Old school sino al midollo i Taurus Inferno! Il terzetto di musicisti, che affonda le proprie radici negli anni 80, solo oggi, grazie alla Wanikiya Record, arriva all’esordio con il disco omonimo….
Benvenuto Camillo, da pochi giorni è uscito il vostro omonimo disco di esordio, ti andrebbe di presentare la band?
Certo, intanto grazie di cuore per il vostro interessamento nel nostro lavoro musicale. La band è composta appunto da me, Camillo Venturi, che sono la chitarra e voce del gruppo, alla batteria abbiamo Stefano “Zven” Doretti e poi Antonio Ghisu al basso. Io e Stefano siamo della provincia di Pistoia mentre Antonio viene dalle parti di Pisa. Siamo tutti e tre più o meno coetanei, non più giovanissimi, quindi veniamo dal mondo metal degli anni ’80 per intendersi. Siamo cresciuti con la musica metal di quei tempi, nelle varie sfaccettature, ci portiamo dietro quelle influenze che per quanto ci riguarda, rimangono sempre dei punti di riferimento importanti.
Cosa significa il nome della band?
Il nome della band viene dal fatto che al tempo eravamo solo io e Stefano, quindi chitarra/voce e batteria così quando abbiamo deciso di cominciare col dare un nome al gruppo abbiamo sfruttato il fatto che siamo tutti e due del segno zodiacale del Toro, abbinato al fatto che facevamo un “gran baccano d’inferno” ci è venuto spontaneo sfruttare questa cosa.
Quali sono le vostre influenze, non solo musicali ma “filosofiche”?
Come ho detto prima veniamo dagli anni ’80 per quanto riguarda la musica, certo poi ascoltiamo di tutto, anche altri generi musicali ma alla fine “si torna sempre a casa” anche perché l’apice musicale mondiale che si è raggiunto tra i ’70 e gli ’80 penso sia difficile da eguagliare, almeno per quanto ci riguarda, poi chissà, la musica è sempre in movimento e anche la testa delle persone cambia talvolta. Se poi vogliamo entrare più nel dettaglio io personalmente sono stato sempre amante del vecchio thrash metal oltre al classico heavy metal inglese, mentre Stefano ha apprezzato molto il punk oltre al genere doom e stoner. Io andavo veloce e lui preferiva la lentezza… Antonio anche lui è molto sul genere classic metal, gli piacciono molto anche gruppi che magari non sono diventati famosissimi come per esempio Manilla Road o Cirith Ungol. Per quanto riguarda le influenze filosofiche sinceramente non saprei cosa dirti, comunque è una domanda interessante, ci penseremo su volentieri.
A quando risale il pezzo più vecchio della tracklist di “Taurus Inferno” e quale è stato il brano che avete deciso di includere all’ultimo momento?
Il primo brano che ha preso una forma compiuta è stato sicuramente “Jump in the Dark” ; lo suonavamo già io e Stefano quando ancora non era arrivato Antonio al basso. E’ uno di quei pezzi che ti vengono spontanei e che hai già in testa, quindi è stato abbastanza facile poi riportarlo in musica suonata. Per contro non abbiamo avuto un brano da includere all’ultimo minuto, per il semplice fatto che avevamo intenzione di uscire con un album di otto tracce e di farlo abbastanza velocemente perché sentiamo che non abbiamo più molto tempo e troppa lucidità per prendersela comoda, quindi le cose che non giravano bene o che non convincevano venivano scartate subito per far posto alle idee un po’ più convincenti. Inoltre Stefano, che è fonico e tecnico del suono, aveva deciso che l’album non doveva durare più di 40/50 minuti, altrimenti sarebbe diventato un po’ stancante da ascoltare e, con il senno di poi, ci sembra che abbia avuto ragione.
Dove è stato registrato il disco e come mai avete optato per un approccio old school alla produzione?
L’album è stato registrato presso gli Orange Studio di Stefano Doretti appunto, quindi abbiamo fatto in casa, in presa diretta e senza click o altri strumenti digitali ma rimanendo tutto in analogico. L’approccio old school viene proprio dal fatto che siamo amanti di quelle sonorità, sicuramente più grezze e sporche rispetto alle produzioni metal attuali che hanno una definizione incredibile per non dire cristallina. Però a noi piace così, un suono un po’ ruvido, poi chissà, magari nel prossimo lavoro ci potremmo buttare su un suono un po’ diverso, magari più moderno, vedremo, anche perché stiamo lavorando già sui nuovi pezzi e a breve saremo pronti per il secondo album.
Di cosa parlano i testi?
I testi vengono scritti da me, comunque parlando fra di noi possono nascere delle idee o arrivare degli spunti. Poi dipende dai pezzi, per esempio “Jump in The Dark” non è altro che un riferimento storico. Forse ricorderete tutti la foto di Hans Conrad Schumann, il militare Vopos immortalato mentre salta la rete per scappare dalla vecchia DDR nella parte occidentale. Ecco quella foto mi ha sempre colpito molto perché quest’uomo in verità non trovò la libertà che sperava in quanto fu perpetuamente tormentato dai sensi di colpa per aver lasciato la famiglia e i parenti in una situazione tragica: i familiari di chi scappava dalla DDR venivano immancabilmente perseguitati e tormentati dal regime come fossero colpevoli del tradimento del loro congiunto. La storia finì male, anzi malissimo, perché Schumann si tolse la vita diversi anni dopo, confermando che tutti gli anni passati in una nazione libera da uomo libero, non erano stati altro che un tormento perenne. Poi ci piace anche parlare di sensazioni che vertono un po’ sul lato oscuro delle persone. Ci sono momenti in cui vorresti che “forze ultraterrene” venissero in tuo aiuto, magari per superare momenti particolarmente difficili in la disperazione personale è dietro l’angolo, quindi saresti disposto anche a fare un patto con le streghe. E’ il caso di “Witching Hour”, un pezzo che a noi piace molto suonare.
Avete già pianificato delle date?
Se intendi date per concerti, ti dico che non abbiamo pianificato niente anche perché abbiamo fatto uscire l’album da poco e volevamo vedere come reagiva la gente e se c’è un po’ di interesse nella nostra musica. Se poi qualche promoter si fa avanti, ben venga, noi siamo disponibili
Dal vivo resterete in tre o opterete per una formazione più “larga”?
Questa è una bella domanda. Stefano è forse il più tradizionalista del gruppo e lui spinge sempre per il “power trio” un po’ vecchio stile. Io personalmente, dal vivo preferirei avere una seconda chitarra perché vedo che strutturando i pezzi o i riff, avrei qualcosa in più da proporre se ci fosse una seconda chitarra. Inoltre penso che il suono complessivo e l’impatto sonoro sarebbe arricchito non di poco. Vedremo, per il momento va bene così
I vostri progetti futuri?
Tornare al passato…
