Enio Nicolini and the Otron – Suoni dal meccanismo infernale

Enio Nicolini è un treno perennemente in corsa, difficile immaginarlo lontano da una sala di registrazione o da un palco. Così in questo 2022 la sua discografia, già corposa, si arricchisce di un’altra uscita, “Hellish Mechanism” (Hellbones Records), pubblicata a nome Enio Nicolini and the Otron.

Benvenuto Enio, da poco è fuori il nuovo lavoro dei tuoi Enio Nicolini and the Otron: hai per caso contato quante pubblicazioni hai nella tua nutrita discografia, considerando tutte le band con cui hai lavorato?
Innanzi tutto, ti ringraziamo per ospitarci nelle tue pagine. In effetti dal primo album pubblicato nel 1985 “Heavy & Dangerous”(Unreal Terror) a “Hellish Mechanism” (E.N. and the Otron) del 2022, passando per The Black (27 anni), Akron, Sloe Gin, il mio progetto con ospiti a mio nome “Heavy Schering”, sono tanti… Escluse compilation e ristampe varie, 20 dischi.

Gli Enio Nicolini and the Otron sono l’unica band che contiene nel proprio moniker il tuo nome, lo ritieni il tuo progetto più personale?
Sì, al momento è l’unico progetto che mi identifica come ”band”, anche se ho pubblicato un lavoro con ospiti a mio nome, dal titolo ”Heavy Sharing”. Il progetto Enio Nicolini and the Otron rappresenta il mio progetto più personale, proprio per come è stato concepito. Tutto in effetti si basa sul ruolo del “basso” che diventa l’elemento primario nella costruzione della melodia, in sostituzione della chitarra. Questo avviene perché uso dei power chord che mi danno la possibilità di fare composizione, oltre a questa modalità ne inserisco, sempre, anche una più convenzionale. Cosi posso portare il basso oltre il ruolo “classico” di strumento prettamente ritmico e di accompagnamento, ad elemento centrale del progetto dove ruota tutto il resto della composizione. Ho affinato questo mio modo di usare lo strumento negli Otron, facendolo diventare il mio “marchio di fabbrica” .

Sapresti individuare nel nuovo disco, “Hellish Mecchanism”, qualcosa di riconducile agli Unreal Terror e agli Akron?
Le mie radici partono da quei lavori ed è inevitabile che il mio modo di comporre possa essere in qualche maniera contaminata. Oggi ho affinato una mia tecnica compositiva, come detto prima, che si differenzia molto dal mio modo di esecuzione. Anche le tematiche che sto affrontando, a partire dal progetto Otron, sono completamente diverse e vertono su argomenti riconducibili al mondo sci-fi.

Invece, cosa c’è che non hai mai sperimentato prima in questo disco?
L’uso dell’elettronica e synth . Il progetto Otron si muove come detto in un mondo sci-fi e l’utilizzo di questi elementi fanno si che ci si possa proiettare in quella dimensione, poi con un drumming possente e una voce adeguata e interpretativa si riesce a restare nel metal viaggiando con sonorità nuove e futuribili (mia convinzione).

A cosa si riferisce il titolo “Hellish Mecchanism”?
“Meccanismo infernale” vuole sottolineare come i “media” possano essere padroni delle menti rese schiave da false “verità”, spacciate tali da un infernale pensiero rassicurante. Tutto questo, nel testo, viene monitorato da pensieri liberi che urlano rabbia e opposizione a questo meccanismo di morte in atto.

Come sono nati i pezzi finiti in “Hellish Mecchanism”, il fatto che il disco sia stato scritto a ridosso della pandemia ha cambiato il tuo modo di lavorare in studio?
Tutto “Hellish Mechanism” l’ho scritto in piena pandemia e sicuramente le tematiche dei testi hanno risentito del periodo. Praticamente sono stati tutti, o quasi, eliminati i nostri contatti in presenza, ma non quelli che la tecnologia ci ha messo a disposizione. Sono riuscito comunque a fare tutte le basi ritmiche con Damiano Paoloni nel suo studio a Castelfidardo (An) – il “Sound Distillery Recording Studio – adottando tutte le regole imposte dai decreti in vigore all’epoca, mentre con Gianluca Arcuri (anche lui marchigiano) e Luciano Palermi che vive a Los Angeles abbiamo lavorato a distanza. Nonostante questo è stato tutto molto empatico riuscendo a realizzare un grande disco.

Mi presenteresti gli artisti che hanno collaborato con te nella realizzazione di “Hellish Mecchanism”?
Con molto piacere e orgoglio, perché in primis sono grandi persone e poi musicisti di prim’ordine. Alla batteria Damiano Paoloni, un drummer poliedrico con un curriculum artistico vastissimo che lo ha portato a prestare le sue pelli anche in generi diversi dal metal, questo anche per la sua enorme conoscenza della musica. Lui è anche un esperto tecnico del suono e titolare dello studio (citato prima) dove abbiamo registrato il disco. Poi Gianluca Arcuri, un mago dell’elettronica e synth con una enorme sensibilità artistica, lui con il suo contributo sonoro ci ha portato in una dimensione cyber e moderna (mio parere). Luciano Palermi, voce storica degli Unreal Terror che ci ha visti nella stessa band negli anni 80 e poi nella reunion del 2012. Che dire, è un vocalist completo dotato di una grande sensibilità e professionalità nel creare melodie che rimangono indelebili nella memoria dell’ascoltatore. Il suoi lavoro ormai decennale di doppiatore negli USA hanno anche accentuato quella teatralità nell’interpretare qualsiasi cosa debba cantare. Questi sono gli Otron un combo di professionisti e soprattutto di amici

Chi di loro ti seguirà dal vivo nelle date a supporto del disco?
La maggiore difficoltà potrebbe essere per Luciano Palermi il cantante che vive a Los Angeles e Damiano Paoloni per gli impegni con il suo studio di registrazione, ma abbiamo sempre l’opzione di avere a bordo gli altri componenti degli Otron con i quali ho registrato il primo disco “Cyberstorm”. Comunque appena saranno stabilite le date, ci organizzeremo per dare a chi ci ascolterà un grande spettacolo.

Da quale delle tue band dobbiamo aspettarci il tuo prossimo disco?
Sicuramente ci sarà il terzo disco con il moniker Enio Nicolini and the Otron a chiudere la trilogia… poi vedremo.

Chaos Engine Research – Many faces of metal

ENGLISH VERSION BELOW: PLEASE, SCROLL DOWN!

La scena polacca si è fatta conoscere soprattutto per il death e black metal, però il movimento è popolato da entità altrettanto degne di nota, anche se con sonorità meno estreme. Di difficile catalogazione – groove metal? alternative metal? – il sound dei Chaos Engine Research, band che da poco ha il proprio secondo album, “Faces”, per la Metal Scrap Records.

Benvenuti ragazzi! Potreste presentare la tua band ai nostri lettori?
Ciao, noi siamo Chaos Engine Research da Czestochowa/Polonia. La band esiste dal 2007, quindi quest’anno celebriamo il nostro quindicesimo anniversario. Durante questo periodo, abbiamo registrato due album – “The Legend Written By An Anonymous Spirit Of Silence” e “Faces” – entrambi pubblicati per la Metal Scrap Records.

Vi andrebbe di spiegare il significato del nome della band?
Chaos Engine Research significa ricerca della verità, del suo senso o come preferisci chiamarlo. Questa ricerca si riflette nei testi, ma si applica anche alla musica che suoniamo: siamo ispirati da moltissime band e generi metal, quindi è difficile definire chiaramente il nostro stile. Siamo stati descritti come alternative metal o, più recentemente, come band death-groove metal, ma queste sono solo etichette e se qualcuno vuole raggiungere il nostro album, può scoprire che le canzoni sono notevolmente diverse l’una dall’altra . Questo è il nostro obiettivo: vogliamo sperimentare e trarre il meglio da diversi tipi di musica e, allo stesso tempo, cerchiamo di farlo in modo da sembrare coerente e concettuale.

Come è nato il vostro nuovo album, “Faces”?
Per quanto riguarda l’album “Faces”, è difficile credere quanto sia stata difficile la strada per portare a termine queste registrazioni. Innanzitutto, i cambi di formazione, soprattutto la partenza di Jack, e diversi mesi dedicati alla ricerca di un sostituto, che alla fine abbiamo abbandonato. Poi, una sessione di registrazione senza intoppi e la definizione dei termini con il nostro label manager- Anatoly della Metal Scrap. Proprio quando sembrava che fossimo sull’ultimo rettilineo – è arrivato ilCovid e la premiere è stata rimandata più volte. Infine, la guerra in Ucraina – e come sapete Metal Scrap è ucraina. In effetti, c’erano alcune voci che dicevano che c’era una specie di maleficio su questo album (ride). Ma finalmente è qui. Huuh… È stato un viaggio infernale.

Quali sono le principali differenze tra il vostro primo album, “The Legend Written By An Anonymous Spirit Of Silence”, e il nuovo “Faces”?
Dal nostro punto di vista, “Faces” è decisamente più maturo e più coeso nel suono e nell’arrangiamento. Nel primo album c’era più “follia” e secondo noi era un po’ più “irregolare” – questo è probabilmente è dipeso anche da una questione di esperienza. La seconda cosa è il cambio di direzione: prima il nostro marchio di fabbrica erano due frontman. Ora questa responsabilità ricade interamente su Darrior. Oltre a questo, c’è stato un cambiamento nel ruolo di batterista: Ivo era un musicista più esperto di Mati, anche più esperto di altri generi musicali. Mati ha dovuto lavorare molto durante le registrazioni: il livello era molto alto.

Ma come lo definireste il vostro suono? Alternative, groove o death metal?
Come abbiamo detto, è difficile definire chiaramente il nostro stile. Nella nostra musica, ascolterai influenze di Meshuggah o Gojira insieme a Deftones o Slipknot, e poi elementi di thrash metal e groove metal. Ci sono canzoni in cui puoi sentire le influenze davvero pesanti – penso che il fatto che Muzzy suoni contemporaneamente nella band grindcore Tranquillizer247 non sia privo di conseguenze su di noi, dato che molti riff escono dalla sua mano. I CER sono nati dalla passione per tutti i tipi di musica metal. Chitarre dall’accordatura heavy, batteria pesante e voce aggressiva: questa è la nostra linea.

Qual è il concept dell’album?
E anche qui bisogna fare riferimento al debutto. “The Legend…” era una storia chiusa – questo comportava alcune limitazioni, come l’ordine delle tracce predeterminato e immutabile. Volevamo che anche “Faces” fosse un album concettuale, ma grazie alla struttura – una sorta di raccolta di storie – abbiamo avuto più libertà sull’ordine delle tracce e quindi una maggiore capacità di controllare l’intensità, quando premere sull’acceleratore e quando prendere fiato.

Leggendo la tracklist ho subito notato una particolarità: perché tutti i titoli dei brani contengono una sola parola?
Di nuovo, un riferimento al debutto (ride). Si tratta di un giochino perverso – legato al nome follemente lungo del debutto. In “Faces” volevamo che tutto fosse corto e conciso. Abbiamo finito con l’intitolare ogni canzone, così come l’intero album, con una sola parola. Ogni traccia descrive un volto, il personaggio principale della propria storia.

Come è cambiato il vostro suono?
Per la seconda volta abbiamo lavorato con Przemek Wejmann, per rendere il nostro suono organico. Siamo tutti della vecchia scuola in questo senso – nel senso di chitarra, amplificatore e microfono. Non abbiamo utilizzato alcun trucco come Kemper di Fractal: tutto è analogico e radicale. Possiamo anche parlare di qualche ispirazione Mastodon.

Andrete in tour durante l’autunno?
Stiamo programmando un concerto-anteprima e alcuni concerti fuori durante l’autunno. Niente di spettacolare perché purtroppo abbiamo l’impressione che il mondo si stia ancora riprendendo dal Covid. Invitiamo tutti, soprattutto i giovani ascoltatori, a spegnere il computer e ad andare ai concerti delle band locali. Noi siamo aperto anche a proposte di altre band per suonare insieme.

The Polish scene has made itself known above all for death and black metal, but the movement is populated by equally noteworthy entities, albeit with less extreme sounds. Difficult to catalog – groove metal? alternative metal? – the sound of Chaos Engine Research, a band that has recently released the second album, “Faces”, for Metal Scrap Records.

Welcome guys! Could you introduce your band to our readers?
Hi. Chaos Engine Research here, from Czestochowa/Poland. The band has been around since 2007 – so this year we are celebrating our fifteenth anniversary. During this time, we recorded two albums – “The Legend Written By An Anonymous Spirit Of Silence” and “Faces” – both released by Metal Scrap Records.

Could you explain the meaning of the band name?
Chaos Engine Research means the search for the truth, for the meaning or however you would like to call it. This search has it’s reflection in the lyrics but it also applies to the music we play – we are inspired by a great many bands and metal genres, so it is hard to clearly define our style. We’ve been referred to as alternative metal or, more recently, as a death-groove metal band, but these are just labels, and if someone wants to reach for our album, they can discover that the songs are significantly different from each other. That was also the goal – we want to experiment and take the best out of different kinds of music, and at the same time, we try to make it sound coherent and conceptual.

How your new album, “Faces” was born?
As for the “Faces” album, it’s hard to believe how hard the road to finalizing this recording was. First, changes in the line-up and especially the departure of Jack, and several months devoted to the search for a replacement – which we eventually abandoned. Later, a smooth recording session and setting the terms with the publisher – Anatoly of Metal Scrap. Just when it seemed that we were on the last straight – the era of Covid arrived and the premiere was postponed several times. Finally, the war in Ukraine – and as you know Metal Scrap is from Ukraine. As a matter of fact, there were some voices that there was some kind of doom over this album (laughs). But it’s finally here. Huuh… It was a hell of a journey.

What are the main differences between your first album, “The Legend Written By An Anonymous Spirit Of Silence”, and the new one “Faces”?
From our perspective, “Faces” is definitely more mature material and more cohesive in sound and arrangement. On the first album, there was more “madness” and in our opinion it was a little more “uneven” – this is probably also a matter of experience. The second thing is the change of direction – earlier our trademark was two frontmen. Now this responsibility falls entirely on Darrior. In addition to this, there was a change in the position of drummer – Ivo was a more experienced musician than Mati, also more versed in other musical genres. Mati had to put a lot of work into this recording – the bar was set very high.

How do you define your actual sound? Alternative, Groove or Death Metal?
As we said – it’s hard to clearly define our style. In our music, You’ll hear influences of Meshuggah or Gojira alongside Deftones or Slipknot, and then elements of Thrash Metal and Groove Metal. There are songs where you can hear influences of really heavy playing – we think that the fact that Muzzy plays simultaneously in the Grindcore band Tranquillizer247 is also not without impact, as a lot of riffs come out of his hand. CER was born out of a passion to all kinds of Metal music. Heavy tuned guitars, strong drums and aggressive vocals – this is our direction.

What’s about the album concept?
And here again we must refer to the debut. “The Legend…” was a closed story – this entailed certain limitations, such as the order of the tracks being predetermined and unchangeable. We wanted “Faces” to be a conceptual album as well, but due to the structure – collection of the stories, we had more influence on the order of the tracks and thus more ability to control the intensity of when we want to push pedal to the metal and when there is a moment to take a breathe.

Reading the tracklist, I immediately noticed a peculiarity: why do all the song titles contain only one word?
Again, a reference to the debut (laughs). It was about perversity – in relation to the insanely long name of the debut (“The legend written by an anonymous spirit of silence”). On “Faces” we wanted short and succinct. We ended up with each song as well as the whole album titled with just one word. Each track describes one face – one main character of his own story.

How does your sound change?
For a second time we worked with Przemek Wejmann, to make our sound organic. We are all old-school in this regard – in the sense of guitar, amp, cab and microphone. We didn’t use any simulation or modeling like Kemper of Fractal – everything is analog and rootsy. We can talk about some Mastodon inspiration in this theme.

Will you go on tour during the Autumn?
We are planning a premiere concert and a few away concerts during the autumn. Nothing spectacular because unfortunately we have the impression that the world is still recovering from Covid. We encourage everyone – especially young listeners – to turn off the compuer and go to the concerts of local bands. We are also open to propositions from other bands to play together.

Aerialis – Il suono del silenzio

Non lasciatevi trarre in inganno dall’immagine e dal moniker futuristico, gli Aerialis di Fabio Tats hanno i piedi ben piantati nel presente e se proprio devono, più che al futuro, strizzano l’occhio al passato, in particolare agli anni 80. Abbiamo contattato il bassista per saperne di più su questa nuova creatura e del suo recente debutto “Dear Silence”.

Ciao Fabio, da qualche settimana i tuoi Aerialis hanno debuttato: dobbiamo considerarli un tuo progetto solista oppure una vera e propria band, dato che ti sei avvalso in studio di Luca Cocconi e Simone Sighinolfi?
Ciao Giuseppe, grazie di cuore per lo spazio che mi concedi. Aerialis nasce dal desiderio di finalizzare un mio progetto musicale, ma è stato un vero e proprio lavoro di team con Simone e Luca, che sono stati indispensabili alla costruzione di questo album. Senza loro sarei ancora ai blocchi di partenza, sono stati incredibili. 

Come definiresti il sound degli Aerialis?
Credo che il sound da noi utilizzato sia una sintesi fra il metal moderno, di ispirazione alternative, e le sonorità degli anni 80 che tanto mi sono care, avendole “vissute” da ragazzino. Abbiamo cercato di portare un po’ di quelle melodie elettroniche, melodiche è un po’ malinconiche, in brani che avessero però un aspetto metal contemporaneo.

Quanto “Dear Silence” si avvicina all’idea di sound che avevi in mente quando hai fondato il gruppo?
Luca e Simone hanno capito fin da subito qual’ era la direzione che volevo prendere per “Dear Silence”, e hanno tirato fuori idee pazzesche e che ho amato dal primo momento. Quando riascolto i brani mi rendo conto che è’ andato tutto come desideravo, e le sensazioni che mi trasmettono sono proprio quelle che volevo provare. 

In passato hai suonato in altre band (Lester Greenowski, Death-O-Matic, Wall Of Palemhor) hai utilizzato qualche idea che avevi abbozzato per quei progetti per gli Aerialis o sei partito da zero?
No, nelle altre band ho fatto esperienze musicali bellissime ma i generi erano diversi, e le idee che avevo non si sposavano con quei progetti. Per questo ho voluto finalizzare Aerialis, desideravo mettere in piedi un qualcosa che mi permettesse di suonare e ascoltare il genere musicale che amavo, e nel quale poter esternare ciò che avevo dentro.

Hai presentato il progetto utilizzando come singolo proprio la traccia che dà il nome al disco, è un caso o credi che sia il brano più rappresentativo dell’intero lavoro?
“Dear Silence” è un brano che adoro, il testo è una sintesi di ciò che è contenuto nell’album: ogni brano parla di un angolo della mia vita, di esperienze personali, e tutte riconducono a un silenzio guaritore, dove ritrovarsi e riordinare idee e progetti. 

C’è un brano che hai deciso, invece, di inserire nel disco all’ultimo momento perché non ti convinceva in pieno?
Direi di no, ogni brano ha una sua collocazione, e ogni brano è una piccola sintesi dei miei ultimi anni, particolarmente difficili, sotto diversi aspetti.

Invece, come sei arrivato alla decisione di coverizzare “Catch The Fox” di Den Harrow? Desideravo coverizzare un brano degli anni 80 perché, come ti dicevo prima, sono stati anni a cui sono particolarmente legato, ma  senza fare una canzone troppo famosa, o già troppe volte coverizzata. Fra i vari nomi, Simone mi consigliò Den Harrow, e a me piacque subito: le hit erano belle, italiane e con le sonorità che cercavo. Ne è risultata una cover che ogni volta mi strappa un sorriso, a noi piace moltissimo.

Hai intenzione di esibirti con gli Aerialis dal vivo appena possibile?
Non lo so, per ora resta una realtà esclusivamente “da studio”, abbiamo tutti progetti diversi e non saprei onestamente dirti se riuscirò a finalizzare anche una band per i live… ma se succederà, ne sarò felice. Never say never. 

In conclusione, quale traguardo raggiunto con “Dear Silence” ti renderebbe soddisfatto?
Che venga apprezzato da chi deciderà di ascoltarlo, e che comunichi delle emozioni al prossimo, che vengano condivise. Per noi sarebbe una grande soddisfazione.