Holler – Next in line

In occasione dell’uscita di “Next In Line”, secondo lavoro discografico degli Holler pubblicato da Scarlet Records, abbiamo intervistato il frontman Terence Holler. L’album, che segue a un solo anno di distanza il debutto “Reborn”, conferma il legame del gruppo con le sonorità classiche degli anni ’70 e ’80: ecco cosa ci ha raccontato.

Bentornato Terence, grazie per essere nuovamente con noi! “Next In Line” è il tuo secondo album con gli Holler e continua a scavare nelle radici del rock anni ’70 e ’80, sin dalla copertina, offrendo dieci brani freschi che celebrano il mistero dell’amore. Come ti senti a distanza di un anno dall’uscita di “Reborn” e cosa rappresenta per te questo nuovo lavoro?
Salve! Grazie per il supporto! Mah, a dire il vero tra “Reborn” e “Next In Line” non abbiamo avuto pause. Praticamente si potrebbero collegare le due uscite come un doppio disco di debutto! Questo nuovo lavoro è un po’ più graffiante rispetto al precedente, ma in sostanza sono dischi “sovrapponibili”. Adesso con i ragazzi della band ci conosciamo meglio e di conseguenza l’amalgama generale è migliorata. Io personalmente mi sento ancora meglio e carico!

In occasione dell’esordio, mi hai parlato di un forte legame con le tue radici del rock anni ’70 e ’80. In “Next In Line” questo DNA si sente ancora più presente: come sei riuscito a mantenere viva questa ispirazione senza risultare nostalgico?
In realtà, quando compongo non mi metto mai a ragionare. Vado d’istinto. Le musiche sono scritte quasi interamente dal tastierista Matteo Chimenti, che è molto più giovane di me, quindi una certa freschezza la dona lui: io sono il “vecchietto” della band e scrivo le melodie ed i testi seguendo il mio naturale istinto, che inevitabilmente richiama agli anni 70 e 80, questo perché io c’ero! Sono cresciuto a New York negli anni d’oro della musica in generale, dove la dance, il pop ed il rock erano più vicine tra loro….

Sempre nella nostra precedente intervista hai menzionato l’importanza di un sound “groovy e funky” nel progetto Holler. Puoi raccontarci come questo elemento si è evoluto nel nuovo album?
Secondo me il “groove” in certi generi è molto importante, poter “battere il piedino” mentre ascolti le canzoni le rende più orecchiabili. In questo Matteo è molto bravo, i suoi pezzi hanno un bel groove. Naturalmente anche gli altri musicisti della band sono tutti “top player”: Denis Chimenti alla chitarra solista (ha scritto “Crystal Eyes” su questo disco) è un grande musicista, come Leonardo Peruzzi al basso, Luca “Maestro” Fuligni alla chitarra ritmica e ai cori ed infine Alex “Demonoid” Lera alla batteria. Tutta gente professionista. A livello tecnico ritengo gli Holler un po’ i Dream Theater italiani, anche se in un altro genere. Infatti qualche richiamo prog c’è nei brani. Sono veramente fiero di questa band!

Quali sono i tuoi riferimenti musicali più cari in questo disco? Ci sono nuove influenze rispetto a “Reborn” che ti hanno ispirato durante la scrittura?
Io, forse inconsciamente, sono influenzato da ciò che ho assimilato nella mia 35ennale carriera. Sono cresciuto ascoltando Billy Joel, i Beatles, The Monkees, Michael Jackson, Toto, Boston, Bon Jovi, Europe, Genesis, Fates Warning, Queensryche, Spandau Ballet, Elton John, Pink Floyd e anche molte cose tipo Slayer, Metallica, Iron Maiden ecc… Tutte queste cose mi frullano nella testa ed io ne faccio un bel minestrone. Ecco perché nonostante gli Holler facciano parte del circuito AOR, abbiamo una certa identità e originalità…

L’album esplora, come detto, “il mistero assoluto dell’amore” con atmosfere a volte sensuali, a volte tenere e malinconiche. Quanto è stato per te importante trasmettere queste sfumature emotive attraverso la musica e il testo?
Purtroppo (o per fortuna) io scrivo solo ciò che vivo e quindi vado di getto. Ho avuto ed ho una vita privata/affettiva molto particolare. Nel senso che ho la fortuna di aver sempre avuto molte bellissime ragazze “a disposizione”, nonostante io sia tutt’altro che figo! Ma nella realtà sono quasi 20 anni che provo una specie di forte amore per una donna misteriosa con cui mi relaziono solo a distanza virtualmente (vive davvero molto lontano) e non riesco ancora spiegarmi il perché! Questo sentimento di amore è molto profondo, roba da manicomio! La penso 24 ore al giorno per 7 giorni alla settimana! Questo non mi consente di innamorarmi di altre donne. Lei stessa forse non mi crede e comunque la sua situazione familiare, lavorativa e forse pure sentimentale, non ci permette di poter vivere questa storia. Ci sono stati momenti anche magici tra noi a livello comunicativo ma evidentemente da parte sua la cosa non è forte come lo è per me! O addirittura non gliene frega un cazzo proprio! Ma io comunque la “sento” mia…. In ogni caso, ne traggo profitto scrivendo tonnellate di canzoni a lei ispirate e dedicate! Sono comunque cose che vivono molte persone, quindi i testi alla fine sono “vivibili” da molti!

La band che ti accompagna è composta da musicisti tecnicamente molto preparati. Quanta libertà artistica lasci ai tuoi compagni di band nell’arrangiamento e nell’interpretazione dei brani? Come riesci a bilanciare la tua visione con il loro contributo creativo?
Mah, in realtà gli Holler sono una vera e propria band! Non è un mio progetto solista, facciamo tutto in simbiosi. Matteo Chimenti scrive le musiche, Denis Chimenti scrive anche lui e arrangia, mi passano le basi dove io scrivo le melodie del canto e i testi, poi gli altri mettono ognuno il proprio talento nell’arrangiamento e ed esecuzione. Luca Fuligni è un maestro di canto, lui scrive le parti corali, oltre ad accompagnare con la chitarra . Leonardo Peruzzi al basso e Alex “Demonoid” Lera mettono la loro tecnica a disposizione del cuore pulsante del tutto. Un bel mix di talento e creatività… Si sente che non sono canzonette….. Ci troviamo a meraviglia.. A tratti siamo come i Pooh che incontrano i Queen! Tanti solisti riuniti…

Tra i brani c’è anche una cover molto particolare di “Chandelier” di Sia. Cosa ti ha spinto a scegliere proprio questo pezzo e come lo avete rielaborato in chiave hard rock?
Questa è “colpa” di Matteo! Gli è venuta in mente e l’ha praticamente riscritta musicalmente! Devo ammettere che è venuta fuori una vera bomba! Trasformare un brano pop in un brano hard rock è sempre rischioso, ma noi ce l’abbiamo duro! (almeno io)… Stiamo preparando una sorpresa proprio con questo pezzo… Ssssssh…

L’artwork di Luca “Zeero” Zironi è davvero suggestivo e si sposa bene con il mood dell’album. Quanto pensi che l’immagine visiva sia importante per raccontare la storia di “Next In Line”?
Beh, Luca Zironi è un artista! Ha capito esattamente come rappresentarci a livello visivo. Chi vede la copertina capisce dove andremo a parare. Scelta azzeccatissima. Grazie alla Scarlet Records per aver pensato a lui e per le dritte! Sono 35 anni che faccio dischi ed ho lavorato con case discografiche di ogni genere (major ed indipendenti) e devo ammettere che la Scarlet è il top!

Infine, puoi anticiparci qualcosa sui prossimi live? Quando e dove potremo vederti esibire dal vivo con la band per ascoltare “Next In Line”?
Dall’autunno inizieremo a suonare! 25 Ottobre al Cage Theater di Livorno ci sarà lo show di debutto! Poi vedremo cosa e dove potremo fare il nostro lavoro in modo professionale… La nostra politica è pochi ma buoni. Pochi concerti ma in luoghi belli e possibilmente prestigiosi. Non voglio denigrare i locali tipo birrerie ecc… Ma ho personalmente fatto 17 album in carriera (tutti di caratura internazionale) ed ho suonato in tutto il mondo e con artisti veramente big. La gavetta l’ho fatta abbondantemente con la mia ex band, quindi adesso o Serie A o niente!

Lascia un commento