“Flames Everywhere” degli And Harmony Dies è uno dei dischi più ambiziosi pubblicati in Italia del 2007. Sentiamo cosa ha da dirci al riguardo Black il cantante\batterista del gruppo.
Direi di iniziare presentando la band ai nostri lettori…
Il gruppo si è formato nel 1995 e fin dall’ inizio il genere proposto non poteva venir accomunato a nessun genere metal. Dopo vari demo e cambi di line up sembra che adesso la formazione sia stabile con me, Black, alla voce e batteria, Rob alle chitarre, Whisper alle tastiere/programmazione e Void al basso. Siamo tutti amici oltre che musicisti della stessa band.
Quali sono le vostre influenze?
Qualsiasi cosa vediamo e sentiamo ci influenza, e ci dà nuovi stimoli per la realizzazione delle canzoni. Fondamentalmente ascoltiamo o abbiamo ascoltato tutti metal, poi ognuno di noi si orienta verso ciò che riesce a trasmetterci qualcosa di profondo: chi il funky, chi la musica mediorientale, chi il jazz, insomma siamo di vedute molto aperte.
Qual è il significato del vostro nome?
Il nostro nome era Harmony Dies che è il titolo di una canzone dei Venom, ci piaceva perché all’ interno di questo nome c’era il senso della fine della serenità, dell’ armonia e le due parole che lo componevano erano fortemente in contrasto fra di loro come i vari momenti all’ interno delle nostre canzoni, prima violente poi melodiche. Poi quattro anni fa ci accorgemmo che esisteva un altro gruppo con lo stesso nome in Germania quindi optammo per And Harmony Dies come fosse il finale di una frase più complessa: “….E Muore l’Armonia.”
Dovendo descrivere la vostra musica quali aggettivi utilizzereste?
Unica, ingannevole, fugace, instabile, malata, estrema, indescrivibile.
Io ho definito, in fase di recensione, il vostro ultimo lavoro, “Flames Everywhere”, un disco ambizioso. Vi va di parlarcene ?
Penso che un artista ritenga sempre il proprio lavoro ambizioso e se non lo considera modesto non esiste, soprattutto quando l’ album è appena uscito. Fra l’ altro ci siamo accorti che è ancora più ambizioso in quanto l’ascoltatore medio sarebbe un metallaro, che di per sé è chiuso come gusti: quindi non è ambizioso in quanto concepito tale ma a causa del ruolo che inconsciamente si è trovato ad avere.
Possiamo definirlo un concept?
Assolutamente sì dalla prima canzone all’ ultima, è tutta una storia collegata.
Come è stato accolto da pubblico e stampa specializzata?
Mai come in questa occasione ci siamo accorti che la gente o lo adora o lo disprezza. Divide, spiazza. Ci paragonano alla cosa più particolare che hanno sentito, come gli Arcturus, quando invece siamo molto diversi e più vari di loro. Purtroppo c’è poca cultura musicale e nessuno sente i vari tributi all’ interno dell’ album e mi rendo conto che è un problema diffuso: anche all’ estero le recensioni sono simili a quelle italiane, quindi non è come si suol dire in questi casi che “qui in Italia è perché abbiamo Sanremo che la cultura musicale è malata”. Qualche recensore si è preso anche lo sfizio di offenderci e questo è il segno che mettiamo a disagio chi non ci capisce, non hanno armi concrete per criticarci e passano all’ offesa, era tipico anche fra i barbari eheh.
Io ho particolarmente apprezzato la cover di “At War With Satan”, come mai avete scelto proprio questo pezzo dei Venom?
Io personalmente li apprezzo molto, li trovo molto sanguigni ed istintivi, li seguo da anni e l’idea di mettere una loro cover di venti minuti all’ interno di un nostro album era un po’ che mi girava per la testa. L’ occasione si è presentata con questo concept sulla religione.
Come sta andando l’attività live?
Al momento stiamo preparando le nuove scalette e dovremmo ricominciare a suonare dal vivo dal 2008.
Con quali band vi piacerebbe dividere il palco?
Con una serie di musicisti classici come live session! Scherzi a parte, Venom, Slayer, Black Sabbath, Living Theater, Carmelo Bene e qualsiasi attore riesca a fare degli spettacoli sperimentali al pari della nostra musica. Verrebbe fuori una serata davvero spettacolare non un semplice concerto da mosh pit.
A voi il compito di chiudere l’intervista…
Vorrei cogliere l’ occasione per ringraziare tutti quei “recensori” che ci consigliano come modificare il nostro stile per piacergli, grazie comunque, ma dopo 12 anni di attività come gruppo sappiamo cosa vogliamo fare “da grandi”. Un grazie anche a quel recensore che a fine intervista quasi minacciosamente ha scritto “Da educare!”. Fortunatamente non siamo in dittatura. Dubitate delle recensioni. I recensori non hanno la verità in tasca. Grazie a voi che ci avete dato questa possibilità.

Intervista originariamente pubblicata su www.rawandwild.com nel 2008 in occasione dell’uscita di “Flames Everywhere”.