Partiti con l’intenzione di vederci solo un bel concerto, grazie ad alcune fortunate coincidenze, siamo riusciti a fare una bella chiacchierata con Omar Pedrini, deus ex machina dei Timoria. Questa volta è stato tutto perfetto, infatti Omar ci ha voluto ricevere nell’albergo dove il gruppo alloggiava chiedendo espressamente ai suoi collaboratori di far passare solo noi e nessun altro, rimandando indietro qualsiasi giornalista! Grandioso! Così, prima del live, il mio collega Roberto ed io ci siamo armati fino ai denti per affrontare questa nuova intervista, l’ultima forse di questa estate così fruttuosa. Arrivato Omar siamo subito partiti a raffica con le domande:
Paolo: Il gruppo degli anni 70 che maggiormente ti ha influenzato?
Omar: Sicuramente a livello internazionale sono due: Pink Floyd e The Who; poi in Italia la PFM e tutte le band del prog minore partendo dai Dick Dick, che erano allora ancor post-beat, arrivando al Banco Del Mutuo Soccorso passando per i Trip a Il Rovescio della Medaglia e soprattutto gli Area.
P: Cosa pensi del panorama della musica italiana, soprattutto dei gruppi che cominciano cantando in italiano?
O: Mah, diciamo che oggi non mi dispiace. Quando abbiamo cominciato tutti cantavano in inglese, per noi è stato giusto dare un significato italiano alla nostra musica, sottolineare il nostro orgoglio di essere italiani. Infatti, il nostro simbolo era la bandiera italiana fatta a cerchio come quella degli Who dall’aviazione inglese. Se dovessi cominciare nuovamente oggi, ammetto che fare italiano o in inglese sarebbe la stessa cosa. Poi io dentro di me ho l’anima del cantautore, quindi ci tengo che i miei testi vengano compresi a fondo. Dieci anni fa l’inglese non lo capiva nessuno, ora invece lo si impara alle elementari, mio figlio lo studia in seconda. Quindi penso che i tempi siano maturi anche per cantare in inglese, non farei più la distinzione che sentivo fortemente tempo fa. Poi è chiaro che se uno ha un forte istinto poetico, come me, sente la necessità di cantare in italiano. Se avessi una band dove mi interessa solo la musica, il feeling o il sound, canterei inglese; se invece dovessi fare cose mie cantautorali canterei in Italiano. Poi l’italiano è una lingua così generosa nella poesia e nella letteratura e rispetto all’inglese ti dà il 200% per la ricchezza di vocaboli, verbi, congiunzioni, non a caso deriva dal latino e dal greco. Timoria è una parola greca. Le radici sono le cose a cui tengo maggiormente.
P: A distanza di anni dal vostro debutto con San Remo come è stato il vostro ritorno?
O: Oh, il primo anno è stata una follia e anche una provocazione perché siamo stati il primo gruppo underground che è andato lì. Fu uno scandalo “I Timoria a San Remo hanno tradito il movimento!”, e noi invece abbiamo detto che sino a quando nessuno va là il rock italiano rimarrà un mondo di poveri, un ghetto! Noi andiamo lì e sentite la canzone che portiamo! Partecipammo con un brano tra i più difficili del nostro repertorio “L’Uomo Che Ride”, quindi poi tutti quanti ci hanno detto bravi, avete fatto bene e si è cominciato a parlare di noi, dei Litfiba, dei Diaframma, dei De Novo; i CCCP, che erano più vecchi di noi, che eravamo ragazzini. Abbiamo avuto la fortuna di fare il nostro primo album a 18 anni però anagraficamente come band siamo tra i più vecchi. Quest’anno invece a San Remo ci siamo andati in maniera calcolata più che altro non per la musica ma per far parlare di questo film, “Un Aldo Qualunque”, fatto con pochi soldi e molta energia e adesso c’è attesa, perché uscirà ad Ottobre, credo che lo debbano anche a noi.
P: Per quanto riguarda il futuro, come mai non avete ancora pubblicato un album live?
O: Vogliamo farlo quest’anno! Stiamo registrando tutto il tour e penso che uscirà a febbraio 2003. Il primo dopo 12 anni di storia!
P: Adesso, dopo un periodo di solisti, si sta assistendo a un ritorno in auge delle band Italiane: Afterhours, Timoria, Subsonica, Bluvertigo, Marlene Kuntz ecc. E’ un fenomeno che potrà durare o...
O: Per fortuna! Mah, guarda secondo me non c’è volontà nei media di far durare questo movimento! Ogni anno vedo arrivare i soliti gruppi dell’estate che scompaiono inesorabilmente. I Timoria durano perché credo che ci sia una grande volontà e serietà di fondo per quanto riguarda il nostro modo di lavorare. Investiamo molto su noi stessi. La colpa di tutto questo è dei giornalisti e delle case discografiche che sono abituate a lavorare sui singoli cantanti perché sono più facili da sfruttare. La band invece va curata, fatta crescere. Sai ogni volta che il gruppo si muove si è sempre in cinque o in otto, quindi viaggio, cena per almeno cinque, mentre con il cantante si spende solo un quinto. Poi una bella voce in Italia è più importante di un bel sound, mentre all’estero è il contrario. I giornalisti invece non hanno il coraggio di dedicare una bella copertina, ad esempio, ai Subsonica, ai Timoria, ai Bluvertigo (pace all’anima loro) a gruppi che hanno lavorato seriamente contribuendo notevolmente alla musica italiana. E invece la danno ancora a Britti, a Ligabue (che non se ne può più) a Jovanotti e a tutta sta gente. Invece il giornalista dovrebbe avere il potere di dire “non me ne frega dei tuoi 100 milioni e dedicare una bella copertina ai Subsonica perché fanno ogni volta 6000 persone ad ogni concerto ed hanno vinto due dischi d’oro, com’è successo ai Timoria, com’è successo a tutti i gruppi che hai citato tu. Io invito i nostri fans a scrivere lettere di protesta a MUSICA! Di Repubblica, al Corriere della Sera, alle riviste del settore che mettono sempre quei cazzi di gruppi inglesi o americani o comunque stranieri in copertina! C’è una realtà forte che fanno finta di non vedere e cosa aspettano che abbiamo quarant’anni per far parlare di noi che tra un po’ andiamo in pensione. Fortuna che c’è MTV o Radio DEEJAY che ogni tanto ti passa qualcuno di diverso, che poi anche loro ti trasmettono Ligabue venti volte al giorno ma bene o male MTV fa vedere un po’ tutti. Ma al telegiornale non sentirai mai parlare dei Subsonica o dei Timoria.
P:…o del Tora Tora!
O: Esatto che è una bellissima iniziativa!
P: E’ strano perché poi tutti questi gruppi non vanno mai in classifica ma i loro concerti sono seguitissimi...
O: Vero! Comunque vendono buone cifre, perché siamo tutti noi Afterhours, Subsonica. Non si può far finta di niente sarebbero quasi da denunciare. Mi parlano di altri che tutto sommato non è che vendano più di noi. Poi ci sono i fenomeni come Jovanotti e Ligabue che ormai hanno tutto in mano, è questione di denaro e di dollaroni sganciati.
Roberto: Mah, quando ho intervistato Manuel Agnelli, quest’ultimo ha accennato che sino a quando ci sarà nel mercato troppa musica di scarsa qualità non si considererà mai, come si dovrebbe, quella di valore…
O: Credo che Manuel sia stato un po’ drastico, lui secondo me vuole anche provocare. Però nel mondo del rock italiano ci sono almeno una decina di gruppi artisticamente importanti, almeno otto gruppi di qualità internazionale, seguiamo quelli. Certo, poi ogni anno le case discografiche fanno uscire quelle band di merda con le loro belle faccine che durano una stagione. Il suo Tora Tora!, di cui ha parlato prima, ospita almeno venti gruppi e sono tutti di qualità, io sono andato a vederli e posso confermarlo. Ha fatto un’ottima selezione Manuel. E’ chiaro i gruppi si possono sforzare sempre di più, ho visto i dischi di C.S.I. bellissimi che hanno venduto 10.000 e le copertine non le hanno avute, le radio non lo hanno mandato, allora dov’è la verità? “El Top Grand Hotel”, del quale un giornalista francese ha scritto che stato uno tra i più bei dischi europei del 2001 e che in Italia ha venduto 50.000 copie, ha preso il disco d’oro ma secondo me avrebbe dovuto vendere 300.000 copie se Ligabue ne vende 500.000, lo sforzo lo abbiamo fatto: c’è Ferlinghetti, che è l’ultimo poeta della Beat Generation. Il disco degli Afterhours ha venduto 30-40.000 copie, e non è un bel disco? Il problema è creare il mercato, poi la gente li compri questi dischi. Invece chi acquista non è il pubblico rock ma quello delle ragazzine! Questa è la verità. Le ragazzine non sanno cos’è il clandestino e dicono al loro papà di andarlo a comprare. Perché il pubblico rock spesso non ha i soldi: il rockettaro è difficile che stia bene economicamente, c’è da dire anche questo, non compra e così facciamo la fame. Noi durante i tour facciamo il pieno, 200.000 persone, Manuel fa il pieno e i Subsonica fanno quello che io e Manuel Agnelli facciamo durante i nostri concerti. E allora dove sono i dischi dei ragazzi che vengono a cantare le nostre canzoni?
P: Infine una domanda culinaria, cosa ne pensi della cucina pugliese…
O: Oh io la Puglia ce l’ho nel cuore, qui vicino a Locorotondo abbiamo tenuto il nostro primo concerto fuori dalla Lombardia. Gli amici mi hanno dedicato un trullo a Locorotondo, che il mio posto del cuore. Quindi conosco tutto quello che concerne la cucina, dei vostri rossi, alle cime di rapa, ai formaggi. Oggi ci sono anche i ragazzi di Locorotondo, la nostra amicizia antica!
Paolo Ormas (in collaborazione con Roberto Pellegrini)
Intervista originariamente pubblicata nel 2002 dalla fanzine cartacea The Vox nel numero di Settembre.