Manuel Agnelli, storico leader degli Afterhours, ha pubblicato circa due mesi fa, il suo primo lavoro da solista, “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Un album che sta riscuotendo molto successo in tutta Italia e che stasera 03 dicembre 2022, proprio da Bari, al Demodè Club di Modugno, inizia la sua promozione dal vivo. Abbiamo raggiunto Manuel al telefono.
Manuel, complimenti per questo tuo nuovo album, molto bello, parte con un brano altrettanto bello, “Tra mille anni mille anni fa”. Parlaci del disco, di questo brano, dei testi…
Ho cercato con quest’album di recuperare il pianoforte e con questo brano in particolare. Il pianoforte è lo strumento che suono bene perché l’ho studiato, mentre con la chitarra mi sono sempre ‘arrabattato’ a suonarla, anche se con la chitarra alla fine faccio quello che mi interessa fare realmente. Il disco ha due o tre facce musicali differenti, da un lato c’è la parte più rock n’roll, un po’ avanguardistica, come nel brano “Proci”, ad esempio, e dall’altro c’è la parte più classica, quasi antica. Il brano da te citato è un brano quasi rinascimentale come melodia. Durante il periodo del lockdown sono rimasto come tutti isolato in casa e mi son messo a suonare senza progettualità, per cui mi venivano fuori delle cose molto diverse una dall’altra, non necessariamente coerenti, però per me musicalmente erano belle, quando le ho riascoltate tutte insieme ho pensato che volevo lasciarle così. Dopo trent’anni di percorso di alcuni dischi fatti con un certo tipo di carattere, è una libertà che mi sono preso e ho lasciato questa parte più antica, classica, perché è una parte di me, della mia creatività.
Nei testi e nel disco in generale, sembri più ispirato che mai…
Sicuramente ho scritto e suonato per passione e divertimento. Non avendo un progetto specifico e nessuna scadenza mi sono messo a scrivere come un ragazzino con la gioia di poterlo fare senza dover avere nessun tipo di risultato e forse per questo l’ispirazione è così sincera ed istintiva e si sente così tanto. Non ho cercato sovrastrutture, né cercato di dare al disco una chiave di lettura forzata, sono stato particolarmente attento a mantenere e conservare l’istinto iniziale di quando ho iniziato a comporre per questo disco a cui tenevo molto.
Al di là, o a partire dal titolo, è un disco pieno di amore, concordi?
Non c’è sicuramente la vergogna di parlare di amore e lo faccio senza dover necessariamente trovare delle frasi intelligenti o parafrasi per mascherare la parola stessa amore. Avevo delle urgenze, per delle cose che mi sono capitate in questi anni, e ho voluto scrivere a cuore aperto.
Hai suonato tutti o quasi gli strumenti del disco, vero?
Sì, il 90% . Gli arrangiamenti di archi sono a cura di Rodrigo D’Erasmo in quattro pezzi. Metà delle batterie, quelle doppie, sono suonate una da me e una da DD dei Little Pieces of Marmelade. Poi nell’album ci sono brani che erano stati pubblicati precedentemente, come “La profondità degli abissi”, incluso nella colonna sonora del film “Diabolik”, lì la batteria la suona Fabio Rondanini e Rodrigo suona il synth.
Il tour parte stasera proprio da Bari, che tipo di spettacolo dobbiamo aspettarci rispetto a quelli con gli Afterhours, più intimista?
Al contrario. Questo tour segue quello estivo con cui ho suonato con i due ragazzi dei Little Pieces of Marmelade, duo che avevo a X Factor tre anni fa. Loro vengono dall’hardcore e da un certo tipo di stoner per cui sono molto aggressivi come sound. Inoltre ci sarà il bassista dei Negrita Giacomo Rossetti e la polistrumentista e cantante Beatrice Antolini che suona principalmente le tastiere ma non solo, anche le percussioni e le doppie batterie. Il concerto riprende anche alcuni pezzi che non facevamo più con gli Afterhours e suonano ancora più violenti nel senso che con gli Afterhours alcune cose erano diventate quasi di “repertorio”, pezzi come “Lasciami leccare l’adrenalina”, “Veleno” e “Dea”, erano pezzi che, nonostante i musicisti degli Afterhours siano dei bravissimi musicisti, non venendo da sonorità così dure come l’hardcore, questi pezzi, risuonati oggi con questa formazione attuale hanno riacquistato una vita pazzesca. Nel concerto quindi ci saranno le due anime del disco, quindi la parte più spinta, più avanguardista e quella più classica e delle ballate, arricchito il tutto da alcuni pezzi degli Afterhours. Un concerto che durerà un paio d’ore.
Hai ricevuto recentemente un riconoscimento prestigioso, quello di Dottorato in Editoria e Produzione Musicale, ce ne parli?
Sì, è stato un grande onore. L’ho accettato perché il terreno per il quale me lo hanno conferito è il mio. Se mi avessero dato un premio simile in filosofia, nonostante sia un appassionato, non ritenendomi di certo un dottore non avrei avuto il coraggio di accettarlo. Invece in editoria musicale ho 30/35 anni di scuola, per cui anche presuntuosamente potrei dire di essere all’altezza di questo riconoscimento. Il bello è stato vedere riconoscere una professionalità ai musicisti, a cui si nega sempre il fatto che sia un vero lavoro, siamo considerati degli “intrattenitori”, non è così, sappiamo quanto è difficile, quanta gente ci lavora in questo settore ed è un mestiere come tutti gli altri imprenditoriali, molto rischioso e molto difficile e va ugualmente rispettato e valorizzato.
Tanti anni di carriera sui palchi, la TV, adesso un programma su Radio 24, quali sono le differenze tra questi due canali così importanti?
Rispetto alla TV lavorare in radio è più leggero, non dico più facile, ma non dovendo apparire, tranne per chi fa radio con dirette video, può sembrare più semplice. Magari è più difficile arrivare alla gente, perché in TV ci sono le smorfie e la fotografia che ti aiutano a trasmettere un messaggio o un emozione, però hai meno cose su cui doverti impegnare e l’immagine è una di queste. Nel mio caso faccio radio pura, senza immagine, tranne quella per promuovere sui social, solo voce, suono anche, l’ho già fatto con diversi ospiti come Brunori Sas, Motta, Vasco Brondi e un po’ da solo anche, così come avevo fatto con la trasmissione “Ossigeno” su Rai 3. Mi piace raccontare aneddoti legati all’attualità e la mia idea di musica.
Nel disco parli della città di Milano, una città che ha dato moltissimo al rock italiano, c’è anche un libro di Elisa Russo, “Uomini” (Odoya Ed.), che è incentrato principalmente sulla band dei Ritmo Tribale, ma parla della Milano che ha prodotto molto a livello musicale…
E’ vero, perché è, o era una città industriale, sicuramente questo contraddistingue le produzioni con un sound più duro, prendi ad esempio città come Detroit o Sheffield, quando la città offre poco svago a livello di atmosfera, chissà come mai le sonorità suonano più dure e aggressive. La Milano degli anni 80/90 in effetti ha avuto una scena hardcore / punk notevole, che ha condizionato un po’ tutta la scena italiana di quegli anni, però allo stesso tempo è difficile che a Milano nascano delle cose, generalmente nascono in provincia e si realizzano a Milano, un po’ come succede anche a Londra, spesso non ce ne rendiamo conto, nelle grandi città ci sono le strutture, i soldi, i luoghi, ma spesso la creatività arriva dalla provincia.
Hai in cantiere un progetto in cui sei coinvolto con “tema Bowie”…
Sarò il protagonista di “Lazarus”, il musical che David Bowie ha scritto prima di lasciarci insieme a Enda Walsh, uno sceneggiatore di primo livello. Questa è l’edizione italiana e devo ammettere che sono particolarmente orgoglioso di questo, Walter Malosti, il produttore di questo spettacolo, mi ha scelto perché Bowie aveva dato delle indicazioni precise sulla scelta dei protagonisti, ossia quelli con una forte personalità sia musicale che personale, Bowie per me è sempre stato un punto di riferimento, mi è piaciuto come artista in tutte le sue epoche, per cui credo di poter entrarci nella parte molto bene, e inoltre mi piace il fatto che non sia uno spettacolo revival, come può essere un “Rocky Horror Picture Show” o un “Jesus Christ Superstar” ma uno spettacolo contemporaneo, scritto oggi per oggi.
Che ne pensi del ritorno del supporto vinile e di come si usufruisce la musica oggi, non sono troppi i “sistemi” di diffusione della stessa?
Per me basta che si ascolti. Il problema è se sparisse tutto, nel senso che ho visto periodi peggiori per quanto riguarda la produzione musicale. Negli anni 80 quando non avevamo Internet bisognava cercare i dischi nei negozi ed era molto difficile riuscire a capire cosa accadeva musicalmente, e si faceva probabilmente in maniera forse approssimativa ma certamente con grandissima passione. Adesso abbiamo vantaggi e svantaggi. Dobbiamo imparare ad utilizzare i mezzi che abbiamo a disposizione, cosa che non abbiamo fatto ancora. Internet sì, ci aveva promesso una sorta di democrazia orizzontale, non solo a livello musicale, ma anche sociale, poi questa promessa non è stata mantenuta per niente, perché è vero che c’è troppa roba in giro, il fatto che tutti possano produrre qualcosa ha fatto sì che tutti producono qualcosa, senza filtri, Quindi gli spazi che abbiamo disponibili sono saturi e occupati da gente che in altri tempi lì non ci sarebbe stata. Tutto questo non fa bene alla musica, si, sembrava una grande opportunità all’anizio, ma quante band realmente sono uscite da sole dal web, a parte gli Arctic Monkeys? Non arriviamo a contarne neanche dieci di band.

INTERVISTA ORIGINARIAMENTE PUBBLICATA SU “IL QUOTIDIANO DI BARI” IL 3 DICEMBRE 2022