Bag of Snacks – Canzoni d’amore

Paolo Merenda è tornato con il suo progetto Bag of Snacks, lo ha fatto a modo suo miscelando punk rock, cinismo e ironia. In attesa che “Love Songs For Work Haters” esca anche in versione CD per Flamingo Rec., quella in cassetta è già disponibile, abbiamo contattato il sempre disponibile Paolo…

Ciao Paolo, da poco è fuori “Love Songs For Work Haters”, album uscito a nome Bag of Snacks. Io ho perso il conto, ma quanti dischi hai pubblicato con i tuoi vari progetti?
Ciao, grazie come sempre il supporto! “Love Songs…” è uscito per ora soltanto in tape rosa (limitatissima). Ne abbiamo approntate poche copie per gli ultimi due live. A breve però arriverà il CD targato Flamingo Rec. Si tratta di un elegante digipack a 8 pannelli, contenente anche un bonus CD di “Paper Girls”, primo album uscito nel 2020 soltanto in vinile. La mia discografia (penso) completa conta ormai una trentina di uscite, ho poi una pila di master demo / promo che non sono arrivati alla pubblicazione fra cui progetti che vanno dal reggae / pop al metalcore, passando per il rock’n’roll…

“Love Songs For Work Haters” che posto occupa all’interno della tua discografia?
“Love Songs…” è un disco che mi ha entusiasmato molto. La produzione di Carlo (Toxic Basement) è stata fondamentale per la buona riuscita dell’album. Abbiamo registrato tutto in diretta nell’arco di un week end (senza neanche usare le cuffie!) come se fosse un live. E, a parte un mio problema con la tracheite, sono molto soddisfatto del risultato ottenuto. Le chitarre suonano sporche, ma allo stesso tempo fresche. Le canzoni poi sono varie, spaziano da ballate punk rock come “Garden” a sfuriate speed rock come “Chassis”. Danilo (batteria) e Danil (basso) sono due membri molto validi: a livello ritmico riescono a dare il giusto tiro ai pezzi pur essendo precisi (Danilo suona sempre a metronomo); inoltre hanno apportato soluzioni ritmiche differenti dai canoni del genere (vedi le intro di “Black Clouds” e “I Against I”) che danno un tocco di originalità alle canzoni.

Mi spieghi il titolo del disco?
Il titolo del disco ne riepiloga semplicemente i contenuti: amore e odio per il lavoro. Le nostre canzoni d’amore sono sicuramente un po’ particolari, dedicate a cougar conosciute in un night alessandrino (“Garden”) oppure al punk rock stesso (“Punk Rock Message”). Mentre i testi contro il lavoro vanno dall’esplicito (“Hate Work”) all’ermetico (“Black Clouds”). Quest’ultima è una specie di danza anti-pioggia scritta quando mi pioveva in casa e i muratori tardavano ad arrivare.

Dammi la tua definizione di canzone d’amore…
Ho sempre odiato le canzoni d’amore classiche, citando Bob Wayne: “Love songs suck”. Quindi secondo me la canzone d’amore deve saper essere originale e arrivare in profondità senza per forza tirare in ballo il rapporto uomo – donna. Per farti un esempio che nulla ha a che fare col punk, “Ti bacio ancora mentre dormi” dei Sottotono è una splendida canzone d’amore che tratta del rapporto padre – figlio.

Quanto c’è di autobiografico in “Record Collectors”?
Ogni canzone di questo disco è autobiografica e pesca da esperienze personali di tutti i membri. Parliamo di NASPI (“Hate Work”), di cosa voglia dire lavorare al banco di un negozio (“Every Day”) e anche di cosa rappresenti il collezionismo per noi (“Record Collectors”). Trattiamo con ironia alcuni temi, mentre altri pezzi (“So Alone”, “I Against I”) sono molto più seri.

Il disco si chiude con “Generic HC Song”, quali sono le caratteristiche che una generica canzone HC deve possedere e bastano veramente pochi secondi per condensarle?
“Generic HC Song” è una sorta di “canzone – cabaret” che funziona molto dal vivo. Nel primo album avevamo “Come On, Paper!” (un altro pezzo HC da pochi secondi) che presentiamo live come “Quella bella”. “Generic HC Song” è un pezzo che dura 9 secondi e riepiloga i cliché del genere HC: partenza in quattro sul rullante, ritmica veloce terzinata, coro che recita “Fuck you die!”. What else?

Mettiamo da parte i Bag of Snacks, come va la carriera di scrittore?
“Carriera” è un parolone che andrebbe messo fra parecchie virgolette. Ho sempre pubblicato senza pagare, ma con piccoli editori e in tirature di massimo 300 copie. Detto ciò, diciamo che è un periodo in cui sono poco ispirato e molto poco motivato. Le motivazioni sono molteplici: innanzitutto provare in una saletta ammuffita con altre persone fra risate, peti e bevute è sicuramente più divertente di fissare uno schermo per ore. Inoltre suonare dal vivo ti permette di conoscere un sacco di gente e passare giornate in compagnia di nuovi e vecchi amici. Nel “mondo editoriale”, di cui più o meno faccio parte da una decina di anni, ho instaurato invece ben poche amicizie. Inoltre ho sempre più l’impressione poi che conti più “chi sei” piuttosto del “come scrivi”.

L’autoproduzione, per uno scrittore o per un musicista, è più una necessità o una manifestazione di indipendenza?
L’argomento è piuttosto vasto ed è facile essere fraintesi. Diciamo che un editore o un’etichetta servono per avere maggiore visibilità e distribuzione. Inoltre un “occhio critico esterno” migliora il prodotto, permette di diminuire gli errori e di avere quella sicurezza che il risultato sia professionale. Ma ci sono parecchi “ma”. L’etichetta o l’editore devono comunque vendere un prodotto, per cui a volte intervengono in maniera sostanziale sul contenuto o l’immagine. A volte invece il prodotto che si propone è diciamo “fuori mercato” per cui, anche se di qualità, è difficile da piazzare per cui si ottengono ben pochi risultati. L’autoproduzione secondo me è la giusta via da percorrere se si ha già una certa dimestichezza nel “mestiere” e si hanno tanti contatti. Se invece è soltanto una scorciatoia per evitare critiche o confronti con persone che hanno più esperienza allora non serve a niente. Come dicevo, bisognerebbe approfondire il discorso per ore / pagine.

I nostri lettori dove potranno trovare nei prossimi mesi il tuo banchetto?
Suonerò con gli A.S.E. a Genova il 13 luglio e a Cuccaro M.to il 17 settembre. Per l’occasione mi sono autoprodotto un libretto che raccoglie i racconti usciti qua e là nell’arco degli ultimi due anni e ho dato alle stampe un singolo inedito degli A.S.E. che accompagna il libretto.

Comfy Pigs – Maiali annoiati

Sabato 28 maggio presso la Club House degli Indian Bikers di Matera si esibiranno i Comfy Pigs, band che propone delle sonorità che vanno dal post punk, noise pop al garage punk. Per l’occasione abbiamo intervistato Ivan Piepoli, cantante e chitarrista della band e il batterista Vanni Sardiello.

Avete pubblicato un paio di anni fa un 45 giri, state progettando un album intero?
Ivan: Abbiamo pubblicato il nostro singolo d’esordio, “Bored” sul finire del 2019, poco prima dei fatti noti legati alla pandemia, purtroppo le copie fisiche del disco riuscimmo ad averle solo dopo il primo lockdown, nell’estate del 2020. Questo ovviamente ha inciso negativamente sulla promozione dello stesso. Oggi, che la situazione sembra migliorata, abbiamo iniziato a registrare le tracce del nostro primo album. Attualmente abbiamo approntato tutta la parte strumentale dell’intero repertorio, successivamente ci dedicheremo alla registrazione delle voci e al missaggio. Parallelamente ci stiamo guardando attorno per riuscire a trovare un contatto con qualche etichetta discografica che ci aiuti nella pubblicazione e distribuzione del nostro lavoro.
Vanni: Sì, abbiamo registrato 17 brani scritti in questi tre anni di attività, brani dalle molteplici influenze ma che comunque si spera abbiano il nostro marchio di fabbrica. Siamo in continua evoluzione sonora, immagino che si possano sentire delle notevoli di differenza a livello di scrittura e di arrangiamento tra le nostre prime cose e le ultime scritte. Al momento mancano solo da registrare le parti vocali, non abbiamo ancora idea di quando potrà uscire su vinile, e di sicuro faremo una cernita di tutto il registrato, per tornare a fare i dischi come si faceva una volta, 45 minuti massimo, in modo tale da poterlo duplicare agevolmente su una audiocassetta da 45 minuti, del resto siamo o no figli degli anni 80/90?

Ci sono voci di cambiamento/ampliamento line-up? Qualche anticipazione?
Ivan: Sì, dopo 3 anni di attività ho deciso di allargare l’organico della band ad un quarto elemento che mi sostituisca addirittura nel ruolo di cantante e chitarrista, in modo tale da potermi dedicare prevalentemente alla parte compositiva e strumentale, suonando sia la chitarra che il synth, una delle novità assolute per i Comfy Pigs, e che stravolga prepotentemente l’impatto scenico della band durante i live, ed il sound generale del nostro progetto musicale. Gli altri della band hanno accettato la mia proposta con grande entusiasmo, e insieme abbiamo cercato la soluzione più consona al nostro modus operandi. Ad oggi abbiamo provinato qualche “candidato”, ma il risultato per ora rimane “top secret”. Di sicuro entro l’anno i Comfy Pigs vivranno una nuova vita artistica.
Vanni: Abbiamo pensato e ripensato ad una soluzione possibile per un ampliamento della line-up, in particolare per un’esigenza primaria di avere un frontman con una forte presenza scenica, con una voce particolare e che potesse lasciare libero Ivan di potersi concentrare sulle chitarre, soprattutto live. Stiamo facendo delle audizioni attualmente, ma forse abbiamo già trovato la persona che può fare al caso nostro. Ma è ancora tutto volutamente “top Secret”, penso che se tutto andrà come immaginiamo, potremmo essere pronti per suonare dal vivo con la nuova formazione a partire da settembre.

Che concerto ci aspetteremo sabato, quindi?
Ivan: Sabato a Matera ci esibiremo ancora nella nostra forma storica a tre, con me alla voce e alla chitarra, Danilo Villafranca al basso e Vanni Sardiello alla batteria. Avremo l’occasione di proporre tutti i nostri brani, compreso un inedito che suoneremo per la prima volta, e un paio di cover. Mi sembra strano pensare che questo live potrà essere l’ultimo per me come cantante della band.
Vanni: Il classico concerto infuocato dei Comfy Pigs, nella classica line- up power trio batteria basso chitarra, avendo molto tempo a disposizione, di sicuro non ci risparmieremo, probabilmente suoneremo anche un pezzo nuovissimo ed un paio di cover provate per l’occasione e che abbiamo decisamente Comfyzzato.

Come è nato il vostro gruppo? Avete alle spalle ognuno di voi un proprio background.
Ivan: La nostra band è nata dall’amicizia e la passione comune per la musica che lega me e Vanni Sardiello. Vanni veniva da un lungo periodo di stop artistico, io invece stavo accantonando la mia esperienza con i Baby Screams, tribute band dei Cure, per tornare a lavorare alla musica inedita, che non ho mai abbandonato. A noi poi si è aggiunto il bassista Danilo Villafranca, permettendoci di metter su un power trio di matrice post punk, genere che proprio in quel momento stava tornando fortemente in auge, grazie all’affermazione di band internazionali come Idles o Fontaines DC, per citarne alcune.
Vanni: I Comfy Pigs sono nati principalmente dall’amicizia tra me e Ivan e dal desiderio di suonare insieme qualcosa di inedito e che in qualche modo potesse far confluire tutto il nostro background di ascoltatori e musicisti. Danilo al basso è stata una scelta più che azzeccata perché ha portato dentro il nostro suono post-punk, quell’elemento più lercio tipico del garage punk. Per quanto mi riguarda, ero fermo con la batteria da circa dieci anni, completamente dedicato altresì al lavoro. Nel mio passato, le esperienze più importanti sono state i Veronika Voss all’inizio degli anni ’90 e poi i Lillayell a Pisa negli anni 2000, insieme a quello che contemporaneamente è diventato il batterista dei ben noti Zen Circus, che però nel nostro power trio si occupava di chitarre e voci.

Suonando da tanti anni, che differenze notate nella possibilità di suonare nei locali oggi rispetto a 20/30 anni fa? È più facile e/o quali sono le differenze invece?
Ivan: Dopo due anni di blocco forzato per la musica in generale, sembra che ci sia una grandissima voglia di live. Questo ci sta portando a vivere una “nuova era” in cui paradossalmente stiamo tornando a fare musica in tanti luoghi diversi, dalle sale concerto ai piccoli bar, dai club alle librerie, e la cosa bella è che ci sia una grande richiesta di musica inedita. Il panorama delle band emergenti è molto attivo e interessante, sarebbe sprecato non dare la possibilità a questi talenti di esibirsi davanti ad un pubblico per farsi conoscere ulteriormente. Per noi musicisti “di vecchia data” in parte è un bel ritorno al passato, quando si suonava live molto spesso e nei posti più disparati.
Vanni: Domanda complessa, difficile da risolvere nelle poche righe a disposizione. A rischio di essere scontato, la situazione è piuttosto complicata in quanto da troppi anni mancano i posti i cui gestori siano appassionati di musica e non solo commercianti il cui interesse è solo quello di vendere le birre per un pubblico generalista amante delle cover band. Sembra quasi si debbano elemosinare i concerti per i gruppi non allineati alla massa. Forse qualcosa sta cambiando ora che c’è molta fame di concerti, soprattutto dopo questi due maledetti anni di “quasi” stop. Ma siamo ben lontani dagli anni 80 e 90 in cui le situazioni venivano anche create in totale autogestione, pur di far suonare le band che meritavano di salire su un palco perché avevano qualcosa da dire. Vedremo…

INTERVISTA ORIGINARIAMENTE PUBBLICATA SU “IL QUOTIDIANO DI BARI” IL 25 MAGGIO 2022