I nostrani Abyssian dopo cinque anni dal precedente “Nibiruan Chronicles” tornano sulle scene con il secondo “Godly”, uscito per l’italiana Revalve Records. Scopriamone un po’ i particolari con Roberto, chitarrista e frontman della band…
Ciao Roberto e ben trovato al Raglio del Mulo, ti andrebbe per prima cosa fare un po’ di luce su quella che è la storia della band?
Ciao Luca e bentrovati tutti. Dunque, gli Abyssian nascono almeno come idea generale nel 2010, quando dopo un lungo periodo di assenza dalla scena musicale (parliamo del 1995 come ultima uscita discografica con la mia prima band, i Sinoath) ho sentito che era arrivato il momento di riprendere con qualcosa, da qualche parte. Lo spunto me lo diedero le mie letture del periodo, su argomenti come l’archeo-astronomia, le civiltà sommerse, le teorie sull’esistenza o meno di Atlantide, gli antichi alieni e argomenti simili. Gli Abyssian nascevano inizialmente come one man band, ma ben presto mi resi conto che per poter mettere tutto in pratica più facilmente, avevo bisogno di qualcuno con cui condividere e fissare idee e spunti. Così contattai Francesco (attivo anche con il suo progetto solista Svirnath) che tuttora si occupa della chitarra ritmica, delle partiture di tastiere e batteria elettronica. Nel 2014 realizzammo l’Ep The Realm of Commorion. Nel frattempo la formazione si allargò e si stabilizzò, includendo anche Vincenzo al basso e Riccardo alla batteria e nel 2016 per la Violet Nebula uscì il primo album “Nibiruan Chronicles”. Avere una formazione completa, fu davvero una cosa molto importante soprattutto per i live. Circa un anno dopo l’uscita del primo album, Riccardo venne sostituito da Daniele (ex Holy Martyr, e tuttora anche in forze nei Drakkar) col quale abbiamo poi lavorato a “Godly”, il secondo album uscito da poco in versione digitale per la Revalve Records, e previsto adesso in formato fisico sempre per la Violet Nebula.
Siete sulle scene da più di dieci anni che non sono pochi, ciò nonostante vorrei chiederti se prima degli Abyssian avete avuto delle precedenti esperienze musicali… Qual è il vostro “background”?
Come già detto, prima degli Abyssian, dal 1988 fino al 1995 ho fatto parte dei Sinoath, progetto musicale che è passato da un iniziale black/death a un death/doom, e poi a una sorta di dark/metal. Le mie esperienze musicali hanno quasi sempre rispecchiato ciò che ascoltavo all’epoca (e che tuttora ascolto), era il periodo dell’avvento del gothic/doom inglese, del death americano e svedese, e del black scandinavo, per cui quelle sonorità vissute come anteprime assolute, non potevano non influenzare le mie composizioni. Successivamente ho allargato gli ascolti anche ad altri ambiti come l’elettronica fredda o più calda, al jazz, l’ambient, la musica etnica, o al dark. E’ chiaro quindi, che la natura successiva dei brani sia stata contaminata dalle inclusioni più recenti. Essendo il più “anziano” della band, che io ricordi, sia Vincenzo che Francesco Abyssian a parte, al di là delle feste del liceo non hanno suonato (ride) mentre Daniele come già accennato, ha avuto diverse partecipazioni sulla scena più epic e power metal. Adoro il suo stile, tecnico ma al contempo granitico…
Quali sono le band che hanno da sempre ispirato le vostre composizioni?
Diverse e davvero tante. Alcune hanno avuto un’influenza più marcata sul sound, mentre altre ci vivono dentro attraverso qualche richiamo. Pink Floyd, Cure, Sisters of Mercy, tutto il Gothic/Doom inglese, i Type O Negative, i Beatles, Candlemass, Mercyful Fate, Dead Can Dance, Massive Attack, Depeche Mode, Radiohead, Aphex Twin, Bjork, la musica brasiliana, i Death. Potrei continuare davvero per molto tempo ancora…
Come pensi sia cambiato il vostro songwriting in questi anni? Quali sono secondo te le principali differenze tra il nuovo “Godly” e il precedente “Nibiruan Chronicles”?
Le differenze tra “Nibiruan Chronicles” e il recente “Godly”, si trovano soprattutto nel concetto e nell’intento. “Nibiruan” è una sorta di concept, un “documentario di viaggio” dei nostri ipotetici antenati dal Pianeta X (Nibiru appunto) a Tiamat, cioè l’attuale Terra. E’ pieno di gesta, luoghi, azioni e momenti storici ben precisi, come nel caso del brano “Zep Tepi,” cioè del Primo Tempo egizio, dove si presuppone siano vissuti gli Dei, o di No place for the heart, dove gli Anunnaki si ribellano alla schiavitù dei loro padroni Nephilim, e organizzano una rivolta. E ha una copertina “archeologica”. “Godly” è già dal titolo, qualcosa di più spirituale e devozionale. Inoltre segna un ipotetico proseguo del Culto Atavico e ancestrale, fin dentro al DNA di quello pre-Cristiano. La copertina questa volta, presenta un Angelo/Rettile. E’ la celebrazione del Dio Squamoso o Piumato, che ritrovi anche nei culti mesoamericani con Quetzalcoatl o in quelli nipponici dei misteriosi Jomon, nella versione indiana con Naga, o in quella egizia con Ankh-neteru. E’ interessante notare come tutte queste antiche civiltà celebrino lo stesso Dio e le sue stesse gesta, chiamandolo con nomi differenti. Tutti affermano che un giorno discese un Essere Superiore e fiammeggiante dal cielo, li istruì e decise poi stabilire il suo regno sulla Terra. In alcune varianti, di andare a risiedere poi nelle profondità marine, tornando di tanto in tanto per gestire correttamente l’operato degli uomini. Oannes, nella sua nomenclatura babilonese o Dagon in ebraico, era un Essere saggio, colto e giusto e non pretendeva nessuna Chiesa, né tributi. Lo so, ricorda abbastanza anche Cristo.
Immagino che anche il nome Abyssian tragga ispirazione dalle stesse tematiche, no?
Abyssian è un po’ una licenza poetica di “Abitante degli abissi”. Un Abissiano. Può anche avere l’identità di Oannes di cui ti ho già detto, ma può riallacciarsi perché no, a qualsiasi altra creazione. Anche immaginaria. Mi affascinava l’idea di questa identità abissale, terribile o meno. Ci puoi trovare tanto Lovecraft dentro, ma anche qualcosa di molto più impalpabile, tanto che Abyssian è anche un sinonimo inglese di Depression. Sono le profondità abissali, ma anche mentali.
Da cosa sono caratterizzati i vostri processi di composizione? Chi di voi partecipa alla fase di songwriting?
Beh, questo si riallaccia un po’ a tutto quello che ho descritto. Il mondo Abyssian è in buona sostanza qualcosa che, prima raggruppa spunti, idee, frasi, motivi, partiture ecc., poi elabora tutto, privilegiando sempre il tentativo di rendere ogni cosa più omogenea e immediata possibile. E, a volte, date le numerose influenze da cui provengono questi elementi, non risulta sempre un processo facile. Mi ritengo uno assolutamente innamorato della semplicità, fatta però di sintesi intelligente e cuore. Odio i fronzoli e in generale, le cose ostentate e inutilmente complicate. Io mi occupo del songwriting e della forma in generale, successivamente i brani vengono rifiniti insieme.
Come nascono i tuoi testi?
I testi, sono un po’ il nero su bianco di tutte quelle visioni che provo a formulare nella mia mente. Viaggi cosmici, scontri, luoghi mistici, mondi sotterranei o appartenenti alla sfera celeste, e così via. Ce ne sono di più solidi ed esteriori, altri invece più introspettivi e basati sul sentimento dell’animo, sui pensieri, sulla rabbia o sulla devozione. Certe liriche sono quasi la descrizione più pedissequa di eventi, momenti e individui reali e non; altre hanno una natura totalmente astratta, e di solito al genere di testo ne corrisponde anche l’intensità del brano.
Come definiresti il sound degli Abyssian?
Come flusso piuttosto intenso. Un Ambiente dove vuoi essere disposto ad entrare e uscire senza fretta. La natura di Abyssian in fondo è molto semplice, ma tuttavia ha bisogno di diversi ascolti e di una buona predisposizione per essere colta in pieno e nel complessivo. Ti arriva dopo. Alla fine.
Forse non è il momento più idoneo visto tutto quello che stiamo vivendo, ma state prendendo in considerazione l’eventualità di proporre i vostri nuovi brani dal vivo?
Ovvio che si… In realtà non vediamo l’ora (ride). C’è anche la setlist pronta. Questo dannato Covid ci ha tolto il momento migliore che si possa vivere dopo l’uscita dell’album, quello della condivisione con il pubblico. Vedere come chi ha ascoltato a casa i brani, li accolga davanti al palco. E’ qualcosa di magico. Impagabile. E’ lo scopo maggiore della musica. Nel nostro caso anzi, ti dirò che questa pandemia si è piazzata esattamente in mezzo al periodo delle registrazioni di “Godly, ritardandone maledettamente i tempi. E una volta pronto, ne abbiamo anche voluto tenere in stand by l’uscita, sperando che l’anno dopo fosse tutto risolto e poter agganciare l’uscita dell’album ai live. Ma purtroppo non è servito a nulla…
Ok Roberto, l’intervista è giunta ai titoli di coda, ti ringrazio nuovamente per la chiacchierata e auguro a te e agli Abyssian le migliori fortune, concludi pure come vuoi!
Ringrazio tanto te Luca, per la bella chiacchierata e la redazione del Raglio del Mulo per la disponibilità e l’attenzione verso di noi. Raccomanderei a tutti l’acquisto di “Godly”, che sebbene già in ascolto su tutte le piattaforme digitali, a brevissimo sarà disponibile anche in formato fisico, magari proprio mentre scrivo queste righe. Ma non lo farò… Mi verrebbe quindi da augurare le migliori fortune a tutto il panorama italiano underground, che è davvero un sottobosco stracolmo di chicche tutte da scoprire e invitare tutti, una volta finito tutto questo schifo, a farsi grandi scorpacciate di live perché ce n’è davvero bisogno, per il pubblico e per la musica di settore in generale. Abbiamo davvero tutti bisogno di salvarci con la musica. Adesso più che mai.
