A undici anni di distanza dalla raccolta finale “Ingrediente novus” Moltheni – al secolo Umberto Maria Giardini, cantautore dalla scrittura trasversale e sempre riconoscibile – ha pubblicato lo scorso Dicembre un nuovo album. “Senza Eredità” (La Tempesta Dischi / Fleisch Agency) rappresenta la chiusura di un cerchio, nonché l’ultimo capitolo di uno dei progetti più importanti del panorama indipendente italiano.
Ciao Umberto, benvenuto su Il Raglio del Mulo, premetto che è un grande piacere per me poter parlare di musica con te. “Senza Eredità” il disco del (non) ritorno di Moltheni è uscito da oltre un mese, che tipo di aspettative avevi a dieci anni dalla chiusura di quel capitolo?
Non avevo nessun tipo di aspettativa, speravo fosse un disco semplice apprezzato dal popolo di tanti affezionati al progetto Moltheni. I risultati, nonostante non abbiamo ancora ufficializzato ne un videoclip ne un tour, sono positivissimi sia in termini di critica degli addetti ai lavori che nei numeri riferiti alle vendite. Quando si lavora bene e con un esperienza acquisita che mette a fuoco il valore delle cose, è difficile produrre cose brutte.
“Ingrediente Novus” si chiudeva con il brano inedito “Per Carità di Stato” – personalmente lo considero tra i grandi capolavori della musica italiana – che fotografava perfettamente la situazione di quel periodo ma che trovo ancora tremendamente attuale, come la riscriveresti oggi?
Francamente non ne ho idea, poiché è una domanda che non riesco a pormi. Sono stato sempre attento alla vita di tutti noi e alle sue sfaccettature che inevitabilmente la complicano. Probabilmente oggi la scriverei diversa nella forma, ma non nei contenuti, che ahimè sono rimasti uguali se non peggiorati.
Da batterista, quando quel ragazzino che vediamo in copertina ha deciso che poteva anche essere un cantautore?
Quando mi sono reso conto che era molto difficile far capire agli altri come andavano scritte le canzoni che intendevo io. Ho sempre avuto una visione molto personale del modus operandi che applico al lavoro, per questo motivo le collaborazioni mi sono sempre andate strette. Detesto suonare la chitarra, ma sono stato obbligato ad imparare perché nessuno scriveva per me quello che volevo. Oggi avendo un giro di musicisti attorno a me molto in gamba, fatto di persone affidabili, tendo sempre di più a cantare e basta. Scrivo sempre tutto io usando la chitarra, ma poi delego lo strumento poiché sono annoiato.
Ricordo che l’ultima volta che abbiamo avuto modo di scambiare due parole (dopo un concerto all’Eremo Club di Molfetta) avevi con te “Badmotorfinger” dei Soundgarden – era da pochissimo morto Chris Cornell – secondo te che cosa è andato storto dopo gli anni ’90? E’ stato davvero l’ultimo periodo dove la musica era determinante nella società – all’estero ma anche in Italia – o è solo l’effetto nostalgia di chi ha ormai varcato la soglia dei quarant’anni?
La musica intesa come necessità e come costume integrante dell’ascoltatore giovane e meno giovane, ha smesso di esistere attorno al 2006. La colpa dell’annullamento è assolutamente dovuto alla rete. Le chitarre e gli strumenti che suonano veramente, sono passati sempre di più inosservati, e la tecnologia becera ha materializzato la possibilità di creare dischi senza la necessità reale di suonare. Di fatto (in Italia il fenomeno è dilagato) sono usciti miliardi di gruppi, cantautori, performer, la maggior parte ultra-scadenti che per ovvi motivi e di riflesso alla società affamata, sono diventati straconosciuti e adorati. Il saper suonare, cantare e scrivere testi applicati alla musica di spessore è diventato un valore aggiunto trascurabile. Tutto ciò che è scadente oggi piace. E’ accaduto questo…
Quanto è importante per te la psichedelia?
La psichedelia è stata per me fondamentale, anche dal fatto che me ne sono invaghito da giovane. E’ stata una porta che aprendosi mi ha dato la possibilità di vedere tutto sotto una prospettiva allargata e benevola. L’uso di droghe pesanti ha accentuato questa fase, ma graziato dalla sorte, frenando proprio nel momento in cui mi son trovato a scegliere se darci dentro o venirne fuori, ho scelto la vita frenando quel processo di autodistruzione che precludeva anche il plasmarmi con la musica psichedelica, che oramai era dentro di me.
In quasi tutti i tuoi dischi – di Moltheni ma anche UMG – c’è sempre stato spazio per un brano strumentale, cosa che ho sempre molto apprezzato e trovato caratterizzante (ho amato il progetto Pineda) in questo disco non ce ne sono, come mai?
In “Senza Eredità” non compaiono episodi strumentali solamente per la coincidenza che, nel materiale recuperato non vi erano brani senza testo. Ho sempre amato scrivere musica indipendentemente dalla voce cantata, questo perché suscita in me immagini straordinarie, che spesso vengono rovinate dalla parte vocale. Qualsiasi mio brano nasce strumentale, spesso mi capita di non sentir la necessità di scriverci un testo ed è così che lo lascio senza voce evitando di snaturarlo.
Ho sempre seguito con interesse il tuo approccio “vintage” nella strumentazione e nell’approccio alle registrazioni, hai mai pensato di dare un “vestito” più contaminato dall’elettronica alle tue composizioni?
Sì, ci ho pensato spesso, ma bisogna trovare anche persone capaci, e in Italia il gusto riferito alla musica elettronica è un po’ latitante.
Cosa stai ascoltando in questo periodo?
Ascolto dischi classici perlopiù di jazz. Chet Baker, Miles Davis, Coltrane, Thelonious Monk, Evans. Ascolto rock soprattutto mentre guido, spazio anche lì tra i miei amori che non abbandonerei nemmeno sotto tortura; Smiths, Echo & the Bunnymen, Lotus Eaters, Lloyd Cole and the Commotions, Housemartins, Roy Orbison, Elvis.
Negli ultimi anni sei passato dalle sonorità mature ed elettriche di UMG al disco con la band Stella Maris per tornare alle atmosfere più folk oriented di Moltheni, cosa dobbiamo aspettarci nell’immediato futuro?
Sto ultimando le registrazioni del nuovo album di Stella Maris che considero qualcosa di straordinario. Presumo che nella primavera inoltrata inizierò la pre-produzione del nuovo album di UMG, ma occorrerà ancora un po’ di tempo per regalargli vita vera. Nel frattempo produco cantautori sconosciuti e la cosa mi diverte molto.

Foto originale di copertina di Avida Dollars (@nsfilmphoto)