Vardan – L’oscura e desolata marcia

A dir poco prolifico, Vardan fa nuovamente capolino dalle nebbie dall’underground con la sua trentatreesima – anzi, qualcuna di più, come ci tiene a specificare lui stesso – uscita ufficiale. Coniugare quantità e qualità è quindi possibile? L’ascolto di “Dark and Desolated March” (Moribund Cult) ci fa propendere per il sì…

Benvenuto su Il Raglio del Mulo, Vardan. Con “Dark and Desolated March” hai appena tagliato il traguardo del tuo trentatreesimo album in poco meno di quindici anni, dove trovi l’ispirazione per la tua prolifica produzione?
Salve, in realtà sarebbero qualcuno in più tra demo, split e materiale mai pubblicato. Direi semplicemente suonando, mi trovo spesso con qualche strumento in mano e da lì inizia tutto.

Questa costante attività creativa è frutto di un procedimento standard oppure varia a seconda dell’album?
Varia a seconda dalle sensazioni, compongo e poi man mano provo le prime registrazioni, se tutto si avvicina a quello che ho in mente cerco di registrare il tutto in modo definitivo.

Le partiture black e quelle ambient nascono in momenti differenti per poi fondersi o sono un il frutto di un singolo flusso creativo?
Magari prima nasce una parte più “black” per poi lasciarla lì e svilupparla in un secondo momento, o viceversa parto dai synth per poi sviluppare dopo il resto. O ancora, nasce tutto in una sola sessione.

Da un lato c’è la tua libertà artistica all’altro ci sono le necessità più meramente commerciali, magari le seconde possono interessare poco quanto niente te, ma hanno un’importanza maggiore per la tua etichetta, la Moribund Cult, che potrebbe non essere felice di dover saturare il mercato. Hai mai avuto pressioni in questo senso da parte della tua label, un invito a dilatare i tempi di pubblicazione?
No mai, c’è un rapporto di totale collaborazione, la label sa che io sono in continua composizione (e registrazione) e di tanto in tanto passo il materiale, poi loro decidono quando e come pubblicare. Penso che i tempi di una label che stampa molte release siano diversi da quelli di una singola band, quindi si cerca di “remare verso la stessa direzione” ed arrivare all’obiettivo di pubblicare al meglio.

Dove ci porterà la l’oscura e desolata marcia?
Paesaggi desolati, boschi incantati e pieni di neve…. notti piene di malinconia… nasce così questo disco, da diverse giornate trascorse sull’Etna in pieno inverno, passate a scrivere i testi che rappresentano al meglio quelle che sono le mie sensazioni musicali per questo lavoro.

Ti andrebbe di descrivere le singole parti che compongono l’opera?
Non seguono un vero e proprio ordine, sono state scritte, poi registrate e messe in una sequenza soddisfacente per me.

Pensi che in qualche modo questo disco abbia ampliando la tua gamma espressiva, considerando che sei sempre aperto a soluzioni nuove?
Sì assolutamente, ha ampliato il modo di esprimermi e “muovermi” in alcune atmosfere che avevo cercato anche in passato. Probabilmente ci saranno altri nuovi spunti in futuro ma da qui ho sicuramente nuovi spunti e nuove strade da poter percorrere.

Credo di non sbagliare se indico nei Burzum una delle tue fonti di ispirazione, a tal proposito ti vorrei chiedere se apprezzi la recente deriva social del Conte e se sono compatibili etica black e una simile esposizione mediatica?
Certo ascolto volentieri Burzum, però mi piace anche dedicare tempo all’underground, ci sono una sacco di band che sfornano lavori ottimi. Per quanto riguarda la recente vita social del Conte non è una cosa che m’interessa discutere.

Sei già a lavoro sul disco numero trentaquattro?
Ovviamente sì, ho due album da ultimare ma il 75% è già pronto e due demo già registrate che voglio proporre per bene nel tempo tra le mie “Serial Demo”.

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