Selva Oscura – Selva oscura

Suoni di una notte mezza estate, quelli che hanno dato i natali ai Selva Oscura. Umberto Maria Giardini, Filippo e Michele Dallamagnana ed Enrico Blanzieri hanno unito le proprie forze per dar vita a un gruppo che riprende le sonorità dell’America rock degli 90 e le miscela con il misticismo psichedelico. Il risultato di questa comunione artistica è l’EP omonimo, “Selva Oscura”, fuori dal 6 dicembre per Overdub Recordings.

Bentornato su Il Raglio del Mulo, Umberto. Nel mezzo del cammin della tua vita ti sei ritrovato per una selva oscura. Qual è la tua selva oscura?
Non ho selve oscure nella mia vita, se non quella riferita a questa nuova band. Vivo un periodo molto sereno, di conseguenza me lo tengo stretto.

Non mi sembra che tu e i tuoi compagni abbiate smarrito la retta via, anzi mi sembra che stiate percorrendo un percorso ben chiaro, che a mio avviso deve molto al rock americano anni 90. Ritrovo nel vostro EP, Soundgarden, Stone Temple Pilots, Meat Puppets e Porno for Pyros. Questo cammino era già chiaro nel momento in cui avete iniziato a suonare insieme oppure è venuto su spontaneamente?
Non saprei dirlo con precisione tanta è stata la spontaneità e il totale disinteresse verso quello che ci aspettavamo di fare. Abbiamo cavalcato l’onda positiva di creare pezzi in chiave hard rock così come ci venivano, in maniera molto semplice e diretta. Solo in un secondo momento abbiamo acquisito la consapevolezza di avere tra le mani un buon prodotto che poteva risultare interessante. Poi incontrare Marcello Venditti dell’Overdub Records è stata solamente una fortuna, poiché a differenza di quanto accade oggi nella discografia, è stato estremamente chiaro e veloce. È stato questo credo il valore aggiunto che ha materializzato il resto.

Che ruolo ti senti di avere nella band, quello di Virgilio che conduce i suoi compagni di avventura? Non temi che il tuo nome possa in qualche modo mettere in secondo piano la band?
Non lo temo poiché conoscendo gli addetti ai lavori so che inevitabilmente è e sarà così. Il mio ruolo all’interno del progetto è di fatto determinante anche per il fatto che scrivo e canto, quindi ho una grossa responsabilità che di fatto mio malgrado, mi investe. Tuttavia, Selva Oscura è a tutti gli effetti una band quindi il merito va a tutti perché è concepito e realizzato da tutti; se Selva Oscura fossi solo io, si ascolterebbe un risultato molto diverso.

Ti andrebbe di presentare il resto della line up e dirmi come li hai conosciuti?
La band è formata da due fratelli Filippo e Michele Dallamagnana, rispettivamente alla batteria e al basso, poi c’è Enrico Blanzieri (terzo fratello non di sangue) che si occupa della chitarra elettrica solista. Un nucleo di Ferrara incontrato quasi per caso, e con il quale abbiamo subito compreso una importante intesa. Filippo invece suonava già da tempo con me in UMG.

L’EP si apre con “Mercurio”, pezzo scelto anche come singolo, una sorta di Black Sabbath liquefatti. Qual è il messaggio che “Mercurio” porta con sé?
“Mercurio” in sé non porta ne aspira a comunicare alcun tipo di messaggio. È un brano hard rock cantato in italiano, ed è stato scelto come apripista per questo EP d’esordio nulla di più, nulla di meno. Nemmeno a farlo apposta è il primo brano che abbiamo scritto, ci è sembrato di conseguenza un gesto equilibrato quello di utilizzarlo come biglietto da visita a chi volesse conoscere meglio il progetto.

Il brano che mi ha colpito maggiormente, forse è proprio quello di chiusura “Thai”, dal sapore lisergico. Cosa mi puoi dire di questo pezzo? E come mai è stato messo proprio in coda?
“Thai” è un brano estremamente mistico ed è stato scritto con quel preciso intento. Posso raccontare poco perché direi cose inventate e senza senso, so solo che ci emoziona sempre suonarlo perché avvolge e trasporta in ipnosi in una sorte di “altrove migliore”. Lo abbiamo messo in chiusura dell’EP probabilmente per queste sue caratteristiche. Ha in sé il sapore di un inizio e di una fine benevola.

L’EP è tutt’altro che tetragono, anzi ha sonorità fluide e fumose: come mai, allora, è stata scelta una copertina così “geometrica”?
La copertina non deve necessariamente rispecchiare il contenuto, o per meglio dire, dev’essere anch’essa tradotta. In ogni colore, forma e geometria c’è tantissimo astrattismo, bisogna ascoltare, capire, tradurre e alla fine comprendere come il figurativo abbraccia il sonoro. Non è facile da capire, ma credo che la chiave sia lì. Presumibilmente in un futuro album della band potrebbe cambiare totalmente di genere, chissà.

Passiamo all’aspetto live, vi esibirete dal vivo e avete già delle date?
Abbiamo un’agenzia che sta lavorando per noi. Ne sapremo di più il mese prossimo. Febbraio dovrebbe potrebbe essere un mese buono per partire.

In chiusura, quali sono i progetti futuri dei Selva Oscura?
Suonare, il resto è esattamente come la vita, nessuno lo sa, nemmeno a corto raggio.

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