Guineapig – I parassiti del goregrind

I Guineapig sono tornati per riprendere l’attacco batteriologico iniziato con il precedente album in studio, “Bacteria”, uscito nel 2014. “Parasite” (Spikerot Records) è un portatore (mal)sano di germi goregrind, una vera è propria bomba virulenta dalla quale è impossibile difendersi…

Ciao ragazzi, “Parasite” è il vostro secondo album è finalmente uscito: quanto il risultato finale si avvicina all’idea che avevate del vostro ritorno discografico prima che iniziaste a scriverlo?Fra: Dopo otto anni dal nostro primo disco l’idea era quella di scrivere un album che avesse sicuramente alcune delle caratteristiche del suo predecessore ma che contenesse anche degli elementi nuovi, freschi per il genere di appartenenza, sia per quanto concerne il songwriting che la produzione. Sono passati diversi anni e noi siamo persone diverse, con una vita diversa e con ascolti diversi quindi non potevamo riproporre la stessa cosa del passato, non avrebbe rispecchiato chi siamo adesso. Secondo me ogni disco di una band deve sempre un po’ raccontare lo stato attuale dei componenti. I cloni hanno poco senso di esistere.

Allargando la visuale, invece, quanto i Guineapig di oggi si avvicinano all’ideale di band che avevate al momento della vostra creazione?
Fra: Guineapig nasce come un mio progetto solista, al tempo non avevo nessun obiettivo preciso ma soltanto quello di divertirmi e cercare di fare qualcosa di diverso da quello che già facevo. Poi però mi sono detto, perché non coinvolgere anche altre persone e portarlo dal vivo? E da lì a poco è nato il gruppo vero e proprio. Abbiamo sin da subito cercato di dare un’importa professionale al progetto, nonostante il goregrind sia un genere caratterizzato da band dall’approccio comico e spensierato. La nostra idea era quella di differenziarci dalle altre band del genere, cercando di avere un orientamento più serio sia per quanto concerne la musica che le tematiche. Ma questo soltanto sul palco perché poi sostanzialmente siamo tre cazzoni e ci divertiamo a dire e fare stronzate!

Rimanendo in ambito di creazione, come mai per creare questo album ci sono voluti ben otto anni?
Fra: Perché siamo una band di pigroni! E anche perché abbiamo avuto la fortuna di suonare molto dal vivo dopo l’uscita del nostro primo disco.

Il vostro modo di comporre è mutato in questo lungo lasso di tempo?
Fra: Assolutamente sì. All’inizio l’attenzione al dettaglio non era maniacale come ora. Buttavamo giù un pezzo e se funzionava era buono così. Per quanto riguarda questo disco invece i pezzi sono cambiati e ricambiati nel tempo, nella struttura e con l’aggiunta di diversi elementi. Abbiamo cercato di rendere sia il riffing che il lavoro di batteria più vario e dinamico. Ad un ascolto superficiale questa cosa forse non emerge tanto ma con un ascolto più attento si possono apprezzare le diverse sfumature che abbiamo voluto inserire. E’ stato sicuramente un disco “faticoso” da questo punto di vista ma siamo assolutamente soddisfatti del risultato.

Il disco è stato registrato ai Kick Recording Studio di Roma, in qualche modo Marco Mastrobuono, dall’alto della sua esperienza, vi ha indirizzato su scelte che da soli non avreste fatto?
Fra: Senza dubbio. Marco ci ha spinto a sperimentare ancora di più di quello che avevamo in progetto di fare. Eravamo un po’ timorosi all’inizio, i fan del Grindcore e del metal estremo in generale sono solitamente restii alle sperimentazioni. Abbiamo voluto inserire degli elementi che non sono tipici del genere ma che hanno contribuito a rendere il tutto ancora più originale e personale.

Introducendo il primo singolo, “Taxidermia”, avete dichiarato: “E’ un brano veloce e diretto con i tipici elementi dei Guineapig, come breakdown e mid-tempo, ma anche con parti più fresche, presenti in tutto il nuovo album”. Cosa sono queste “parti più fresche” di cui parlate?
Alessio: Il primo singolo in realtà è stato “Mermaid In A Manhole”. Scegliemmo questo pezzo proprio perché diverso dal resto delle tracce e aveva diverse parti “nuove” che abbiamo inserito in “Parasite”. “Taxidermia” è stato scelto come secondo singolo proprio perché diretto è più canonico, se vogliamo, ma che alla fine, pur essendo un tipico brano “Guineapig”, possiede anch’esso novità introdotte su questo disco quali cambi di riff e tempo repentini, controtempi di batteria e via dicendo. Anche se le vere novità potrete trovarle su pezzi più articolati quali “Zatypota” e “Deformed Doppelgänger”, dove gli ascoltatori più attenti potranno trovare addirittura influenze Djent, oltre al Death/Grind.

A livello concettuale, invece, avete introdotto delle novità nei testi?
Alessio: Il filo conduttore di tutto il disco è la trasformazione. Diciamo che tutto ruota intorno a quello, oltre ai tipici testi su malattie genetiche, deformazioni e parassiti simpatici (come il Candiru – correte a leggere il testo di “Urethra Candiru Terror” –, che pur essendo un invertebrato, si comporta come tale). Chiaramente da cinefili quali siamo, non mancano i vari riferimenti alle pellicole più becere dell’underground horror ed estremo in generale.

Il disco è uscito in più edizioni, vi andrebbe di presentarle ai nostri lettori?
Gina: Intanto ringraziamo i ragazzi di Spikerot Records che hanno fatto un ottimo lavoro, gliene siamo davvero grati. Ci hanno permesso di dare totale sfogo alle nostre idee per la produzione di questo album. Il disco si presenta in formato LP disponibile in due versioni (Black e Ultra Clear) ed in versione cd digipak, oltre a vari bundle. All’interno dell’album troverete un ampio booklet di 16 pagine, contenente i testi e le fantastiche illustrazioni del Maestro Timpanaro che ha fatto davvero un ottimo lavoro.

Prossime mosse dal vivo?
Gina: Dopo questi due interminabili anni di pandemia, finalmente qualche spiraglio di luce comincia ad illuminare i tanto attesi palchi che ci sono mancati da morire. Saremo impegnati come prima data al nostrano Frantic Fest a Francavilla al Mare il 19 agosto, poi un’altra chicca da annunciare a settembre, sempre in Italia, mentre a novembre partiremo per il tanto atteso tour in Europa con i fratelli Gutalax e Spasm, toccando anche Milano come penultima data. Per le altre date, ovviamente seguiteci sulle nostre pagine social!

Husqwarnah – Screams from the cellar

Husqwarnah non è un nome facile da scrivere e da pronunciare, ma siamo certi che diventerà in breve familiare a tutti coloro i quali amano le sonorità death metal old school che strizzano l’occhio soprattutto, ma non solo, alla scuola svedese. Abbiamo contattato il cantante Maurizio Caverzan e il bassista Lorenzo Corno per farci raccontare qualcosa sull’album d’esordio “Front: Toward Enemy” (Fuel Records / Reborn Through Tapes Records / Anubi Press / DNR Music Agency).

Ciao ragazzi, direi di partire dalla parte più complicata: il vostro nome! Cosa significa Husqwarnah?
Stavamo cercando qualcosa che richiamasse il nostro amore per il death svedese (anche se la composizione non è incentrata sulla mera scena scandinava) il famoso “chainsaw sound” e subito ci è venuta in mente la nota marca di motoseghe, moto cross, ecc… Abbiamo poi scoperto che la nota marca in passato costruiva i moschetti per l’esercito svedese. Penso non ci sia bisogno di aggiungere altro.

Il vostro amore per la Svezia è facilmente intuibile ascoltandovi, ma perché avete scelto proprio l’old school swedish death metal come forma di espressione? C’è un qualcosa nel vostro sound che non è riconducibile alla scuola svedese o vi siete attenuti in modo fedele a quei dettami?
In realtà le influenze non sono solo svedesi e legate esclusivamente alla scena nordica e all’abuso di HM2. Molti riff richiamano anche la scena americana più marcia, quella floridiana a cui siamo molto legati e quella olandese. Il disco è stato inizialmente concepito per un abuso estremo di HM2 sulle chitarre e un basso fretless molto ritmico, più su in stile Blood Incantation che scuola Obscura, Beyond Creation. Successivamente in fase di produzione abbiamo svoltato per sonorità più canoniche ma non esclusivamente riconducibili allo swedish death metal.

Domanda a bruciapelo: Stoccolma o Göteborg?
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Passiamo al vostro album di debutto, “Front: Toward Enemy”, come e quando è nato il disco?
Il disco è stato scritto nel periodo precovid. Alcune tracce sono state suonate in alcuni show selezionati, tra cui il concerto di debutto, in apertura agli Asphyx, nostri personali idoli. Poi è successo quello che tutti sappiamo e siamo stati costretti a registrare una parte degli strumenti in studio e una parte in casa, a causa delle restrizioni dovute al lockdown. La fase di mix, master e produzione è stata affidata a Carlo Altobelli del Toxic Basement Studio nell’estate del 2020.

Al momento avete realizzato due singoli – “Vigo” e “Screams From The Cellar” – che, guardando la tracklist, rappresentano il centro dell’album. E’ un caso che siano stati estratti quei due brani piazzati in quella posizione o effettivamente possiamo considerali il cuore del disco e pertanto quelli più rappresentativi da utilizzare come biglietto da visita?
Assolutamente sì, pensiamo che siano due ottime anticipazioni e racchiudono ciò che è l’essenza, la semplicità e la genuinità del progetto.

I due singoli sono accompagnati dalle illustrazioni di Roberto Toderico, mentre la copertina dell’album è stata firmata da Luca Solomacello. Come mai avete optato per un approccio visivo differente per singoli e album?
Per la copertina abbiamo pensato a qualcosa di più visionario e dettagliato e più ispirato alle tematiche e sonorità del disco mentre per quanto riguarda invece i singoli volevamo una grafica molto più cruda ma altrettanto efficace che rappresentasse il concept di ogni singolo brano. Entrambi sono due artisti italiani notevoli, siamo fieri e grati di averli avuti in squadra.

Da grande fan dei Rush non ho potuto che apprezzare la vostra versione di “Dreamline”, brano estratto da uno dei dischi dei canadesi, a mio avviso, più sottovalutati. Come è nata questa cover?
Il nostro bassista oltre ad essere un fanatico del trio canadese è anche un addetto ai lavori nell’ambito musicale. Un giorno durante una giornata promozionale ha avuto l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con Mikael e uno dei primi discorsi è stato appunto in merito ai Rush. L’idea di omaggiare la band è sempre stato un sogno per lui e dopo la scomparsa di Neil Peart abbiamo scelto di realizzare questo tributo e di contattare Mikael Stanne, il quale ha subito accettato la proposta.

Nel pezzo,xappunto, compare Mikael Stanne (Dark Tranquillity, In Flames, Hammerfall), come è stato lavorare con lui?
Mikael ha accettato immediatamente la proposta inviandoci immediatamente le tracce vocali della cover: è uno degli artisti più gentili con cui siamo entrati in contatto.

Avete in programma un release show e delle date a supporto del disco?
Al momento abbiamo un release party fissato per il 10 dicembre al Legend Club di Milano. Assieme a noi ci saranno Cocaine Kamikaze e Ural. Per il futuro stiamo pianificando qualcosa di interessante che sveleremo nei prossimi mesi…