Dante Alighieri e l’attualità del messaggio contenuto nella sua opera più famosa hanno fornito lo spunto per il nuovo album dei Node, “Canto VII”. Non un disco qualsiasi, perché questa nuova uscita coincide con il trentennale di attività dei meneghini. Quale migliore occasione, quindi, per parlare di passato, presente e futuro dei Node con il sempre disponibile Gary D’Eramo?
Benvenuto Gary, il 2024 segna il vostro 30° anniversario di attività, voi festeggiate nei migliori dei modi questo evento con un nuovo album, “Canto VII”. Quanto è distante questo disco stilisticamente e filosoficamente da “Ask”, l’EP che ha visto il tuo esordio nei Node nel 1995?
Be’ sicuramente è più’ maturo di 30 anni, forte di un bagaglio di esperienza sia dal punto di vista professionale e stilistico sia sul piano umano. Abbiamo percorso tantissima strada, imparato moltissimo e fatto tesoro di ogni situazione, contesto ed esperienza che ci è capitata in questo trentennio. Poi non dimentichiamo le tantissime influenze che hanno ispirato tutti coloro che hanno fatto parte della band i quali hanno portato sempre qualcosa di diverso nel corso degli anni, è un tesoro inestimabile di creatività e vitalità che abbiamo conservato e cerchiamo di rinnovare in ogni album. La fortuna di essere in giro così da tanto tempo e avere condiviso con tante persone diverse il nostro cammino musicale è stata di fatto una vera e propria scuola, soprattutto una scuola di vita. “Ask” era un EP fatto da un ragazzo di 24 anni con rabbia, vitalità, grinta, sbruffonaggine e ormoni che viaggiavano a mille all’ora, arrabbiato con una società e un mondo che non lo rappresentava. Oggi con “Canto VII”, ci troviamo davanti un Gary cinquantatreenne che nel corso degli anni ha lasciato per strada quella rabbia interna o meglio ha preferito incanalarla nella propria musica ex aequo con la riflessione e le analisi più accurate nelle liriche e la saggezza del proprio bagaglio di vita e che ha imparato a vivere meglio con se stesso e con gli altri grazie anche ai molteplici errori fatti in passato.
L’album è una sorta di tributo all’”inferno” di Dante Alighieri, almeno per la parte relativa al titolo e all’intro “Pape Sátan”. Non credo che si tratti di un vero e proprio concept, ma i brani sono sono in qualche modo collegati tra loro?
Invece ti sbagli, “Canto VII” è proprio un vero e proprio concept album, che accomuna in una similitudine il settimo canto dell’Inferno di Dante Alighieri con gli aspetti socio-comportamentali di questo secolo. La intro di “Pape Satàn” che dà il via all’album dove il demone Pluto invoca satana durante l’ingresso di Dante e Virgilio nel quarto girone avvertendolo della loro presenza noi lo abbiamo identificato nei media e nella moderne tecnologie di comunicazione che ci tengono sotto controllo quotidianamente e ci dettano tutte le direzioni da seguire, i comportamenti da adottare, costringendoci ad abbandonare la spontaneità e la genuinità suggerita dal nostro istinto, costringendoci a non fermarci mai a riflettere , costringendoci a correre come dei pazzi in un mondo dove il primeggiare e vincere a tutti i costi è il modus vivendi assoluto, con una ossessione tossica verso il denaro e dell’ostentazione di benessere, spesso mascherato nei social, quelli che noi chiamiamo “The Sacred Teather of Nothingness”. “Canto VII” non è altro che l’analisi di tutta questa involuzione sociale. Il quarto girone infernale del settimo canto della Divina commedia è quello degli avari e dei prodighi appunto, oltre che quello degli iracondi. Ovunque intorno a noi c’è ira, c’è scontro su qualsiasi piano e in qualsiasi contesto invece che dialogo e confronto. Tutti pretendono la ragione a tutti i costi e ad avere l’ultima parola senza discutere e confrontarsi con chi gli si contrappone e viceversa. Questo è il risultato dell’allontanamento di ognuno di noi da quella forma di socialità sana fatta di sguardi, di toni di voce, di contatto umano. Viviamo in un vero inferno addolcito da prodigi tecnologici che ci hanno svuotato dall’essenza dell’essere umano, la condivisione l’empatia, la compassione e appunto il dialogo, quello sano, quello dal quale si impara e dalla predisposizione ad esso compreso l’annullamento di quella umiltà di imparare sempre qualcosa di nuovo anche la più’ piccola cosa da chi abbiamo davanti, perdendo di fatto la possibilità di arricchirsi sempre di qualcosa di nuovo e che potenzialmente potrebbe condurci a una evoluzione e a un miglioramento.
In questo senso, come si inserisce la cover di “Territory” dei Sepultura?
“Territory” non è che un altro mattone nel muro dell’ira e ribadire il messaggio del concept riguardo al rifiuto di un confronto sano tra due fazioni che si sbranano da mezzo secolo. I Sepultura 31 anni fa fecero atto di denuncia a gran voce con questa canzone e dopo 31 anni come tutti abbiamo davanti agli occhi non è cambiato niente, siamo ancora qui, anzi siamo messi peggio, perché adesso questa cosa si è estesa e succede anche in Europa con ideologie e motivazioni diverse ma con lo stesso concetto con lo scontro Russia Ucraina. Riproponendo questa canzone vogliamo dare un messaggio chiaro, cioè non vogliamo assolutamente spegnere la fiamma della denuncia e della speranza, portando avanti quello che nel 1993 fu il pensiero di Cavalera & C..
Momento verità: ai tempi della scuola che rapporto hai avuto con la “Divina commedia”?
A essere sincero fu trattata molto superficialmente a scuola dato che ho intrapreso degli studi tecnici e per di più alla scuola serale, perché sono stato costretto a iniziare molto giovane a lavorare, però sono sempre stato un affamato di cultura e un divoratore di libri, diciamolo pure: un vero e proprio nerd curiosone per quanto concerne la letteratura. Per anni da ragazzino invece che andare a caccia di figa come gli altri ho passato sabati e domeniche pomeriggio chiuso in camera o in biblioteca a leggere o a ricercare di tutto e di più, Dante, Omero Virgilio fino ad Orwell passando da Poe a Kafka fino ad arrivare ai nostri Mario Rigoni Stern, Silone, D’Annunzio, Svevo, giusto per citarne alcuni, compresi approfondimenti sulle loro opere dato che allora non c’era internet… Oltre che ascoltare musica naturalmente, anzi era la musica che mi faceva uscire di casa per andare a vedere concerti e comprare dischi, con tappa obbligatoria in biblioteca e in libreria. Diciamo che sotto questo punto di vista sono un completo autodidatta.
Come ti spieghi che tante band, anche non necessariamente italiane, negli anni hanno in qualche modo tratto ispirazione dall’opera dantesca per i propri album?
Penso proprio perché il sommo poeta abbia creato un’opera introspettiva e allo stesso tempo con quell’aura ancestrale metafisica che lo rende maledettamente affascinante, e tutto ciò che affascina è sempre un notevole input di ispirazione. Poi non dimentichiamo che è un’opera ricchissima di spunti di riflessione per chi vuole entrare più nella profondità dei testi come è stato per noi.
Durante la vostra carriera non siete stati stilisticamente immobili, anzi ho sempre apprezzato la vostra capacità di mutare il vostro sound mantenendo, però, l’identità di base. Come mai avete rinunciato alla strada più facile dell’immobilismo preferendo perdervi nella selva oscura delle novità?
Ogni album dei Node nell’arco di questi 30 anni ha subito influenze diverse dato che nella band sono passate tantissime persone che hanno lasciato il proprio stile e la propria personalità musicale. Non c’è mai stato mai stato nulla di ricercato o di prefissato seguendo una linea di base. Si arriva da sempre in sala prove con delle idee che poi si sviluppano tutti insieme fino a raggiungere la soddisfazione generale, e soprattutto il lavoro si è sempre svolto divertendosi ed esplorando i propri gusti, le proprie attitudini musicali e condividendole insieme, senza partito preso o cercando di prevaricare l’uno sull’altro in termini di composizione o di stile. Più’ che rinunciare all’immobilismo diciamo che è stata una conseguenza naturale dettata da questo modus operandi sereno, divertente e che apre sempre verso strade diverse. Credo inoltre che questa modalità sia stata sempre anche una delle motivazioni principali della nostra longevità.
A proposito di cambiamenti, questo disco vede la staffetta tra CN Sid e Dave Arri alla voce. Quale è stato il contributo di quest’ultimo in fase di composizione?
Dave è entrato nella band in una fase dove i cantati per tre quarti dell’album erano quasi completati. Però abbiamo voluto reimpostare e riqualificare tutte le metriche e i cantati dei pezzi oltre che mettere mano ad alcune canzoni che abbiamo composto all’ultimo come “Enter The Void” e “Life on Display” ( delle quali Dave è autore anche dei testi) che abbiamo ritenuto più soddisfacenti e inserito successivamente. Il suo contributo è stato fondamentale per intraprendere questa nuova svolta stilistica della band, ora ricca di un timbro molto più’ intelligibile e soprattutto vario e completo.
Restando in tema voce, in “Life on Display” è possibile ascoltare la voce di Trevor dei Sadist, come è nata questa collaborazione?
Trevor è un amico e un estimatore dei Node praticamente da sempre, è salito sul palco a duettare con noi diverse volte negli anni, la volta più’ rappresentativa nel 2008 all’Italian Gods Of Metal all’Alcatraz di Milano. Ora che siamo sotto la Nadir Music e lui si occupa della nostra promozione abbiamo voluto approfittare della cosa e lui ne è stato immediatamente entusiasta! E’ un onore per noi avere la fiducia ed essere seguiti passo passo da una delle band più importanti della scena italiana e dalle più rappresentative della scena mondiale come i Sadist.
Come detto prima, di cambi di formazione la storia dei Node è ricca, ma c’è stato un momento in cui hai pensato mollo tutto?
Non l’ho mai pensato assolutamente, i Node vivono con me e moriranno con me. Tra il 2008 e il 2010 quando sono rimasto da solo al timone del progetto ho avuto si dei momenti difficili ma non ho mai mollato di un centimetro, acquistando pure i diritti di tutti gli album spendendo tutti i miei risparmi senza pensarci due volte. Non è solo un progetto mio anche se lo rappresento, i Node sono stati creati insieme ad altre persone che hanno sudato e sofferto insieme a me e tenere a galla la nave che affondava è stato fatto anche in onore del lavoro che tutti loro hanno fatto, anche se a loro non interessava più’. Idem negli anni precedenti all’uscita di “Canto VII”, dove per grossi problemi familiari sono stato costretto a vivere una situazione economica difficilissima. Non ho mai abbassato la testa e la determinazione ad andare avanti non è mai mancata, perché la musica è la mia vita e il motore della mia esistenza.
Piani per i prossimi 30 anni?
Stiamo già lavorando al successore di “Canto VII”, abbiamo un buon numero di pezzi chiusi e di idee in cantiere. Il prossimo 6 luglio saremo a Genova al Genova Summer Live insieme a Carcass, Sadist, Infected Rain e Fulci mentre il 27 Luglio saremo Headliner al Divine Metal Fest di Campobasso. In Autunno invece abbiamo in programma una grande festa per i nostri 30 anni, oltre che un altro paio di date in inverno.
