Void Sinker – Oxygen

Void Sinker è il progetto solista di Guglielmo Allegro, un viaggio sonoro che affonda le radici nello sludge, nel doom e nel drone, ma che trae ispirazione anche da colonne sonore, jazz e ambient. Dopo l’esordio con “Stuck“, il nuovo album “Oxygen” porta avanti un concept denso di oppressione e paranoia, una vera e propria soffocante esplorazione delle oscurità del cosmo.

Benvenuto Guglielmo, Void Sinker nasce come progetto solista: qual è stata la scintilla iniziale che ti ha spinto a intraprendere questo percorso?
Ho cominciato a pensare di scrivere nuovo materiale e fondare un nuovo progetto durante il lockdown, spinto dalla voglia di fare musica, di maturare come musicista e creare qualcosa di nuovo. Dopo tanti tentativi, esperimenti e prove, ho finalmente trovato un sound che rispecchiasse la mia idea per questo nuovo progetto più pesante, più ipnotico e completamente diverso dai miei precedenti e attuali progetti ed ho subito iniziato a scrivere materiale per esso. Da lì non mi sono fermato un giorno. Ho cominciato a incidere pezzi su pezzi in accordatura drop F, dopo aver scambiato una mia chitarra baritona per una sette corde con la mia chitarrista degli Hypervenom, Anna, finché non ho preso coraggio e ho pubblicato il mio primo album solista nell’ottobre 2023 sotto lo pseudonimo di Void Sinker. Credo che la scintilla sia scattata nel momento in cui ho pubblicato il tutto per la prima volta, era qualcosa di grezzo che con il tempo ha preso una forma più viva fino a diventare quello che è oggi.

C’è un forte riferimento a band come Conan, Slomatics e Bongripper. Ci sono altre influenze, magari non metal, che hanno lasciato il segno nel tuo sound?
Direi che hai preso in pieno quali sono le principali influenze inerenti al genere di cui fa parte il progetto. Sicuramente l’influenza maggiore è dovuta alla mia passione per film, libri, videogame e serie horror di tutti i tipi; mi capita spesso di pensare, mentre guardo un film o leggo un libro, a riff da scrivere e comporre per il mio progetto. Spesso prendo gli strumenti in mano senza mettere in pausa e mi metto a suonare proprio mentre guardo un film e il risultato è sempre sorprendente per me, come se dovessi riscrivere la colonna sonora per esso. Le colonne sonore di alcuni dei miei film (Alien, La Cosa, Evil Dead, Halloween..), videogiochi (Silent Hill, Bloodborne, DOOM…) e serie TV preferite (Twin Peaks, The Terror, Preacher…) hanno sicuramente influenzato quella che era la mia visione per il progetto e come dovesse effettivamente suonare. Per quanto riguarda la musica credo che un fattore fondamentale sia stato l’approccio alla musica jazz e ambient. Alcuni degli artisti che ascolto come Art Blakey, Charles Mingus e Tony Allen mi hanno ispirato a cercare di trasmettere nel mio sound e nella mia musica l’emotività di cui il progetto avesse bisogno senza l’ausilio di una linea vocale che parlasse all’ascoltatore; stesso vale per la musica di Aphex Twin con le sue “Avril 14th” e “Stone in Focus”, credo che, insieme al sound monolitico dei SunnO))), abbia influenzato non poco non solo i miei singoli drone ma anche la mia creatività per la composizione di tutti i brani della mia discografia.

Il nuovo LP “Oxygen” sembra esplorare sensazioni di oppressione e paranoia. Come nasce questo concept e in cosa differisce dal precedente “Stuck”?
Direi che non differisce molto dal suo predecessore anzi ne è un seguito diretto. Se “Stuck” aveva come concetto il rappresentare quella che è una sensazione di “blocco”, sia a livello fisico che emotivo che artistico attraverso quelli che sono i vari suoi vari stadi, “Oxygen” prende invece come spunto quella che è una sensazione di assenza di ossigeno come dovuta a uno shock dopo uno schianto o un forte impatto; come un sopravvissuto di una nave che prova a prendere fiato a malapena dopo essersi schiantato con la sua nave, anche qui l’ascoltatore è preso di petto fin dalla prima traccia ,“Satellite”, che setta il mood per l’intero album composto da riff decisi e costanti, come nella title track “Oxygen”, altri lenti e massicci, la seguente “Collision”, fino ad arrivare alla sua conclusione lenta e inesorabile, come la traccia di chiusura, “Abyss”. Anche a livello di composizione il tutto è presentato in maniera molto simile ma con le dovute differenze proprio per sottolineare la continua evoluzione del progetto; Stuck aveva un ritmo più lento ma al contempo deciso che avvolgeva l’ascoltatore in un muro di suono crescente traccia per traccia, qui ho voluto sperimentare con ritmiche più serrate e dinamiche cercando di restare fedele a quella che è l’identità del progetto in tutte le sue sfumature evolvendone l’identità, anche se di poco.

Il tema del vuoto sembra essere centrale nel progetto. È una metafora più personale o ha anche una valenza cosmica e filosofica?
A livello personale credo che la mia talassofobia abbia giocato un ruolo fondamentale nella mia idea di quello che può essere considerato “Il Vuoto”; che si tratti dello spazio sconfinato, delle profondità dell’oceano o anche dell’interno di un buco nero, spesso e volentieri non oso immaginare cosa possa celarsi dove l’occhio non riesce ad arrivare ma al contempo cosa possa osservare me dalle profondità più recodite; l’immaginazione in questo non aiuta di certo e credo che la citazione che più si avvicina a tale fobia per me è di F. Nietzsche, ovvero: ‘Se tu guarderai a lungo in un abisso, anche l’abisso vorrà guardare dentro di te’. Immaginario orrorifico a parte (grazie Lovecraft, grazie King, grazie Carpenter), posso dire che la metafora del vuoto, musicalmente parlando, rappresenta per me l’essere rapiti dalla musica a tal punto che si entra in uno stato di trance dove l’unica cosa che conta è godersi l’esperienza musicale in tutto e per tutto, dall’ inizio alla fine; c’è chi associa spesso questa esperienza sensoriale al trovare un suo personale spazio come essere sdraiati sull’erba di un prato, il galleggiare in aria o il lasciarsi andare alla corrente di un fiume spinto dalle onde, nel caso del mio progetto è simile al lasciarsi andare dentro ad un vuoto ascoltando quello che ne riesce a fuoriuscire come echi distanti di suoni distorti, monolitici e ipnotici. Chi non lo ha fatto almeno una volta? Adoro ascoltare dischi interi completamente isolato dal mondo, spegnere il cellulare e lasciarmi andare completamente come in balia delle onde (“Flood” dei Boris ne è un perfetto esempio). Dal vivo l’esperienza è doppia ed è esattamente quello che ho provato ascoltando per la prima volta gli Ufomammut; in quel preciso istante ho capito che tipo di musica volessi fare e di come volessi creare qualcosa di simile. La metafora del vuoto associata alla mia idea musicale mi ha fatto pensare a un qualcosa che potesse tradursi materialmente nel mio progetto, da qui è nato il nome Void Sinker e da qui l’idea che chi ascolta la mia musica deve solo lasciarsi andare e abbandonarsi all’affondare nel vuoto lentamente.

Suoni tutti gli strumenti da solo. Qual è la tua fase preferita del processo di composizione e registrazione?
Onestamente tutto ciò che ne conviene sia a livello di composizione ma anche di produzione stessa, a cominciare dalla registrazione dei singoli strumenti al misagio e mastering di un brano completo. Essendo nato come batterista per poi affacciarmi agli altri strumenti nel corso degli anni, parto sempre da una solida base ritmica tra batteria e basso per poi sviluppare le varie parti delle tracce con la chitarra; a volte faccio il contrario, parto dalla chitarra per poi sviluppare tutto intorno al riff anche se il tutto, effettivamente, è un enorme base ritmica composta da tutti gli elementi coinvolti, nulla contro gli shredder ma onestamente non ho mai visto nella composizione del progetto la necessità di assoli di qualsiasi tipo… ma mai dire mai. Lavorando da casa posso dedicarmi al progetto in qualsiasi momento, mi basta collegare la strumentazione e anche in un paio di ore o in una giornata ho pronto un brano da pubblicare su SoundCloud; stessa cosa riguarda il processo di mix e master. Una volta raccolti i pezzi che comporranno la prossima uscita faccio in modo di dedicargli il tempo che meritano in modo da far suonare il tutto perfettamente pronti per l’uscita su Bandcamp e piattaforme; ormai ho ben in mente il sound del progetto e anche se ci sono delle sottili differenze tra la prima e l’ultima pubblicazione, tra cambio di strumentazione, pedali, chitarre, bassi e anche semplicemente un parametro di un EQ diverso dal solito in fase di mix, il tutto è sempre inerente alla sua identità.

Void Sinker è completamente indipendente e autoprodotto. Quali sono le principali sfide e soddisfazioni nel gestire tutto in autonomia?
Da dove vuoi che cominci? Sicuramente la produzione autonoma e indipendente è uno dei miei traguardi che più mi ha regalato soddisfazioni e che mi ha permesso di dedicarmi ai miei progetti personalmente e di iniziare a lavorare nel mio piccolo anche per terzi nell’ambito musicale; per questo progetto, nello specifico, ha un enorme vantaggio visto che ho la possibilità di poterci lavorare ogni giorno con piccoli costi senza dover usufruire di uno studio e le relative spese (per quello ci sto lavorando ma la strada è ancora lunga). Questo però non è stato facile all’inizio e ammetto che l’intero processo di produzione mi ha spaesato e non poco visto e considerato che la mole di studi e materiali su cui mettere le mani oggigiorno è davvero tanta, anche solo per una semplice DAW. A tal proposito, invece che cominciare da autodidatta, ho intrapreso un percorso di studi per imparare a produrre musica presso la NUT Academy di Napoli in modo da poter iniziare a lavorare alle mie produzioni autonomamente con cognizione di causa seguito da persone che fanno questo per lavoro anche da molto più tempo di me; è un mio traguardo l’arrivare a lavorare in questo settore più stabilmente nel futuro e sto continuando a lavorare per realizzarlo. Per quanto riguarda il lato della distribuzione c’è da imparare davvero tanto e a ogni pubblicazione imparo sempre qualcosa di nuovo. Molti pensano che basti semplicemente mettere le proprie tracce su Spotify e che la fortuna li aiuterà ma quello è solo l’1% del lavoro e avendo iniziato ad averci a che fare da poco mi sono reso conto di cosa vuol dire davvero avere a che fare con la musica da questo punto di vista; anche qui le soddisfazioni ci sono state e a un certo punto ho comunque realizzato che poco a poco qualcosa stava crescendo dopo tutti i miei sforzi, solo leggere i commenti sui vari social mi riempie di orgoglio e determinazione per continuare ad andare avanti per questa strada.

Come sta crescendo la fanbase di Void Sinker? L’autoproduzione e la distribuzione digitale ti stanno dando i risultati sperati?
Decisamente bene! In un anno del progetto ho davvero raggiunto degli ottimi risultati e continuo a vedere crescere la fanbase tra i follower su tutte le piattaforme social e media ogni giorno. Pubblicando solo digitalmente su bandcamp all’inizio pensavo che il risultato non sarebbe stato dei più eccelsi ma aiutato un po’ dai vari gruppi social e dalle relative fanbase del genere ho visto crescere gli ascolti sempre di più ad ogni pubblicazione; un elemento su cui sono stato in dubbio all’ inizio è stato il lato “drone” del progetto da cui non mi aspettavo il responso che ha ottenuto pubblicazione dopo pubblicazione. Ricordo di aver lavorato al primo brano, “Gravity”, durante l’estate del mio periodo all’academy e solo in un secondo momento, il giorno del mio compleanno, decisi di pubblicarlo d’impulso, esattamente come è stato per “Void Sinker” neanche un mese prima; questo a riprova del fatto che se c’è una vocina che ti dice sempre “Perché farlo?” la risposta è e sarà sempre “Perché no?”. Il lato distributivo del progetto è tuttora un campo molto aperto per me e c’è da ammettere che gestire il tutto da soli è molto complicato e richiede il suo tempo nell’essere fatto bene; nulla che poi non regali comunque le sue soddisfazioni nel tempo.

Hai in mente di mantenere il progetto solista o in futuro potresti considerare di coinvolgere altri musicisti?
Assolutamente sì. L’idea di coinvolgere altri musicisti è sempre presente e sono tutt’ora alla ricerca di un bassista e un batterista per portare il progetto allo stadio successivo; forse ho leggermente esagerato nella produzione e capisco che la mole di lavoro per chiunque voglia entrare a far parte del progetto sarebbe davvero tanta (4 album, due EP e due singoli, all’attivo…si lo so, ho un problema) ma la porta è sempre aperta. Anche per il lato drone stavo pensando di mettermi su un palco da solo con chitarra e synth o con un amico e iniziare a portare il tutto dal vivo… le scelte ci sono per entrambe le cose. Recentemente pensavo anche a una formazione a due con un batterista e di suonare in stereo con due ampli per chitarra e basso ispirato da altri gruppi come gli Hate&Merda, Red Beard Wall e i GrimReefer… le possibilità ci sono!

Quindi, c’è la possibilità di vedere Void Sinker dal vivo in futuro?
Lo spero davvero, solo il tempo ce lo dirà! Sino ad allora continuerò a pubblicare materiale digitale finché non mi cadranno le braccia.

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