Shores Of Null – The loss of beauty

Nelle tradizionali classifiche di fine 2023 redatte dalle riviste specializzate e dagli amanti delle sonorità più oscure, spesso compare il titolo dell’ultimo album degli Shores Of Null, “The Loss of Beauty” (Spikerot Records). Abbiamo contattato il cantante della band, Davide Straccione, per fare il punto della situazione: siamo partiti dal precedente “Beyond the Shores (On Death and Dying)”, poi siamo passati a “The Loss of Beauty” e, infine, ci siamo proiettati sulle prossime mosse live del gruppo…

Bentornato Davide, la nostra ultima chiacchierata risale al novembre del 2020, era da poco uscito “Beyond the Shores (On Death and Dying)”, lavoro con un’unica composizione di 38 minuti. Col senno di poi, possiamo parlare di esperimento riuscito oppure oggi non rifareste la scelta di pubblicare un disco del genere?
Ciao, è bello essere di nuovo qui, grazie per l’opportunità! Ad oltre tre anni da quella intervista, posso affermare con sicurezza che “Beyond The Shores (On Death And Dying)” sia stato più che un semplice esperimento riuscito. In realtà, ha giocato un ruolo fondamentale nel portare nuove persone a scoprire la nostra musica.

All’epoca mi raccontaste che non vedevate l’ora di proporre “Beyond the Shores (On Death and Dying)”, come è andata? Lo avete proposto nella sua interezza o vi siete concentrati solo su alcuni suoi passaggi?
Lo abbiamo proposto sempre per intero, accompagnato dal suggestivo video realizzato da Sanda Movies, creando un’unione unica tra musica e immagini che ha sempre catturato il pubblico dall’inizio alla fine. Abbiamo suonato una ventina di show principalmente in Italia, tra cui anche alcuni festival come il Luppolo In Rock, il Metal Days in Slovenia e il Metal Gate Czech Death Fest in Repubblica Ceca. È stata un’esperienza che ha lasciato un segno profondo e che sicuramente riproporremo in occasioni speciali. Una di queste sarà il Church Of Crow Doom Festival di Pinerolo, dove avremo l’opportunità di eseguire “Beyond The Shores” in una chiesa sconsacrata in compagnia di Skepticism, Shape Of Despair e Kypck, tra gli altri.

Lo scorso marzo è uscito “The Loss of Beauty”, questo disco era già in cantiere ai tempi di “Beyond the Shores (On Death and Dying)” oppure avete iniziato successivamente a lavorare sulle sue tracce?
A dire il vero è accaduto l’opposto, “Beyond The Shores” è stato composto dopo “The Loss Of Beauty”, anche se poi sono stati registrati pressappoco nello stesso periodo. Anzi, batteria e basso per “The Loss Of Beauty” vennero registrati per primi, solo successivamente è stato composto “Beyond The Shores” e siamo rientrati in studio per la sezione ritmica e tutto il resto. A questo punto, con due dischi tra le mani e una pandemia in atto, prendemmo la decisione di favorire “Beyond The Shores” perché rifletteva al meglio il periodo che stavamo vivendo. Il motivo per cui decidemmo di comporre un pezzo unico di quasi 40 minuti è abbastanza inusuale in realtà. Eravamo in rotta con la nostra precedente etichetta Candlelight/Spinefarm e non volevamo assolutamente continuare con loro perché non eravamo soddisfatti del lavoro svolto con “Black Drapes For Tomorrow”. Avevamo però un opzione per un terzo disco, per cui decidemmo di scrivere un disco “diverso” con la speranza di divincolarci più facilmente. Per fortuna riuscimmo a svincolarci, semplicemente perché non ci risposero mai. A quel punto la scelta fu quella di affidare tutto alla mia etichetta Spikerot Records e fare tutto in casa.

Di primo acchito la cosa che colpisce di più è il passaggio dal bianco abbagliante di “Beyond the Shores (On Death and Dying)” ai colori scuri della cover “The Loss of Beauty”, questo netto distacco cromatico indica anche una diversa filosofia alla base dei due lavori?
Entrambe le copertine sono opera della fotografa abruzzese Sabrina Caramanico, e catturano entrambe l’estetica della bellezza e della fragilità. Abbiamo voluto fortemente la stessa artista perché sono lavori in qualche modo sono collegati. La differenza cromatica non sta ad indicare una differente filosofia, piuttosto un differente approccio a livello di struttura, che li rendono due dischi a modo loro complementari.

Pare un paradosso, parlate di “perdita della bellezza” con un disco che si lascia apprezzare proprio per la sua bellezza, a questo punto vi chiedo: a quale “bellezza” fate riferimento nel titolo?
La cosa fantastica della musica è che lascia spazio all’interpretazione, per cui il titolo vuole essere innanzitutto qualcosa di suggestivo, oltre a farci porre delle domande. Secondo il mio modo di vedere le cose, stiamo nettamente perdendo bellezza nel nostro mondo ed è quindi tempo di agire per riconquistarla, specialmente nel nostro rapporto con la natura e con gli altri. Per questo album, sono stato fortemente influenzato dall’estetica del wabi-sabi, molto comune nella cultura giapponese, che si basa sull’accettazione della transitorietà e dell’imperfezione delle cose.

Circa un annetto prima di “The Loss of Beauty” è uscita la versione in vinile di “Quiescence”, il vostro disco di debutto. Quanto siete cambiati, se siete cambiati, nel giro di quattro album?
La line up ufficiale è rimasta sempre la stessa, e questo ci ha permesso di sviluppare un legame forte, una direzione condivisa, e un obiettivo comune. Guardandomi indietro di oltre 10 anni dalla creazione di quei brani, posso dire di essere pienamente orgoglioso del nostro percorso. Abbiamo esplorato vari aspetti a livello di sound, ma credo che abbiamo sempre lasciato un’impronta personale in tutto ciò che abbiamo fatto.

Passiamo al capitolo live, tra dicembre e maggio avete in programma una serie di date sul territorio italiano, avete già in mente la scaletta?
Sarà incentrata principalmente su “The Loss Of Beauty”, sia perché è l’album più recente, ma anche perché abbiamo avuto modo di sperimentare ampiamente quei pezzi in sede live, e funzionano bene. Poi faremo almeno un paio di pezzi ciascuno dai primi due dischi. Lasceremo volutamente fuori “Beyond The Shores” perché è un set che necessita di una situazione a sé.

Per motivi logistici parteciperò al Waves of Doom Festival, organizzato dai ragazzi del Metal Symposium, se non erro la vostra ultima data a Bari risale al 2018, cosa promettete al pubblico barese e cosa vi aspettate in “cambio” dai supporter pugliesi?
Abbiamo sempre avuto un forte legame con la Puglia e con Bari in particolare, i fan del metal lì sono molto dedicati e abbiamo stretto diverse amicizie nel corso degli anni. A dire il vero la prima volta a Bari risale al 2014 ad un Metal Symposium, perciò celebriamo i 10 anni dalla nostra prima volta, il concerto del 13 gennaio sarà la nostra quarta volta nel capoluogo pugliese e ci aspettiamo come al solito tanto calore.

Apriamo una finestra sul futuro, che quali programmi avete per il 2024?
Saremo molto impegnati quest’anno, abbiamo una serie di date italiane da qui a maggio e poi diversi festival estivi tra cui Hellfest, Rock Imperium e altri ancora. Siamo certi che il 2024 sarà il migliore anno di sempre per gli Shores Of Null.

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