Genus Ordinis Dei – Bagliori di libertà

La scena italiana molte volte ha peccato di ambizione, magari accontentandosi di salire sull’ultimo carro dei trend. Eppure ci sono band che invece pensano in grande, non lasciandosi spaventare dalle difficoltà. Tra queste spicca il nome dei Genus Ordinis Dei, gruppo che ha pubblicato per l’americana Eclipse Records “Glare of Deliverance”, la prima Metal Music Series.

Benvenuto su Il Raglio Nick K (voce e chitarra), possiamo definire “Glare of Deliverance” il vostro album più ambizioso?
Ciao ragazzi e grazie per l’intervista ! Sì, possiamo dire che “Glare of Deliverance” è sicuramente la nostra opera più ambiziosa ma anche più folle, creativa e di cui siamo estremamente orgogliosi.

Dieci brani, dieci singoli, dieci video. Canzoni che hanno una propria individualità, ma se guardati insieme acquistano un nuovo senso. Vorrei farvi una doppia domanda, distinguendo due livelli. Il primo è quello dell’artista: come si evita il rischio di perdere il bandolo della matassa durante la composizione di un disco del genere?
In “Glare” il lavoro “dietro le quinte” è stato un lavoro mastodontico che è durato circa due anni e che era partito, come idea, anche molto tempo prima. La chiarezza dell’obbietto, una grande leadership, la strutturazione di un team di lavoro valido e un’ottima comunicazione stanno allo base per compiere e realizzare un’opera del genere. E’ stato questo il vero e più grande lavoro: strutturare ed organizzare al meglio tutto. Cimentandosi in qualcosa che va ampiamente oltre il mero album musicale, abbiamo dovuto evolverci come band e come crew, superando noi stessi e mettendoci in gioco con grande caparbietà, energia e saggezza. E’ stato davvero bello vedere gli incredibili miglioramenti che sono seguiti dopo tutto questo.

Il secondo livello è quello dell’ascoltatore: non temete che in una realtà, come quella odierna, molto più veloce, e forse distratta, l’utente finale possa perdere il quadro d’insieme dell’opera?
Uno degli obbiettivi di “Glare” era proprio quello di evitare di cascare in qualcosa di veloce, distratto e frivolo, tipico del nostro tempo. Il metallaro, fortunatamente, ha ancora una certa voglia di approfondire , sviscerare ed esplorare. Non abbiamo avuto dubbi a riguardo e infatti abbiamo ricevuto incredibili riconoscimenti. Perdere il quadro dell’opera è un rischio solo per l’ascoltatore distratto, l’ascoltare verso il quale non vogliamo rivolgerci.

Tralasciando la parte artistica, quanto è stato difficile mettere in piedi un’operazione del genere, che immagino abbia richiesto anche un budget elevato?
Il lavoro richiesto per portare a compimento un’opera di questo tipo è davvero immenso. Soprattutto per noi che siamo ancora una band nel limbo tra l’underground e qualcosa di più. Noi ci siamo affidati a due cose soprattutto: la nostra caparbietà e il crowdfunding rivolto ai nostri fan. In linea teorica un’opera del genere costerebbe almeno il triplo se non di più di quello che abbiamo effettivamente investito noi. Grazie però alle nostre conoscenze, esperienze, contatti e risorse, che abbiamo imparato ed accumulato in questi anni di duro e gratificante lavoro, siamo riusciti a tagliare e risolvere una quantità di problemi e di costi. Oltre a tutto questo ci sono stati la grande fede e il grande affetto dei nostri fan che ci hanno dato la possibilità, con il raggiungimento e il superamento dell’obiettivo del crowdfunding, di poter dare vita a “Glare of Deliverance”, la prima Metal Music Series. Di questo siamo molto grati ed orgogliosi.

I video sono stati realizzati dallo stesso team oppure di volta in volta vi siete affidati a persone differenti?
Tutti i video sono stati realizzati dallo stesso team. Cogliamo l’occasione per citarli e ringraziarli! Emilia Scarpati Fanetti: Eleanor; Stefano De Santis: videomaker; Alessandra Faienza: maschere e trucco; Floriana Setti: costumi e trucco; Mattia Gianelli: video backstage.

Avete avuto qualche tipo di supporto da parte dell’etichetta?
Eclipse Records ha sempre sostenuto, incoraggiato fortemente il lavoro, aiutandoci con l’ufficio stampa, la distribuzione e la comunicazione. Inoltre anche il nostro press italiano “Press This Music PR” ha lavorato e sta lavorando sodo per quanto gli concerne. Solo il crowdfunding però è stato il supporto in termini di risorsa economica.

Quando avete iniziato a scrivere l’opera e c’è stato un momento in cui avete pensato chi ce l’ha fatta fare?
E’ difficile identificare esattamente quando quest’opera ha iniziato ad essere scritta. Nelle nostre menti da molti anni ma per quanto riguarda l’effettiva stesura della musica diremmo nel 2018. Per rispondere alla seconda domanda vogliamo raccontarvi questo: Quando abbiamo annunciato al mondo il progetto e la campagna di crowdfunding non sono passati dieci giorni che l’Italia ha scoperto il primo caso di covid 19 a Codogno (Zona per altro vicinissima alla nostra città Crema). A quel punto noi ci siamo trovati con una grossa scelta d fare. Da una parte una promessa a tutti i nostri fan e dall’altra una pandemia mondiale imminente che avrebbe scombussolati tutto e tutti per sempre, aumentando esponenzialmente il rischio di fallire. Ci siamo presi un po’ di tempo e alla fine abbiamo scelto di continuare e cercare a modo nostro di distrarre il mondo da quello che stava succedendo. Ovviamente vi lasciamo solo immaginare i disastri organizzativi che questa cosa ha fatto al nostro progetto ribaltando tutte le scadenze, i calendari e gli impegni presi con le location. Poi però ci siamo resi conto di una cosa importante: la pandemia stava dandoci anche un grande vantaggio che all’inizio non vedevamo: il tempo. Tutti si erano fermati con il proprio lavoro, la propria routine e questo ci ha dato la possibilità di vedere oltre il velo della monotonia e dell’abitudine. Abbiamo capito che mentre il mondo si fermava noi stavamo producendo 10 video che sarebbero andati sull’unica piattaforma che non aveva interrotto la sua marcia: il web. 10 episodi che avrebbero occupato circa un anno di release e di lavoro successivo già pronto. Inoltre gli addetti ai lavori non avevano altro da fare che dedicarsi al nostro progetto! Ahaha! Da marzo 2020 abbiamo lavorato online su tutta la parte digitale e poi, d’estate, appena liberati, eravamo pronti per produrre tuti gli episodi che sono finiti di essere girati il 3 settembre 2020, appena prima del secondo lockdown. Noi intanto però avevamo già tutto pronto per poter esaudire la promessa fatta. Alla fine dell’estate, durante le riprese dell’ultimo ambizioso episodio, ci siamo resi conto che ce l’avevamo fatta, un percorso duro, incerto, durato 2 anni. Una meta che non abbiamo mai smesso di sognare e rincorrere fino a quando ce la siamo ritrovata tra le nostre braccia. Siamo orgogliosi di questo “Glare of Deliverance”. Questo per dire che si, sono stati molti gli ostacoli che ci ha cercato di infondere il dubbio del fallimento ma alla fine ci siamo sempre dati una scrollata e abbiamo tirato diritto fino all’obbiettivo!

Nella speranza che questo blocco delle attività live venga presto superato, avete qualche idea particolare sulla presentazione dal vivo del disco? Qualcosa del tipo proiezione dei video durante l’esibizione o il ricorso ad alcuni figuranti?
Assolutamente sì, siamo da tempo al lavoro sul nuovo show e sui nuovi live che verranno. Non possiamo aggiungere altro ma sarà una novità!

Penso che sia presto per parlare del successore, ma quando ne discutete tra di voi come lo immaginate? Ripartirete da quanto fatto andando ad amplificare le caratteristiche di questo disco o cercherete di fare un passo indietro, magari semplificando il tutto?
La band è sempre in movimento e sì, stiamo già strutturando alcune idee, anche se embrionali, sul nuovo lavoro. Possiamo dirti che sarà diverso, sarà un’evoluzione e sarà fottutamente epico.

Benthos – Essenza cartesiana

Il 23 aprile l’etichetta americana Eclipse Records rilascerà “II”, il nuovo album dei Benthos. I due singoli – “Cartesio” e “Debris // Essence” – che hanno anticipato il disco, avranno sicuramente acceso le fantasie degli amanti del prog più sofisticato: “II”, statene certi, renderà quelle fantasie realtà…

Benvenuto Gabriele (Papagni), e complimenti per “II”, un disco dal titolo semplice, ma che poi all’ascolto semplice non è. Tutta l’opera, mi par di capire, si regge su dei contrasti: vita\morte, intuito\razionalità, finito\infinito. Dalla quiete non nasce nulla?
Ciao! Ti ringraziamo innanzitutto per i complimenti. Nel disco vengono affrontati vari aspetti del dualismo, è un continuo flusso di emotività. Come potrai aver sentito, molte sezioni presentano sonorità molto dilatate ed atmosferiche in contrasto con il lato più aggressivo dei Benthos, proprio per dare un climax alla quiete.

Come vengono fuori i vostri brani, ci sono delle sane litigate tra voi o l’intesa nasce in modo immediato e spontaneo?
Il bello di questo progetto è che nonostante veniamo da background musicali diversi, troviamo sempre il nostro punto d’incontro!

Da un punto di vista più pratico, il disco è nato durante la pandemia? Questo in qualche modo vi ha limitato in fase di registrazione?
Siamo riusciti fortunatamente a registrare le tracce di batteria poco prima della prima quarantena. Durante il lockdown, chitarre e bassi sono stati registrati in casa con una semplice scheda audio e una volta ritornati in “zona gialla”, siamo riusciti a incidere in studio le tracce mancanti di voce, mixing e mastering.

Inutile negare che per voi la tecnica ricopre un ruolo fondamentale, ma quanto è importante? Sacrifichereste mai il feeling sull’altare della tecnica?
In tutta onestà, noi facciamo quello che il nostro cervello ci dice in base a quello che riescono a fare le mani. Se mi chiedi di sacrificare il feeling sull’altare della tecnica la risposta è no, credo che ognuno di noi preferisca una nota piazzata al posto giusto, nel momento giusto, che suoni da Dio, piuttosto che una valanga di note, ma sono assolutamente gusti e non critichiamo chi lo fa.

Avete tirato fuori due singoli dal disco, se non erro ne è in arrivo un terzo. Il singolo per antonomasia dovrebbe essere un brano dalla presa immediata, caratteristica che la vostra musica, ben più cerebrale, non ha. Come riuscite a far convivere le vostre esigenze artistiche con quelle del mercato?
Diciamo che noi continueremo a fare quello che ci piace, indipendentemente da ciò che richiede il mercato. Sicuramente per i singoli abbiamo utilizzato le canzoni più catchy costruite su un songwriting più diretto.

Come lo immaginate il vostro ascoltatore tipo?
Un pazzo sicuramente.

Il vostro ambito di riferimento è l’Italia o guardate al resto del mondo? Non mi sembra che il nostro Paese sia particolarmente ricettivo nei confronti di certe sonorità?
Ti dirò, io ho visto una bella svolta negli ultimi anni! Certo per un discorso socio-culturale, il progressive metal non è il genere numero uno in Italia, nonostante la vecchia scena degli anni 70 abbia avuto un forte impatto. In ogni caso noi ci proponiamo a chiunque!

Da questo punto di vista, poter contare su un’etichetta americana può essere un vantaggio?
Non è detto, dipende molto dalla persona che trovi e da come ti aiuta ad emergere.

Attualmente siete concentrati sulla scrittura del nuovo album o vi state preparando in previsione di un’insperata riapertura dell’attività live?
Abbiamo in ballo molte cose, live che non sappiamo ancora se andranno in porto e un album in lavorazione che sta prendendo sempre più forma!