Goad – La belle dame

Il 7 Maggio, per la My Kingdom Music, è stato pubblicato “La Belle Dame”, il nuovo lavoro discografico dei Goad, la storica band progressive rock toscana. Torna su Overthewall il fondatore, Maurilio Rossi!

Prima di parlare di “La Belle Dame”, questo il titolo del nuovo album, torniamo indietro nel tempo. Era il 1974 e nascevano i Goad. Ripercorriamo le tappe più importanti della band?
Dai primi concerti al liceo classico di Firenze al salto professionale del 1969, lunghi anni di gavetta suonando davvero tutto il possibile, dal liscio danzereccio delle balere e dei festival dell’Unità, inframezzati da concerti di cover dei Genesis e di tanti altri miti, Beatles, Cream etc. fino al lavoro con agenzie prestigiose, una su tutte quella Vega Star di Fernando Capecchi, tuttora attivissima anche se in altri settori molto più remunerativi . Poi i 10 anni consecutivi allo Space Electronic di Firenze, ogni sera, anche al pomeriggio la domenica! Sbaragliammo ogni concorrenza rimanendo band unica dal 1977 al 1986 e là ci vide Freddy Mercury, con proposta indecente di girare l’Europa e registrare a Salisburgo da G. Moroder, correva l’anno 1981… fui messo in minoranza e la banda rifiutò di fare quel gran salto. Di lì l’incontro con un produttore italo americano, Silvio Tancredi, che venne apposta per noi da New York con delle bobine e registrò una intera settimana di shows. Alla fine, contratto di registrazione e primo disco. Anche allora la band si disunì nelle scelte ed invece di registrare agli Electric Lady Land Studios finimmo per realizzare dischi a Bologna per la etichetta Emmegi Polygra. Alla fine di quegli anni burrascosi, operai la scelta definitiva e, dopo aver vinto una rassegna di gruppi toscani nel 1990, cominciai il lungo cammino dell’autoproduzione, con “Tribute to E.A.Poe” 1994, a cui seguirono mille tentativi con mille etichette. Mauro Moroni di Mellow Records ci pubblicò il disco “The Wood”, dedicato alle liriche di Lovecraft a cui seguirono i dischi prodotti da Black Widow di Genova (“In the House of the Dark Shining Dreams”, “Masquerade”, “Silent Moonchild”) e il nostro “Landor” autoprodotto e solo distribuito da BW. Nel mezzo la soddisfazione di una tesi di laurea su Goad discussa alla Università di letteratura americana di Torino da una fan, relatrice Daniela Fargione. Avemmo la gioia di conoscerle direttamente quando vennero ad un concerto Goad a Firenze nel 2009.

“La Belle Dame ” è ispirato alle opere di John Keats, poeta britannico tra i più significativi del Romanticismo. Da cosa è scaturita l’idea?
L’idea era da molto tempo fra i nostri progetti musicali e mi sembrò logica prosecuzione del lungo cammino volto a musicare i grandi poeti anglosassoni. In occasione dell’album “The Silent Moonchild”, opera basata su di un mio lungo racconto gotico, mi ero messo a leggere “La belle dame” di Keats e il tema del cavaliere innamorato perso di una leggiadra damigella, con tutto il corredo pittorico che ne fu alla base: pare un quadro di Tiziano…

Quali sono state le fasi di realizzazione dell’album?
Il voluminoso progetto su Keats iniziò a prendere forma mentre finivano i missaggi del “Landor”, 2018, e in capo a due anni ci siamo ritrovati con oltre 4 ore di musica e innumerevoli tracce, spesso realizzate in jam sessions con i fidati e storici membri della band, alternatisi nelle varie stesure. Il lavoro più duro è stato quello della scelta e organizzazione dei titoli.

Ci parli dell’artwork della copertina?
La copertina è il frutto di sedute fotografiche con la direzione Cristiana Peyla, già collaboratrice del “Venerdì” di Repubblica, e nel set allestito figurano le mie maschere di scena, spesso esibite su palco nei concerti. Francesco Palumbo, nostro produttore per My Kingdom Music, ha scelto quelle che ha ritenuto adatte all’artwork finale con nostra grande soddisfazione!

Cosa rappresenta quest’album per i Goad?
Per Goad, per me, è, o dovrebbe, essere l’album della svolta stilistica perché, a fronte dei giudizi sul nostro genere musicale presunto, non ci riteniamo una band prog, ma solo persone con tante idee musicali che realizziamo privilegiando l’uso degli strumenti, al netto di ogni manipolazione computeristica. In questo lavoro l’uso delle tracce registrate è stato minimale, chitarra, basso, due tastiere ,batteria, voci, usate in modo da far avvertire agli ascoltatori le mani, le dita degli esecutori e non i filtri o le timbriche da studio.

Il nuovo album segna l’inizio della tua collaborazione con l’etichetta discografica My Kingdom Music. So che state preparando altre novità, ci daresti qualche anticipazione?
Posso dirti che su Keats sono pronti altri due lavori completi e che il prossimo sarà il migliore possibile di Goad, mentre abbiamo finito i mixaggi del “Landor” versione live in studio, che speriamo presto di vedere su vinile per My Kingdom !

Diamo dei riferimenti ai nostri ascoltatori per seguire i Goad?
Seguite My kingdom Music sui suoi numerosi canali, seguite… Overthewall sulle radio e, se avete voglia e tempo, su youtube.com/goadprogband troverete cose molto insolite e molto particolari della banda Goad!

Grazie di essere stato con noi!
Grazie a Voi tutti e grazie a te Mirella!

Ascolta qui l’audio completo dell’intervista andata in onda il giorno 10 Maggio 2021

Goad – La musica delle sfere

Buona serata da Mirella, anche stasera diamo voce ai musicisti validi che popolano la scena musicale italiana, questa è la volta di Maurilio Rossi dei Goad.

Ciao Maurilio, i Goad sono la band fondata da te nel 1974, siamo nel periodo più fertile del progressive rock. Ci racconti gli inizi della tua carriera musicale?
I primi passi furono nell’ambito di feste e piccoli concerti del Liceo Classico che frequentavamo io e mio fratello, mentre studiavamo su strumenti da poche lire i dischi più belli dell’epoca… non esistevano spartiti e, se c’erano, erano quasi tutti sbagliati perfino negli accordi di base. Quindi tanto orecchio e puntina del giradischi su e giù nei punti critici! Per quanto mi concerne, ho passato notti intere a studiare i passaggi di Paul Mc Cartney e Jack Bruce dei Cream, ma anche tanti altri, poi i primi passi dal vivo con impresari e debiti per attrezzatura da portare a giro. Nel 1975 facemmo il Festival Nazionale dell’Unità a Firenze suonando tutto “Genesis Live” nel  pomeriggio e un repertorio di ballabili di ogni tipo alla sera. Era presente un certo Berlinguer…

Quali sono gli elementi che caratterizzano la tua musica?
Direi che soprattutto le sorprese armoniche che non ti aspetti, i cambi totali di atmosfera, siano le nostre peculiarità, senza un riferimento preciso a nulla di prestabilito. Piena libertà compositiva che equivale allo sperimentare l’ipnosi che la musica esercita se attivi il canale giusto di comunicazione con l’inspiegabile, come diceva Poe: la musica delle sfere!

Non credi che il progressive in questi anni abbia perso la sua vocazione progressiva e sperimentatrice?
Da moltissimo tempo! Secondo me da quando è stato coniato il termine stesso. Quando cataloghi qualcosa, quel “qualcosa” è già morto. Si sono gettati tutti a rodere un osso del  paleolitico, usando gli stessi codici, gli stessi timbri, strumenti, cambi di ritmo, in un insensato gioco a chi imita e riproduce meglio i  gruppi di riferimento – sempre i soliti,  fra l’altro – il punto è che non si accetta l’eretico, non si accetta l’originalità perché il confronto con il “differente” è insopportabile per gli imitatori. Ovvio che vi siano  fantastiche eccezioni, ma secondo me mancano le canzoni, il punto nevralgico negativo è che sembra che nessuno sia capace di cimentarsi con il  senso compiuto di un brano senza aver bisogno di mille frasi che si accavallano spezzettate in mille tempi ritmici diversi, ma è solo il mio punto di vista.

Nella tua musica c’è stato sempre uno stretto legame con la letteratura, credi che i testi siano un elemento imprescindibile nella tua proposta musicale?
Per me fare testi è sempre stato arduo, in italiano poi quasi impossibile, avendo suonato una vita soltanto per un pubblico straniero in massima parte anglofono. Io stesso ho vissuto all’estero usando solo questa lingua, nel mio accento italiano che non posso certo rinnegare! E allora ho scelto di musicare la poesia eterna, musicalissima, di certi autori, partendo da E.A.Poe e proseguendo per Lovecraft, E.Lee Masters, Landor e Keats, ma amo fare musica ad ampio spettro e adoro fare colonne sonore od opere soltanto strumentali. Ho tantissimi inediti che forse un giorno stamperò in copie limitate. Ho scritto io stesso tanti testi, come l’album “The Silent Moonchild”, basato su di un mio racconto gotico poi suddiviso in varie tracce. Per  il lavoro “In the House of the Dark shining Dreams” invece ho usato in larga parte testi di un autore che scrive di musica e cultura in genere, Luca Rimbotti.

Parliamo del presente: so che stai lavorando a un nuovo album. Puoi darci qualche anticipazione?
Certo! Si basa su testi lirici di John Keats e sta venendo fuori un’opera monumentale da sfrondare con accuratezza perché vi è materiale per quattro CD di un’ora ciascuno. Come sempre, ho suonato tutti gli strumenti che ho voluto usare, compresa la batteria, in attesa di interventi esterni di altri musicisti volenterosi. Ma in linea di principio ho ricercato la composizione e la esecuzione in stile live, come fosse eseguita da quattro o cinque musicisti in un piccolo locale di avanguardia oscuro  e con un pubblico in massima parte disattento o perso in pensieri propri, che beve e fuma e guarda nel vuoto. Ho immaginato questi musicisti perduti nel loro sogno tutto personale, senza futuro né ambizioni se non quello di esprimersi al meglio in ciò che fanno, attenti soltanto a ciò che i loro compagni su palco stanno suonando e tesi a enfatizzare i testi cantati. Quindi molto pianoforte, basso, chitarre acustiche ed elettriche quasi senza effetti, qualche colore orchestrale non ridondante e voce evocativa al massimo possibile…

Qual è l’errore nella tua carriera, se c’è stato, che eviteresti col senno di poi?
Il rifiuto della proposta di Freddy Mercury per tour europei e dischi a Salisburgo con Moroder nel 1981. Il motto “tutti per uno,uno per tutti” era soltanto mio, devo dire che fui tradito dai miei compagni di viaggio musicale di allora dopo un mese di trattative estenuanti e il tempo successivo confermò che avevo scelto male perché, della formazione originale, rimanemmo soltanto io e mio fratello che  però ha scelto la carriera di chirurgo, limitandosi al ruolo di membro aggiunto in qualche occasione soltanto..

Dove i nostri ascoltatori possono seguirti sul web
https://goadband.bandcamp.com
https://myspace.com/goad.art.rock/bio

Trascrizione dell’intervista rilasciata a Mirella Catena nel corso della puntata del 10 Agosto 2020 di agosto di Overthewall. Ascolta qui l’audio completo: