Massimo Villa – The shining book

Massimo Villa con il suo libro “Necrodeath. The shining book” (Arcana) va a colmare un vuoto inspiegabile della saggistica musicale italiana. I Necrodeath sono uno dei capisaldi del metal estremo e la loro storia non è condita solo di grandi album ma anche di aneddoti e storie che meritavano di essere raccontate.

Benvenuto Massimo, il tuo “The Shining Book” è uscito da pochissimo ma sta già ottenendo ottimi riscontri di vendite. Probabilmente eravamo in molti ad aspettare una biografia dei Necrodeath, ne avevi la percezione mentre ci lavoravi su?
Sono sempre stato convinto che dare spazio ad alcune band italiane che hanno fatto la storia di un genere musicale, come i Necrodeath, ad esempio, fosse molto importante la letteratura musicale italiana. Sarebbe stato un crimine continuare a non parlare di una band seminale e per giunta italiana, che ci invidiano in tutta Europa e che anche oltre oceano, come Phil Anselmo ci insegna, miete proseliti. Ho solo colmato un vuoto, spero nel miglior modo possibile.

Come ti spieghi il grande amore del pubblico italiano e non (citi un sacco di personaggi importanti della scena metal che hanno dichiarato apertamente di apprezzare i genovesi)?
È naturale, visto il percorso che hanno fatto i Necrodeath. Come dicevo, spesso siamo noi italiani a voler essere dannatamente esterofili, sempre e comunque, mentre il bello ce lo abbiamo già in casa. E la testimonianza di affetto di tanti addetti ai lavori lo testimonia, vedi membri dei Possessed, Venom, Voivod e tanti altri.

Invece, come hanno accolto i Necrodeath la notizia che stavi lavorando su una biografia a loro dedicata?
L’idea è stata condivisa da subito, prima con Peso e poi con gli altri. Io stavo già lavorando ad altre biografie che usciranno più avanti, e l’idea di scrivere anche quella dei Necrodeath c’è sempre stata. Penso che all’inizio Flegias fosse un po’ scettico ma si è ricreduto dopo averla letta! Penso che comunque siano tutti molto contenti del lavoro d’equipe (ci siamo sentiti per due mesi in streaming) che abbiamo fatto.

Da quali fonti hai attinto il materiale? Hai incontrato molte difficoltà nella ricostruzione di tutti gli eventi, magari soprattutto quelli relativi ai primi e più nebulosi giorni di vita della band?
Come detto, la fonte è stata la band. Mi hanno raccontato tutto loro, in ordine cronologico, compresi i vecchi membri come Claudio o John. GL poi aveva bene in mente tutta la progressione delle date live e ne abbiamo parlato diffusamente con tutti. Peso infine ha riletto tutto e ha approvato quanto scritto. È una biografia totalmente ufficiale, con il bene placido e la partecipazione attiva del gruppo.

Ci sono stati dei momenti in cui hai pensato, ma chi me lo ha fatto fare a buttarmi in questa avventura?
No, devo dire che è stato tutto molto divertente, sia ascoltare i ragazzi (un po’ meno sbobinarmi tutte le registrazioni!) che scrivere il libro in un modo che non fosse la classica biografia noiosa che riportasse esclusivamente dati e date. Penso di essere riuscito a renderla leggibile e simpatica anche per chi magari si approccia per la prima volta al mondo metal. È la storia di un gruppo di ragazzi, alla fine, con tante avventure e disavventure, durante più di trent’anni di metal.

Da un lato il biografo, dall’altro il fan. Non ti nascondo che molte volte ho percepito che questi due livelli in realtà fossero uno solo, quanto c’è di autobiografico in queste pagine?
Come detto, è la storia di noi tutti amanti del metal dalla metà degli anni ’80 ad adesso. Quindi anche della mia, attraverso i loro occhi. Da quando presi per la prima volta in mano il vinile di “Into the Macabre”, alla pandemia che ci impedì di presentare insieme “Neraka”. Penso che tutti quelli che hanno vissuto quegli anni ci si possano riconoscere.

Possiamo dividere la storia dei Necrodeath in due fasi, prima e dopo lo split momentaneo. La prima è quella più rapida e forse amata, la seconda più prolifera e continua. Secondo te qual è l’elemento che accomuna queste due ere e quale invece l’elemento di maggiore distacco tra il prima e il dopo?
I Necrodeath sono stati fedeli a loro stessi sia prima che dopo “la pausa di riflessione”. Hanno sempre perseguito il fine di fare quello che piaceva loro, senza seguire mode, anzi, creandole. Quindi direi che l’elemento che accomuna le due epoche è la coerenza. L’elemento di maggior distacco è dato dal fatto che dopo i tempi sono cambiati e la band ha potuto iniziare a programmare un’attività live che prima era impossibile, anche per lo scarso supporto delle case discografiche o perché i tempi non erano maturai per quel genere musicale. Da “Mater of All Evil” le cose sono cambiate molte da questo punto di vista, e il salire sul palco, dove sicuramente si esprimono al meglio, è diventato una parte consistente delle loro vite.

Dovendo fare una classifica, anche se parziale, dei dischi dei liguri, quali sono i tuoi preferiti e quali invece quelli che non ti convincono?
Guarda, cambio idea ogni cinque minuti, a testimoniare il fatto che tutti hanno qualcosa per cui vale la pena di ascoltarli o riscoprirli. Direi che i miei preferiti rimangono “Into the Macabre”, che ha dato il via a mille band black metal, che ne hanno tratto fonte d’ispirazione, “Black as Pitch, una sorta di trapano chirurgico che ti perfora senza sosta dall’inizio alla fine e “The Seven Deadly Sins”, che trovo assolutamente geniale. Non ho una lista dei più brutti, mi spiace!

Parliamo del tuo futuro, anche se immagino che tu oggi sia concentrato sulla promozione del libro, hai altri lavori in cantiere?
Sì! Ho un romanzo di fantascienza in arrivo all’inizio del 2022, e poi verso la metà del prossimo anno, un’altra importante biografia metal di una grandissima band italiana. Stay tuned!