Chi si aspettava una versione dimessa degli Straight Opposition dopo lo split del 2018 e la conseguente lunga inattività, dovrà ricredersi. “Path of Separation” (Time To Kill Records \ Anubi Press) è un disco che non vive di ricordi, anzi mostra una formazione che, pur se rispettosa del proprio passato, vive con i piedi ben piantati nel presente e lo sguardo diretto verso il futuro…
Benvenuto Ivan, prima di concentrarci sul nuovo album, farei un piccolo salto indietro nel tempo: ti andrebbe di ricostruire gli anni successivi all’uscita del vostro precedente album, “TheFury From the Coast” del 2017?
Ciao! Certo! Appena uscito “The Fury From The Coast” ci siamo trovati nuovamente con diversi problemi di line up, risolti questi, abbiamo suonato in lungo e in largo per promuovere il disco con, in ultimo, un tour di tre settimane in giro per l’Europa che ha toccato Rep.Ceca, Lussemburgo, Belgio, Francia, Spagna e Italia. Personalmente, alla fine di questo tour avevo voglia di fare qualcosa di nuovo, così gli Straight si sono sciolti, e dalle ceneri sono nati i 217. Con i 217 andava tutto alla grande, ma poi è arrivato il Covid, che oltre farci perdere 18 concerti finali prima di entrare in studio, ha cambiato le vite lavorative degli altri membri portando la band ad una battuta d’arresto. Nel frattempo io e Luca Hc (membro storico della band che lasciò nel 2012 gli Straight) siamo stati molto in contatto pensando a nuova musica da fare insieme ad altre persone in Belgio, La spinta finale è arrivata a giugno 2021, quando Enrico Giannone della Time To Kill ci ha chiesto di fare un disco coi 217, visto che non poteva averci come Straight Opposition. Di converso, essendo i 217 impossibilitati a farlo, ho detto a Enrico che invece in pentola si stava muovendo una reunion Straight Opposition insieme a Luca e nuove persone (Flavio e Nicola) e che avremmo fatto un album. Il resto è storia: abbiamo cominciato a comporre a distanza, e da settembre in presenza (gli altri 3 vivono tutti in a Bruxelles ); tra novembre e dicembre siamo andati a Roma per registrare “The Path Of…”.
Il nuovo album si intitola “Path of Separation”, la parola separazione deve far preoccupare i vostri fan che da poco vi hanno ritrovato?
Col rientro di Luca abbiamo intrapreso un normale percorso di arricchimento delle composizioni e della nostra visione dell’hardcore, perciò è naturale non ripetere quanto fatto in passato evolvendo le canzoni verso nuovi lidi. Io penso che se qualcuno vuole sentire la band fare cose standard, può andare a rispolverare “Step By Step” o “The Fury From The Coast”. Se invece c’è la voglia di ascoltare qualcosa di nuovo, allora “The Path Of Separation” è il disco da macinare nello stereo, senza paura.
Il disco è uscito più o meno quando sull’Europa è riapparso lo spettro della guerra. Per una banda sempre socialmente impegnata come la vostra, questa combinazioni di eventi può assumere un significato simbolico?
Al di là del gran senso di frustrazione e di scoramento che stiamo provando in questi giorni nell’assistere inermi a quanto sta accadendo, non posso dire altro se non che la direzione tematica della band si è assestata sulla riflessione critica a proposito dello scontro dialettico tra singolo e apparato capitalistico sin dal demo 2004, quando le “All stars” del massacro in occidente erano Berlusconi, Bush e Putin. Eccoci di nuovo qui a combattere con i mostri. L’accumulo del capitale, inteso come detenzione di ricchezza e risorse nelle mani di pochi, diventa ancora più aggressivo in un momento in cui il Capitalismo classico è andato completamente in crisi sfociando apertamente nei più beceri e sanguinosi degli imperialismi contemporanei. Nel nostro piccolo, continueremo a diffondere concetti come “liberazione dell’individualità”, dell’individuo e della persona. Libertà nello scegliere ciò che si sente di essere, senza moralizzazioni religiose e patriarcali o gerarchie aziendali, sociali e familiari. Lo diciamo ai concerti, nei testi, nelle interviste. Partiamo da una base personalistica, da una riscoperta della soggettività più propria attualmente decostruita dagli apparati: combattere il leader che prima di tutto continua a negarci sotto forma di catene frasali.
Ne approfitto per chiederti, la vostra definizione di hardcore nel 2022: il significato e lo spirito di questo genere sono rimasti immutati oppure si sono adeguati ai tempi che viviamo?
Non sono in grado di rispondere: per me e per gli altri l’hardcore è uno stato mentale/attitudinale così come lo abbiamo vissuto negli anni 90. Sicuramente ci saranno stati dei cambiamenti, ed è anche giusto che sia così, ma per quanto ci riguarda, lo spirito rimane quello di un tempo. Lo spieghiamo bene in un pezzo del nuovo disco che si chiama “No Age To Xclaim”!
Torniamo al disco, le note promozionali che accompagnano il promo ne presentano il contenuto come “un mix tra una versione compressa di Integrity e Napalm Death senza blast beats”. Vi ritrovate in questa descrizione?
In effetti non è male. Il disco nuovo è davvero molto aggressivo e penso sia il perfetto punto di incontro tra fan degli Integrity e fan degli ultimi Napalm Death anche se, pur amandoli entrambi alla follia, non hanno influenzato minimamente il processo di scrittura per “The Path Of Separation”.
A quando risalgono i brani? Avevate già qualcosa nel cassetto o sono tutte creazioni recenti?
La composizione dei brani è iniziata immediatamente dopo la chiamata che ha visto protagonisti Enrico Giannone, Luca Hc e me. Era fine maggio 2021, da allora abbiamo cominciato a lavorare febbrilmente sui brani del disco partendo da zero. Non c’è nulla di datato, tutta roba fresca scritta durante l’estate.
Se non erro, ad oggi, avete estratto dal disco un paio di singoli: “Workstation Dead-Box” e “July019”. Come mai avete scelto proprio questi pezzi come biglietto da visita per tutto il disco?
Con precisione non ricordo il motivo per cui la scelta sia ricaduta su questi due brani, ma credo perché il primo da te citato mostra il lato più groove del disco, mentre il secondo quello più veloce, classico, da assalto frontale senza un domani.
Per una band come la vostra, che deve la propria fama soprattutto alle scorribande live, è importante avere dei video in rotazione?
In effetti il nome della band è cresciuto grazie alla nostra presenza live sin dal 2005, e a quell’epoca di avere video e cose di questo genere non se ne parlava nemmeno; tra l’altro non esisteva neanche Youtube, quindi direi che, almeno fino al 2008, ne abbiamo fatto a meno, e il nome è cresciuto lo stesso. I tempi attuali però, molto basati sulla forma/immagine, richiedono in effetti anche un supporto in immagini che, per quanto mi riguarda, cambiano poco la mia vita dato che i videoclip mi annoiano da morire. Se però questo può servire a diffondere e spingere la tua band è ok, ma credo ce ne siano troppi in rete, e alla fine uno nemmeno li guarda più di tanto. Tra l’altro, non vado pazzo per i video super rifiniti. Adoro le cose lasciate a caso, dove si avverte un certo senso di trascuratezza e improvvisazione. Non amo invece i video rifiniti, in cui la canzone gioca un ruolo secondario in favore dell’immagine. Amo ovviamente il cinema, ma questa è un’altra storia.
Credi che il conflitto in qualche modo possa condizionare un’eventuale tournée nell’Est Europa, territorio che in passato avete spesso bazzicato?
Il pericolo esiste eccome! Già nel 2008 abbiamo ricevuto aggressioni dai nazi di merda a Timisoara, durante un concerto, e poi minacce che hanno portato gli organizzatori ad annullare dei concerti in Ungheria, nel 2013, sempre grazie ai nazi locali che minacciavano di fare un macello. E gli episodi non sono finiti qui. Dunque immagino ora, con la drammatica virata a destra dell’Europa, quanti problemi potremmo avere, ma ci staremo attenti, non saranno quattro nazi di merda a fermarci.
