Dopo anni di cambiamenti e sfide, i Tenebrae tornano con un nuovo album, “Loss“, pubblicato sotto l’etichetta Nadir Music. Abbiamo avuto il piacere di parlare con May, fondatore della band, per approfondire la genesi del disco, il nuovo assetto della formazione e il futuro della band tra live e nuove opportunità.
Benvenuto May! Dopo il periodo di stop forzato a causa della pandemia e le difficoltà personali di alcuni membri nel 2022, cosa vi ha spinti a completare il nuovo disco “Loss” e tornare sul palco?
Ciao a tutti, ragazzi! Grazie mille per la splendida opportunità che ci offrite per parlare un po’ di noi e della nostra band. Dopo il Covid, la nostra situazione era di stallo assoluto: avevamo un sacco di pezzi pronti, anche se orfani della vecchia formazione della band, eravamo comunque determinati a trovare la persona giusta per valorizzare i nuovi brani. Una sera, tra i vari profili su un noto portale per musicisti, riuscii a contattare Keru, che rispose entusiasta all’idea di fare le prime prove insieme. Non abbiamo mai pensato di mollare o di lasciar perdere: quando abbiamo preso un periodo di stacco, è sempre stato a causa di questioni personali o di momenti che, inevitabilmente, avevano priorità rispetto al nostro pur enorme e sincero impegno musicale.
Dopo anni di cambiamenti di formazione, il nuovo album segna una stabilità per i Tenebrae? Come ha influito, appunto, l’ingresso di Andrea “Keru” Cherubino sulla scrittura e sull’interpretazione dei brani?
In realtà, a parte i cambiamenti dovuti alla prima grande ricomposizione dei Tenebrae, Fabrizio Garofalo è il bassista originale della band: suoniamo insieme da più di 25 anni. CJ è con noi da quasi otto anni e Flux, che per quanto possibile rimane comunque parte della band, da quasi dieci. L’arrivo di Andrea alla voce non ha portato solo un nuovo cantante, ma anche un amico e una persona speciale, che sono felice di aver conosciuto grazie alla band. Parlo per me, ma credo che sia un sentimento condiviso. L’inizio è stato tanto bello quanto complesso: c’era molto da imparare l’uno dall’altro, ma la convinzione che, grazie al suo timbro e alle sue capacità interpretative, Keru avrebbe dato un grande contributo era assoluta.
Flux Mörtis, invece, pur facendo un passo indietro come membro ufficiale, è ancora coinvolto come performer live e collaboratore. In che modo la sua presenza ha influenzato l’arrangiamento e l’utilizzo di tastiere e synth nel nuovo album?
Flux, come tutta la band, ha dato un grande contributo alla realizzazione di “Loss”: ha scritto tutte le parti di tastiera e synth, contribuendo creativamente e con grande energia, soprattutto nelle prime fasi della lavorazione. È un ottimo musicista che ha lasciato la sua impronta sia sul disco che sul sound della band, in continua evoluzione fin dal 2005. Per il futuro, vedremo cosa succederà: non escludo nulla. Come sempre, dipenderà da cosa vorremo raccontare e da come sceglieremo di farlo. Non ne farei una questione di genere musicale, anche se le nostre influenze personali ci portano sempre verso quei suoni che avete imparato a conoscere nel mix di stili che definisce il nostro sound.
Nel vostro percorso avete attraversato diverse fasi stilistiche, dal progressive rock all’art rock fino al doom/gothic metal. Come si colloca questo nuovo lavoro nel vostro percorso musicale? Ha mantenuto l’impronta atmosferica e orchestrale di “My Next Dawn” o ha preso una direzione diversa?
Sicuramente, “Loss” ha un’impronta meno orchestrale rispetto a “My Next Dawn”. Avevamo voglia di “arrivare prima” e di essere più diretti rispetto al passato, e penso che questa sia la strada che più ci rappresenta anche oggi, senza ovviamente rinunciare alla melodia e alla libertà di esprimere al meglio le idee che abbiamo in mente.
Il disco è stato registrato con Rossano Villa, che già in passato aveva lavorato con voi. Quanto è stato importante il suo contributo per il sound del nuovo lavoro?
Rossano Villa, insieme alla sua compagna Laura Marsano e al nuovo arrivato Riccardo Semino, che con Rox si è occupato del missaggio di “Loss”, è stato determinante per la realizzazione del disco così come lo sentite. Gusto, competenza e tanta pazienza sono alla base di un rapporto splendido che dura da anni. Non potrei mai essere imparziale parlando di loro, quindi mi limito a un enorme grazie di cuore per aver reso “Loss” un’ulteriore impronta della nostra storia musicale, che anche grazie al loro contributo siamo riusciti a lasciare e di cui siamo molto fieri.
Nel brano “Bet and Die” avete coinvolto Laura Marsano alla chitarra e come voce femminile. Come è nata questa collaborazione e quale valore aggiunto ha portato al pezzo?
Laura ha collaborato con noi anche in “My Next Dawn”, suonando le parti di chitarra classica.
È una chitarrista di altissimo livello, una professionista capace che sarò sempre felice di avere in un nostro disco. Il suo tocco e la sua esperienza sono un valore aggiunto che arricchisce sempre i brani a cui partecipa.
I vostri album hanno sempre avuto un forte legame con l’arte visiva, dai fumetti alle performance teatrali. Anche in questo nuovo lavoro c’è un aspetto visivo o concettuale che lo accompagna?
Tutto il lavoro visivo del disco è stato realizzato dalla nostra “macchina del tempo”, Marco CJ Campagnoni. Cercavamo un modo per rappresentare al meglio anche visivamente il concetto espresso nei brani e un giorno CJ si è presentato con un disegno fatto a mano di un’auto incidentata, che sarebbe poi diventato l’immagine simbolo del brano “Lost”. Ci guardammo increduli: in tanti anni non aveva mai rivelato di avere anche questo talento! Siamo stati felici di aver trovato in lui la persona giusta a cui affidare la parte grafica del CD.
Con il passaggio alla Nadir Music, pensate che ci siano maggiori possibilità per la band di farsi conoscere a un pubblico più ampio? Quali obiettivi vi siete posti con questa collaborazione?
La Nadir offre sicuramente un’ampia gamma di opportunità ed essere seguiti da professionisti come loro è un valore aggiunto per qualsiasi band che crede in quello che fa. Non abbiamo molta esperienza in questo senso, ma possiamo dire di essere stati fortunati ad aver trovato persone competenti e appassionate. Il nostro obiettivo è ovviamente quello di far arrivare la nostra musica a più persone possibili e, speriamo, di riuscire a fare più concerti rispetto al passato.
Il 15 febbraio all’Angelo Azzurro ha visto il vostro ritorno dal vivo dopo quattro anni. Come è andata? Altre date in vista?
Il 15 febbraio è stata, per me, una serata magica. Era da molto tempo che non suonavo live e, per quanto mi sentissi rigido come Pinocchio, dopo pochi minuti è stato come se non avessimo mai smesso. Il valore aggiunto è stato sicuramente un posto come l’Angelo Azzurro, dove i nostri splendidi anfitrioni, Katia e Danilo, ci hanno dato la possibilità di esibirci, e tutte le persone presenti quella sera. In questi anni di stop ci sono stati vicini, incoraggiandoci a non mollare. Insomma, una tempesta perfetta, un bellissimo scambio di emozioni che spero sia piaciuto tanto quanto è piaciuto a me.
