Antonio Polidori, in arte Tony Tears, è un personaggio che ha contribuito in modo importante alla creazione del mito della scena doom italica, sia con la creatura che porta il suo nome, sia con realtà quali Zess, Abysmal Grief, Soul Of Enoch ed Helden Rune. Il suo sound oscuro, pur rifacendosi alla lezione impartita decenni fa da Paul Chain, è sicuramente tra i più riconoscibili del darksound. In occasione della ormai imminente pubblicazione per la BloodRock Records del nuovo album “Pains”, abbiamo fatto con Antonio un lungo excursus sulla sua carriera, non tralasciando, ovviamente, neanche la prossima uscita…
Ciao Antonio, o preferisci che ti chiami Tony?
Ciao Giuseppe, è lo stesso, sono due nomi di un’anima.
C’è un momento preciso in cui Antonio Polidori diventa Tony Tears?
Sì, all’ età di 12 anni. Quando sentii il bisogno di esternare le mie sensazioni, se pur “acerbe”, sensazioni legate anche ad una bisnonna guaritrice di campagna (Strega).
Facciamo un balzo indietro nel tempo, qual è il tuo primo ricordo legato alla musica e quando, invece, hai imbracciato il tuo primo strumento?
Ricordo che da bambino mi spaventava l’ album “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd, ma era una droga. Lo mettevo sempre e ricordo che sono nato da un padre musicista e con vinili dei Pink Floyd, Iron Butterfly, Led Zeppelin ecc. La musica, e soprattutto il rock, hanno suonato in me fin dalla tenera età. Lo strumento me lo ricordo benissimo: fu la chitarra acustica a sei anni, se pur non sono mai stato un chitarrista acustico, passai all’ elettrica dopo qualche anno e poi alla tastiera.
A quando risale il tuo esordio in una vera e propria band?
Risale agli stessi Tony Tears, poiché la prima timida formazione, composta da amichetti dell’epoca, risale al 1989 (un anno dopo la fondazione degli Anthony Tears).
Prima di addentrarci nella tua discografia, mi soffermerei un attimo sul genere che hai proposto principalmente in questi anni, una musica oscura che si muove tra doom e darksound di scuola italiana: come mai hai scelto questa precisa, e ben definita, linea stilistica per le tue uscite?
In realtà le band che mi/ci piacevano (e mi/ci piacciono) e a cui ci ispiriamo, anche se erano orgogliosamente italiane (Death SS, Paul Chain, The Black, Goblin, ecc.), secondo noi proponevano heavy metal oscuro a 360°. Quindi, non ci accostammo al darksound italiano, e tanto meno al doom, con l’intenzione di esserne fossilizzati. La realtà è che in quel genere sentiamo esserci una totalità musicale che riscontriamo nel nostro modo di comporre. Ovviamente, però, abbiamo anche guardato all’estero, non solo in Italia, anche se il dark metal italiano non ha rivali. Nei Tony Tears Band prevale il dark metal (preferisco chiamarlo così), mentre nel “solista” prevale l’aspetto un po’ più tipicamente italiano vecchio stile, ma che poi in realtà sono sempre i Tony Tears (i due aspetti non sono divisi). La lieve differenza sta che mentre per la band c’è più un aspetto musicale anthem da presentare sul palco, il “solista” da libero sfogo realizzando gli album totalmente da solo o al massimo con il cantante storico David Krieg (o con sporadiche ospitate). Le canzoni del “solista” volendo possono essere suonate live anche dalla band. Sono la faccia della stessa medaglia. Anche se è la band ha ed avrà sempre la priorità.

La musica è l’aspetto principale e più evidente delle tua proposta, ma quanto conta la componente filosofica e religiosa?
Tanto! Non riesco a concepire un album dei Tony Tears se non vivo le mie esperienze. Non riuscirei mai ad essere ispirato solo nella musica, se prima non lo sono passando attraverso vicissitudini spirituali/esoteriche. Ogni uscita dei Tony Tears rappresenta delle vicissitudini sentite e le uscite seguono un filo logico.
La carriera discografica dei tuoi Tony Tears parte ufficialmente con “Fears And Sensations In The Claustophobic Mirror” e “The Reality Before All”, che ricordi hai di quelle uscite pionieristiche e di quel periodo della tua vita?
In realtà, la prima demo ufficiale risale all’ anno di fondazione 1988, si intitolava “Strane sensazioni”, seguita da “Luna nera” del 1989 ed altre demo degli anni ’90. Però, sì, il primo album con un po’ più di “pubblicità” e che incorona il tragitto Tony Tears è “Fears and Sensations …”. Ad oggi “Fears…” non lo rifarei, o meglio, curerei di più l’ aspetto sonoro. Ammetto che fu registrato maluccio, anche se è l’ unico album dei Tony Tears ad essere registrato così. Ciò nonostante è un disco che ha il suo perché sia sul lato compositivo che creativo, dove vi sono tantissime astuzie musicali (riscontrate anche dalla maggior parte dei nostri fan). D’altronde molte band hanno esordito con album non proprio perfetti nelle registrazioni, eppure , sono ritenuti dei capolavori. Mi viene in mente “Into the Macabre” dei Necrodeath (che adoro) secondo me registrato anche peggio di “Fears and Sensations…” eppure è il loro album d’esordio a cui siamo tutti affezionati. “The Reality Before All”, invece, suona dark/doom ma con atmosfere elettronic/rock. Strumentale e allucinato, fu un viaggio interiore dimostratosi poi profetico sulle brutture del mondo e di ciò che sarebbe diventato di li a poco. “The Reality…” fu uno degli album “solisti” che battezzò la linea/stile profetica dell’aspetto più solista, non è facile etichettarlo, ne sono molto orgoglioso.
Poi si passa alla coppia di album con la “V”, “Voci dal Passato” e “Vortice”, due dischi che probabilmente definiscono ulteriormente il tuo sound, rendendolo più maturo, ma che tra di loro poi non sono proprio così simili. Concordi con me?
Sì, assolutamente. “Voci dal passato” è un ottimo album a mio avviso, sia a livello musicale/compositivo che come qualità audio, anche se un po’ vecchio stile. Fu anche l’ ultimo dove utilizzai la mia voce, già in quegli anni non l’allenavo più e iniziava a non piacermi (nonostante i fan ne andassero matti). Forse l’ unica cosa che rifarei di “Voci del passato” è la mia voce, ma questo non vuol dire che sono insoddisfatto, tra l’ altro “Voci…” è l’ album più ristampato dei Tony Tears, è il nostro “Life and Death” anche per tematiche. “Vortice” è il “proseguo” di “The Reality…” però con più riff dark/doom e con il cantato del mio amico, e cantante storico dei Tony Tears, David Krieg. “Vortice” è un dark metal elettronico prog oscurissimo, forse uno dei più oscuri per certi versi. Quindi, sì, due album diversi ma c’è sempre una coerenza tra i due stili proposti negli anni dai Tony Tears, da un lato il metal da palco con la band, e dall’altro il metal contaminato dall’ elettronica oscura di Goblin, Antonius Rex e qualcosa di Klaus Schulze con assoli da guitar hero oscuro.
E’ arrivato il turno delle due uscite targate Minotauro Records – “Follow The Signs Of The Times” e “Demons Crawl At Your Side” – etichetta che ha ospitato le opere di uno dei tuoi miti, Paul Chain. Che mi dici di questi due dischi?
Da qui decisi che bisognava fare il salto definitivo; ovvero avere un sound ancora migliore e iniziare ad avere oltre un cantante vero anche musicisti stabili per tornare live non solo con le band in contesti diversi ma anche (e finalmente) con i Tony Tears. Per “Follow…” andammo in studio dal nostro amico Regen Graves che, oltre realizzare il master, si prestò a suonare batteria e basso. “Follow…” è molto roboante come produzione ma è fottutamente heavy dark e le composizioni sono sublimi così come le parti più da colonna sonora stile Goblin. “Demons…” è più misterioso e pieno di finezze tecniche, più “precisino” rispetto a “Follow”, anche se comunque ne ricalca alcuni aspetti. “Follow” è il viaggio di un medium che sente la diversità tra lui ed un mondo che non gli appartiene. “Demons…” è la percezione reale delle possessioni moderne, dei veri demoni e non dei demoni narrati dalla chiesa. Con Minotauro questi due album ci aiutarono a diffondere in maniera stabile la creatura Tony Tears, ne saremo sempre riconoscenti. La rottura con la stessa fu per situazioni un po’ ambigue ma non per colpa nostra, peccato perché era un bel sodalizio, anche se oggi siamo altrettanto soddisfatti. Comunque massimo rispetto per la Minotauro.
Possiamo definire “The Wail of the Elements” l’album più atipico dei Tony Tears?
Non saprei, il giudizio è sempre individuale. Effettivamente è quello più rock “normale”, quando lo riascolto ci sento assoli molto eleganti, forse anche troppo. Però è allo stesso tempo molto darksound. Non saprei definirlo, ma poi perché definirlo? Comunque è il primo album solista, registrato, mixato e prodotto da me nel mio studio personale ad avere un’ottima produzione (non inferiore a quelli della band negli studi).
Per il momento, ci fermiamo a “The Atlantean Afterlife (…Living Beyond)”, ultima uscita ufficiale: lo consideri il tuo disco migliore, o quantomeno, quello più maturo?
Assolutamente sì! E’ l’album consacrazione dei Tony Tears. Sia a livello filosofico testuale, sia a livello musicale (compositivo e audio): è il miglior album dei Tony Tears Band in assoluto!

Prima di proiettarci sul futuro, ti andrebbe di fare una carrellata veloce sulle tue altre pubblicazioni con Zess, Abysmal Grief, Soul Of Enoch, ecc ecc?
Zess è stata una bellissima esperienza che mi fece conoscere maggiormente e a cui devo molto, così come a Renato “Mercy” e a Diego Banchero. Abysmal Grief: oltre ad aver inciso “Black Mummy” nel primo tributo dei mitici Death SS, esiste una cassetta ufficiale dove ci sono altre track con me al basso. Con gli Abysmal oltre esserci da sempre una bella amicizia, c’è da sempre una grande empatia musicale, gli uni con gli altri. Soul Of Enoch è stato (con l’ album “Neo Locus”) un coronamento della vecchia amicizia tra me ed il cantante storico dei Tony Tears Band, ovvero David Krieg. Infatti, anche se “Neo Locus” è del 2013 la maggior parte delle canzoni sono nostre vecchie song degli anni ’90 risuonate e riarranggiante meglio per l’ occasione. Tra l’altro non sono le uniche cose incise negli anni ’90 da me e Krieg che, come coppia chitarra/voce, penso di poter dire che siamo stati secondi in Italia solo alla coppia Sylvester/Chain. Comunque “Neo Locus” è un album di cui andiamo entrambi fieri. Vorrei citare anche l’ album con gli Helden Rune, che è stato il primo disco di gothic rock Italiano nel vero senso della parola. Un’esperienza che è rimasta nel mio cuore e nel cuore di molti fan.
Eccoci arrivati a “Pains”, disco che ho avuto modo di ascoltare in anteprima e che ho trovato grandioso. Non vedo l’ora di avere tra le mani la versione definitiva. Ti va di anticipare qualcosa ai nostri lettori?
“Pains”, come si intuisce dal titolo, è stato realizzato in un periodo della mia vita molto doloroso. Appena dopo l’ondata peggiore del covid, persi il lavoro, caddi in una specie di depressione (fortunatamente in forma lieve e presa in tempo), dimagrii anche abbastanza. Ero avvilito, non so nemmeno io per che cosa precisamente, piangevo fisso (non mi vergogno a dirlo. Oltre queste cose, la causa del mio “Pains” furono altre questioni non di minore importanza. Fortunatamente, l’amore per la musica, l’arte e i pochi amici mi aiutarono a superare questa fase. Ma il fatto “strano” fu che mentre “uscivo” piano piano da quella situazione, intuivo che le Entità/Energie, che mi circolavano attorno, stavano trasmettendomi qualcosa (tanto per cambiare). Sentivo che una guerra sarebbe iniziata e che avrebbe fatto diversi morti, ovviamente mi riferisco al conflitto in Ucraina. Non è un caso che la maschera da me utilizzata per le grafiche di “Pains” sia simile a quella per coprirsi le vie respiratorie (covid), però fatta di filo spinato, simbolo dei confini territoriali nelle guerre. Questi sono solo alcuni aspetti dei tanti segni arrivatemi. Questi dialoghi, segni, e altro tra me e certe Entità sono una costante nella mia vita e non ci posso fare niente. Per quello che riguarda la musica, “Pains” è un “ritorno” al darksound più tradizionale italiano, fortemente influenzato da Antonius Rex e Goblin, ma con una serie di riff più tirati che a tratti sfiorano il simil thrash dei Requiem e/o dei Death SS più duri. Infatti, è l’ ennesimo disco “diverso”, qui più incazzato. Non ce la faccio più a vedere le cose nel mondo che vanno come stanno andando e ho voluto tirare fuori tutta la “rabbia” che avevo. Forse non l’ho tirata fuori nemmeno tutta. Ho cercato di unire il darksound tradizionale ad un heavy più tirato comunque sempre oscuro. In “Pains” sono tornato dopo anni alla voce, cercando di curarla e di migliorarla il più possibile, sia nel recitato, infatti ho più recitato/declamato che cantato, sia nel cantato. Credo (spero) di esserci riuscito. L’ unica pecca (ma non è colpa mia) è che purtroppo questo album deve ancora uscire ed è fortemente in ritardo, peccato.
Al di là del nuovo disco, altri progetti all’orizzonte?
Stiamo lavorando e siamo già entrati in studio per alcune parti del nuovo dei Tony Tears Band (“Pains” fa parte più del “solista”), e posso dire che sarà un ulteriore passo avanti a “The Atlantean Afterlife”, anche grazie all’ ingresso in band del nuovo batterista Gianni “Coroner” Queirolo (batterista degli amici Damnation Gallery) , un vero mostro di bravura, tecnica e gusto. Sarà molto particolare a livello esoterico, poiché realizzato con un potente Mago/Esoterista, con il quale stiamo facendo combinare musica ed altro per la sua uscita. Sarà una “Pietra Filosofale”. Oltre questo, c’è il ritorno dei Soul Of Enoch che sarà un po’ più gothic metal \ new wave abbinato al darksound (io e Krieg vorremmo orientare più verso questo stile i Soul Of Enoch). Infine, sto cercando di portare a termine il nostro, mio e di David, “The Story Of…”, con varie cose inedite che vanno dai primissimi anni ’90 fino alla fine dei suddetti (unico periodo rimasto un po’ scoperto discograficamente eccezion fatta per “Neo Locus”). Ci sarebbe anche il disco solista di Sandra Silver, storica vocalist ex Paul Chain e seconda voce ufficiale dei Tony Tears, però l’album in questione dipende molto da lei (la musica è pronta). Ovviamente, a partire dal 10 giugno all’ Angelo Azzurro (Genova) si torna a suonare dal vivo, sperando di dare un seguito a questa data.
