The Steel – Atto secondo

Tiziano Favero, alias Roy Zaniel, ci ha presentato il secondo capitolo dei suoi The Steel. Nati dai Wizard, i The Steel proseguono il loro cammino con “The Steel II” (Wanikiya Record), un disco di hard rock classico ben calato nella realtà attuale.

Benvenuto, da poco è fuori il vostro nuovo album “The Steel II”, disco che esce a quasi sei anni di distanza dal precedente “The Evolution of Love”. L’album di debutto è arrivato subito dopo il cambio di nome da Wizard all’attuale, e magari conteneva dei retaggi ancora della vecchia entità. Alla luce di questa considerazione, possiamo ritenere questo secondo capitolo più compitamente The Steel?
In realtà “The Evolution of Love” fu interamente composto e registrato quando la band si chiamava ancora Wizard. Cambiammo poi il nome a malincuore in The Steel al momento di firmare il contratto di distribuzione del disco con l’etichetta discografica statunitense Perris Records, su richiesta della stessa, in quanto non si volevano creare problemi di copyright con gli omonimi e più affermati Wizard tedeschi. Per questo motivo probabilmente avendo ora superato mentalmente il disagio di avere dovuto cambiare un po’ la nostra identità nel nome, sentiamo più forte il marchio The Steel su questo album.

Qual è la componente puramente The Steel e qual è, invece, quella caratteristica che vi portate ancora dietro dai tempi dei Wizard nel vostro sound?
La caratteristica Wizard, soprattutto in me e Rino, è determinata dalla grande influenza del rock degli anni 70 che ci ha formato fin dalla nostra nascita come musicisti e che si sente nel nostro sound. Questa caratteristica ci ha sempre dato una certa facilità anche nell’improvvisare e modificare sul momento dal vivo parti dei nostri brani, e ad avere inoltre quindi un grande affiatamento per questo motivo come sezione ritmica. La componente The Steel invece direi che è fornita da Marco che, essendo molto più giovane di noi ed essendo stato influenzato musicalmente da un periodo storico musicale diverso dal nostro, ha portato nella band un sound più attuale anche dal punto di vista della composizione dei brani. Penso che la particolarità del nostro sound e del nostro stile sia dovuta proprio a l’essere riusciti a fondere tutte le nostre diverse influenze ed attitudini musicali.

Il vostro sound è tipicamente hard rock, qual è lo stato di salute e quante attenzioni attira ancora questo genere nel 2022?
Sono fermamente convinto che il sound degli anni 70 e quindi l’hard rock che ne deriva siano immortali! L’hard rock è la genesi di qualsiasi genere metal oggi esistente e per questo motivo sarà sempre seguito ed ascoltato a differenza di altri derivati che magari cavalcano l’onda di un periodo e che poi hanno una fase discendente. Del resto, nel nostro piccolo, ne abbiamo la prova ogni qualvolta ci esibiamo live in quanto è proprio il nostro sound influenzato da sonorità tipicamente hard rock, che oggi non si ascoltano tanto facilmente nelle band attuali, che piace al pubblico che ci viene ad ascoltare.

Come sono nati i brani di “The Steel II”?
Io e Marco componiamo i brani e a volte si inizia da un riff o da una idea dell’uno o dell’altro su cui poi si lavora insieme. Rino partecipa molto nella fase di arrangiamento e assemblaggio dei brani in sala prove mettendo in gioco le sue idee di volta in volta. Quando decidemmo di iniziare a strutturare l’album ci concentrammo solo ed esclusivamente su quello e mettemmo da parte i live senza neanche più suonare gli album precedenti. Volevamo realizzare un disco dove tutti i brani ci avessero convinto di avere un ottimo feeling ed una buona amalgama tra loro ed abbiamo lavorato molto sugli arrangiamenti di ogni singolo brano per dargli la resa migliore. Alla fine anche questa volta, come nei precedenti album, siamo rimasti molto soddisfatti di ciò che abbiamo realizzato.

C’è una canzone in cui avete azzardato di più in questo album?
Questo è un disco più omogeneo ed hard rock rispetto al precedente “The Evolution of Love”. In quel album sicuramente abbiamo azzardato molto di più in quanto vi erano brani strumentali, influenze progressive ed anche etniche nel brano “The Eden”. In “The Steel II”, a parte il sound funky di “The River”, la matrice è sempre hard/heavy rock dall’inizio alla fine del disco e questo era nelle nostre intenzioni.

Avete mai pensato in fase compositiva di passare a una formazione a quattro per avere magari un ventaglio di opzioni maggiore?
Quando entriamo in studio e registriamo gli album il quarto componente della band c’è perché ci avvaliamo di Luca Di Gennaro alle tastiere che, oltre ad essere un grande musicista, è anche un nostro caro amico, ed ha suonato in cinque brani del disco ed anche nel precedente album. Quando la band aveva ancora il nome Wizard, e soprattutto nel decennio degli anni 80, abbiamo cercato di inserire varie volte un cantante, ma non abbiamo mai trovato quello che facesse per noi. Ecco il motivo per cui mi trovo ad avere un doppio ruolo all’interno della band.

Quanto c’è di autobiografico nei testi?
Non molto a parte il voler rimarcare sempre l’amore per la musica e per la libertà di vivere le proprie passioni. Sono più portato nel focalizzare ed emozionare eventi importanti e spesso tragici come ho fatto in brani in cui ho trattato la guerra in Ucraina o il disastro nucleare di Fukushima. In questo disco con il brano “The Plastic World” mi sono ispirato al terribile problema dell’inquinamento dei mari ed oceani dovuto al consumo della plastica.

Avete già in mente i brani da proporre dal vivo e ci sono novità su questo fronte, nonostante la situazione non proprio entusiasmante sotto questo profilo a causa dell’emergenza covid?
Tutte le date che avevamo in programma in questo periodo sono saltate a causa della nuova ondata di covid purtroppo, ma fortunatamente sono solo state spostate per febbraio, si spera. Dal vivo stiamo già suonando gran parte del nuovo disco insieme a brani dei due album precedenti, “The Evolution of Love” e “Straight to the Unknown”. Spesso eseguiamo anche uno o due brani dei Wizard anni 80, che negli ultimi tempi stiamo arrangiando e risuonando in versione attuale e ci divertono molto.

I vostri propositi per il 2022?
Innanzitutto vogliamo continuare a suonare live il più possibile e proporre il nostro nuovo album al pubblico. Stiamo realizzando un nuovo singolo inedito che vorremmo pubblicare entro l‘anno anche in video e ci stiamo preparando a girare il secondo video dopo quello di “Hold on Tight” da questo nuovo album e questa volta sarà “Don’t Runaway” che apre il disco e che è il brano più ascoltato in assoluto tra i nostri nuovi. Grazie a te ed a Il Raglio del Mulo per averci dato questa graditissima opportunità di presentare la band ed il disco; un saluto caloroso a Voi e a tutti i lettori che invito a seguirci ed a darci supporto sui nostri siti facebook, youtube e Spotify.

It Will Last – Incubi sotto il sole

La Wanikiya Records ha da qualche giorno pubblicato “Nightmares in Daylight”, l’esordio dei It Will Last, il nuovo progetto del musicista polistrumentista Simone Carnaghi con alla voce Daniel Reda dei Pandemonium.

Ciao Simone, il tuo progetto It Will Last è da poco giunto all’esordio con l’album “Nightmares in Daylight”. Come è nata l’idea di questo disco?
Ciao Giuseppe, il progetto It Will Last nasce dalla mia grande passione per la musica hard rock-heavy metal. Ho sentito crescere in me la voglia di scrivere nuova musica e in particolare qualcosa di differente rispetto a quanto fatto precedentemente nelle mie composizioni. L’idea è partita da alcune bozze di nuove canzoni a cui stavo lavorando nel 2018, oltre ad alcuni vecchi brani che volevo riarrangiare.

Il nome del progetto proviene da un brano di un tuo album precedente, “Slender Hopes”: dobbiamo considerare questa nuova avventura come la naturale evoluzione di quella esperienza?
Sì, ti confermo che, It Will Last è una canzone contenuta nel mio precedente progetto “Slender Hopes”, era uno dei miei brani preferiti, parla di: “speranza”, mi piaceva particolarmente anche il titolo, così ho deciso di utilizzarlo per il mio nuovo progetto. Le canzoni “It Will Last” e “Flying to the Rainbow” (anche quest’ultima proveniente dal mio CD Slender Hopes), si prestavano tantissimo ad un nuovo arrangiamento e dopo vari tentativi, hanno acquistato un sound che mi ha convinto a riutilizzarle, in quanto sono risultate differenti e maggiormente valorizzate rispetto alle precedenti versioni. Nonostante tutto, non definirei questo nuovo progetto come la naturale evoluzione del precedente dal quale ho voluto discostarmi a livello sonoro. Sempre consapevole che nella vita di un’artista ogni precedente esperienza aiuta a costruire i successivi lavori.

Magari è presto parlarne, ma immagini di dar vita ad altri lavori a nome It Will Last o la consideri un’esperienza unica?
Forse… Al momento la mia concentrazione si focalizza in particolar modo su questo attuale CD-album dal nome “Nightmares in Daylight”, tuttavia non ti nascondo che sì, mi piacerebbe ci fosse più in là un seguito e non solo.

In pratica hai fatto tutto da solo, ma credi che un domani, magari anche solo per portare il disco dal vivo, tu possa farti accompagnare da altri musicisti?
Assolutamente sì! Mi piacerebbe tanto, e proprio per questo sto già provando a reclutare i musicisti necessari.

Unica eccezione alla tua “solitudine” la presenza di Daniel Reda dei Pandemonium alla voce, come è nata questa collaborazione?
Daniel è un mio carissimo amico ormai da tantissimi anni, è una persona che stimo e di cui mi fido e ha un timbro di voce bello e particolare. E’ stato interessante sperimentare e inserire la sua voce decisamente epic metal e applicarla a un contesto ben differente.

Sei mai stato tentato di cantare tu delle parti del disco o hai escluso a priori questa eventualità?
Tutti i cori maschili nel CD li ho fatti io, mentre le parti femminili mia moglie. Mi sarebbe piaciuto cantare anche delle parti vocali soliste, ma lasciamo queste competenze a chi di dovere… Tre strumenti musicali mi sono sembrati già abbastanza impegnativi!

In “Nightmares in Daylight” è evidente l’influenza degli Iron Maiden, perché hai scelto il gruppo inglese come musa ispiratrice e cosa pensi di aver aggiunto di tuo alla ricetta base della band di Harris?
Ho iniziato ad ascoltare musica heavy metal e poco dopo ad immergermi nello studio della musica proprio grazie all’ascolto dei mitici Iron Maiden di Steve Harris. Li amo tutt’ora; i loro primi sette album sono per me dei capolavori e mai mi stancherò di ascoltarli. Non ho saputo resistere e ho voluto trarre ispirazione da alcuni dei loro ingredienti principali utilizzati nei loro capolavori anni ‘80, ma senza copiare. I miei brani infatti hanno varie caratteristiche e differenze fra cui: tanti cori a più voci, strutture spesso imprevedibili e con tanti cambi di ritmo, tonalità e non solo: “Nightmares in Daylight” in tutti i suoi brani ha un’attitudine progressive e ha un arrangiamento impegnativo e molto particolareggiato in tutte le sue parti. Non ultimo, è stata inserita una voce solista che probabilmente non ci si aspetterebbe in questa tipologia di brani.

Possiamo definire “Nightmares in Daylight” un concept album atipico?
In effetti possiamo definire “Nightmares in Daylight” un concept album abbastanza peculiare, in
particolar modo nei contenuti. Tante sono le problematiche che stanno letteralmente consumando il mondo in cui viviamo, questo rappresenta un problema reale, mi ha fatto riflettere ancora di più e mi ha ispirato, ho così voluto mettere i miei pensieri in musica.

Quali sono i tuoi progetti a breve, al di là degli It Will Last?
Al momento gli It Will Last sono la mia priorità. Se dovessi trovare tutti i musicisti per comporre la band e creare con loro il giusto feeling, tante sono le idee che vorrei mettere in pratica. Tempo permettendo, non mi dispiacerebbe riprendere anche un vecchio progetto dal nome Forgotten Melody, con me al basso alternato alla chitarra e alla voce Daniel, in cui vengono proposti in chiave acustica brani heavy metal famosi e non. Sempre in primo piano rimane ovviamente la mia attività didattica di insegnante polistrumentista (basso, batteria e chitarra). Professione che esercito ormai dal lontano 2006, sia nel mio studio musicale privato che in altre strutture terze. Infine mi sto lanciando nel fantastico mondo della produzione musicale. “Nightmares in Daylight” rappresenta infatti il primo prodotto musicale totalmente registrato, mixato e masterizzato presso il mio studio di registrazione a Rescaldina (Mi). L’intenzione è di produrre presto anche progetti di altre band.

Mr.Jack – La lunga strada del rock and roll

Un vulcanico Mr. Jack ci ha parlato della sua ultima opera, “Long Road” (Wanikiya Record). Un vero fiume in piena, straripante ed esuberante come su disco.

Ciao Salvatore, o preferisci che ti chiami Mr.Jack?
Ciao carissimo! Grazie mille innanzitutto per il tuo invito e per la tua ospitalità all’interno del tuo progetto che davvero ammiro e che da molto spazio alla musica! Mah, guarda, è indifferente, in campo artistico Mr.Jack, ma se mi chiami Salvatore mi girerò ugualmente per strada, anche se, non lo usano molti: ormai Jack è diventato il mio nuovo nome ufficiale.

Ti ringrazio e rilancio: è possibile scindere Salvatore da Mr.Jack?
Ma sì, dai! Quando dormo c’è il Salvatore tranquillo e beato, appena sveglio, compare Mr.Jack e non c’è n’è per nessuno! Scherzo, sono un semplice appassionato di musica, che oltre all’amore, è riuscito a farlo diventare un vero e proprio lavoro. e di questo ne sono davvero felicissimo!

Gettiamoci a capofitto su “Long Road”, che mi racconti del tuo disco?
Allora, è sicuramente uno degli album che mi ha dato più soddisfazioni! E’ un disco che parla di me, della mia vita artistica e personale, ricco di ospiti, grandi amici. Davvero un album a cui tengo molto! L’ho prodotto, registrato, mixato, masterizzato, fatto un po’ tutto, ma, appunto, era più che altro creare un qualcosa con le mie possibilità e capacità, e sinceramente, Leggendo e ascoltando i pareri del pubblico, mi è andata abbastanza bene.

Dalle note ho appreso che è stato prodotto in collaborazione Metal Shock Finlandia, Metal in Italy e Italia di Metallo! Come sono nati questi connubi e come si sono estrinsecati?
Sì, è stato bellissimo! Diciamo che è stato più che altro un modo per ringraziarli per tutto il loro supporto! Siamo grandi amici e hanno (con felicità) voluto collaborare per l’uscita del disco! E’ stato davvero un bel gesto da parte loro che non dimenticherò facilmente.

Il disco ospita un numero incredibile di artisti italiani di spessore, potresti presentarli velocemente?
Sì, sono uno più straordinario dell’altro e non finirò mai di ringraziarli! Ecco chi cono i miei amici di avventura: Mistheria (tastierista di Bruce Dickinson degli Iron Maiden ed ideatore del fantastico progetto “Vivaldi Metal Project” ), Freddy Delirio (Death SS – Freddy Delirio and the Phantom – A.R.E.M.), Raffo Raffaele Albanese (From The Depth), Alexander Layer, Edward De Rosa, Mario Zeoli, Steve Volta (Pino Scotto – Perpetual Fire), Marco Angelo, Tomas Valentini (Skanners).

I brani erano già nati prima di individuare l’ospite di riferimento oppure hai scritto le singole canzoni già pensando al collaboratore di turno?
Mah, guarda, man mano che componevo, mi ci immaginavo l’ospite, ma ho dato libero arbitrio sulle composizioni da parte loro, senza scrivere le partiture. E’ stato davvero bello ed emozionante quando arrivavano le loro idee. Sicuramente fantastico, perché abbiamo scritto insieme l’album in questo modo! Ognuno ha detto la sua!

Ovviamente un lavoro del genere richiede una certa versatilità: hai dovuto “sacrificare” qualcosa del tuo stile per far rendere al meglio ognuno degli ospiti?
Sinceramente no! Sono un musicista che è cresciuto con tanti stili e generi musicali e quindi è stato più che un lavoro, uno spasso intersecare tutti questi generi, lavorare con nove special guest, montare tutte le idee ecc. Anzi, sono cresciuto ulteriormente con artista e come persona! Non bisogna mai sentirsi al di sopra degli altri o tanto meno dire “Io sono il migliore”… collaborando con altri e mettendo in pratica le proprie doti (anche sbagliando a volte), ti fa crescere e sinceramente, ti rende anche una persona migliore. Io, dopo questo progetto, mi sento molto più sicuro e voglioso di lavorare sempre con tante persone, per scambiarsi pareri, opinioni e idee lavorative. Sono proprio soddisfatto di aver fatto questa scelta operativa!

Credi che nel disco ci sia un pezzo che raccoglie al proprio interno tutte le sfaccettature del tuo Io artistico?
Certo! Nel brano che da il titolo al disco. “Long Road” è un brano che parla di tutta la mia vita, racconta il mio “IO” artistico e personale, e lascia spazio al significato del titolo, perché appunto la mia lunga strada non è finita, anzi, il mio viaggio inizia ora e spero di camminare sempre di più nella mia vita, nel mio lavoro e di darmi la forza e volontà di comporre sempre nuove emozioni per chi mi segue e mi ascolta.

“Long Road” è uscito per la tua etichetta personale, Wanikiya Record: oggi, in questo mercato già deficitario prima della mazzata Covid 19,  chi se la passa peggio il musicista o il discografico?
Mah, secondo me entrambi, nel senso che per un etichetta, vendere è sempre difficile, specialmente in questo periodo che di lavoro c’è n’è poco e purtroppo, la gente si lamenta un po’ in tutti i settori. Si spinge molto (a mio parere) sugli uffici stampa, per divulgare quantomeno il prodotto e far ascoltare i nuovi progetti musicali a quanta più gente possibile. E a sua volta anche l’artista, senza live e interazione diretta con il pubblico, ha sempre più difficoltà a portare il proprio progetto di persona a chi lo vorrebbe ascoltare. E’ un bruttissimo periodo, che ha permeato di negatività a tutto il mondo lavorativo, non solo musicale. Speriamo davvero che passi al più presto!

Hai intenzione di portare, quando ci sarà una piena ripresa dei live, il disco dal vivo? E lo farai singolarmente o cercherai di coinvolgere qualcuno degli ospiti?
Guarda, sarebbe bellissimo esibirsi con tutta la squadra! Purtroppo ognuno ha i propri impegni ed è giustissimo! Ho avuto alcune occasione per eseguire il disco dal vivo con gli accompagnamenti portati su supporti fisici e io che arricchivo il tutto con la chitarra e voce, creando il più possibile quell’effetto dell’essere insieme. E’ andata anche bene sinceramente, però sarebbe davvero fantastico esibirsi tutti insieme! Mai dire mai però!

E’ tutto, grazie!
Grazie a te per questa fantastica chiacchierata, che mi ha fatto davvero molto piacere! Sei una persona molto professionale e gentilissima! Ringrazio tutti i lettori e, come sempre, vorrei rivolgermi ai ragazzi che vorrebbero intraprendere questa strada lavorativa: se avete un sogno, inseguitelo! Sarà dura sicuramente! Ma combattendo e credendo in voi stessi, raggiungerete grandi risultati! Non mollate mai! Mando un mega saluto a tutti e ancora grazie mille! Rock On Friends!