Anuseye – La perfezione del numero 3 33 333

Nell’Anus Domini 1994, mentre ascoltavo “Jar of Flies”, “Superunknow”, “Vitalogy”, qui nell’assolata Bari qualcun altro rompeva gli indugi e pubblicava il primo EP stoner in Italia con il nome di That’s All Folks. Dopo la pubblicazione di due EP, due Split e due album, l’avventura con i That’s All Folks subisce una frenata. Dalle sue ceneri il deus ex machina Claudio Colaianni fa nascere il nuovo progetto Anuseye con cui pubblica ad oggi uno split e ben tre album. Ho conosciuto Claudio al Festival della Go Down all’Eremo di Molfetta. Per me è stato amore a prima vista (forse per lui meno) ed ogni volta che suonano faccio il possibile per partecipare ad una loro perfomance.

Ciao Claudio, partendo da questa mia dichiarazione anche quest’anno, nonostante la situazione pandemica, abbiamo avuto modo di incontrarci all’UnderZone a Bari e godere della vostra musica. Vorrei cominciare dalla presentazione della band e del vostro ultimo lavoro “3:33 333”.
Innanzitutto vorrei ringraziarti e ricambiare la tua dichiarazione. Visti i tanti cambi di formazione comincio ad intendere Anuseye quasi come un collettivo, che ingloba musicisti del nostro territorio abbastanza coraggiosi da voler espandere le proprie capacità tecniche-cognitive-creative in mia compagnia. Attualmente, e spero per un po’, Anuseye è: Claudio Colaianni, voce/chitarra, Stefano Pomponio, chitarre, Giovanni D’Elia, basso, Cosimo Armenio, batteria. L’ultimo album “3:33 333”, edito da Vincebus Eruptum Recordings in solo formato vinile, è uscito poco più di un anno fa, con la sola variante di Damiano Ceglie alla batteria. Gli album non si possono raccontare, vanno ascoltati.

Quanto è importante in questo momento trovare spazi e nuove soluzioni per i live. Fondamento anche per il potere taumaturgico che la musica regala in questi momenti?
E’ fondamentale! Dovrei rispondere con una domanda: secondo te, o i lettori, come fa una band piccola come la nostra a divulgare il proprio verbo, la propria musica, il proprio prodotto? Non c’è abbastanza spinta, promozione, distribuzione dietro di noi, e le piattaforme digitali aiutano sino ad un certo punto e fortemente legate agli aspetti di cui sopra; ti faccio un banale esempio: leggi un sacco di notizie circa il riaffermarsi del vinile sul digitale e sembra quasi si stia ritornando al ’68, ma quanti credi posseggano un giradischi nel nostro paese? E da qui ti chiedo: quanti di questi credi vogliano ascoltare Anuseye “alla cieca”? E senza promoter, quanti concerti credi riusciamo a piazzare in un anno? (Tralasciando quest’ultimo tremendo periodo…).

Come pioniere in Italia dello stoner e leader di due band importanti nel panorama, vorresti parlarci della tua vision su come si evolverà questo genere?
Quanto non sopporto questo termine, sebbene capisca le necessità di “etichettare” un genere. Si è già evoluto, in termini numerici ma non qualitativi. Se prima intendevi stoner una band che usava un fuzz pedal suonato col pickup al manico, adesso la intendi rallentata all’esasperazione, col solito fuzz pedal, ancora più sabbath, sempre più metal e con un dark, witch, wizard, spell, black, weed, doom, void, death/dead nel nome a dare l’idea di coglioni e volume esasperato nel loro sound… eppure, al momento, l’unica band che ha rischiato di lesionarmi i timpani si chiama “cigni”…

Quali sono le tematiche che affrontate e ciò che vi ispira?
Tutte quelle interessanti: vita, morte, terra, fuoco, aria, acqua, amore, odio…’sta roba qui.

Lo scorso anno ci siamo incontrati al DesertFest di Berlino, in un successivo vostro live (“ATIPICI Music Fest”) mi hai chiesto quale fosse l’artista che più mi avesse colpito. Anche per te è stato Wovenhand, io lo ascoltavo per la prima volta. Pertanto dimmi dei tuoi artisti preferiti e di riferimento? A me e credo capiti anche a te, ogni volta che li ascolti è come se fosse la prima, come se ti regalassero nuove sensazioni, nuovi suoni, nuove scoperte.
Sì, ricordo, ed è una domanda legata alla precedente: se hai notato il Desert Fest è un festival prevalentemente metal, dove includono, in questo calderone, tutti i gruppi considerati stoner”, molti dei quali considero orribili (personalmente, sia chiaro…), e dove solo la presenza di un paio di “fuoriclasse” ti salva l’esperienza vissuta. Non è un caso che i più “diversi” siano risultati anche i più seguiti, non credi? Wovenhand, All Them Witches, Kikagaku Moyo, OM, Earthless…non sono stati i più interessanti? 5 su 50 è preoccupante.

Di recente avete cambiato il vostro batterista. Queste possono anche occasioni per immaginare nuove direzioni. Sfruttare l’ingresso di un nuovo membro per testare capacità, anche le proprie, nuovi schemi.  Da questo puoi anticiparci cose nuove, un nuovo lavoro?
Assolutamente sì. Ogni membro di Anuseye, sia in passato che attualmente, ha apportato la sua esperienza e la sua creatività nella stesura di nuovi brani. Sì, abbiamo molte idee, le realizzeremo credo entro l’inizio del nuovo anno, e ti anticipo che sarà un concept…

Il mercato musicale ci stava abituando ad una sua stagnazione vuoi per genere, vuoi per contenuti. Le piattaforme digitali musicali sembrava stessero ammazzando il mercato ma invece gli hanno dato nuovo slancio. Tant’è vero che la RRIAA (la nostra SIAE negli USA) ha di recedente pubblicato i dati delle vendite dove vede il vinile superare il CD. Il genere stoner o heavy-psych ha da sempre pubblicato su formato 33 e 45 giri. Il vostro ultimo lavoro è presente su Spotify mentre i precedenti su Bandcamp, che personalmente ritengo più efficace in termini anche di vendite e di relazione con l’ascoltatore. Credi che le piattaforme saranno sempre più vicine all’ascoltatore o al musicista? E il vinile avvicinerà sempre di più i “consumatori” alla famiglia del rock?
Posso solo aggiungere, a quello che ti dicevo prima, che effettivamente Bandcamp è una buona piattaforma.

Una gran bella serata è stata la reunion dei “That’s All Folks”. Quel progetto è da considerarsi un gran bel punto di partenza o riprenderete il cammino?
Ah, non saprei per la verità. Bisogna fare i conti anche con l’età che avanza e il tempo a disposizione, che non è tanto. Di sicuro suonare è molto divertente e da un senso a tutto quello che mi circonda.

La nostra regione oggi, nonostante il COVID-19, è sulla bocca di tutti, forse più dell’Italia stessa. A Bari negli anni ’90, quando il vostro, il tuo percorso da musicista cominciava si faceva fatica ad emergere ciò nonostante siete riusciti a ritagliarvi il giusto spazio nel panorama musicale. Capacità, trucchi del mestiere. Parlaci del tuo punto di vista.
Guarda, ho sempre risposto a domande del genere in controtendenza, mi spiego: in passato c’era sicuramente meno spazio per la musica live, sia in termini logistici che promozionali, ma vi era una genuinità ed una voglia di live music e di curiosità da rendere i concerti veri e propri “eventi culturali e di aggregazione”. Ho costruito dei legami indistruttibili in quei periodi anche solo con incontri durati mezza giornata. Oggi ci sono eventi ogni settimana, il venerdì, nei soliti 3/4 locali, tutti perfetti per storie Instagram e post Facebook, e se mai ti dovesse capitare la voglia di vedere un gruppo di amici, quale scegli? Non voglio essere frainteso, però, la voglia di aggregazione e comunicazione la vedi, la percepisci, ma non si vive in un’epoca congeniale a questo tipo di “soddisfacimento” umano, il contesto sociale e comunicativo non rende giustizia alla curiosità umana.

Spero sia stata un’occasione piacevole e sicuramente avrò dimenticato di approfondire qualcosa. Pertanto con cedo volentieri a te spazio per le conclusioni.
E’ sempre un piacere poter condividere con te le mie considerazioni su un aspetto di estrema importanza della mia vita, la musica. Colgo l’occasione per farvi i complimenti, ho trovato Il Raglio del Mulo molto ben curato e soprattutto molto “plurale” nei suoi articoli. Posso solo ringraziarvi per averci dato l’opportunità di farne parte.

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