I Caravaggio si contraddistinguono per la presenza nella propria line-up di membri degli Adramelch, band che ha legato indissolubilmente il proprio nome alla storia del metal tricolore. Pur se con alcuni elementi in comune con la storica realtà che ha dato le stampe “Irae Melanox”, i Caravaggio si presentano come una realtà molto variegata che, partendo da una matrice hard-prog, assimila nel proprio disco omonimo di esordio le sonorità più disparate del bacino mediterraneo.
Benvenuti, direi di partire ripercorrendo le tappe che vi hanno portato dagli Adramelch alla creazione dei Caravaggio…
Vittorio: Adramelch e Caravaggio sono due storie molto diverse tra di loro. Conosco Fabio da quando fui cantante ospite sul demo degli Anathema, band milanese, di cui Fabio faceva parte, fine anni 80, primi 90. E stimandolo come persona e come musicista, quando si riformarono gli Adramelch agli inizi del millennio, nonostante soprattutto all’epoca il “chitarrista metal” non fosse un esemplare raro, lui fu il primo che invitai a provare, e le cose effettivamente andarono subito benissimo, sia umanamente che musicalmente. I Caravaggio nascono prima della fine degli Adramelch, anche se con nomi diversi, inizialmente come progetto a due, poi allargato a quattro. E’ da allora che lavoriamo insieme e i primi brani nascevano proprio in quei giorni, anche se la versione che ascoltate oggi è davvero molto lontana da quella degli inizi.
Come mai avete scelto proprio Caravaggio come nome per la band?
Fabio: Spesso si ha l’impressione che le band italiane che si affacciano all’estero cerchino di emulare i colleghi americani e europei. Noi vorremmo ribaltare questa prospettiva. Invece di nascondere la nostra provenienza mediterranea, la evidenziamo facendone un elemento distintivo. Anche a partire dalla scelta del nome! Caravaggio è stato un artista incredibile, talentuoso e irrequieto, come una rockstar ante-litteram. E, in quanto milanese, rappresenta anche la nostra collocazione geografica.
Vittorio: E la musica risente come è naturale, molto pesantemente di questa scelta. I suoni le melodie e la strumentazione utilizzata richiamano proprio la mediterraneità che desideriamo ostentare.
Quali sono gli elementi tipicamente Adramelch presenti nel sound dei Caravaggio?
Vittorio: Questa è una domanda difficile, Giuseppe, ma forse la risposta più onesta è quella più immediata: gli elementi Adramelch siamo proprio noi. Capisco che suoni un po’ come una auto incensazione ma che la voce, con il suo timbro, la sua pronuncia, la sua estensione siano un tratto distintivo di una band credo sia un’affermazione condivisibile anche dai non cantanti, no? Ascoltando un brano nuovo, riconosciamo con certezza la band, quando entra la voce – bella o brutta che sia. Quanto a Fabio, beh, le differenze tra Adramelch Mark I (“Irae Melanox”) ed Adramelch Mark II (da “Broken History” in poi) credo siano dovute in larga parte al suo apporto in fase di arrangiamento. Il marchio di fabbrica degli Adramelch, resta il songwriting di Gianluca, ma la crescita netta che si ascolta nel Mark II, è merito della mano di Fabio e quel talento, quella vena, nei Caravaggio trova piena realizzazione in quanto si applica a (bellissime) song create da lui stesso – e poi arricchite dalla band, naturalmente
Viceversa, quali sono gli elementi che contraddistinguono in modo univoco questa nuova creatura?
Fabio: Dal punto di vista della scrittura dei brani ne individuo due. Prima di tutto credo che i Caravaggio siano contraddistinti dalla predominanza della melodia. Anche se utilizziamo tempi dispari o cambi di tempo, oppure accordi inconsueti, tutto è al servizio delle linee melodiche, soprattutto della voce. L’attenzione dell’ascoltatore non viene catturata dal fatto che stiamo suonando in 5/4 o in 7/8, perché la melodia scorre in maniera naturale, senza sbalzi. L’altro importante elemento è la presenza di suoni che non ti aspetti da una rock band: fisarmonica, mandolino, bouzouki, nacchere, scacciapensieri, flauto, tante percussioni diverse… La mia speranza è che, col tempo, i Caravaggio possano essere riconosciuti anche per lo stile dei singoli musicisti, a partire dal timbro unico della voce di Vittorio.
Nei Caravaggio troviamo, oltre ai due ex Adramelch anche altri due musicisti, vi andrebbe di presentarli?
Vittorio: Molto volentieri. Andiamo in ordine temporale: Marco, il bassista, è amico di Fabio da moltissimi anni ed è stato suo sodale in diverse band, suonando i generi più diversi. Fabio negli anni mi ha parlato di Marco innumerevoli volte, lodandone tecnica e sensibilità, ma prima dei Caravaggio non c’era mai stata occasione di suonare insieme, ma neanche di vederlo all’opera. In questo senso devo dire cha la prima sala prova con Marco è stata davvero mindblowing, ma quello che Marco è riuscito a costruire poi sui nostri brani, l’apporto che ha dato ad ogni singolo brano è andato ancora oltre. Marco ha una tecnica davvero notevole, ma di musicisti tecnicamente preparati ce ne sono molti, lui invece alla tecnica unisce una sensibilità ed una capacità di mettersi al servizio della musica, davvero rarissime. Sono convinto che musicalmente Marco abbia pochi “competitor”. Sono davvero molto felice di poter cantare con lui. Alessio è il più giovane della band. Suonava in un gruppo metal di un amico a cui ho chiesto “il permesso” di contattarlo. Alessio ha una testa pazzesca. Proviene dal metal più estremo, ma ascolta e suona di tutto dal jazz al prog passando per blues, rock… è un didatta appassionato, che si dedica anima e corpo al suo lavoro e che desidera più di ogni altra cosa trasmettere la passione per la musica ai suoi allievi. Nella band si è inserito – nonostante il gap generazionale – perfettamente, proprio grazie a questo approccio aperto ad ogni possibile contaminazione. E’ propositivo e proattivo ma sa anche ascoltare e come tutti noi mette la riuscita della musica al primo posto, tralasciando ogni vuoto personalismo. Che dire? Siamo davvero molto fortunati! E se sulla formazione posso aggiungere una cosa, dico che un fisarmonicista fisso in organico sarebbe una gran cosa. Per la registrazione del nostro album abbiamo avuto la fortuna e l’onore di avere tre ospiti di alto lignaggio (Nadio Marenco, Carmine Turilli e Mauro Poeda) che hanno impreziosito i nostri brani con la loro arte… ma un musicista che entra in organico e che collabora anche alla creazione dei brani e al loro arrangiamento è un’altra cosa. Fino ad oggi le ricerche sono state vane ma se tra i vostri lettori dovesse esserci qualche candidato, saremo felicissimi di incontrarlo!
Il booklet del disco è molto curato ed è arricchito da delle meravigliose illustrazioni, chi è l’autore e cosa rappresentano?
Fabio: Abbiamo avuto la fortuna di poter utilizzare, fin dai primi singoli, le opere del pittore Gianfranco Ferlazzo, amico di lunga data di Vittorio. Da subito il suo stile, così dinamico, colorato e moderno, ci è sembrato perfetto per rappresentare la nostra musica. All’interno del corposo booklet del cd abbiamo abbinato una sua opera ad ogni canzone, in base al significato del testo. Porteremo avanti questa collaborazione anche per gli album futuri. Personalmente ho sempre apprezzato la scelta di band come Yes, Molly Hatchet o Iron Maiden di collaborare in maniera continuativa con lo stesso artista, così da avere una certa coerenza estetica.
Il disco è ricco di suggestioni mediterranee, in particolare spagnole, a cosa sono dovute queste particolari sonorità?
Fabio: Sono da sempre attratto dalla musica tradizionale di tante aree geografiche. Allo stesso tempo sono molto deluso quando il rock diventa prevedibile, quando utilizza dei cliché. Quindi per me è molto naturale contaminare la musica rock con elementi di tradizioni apparentemente lontane. L’influenza spagnola a cui ti riferisci è presente soprattutto nel brano Guernica. Una buona parte della storia raccontata in Guernica si svolge in Spagna durante la guerra civile del 1936-39, quindi ho cercato fin dall’inizio di comporre pensando al flamenco o al celebre “Bolero” di Maurice Ravel. Il successivo inserimento della fisarmonica e delle nacchere ha esaltato le suggestioni iberiche…
Vittorio: Trovo davvero che queste contaminazioni, che come a me pare del tutto evidente sono nate insieme alla musica stessa, contribuiscano in maniera importante alla riconoscibilità del sound. Trovo straniante e coinvolgente ad esempio che l’opener “Before My Eyes”, che pur ospitando fin dall’inizio percussioni e suoni poco consueti nel rock, dopo un break di atmosfera veda l’ingresso della fisarmonica che piazza un solo stellare che poi conduce a un bridge decisamente hard rock (che a me ricorda molto un brano degli Anathema, presente nel demo che menzionavo all’inizio)… Una caratteristica di molti brani del nostro album è probabilmente proprio l’imprevedibilità. Mica poco per una band che fa musica rock, no?
In generale, come descrivereste il vostro sound?
Fabio: Vediamo… Oltre al progressive storico e al neo-prog, c’è sicuramente l’hard rock classico, ma anche influenze che derivano dal pop degli anni 80 e dalla musica tradizionale italiana, spagnola e nord-africana. La sintesi più efficace può essere questa: mediterranean-progressive-rock!
In chiusura, avete già delle date in programma?
Vittorio: Purtroppo ancora no. Abbiamo diversi contatti con festival internazionali specializzati in Progressive, ma inevitabilmente si tratta di possibili partecipazioni alle edizioni future… Siamo davvero entusiasti del fatto che i primi riscontri della stampa di settore siano stati così buoni e ci auguriamo che questo porti qualche data e soprattutto interesse per la nostra musica.
