a quella “megamacchina” di morte e alienazione che si chiama “modo di produzione capitalista”. Nel linguaggio “aziendalista” neo-liberale, con la locuzione “capitale umano” si fa riferimento all’insieme delle conoscenze, competenze, abilità, capacità emotivo-relazionali, acquisite durante la vita di un individuo, che vengono finalizzate al raggiungimento di un obiettivo economico-produttivo. Detto in altri termini, che sono poi quelli che volevamo esprimere nel nostro lavoro, l’essere umano (ma anche non-umano, la natura, la Terra, l’ecosistema) viene ridotto a puro “mezzo” da sfruttare per generare profitto, per “valorizzare il Capitale”, appunto. Tutto viene trasformato in pura “cosa” in mero strumento per alimentare un sistema che produce ricchezza per pochi, disuguaglianze, impoverimento generalizzato, alienazione, guerre e devastazione ambientale.
In questo senso, l’avvento delle AI credete che possa portare a un ulteriore sminuimento del valore del “capitale umano”?
L’AI é una tecnologia che, per molti aspetti, si trova ancora in una fase iniziale di sviluppo. Ci vorranno ancora anni prima di fare una analisi fondata dei suoi effetti concreti e complessivi sul sistema produttivo, sul mercato del lavoro, sulla nostra quotidianità. C’è però un dato di fatto, direttamente collegato alla questione di cui abbiamo parlato in precedenza, che può fornire delle indicazioni di massima e lasciar presagire uno scenario futuro sull’AI: nel sistema capitalista neo-liberale tutte le tecnologie (e più in generale la “Scienza” nel suo complesso) non rappresentano un elemento “neutrale”, “imparziale”, “astratto” o idealisticamente “teoretico”, ma sono orientate dal Profitto e finalizzate alla valorizzazione del Capitale e non al benessere e all’emancipazione collettiva. É chiaro che in un contesto del genere lo sviluppo dell’AI non lascia presagire nulla di buono. Già da alcuni indicatori possiamo intuire che, molto probabilmente, assisteremo ad una gigantesca ristrutturazione del sistema produttivo e del mondo del lavoro. Molti lavoratori verranno progressivamente sostituiti nelle loro mansioni, vi sarà un esubero di manodopera. I nuovi tecno-padroni avranno interesse economico nel riassorbire e ricollocare questa massa di potenziali disoccupati? Probabilmente no, dal momento che il loro interesse é unicamente il profitto. Assisteremo dunque ad una sempre maggiore “ottimizzazione” e “razionalizzazione” dei processi di sfruttamento e creazione di plusvalore, nel frattempo aumenterà la massa degli esclusi, a cui sarà precluso l’accesso reale e l’utilizzo “condiviso e sociale” di questa nuova tecnologia. Poi c’é un altro aspetto decisamente inquietante, rappresentato dalla possibile applicazione dell’AI alle tecnologie del controllo sociale e dell’alienazione di massa, che già con l’avvento dei social media hanno fatto un notevole salto di qualità, diventando sempre più “impercettibilmente” pervasive, capillari, diffuse, funzionali ed efficaci… Insomma, c’é poco da stare allegri.
Torniamo alla musica, quali sono gli elementi nuovi inseriti in questo album. Se me lo concedete, io in alcuni passaggi ho trovato delle similitudini con certo rock italiano, tipo quello de Il Teatro degli Orrori.
Beh, accostamento interessante, di certo musicalmente c’è un divario non indifferente, suoniamo due generi distanti ma come tematiche ed impegno politico/sociale ci siamo, entrambi usiamo la musica per mandare un messaggio molto forte con i testi cantati in italiano, non certo per becere questione nazionaliste, ma per una scelta di arrivare velocemente e direttamente a tutti i connazionali. Sarebbe bello un giorno suonare e parlare un po’ con loro, ne uscirebbe uno scambio molto interessante. Per i nuovi elementi inseriti in questo album, qualche cosa di particolare che trovi, è uscito fuori arrangiando i pezzi. Forse il molto tempo a disposizione nel mettere mani ai brani, ha fatto in modo che trovassimo soluzioni a volte differenti e sperimentali. Su alcuni pezzi che sono fuori dallo standard del grindcore. La cosa che mi piace di questo è che tutto è venuto naturale, non ci siamo messi a scrivere le cose a tavolino, ma abbiamo provato molto in sala prove, improvvisando, rimaneggiando, provando e riprovando e cambiando le cose anche quando sembravano già archiviate e ben definite.
C’è un brano di “Capitale umano” che ai tempi del promo del 2005 non avreste mai immaginato di poter incidere un giorno?
Eh, io come consumatore assiduo di ogni forma di heavy metal, sinceramente non saprei, dato che riesco a passare dal thrash al grind al Doom alla NWOBHM o all’hardcore con estrema facilità. Quindi avrei composto questi brani anche nel 2005, forse essendo un gruppo estremo principalmente dedito alla velocità, una canzone come “Guerre” nel 2005 o giù di lì non l’avremmo mai registrata, nonostante che alcune parti un po’ più lente e cadenzate ci sono sempre state nei nostri brani.
Cosa c’è in ballo, invece, dal punto di vista live?
Dal punto di vista live, mi sembra un gran casino, forse anche peggio di prima della pandemia. Vedi, volevamo fare delle date a luglio e muovendoci sempre senza agenzia facendo tutto DIY, ho scritto a diverse persone e diversi festival, a quelli ancora prima, per chiedere se fosse possibile partecipare, quando ancora non era uscito il bill definitivo e tutto quello che ho ricevuto è stato “silenzio”! E questa cosa mi fa davvero incazzare, perché se ci lavori, se organizzi concerti e dai spazio ai gruppi, tutti hanno diritto quanto meno di una risposta, anche negativa: è una questione di rispetto! Questa cosa è sempre più rara, ci vuole poco a rispondere ad una email, anche solo con: “ deve contattarmi solo un’agenzia di booking, non siamo interessati, il bill è già completo, ci fate cagare ecc ecc “. Di certo, fai una figura di merda peggiore se non rispondi ai messaggi…

Grazie!
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