I Celtic Hills stanno recuperando velocemente il tempo perduto, quasi una dozzina di anni. Nati nel 2008, sono arrivati solo nel 2020 all’esordio, con un ritmo sostenuto in un triennio hanno rilasciato ben tre dischi. In occasione della pubblicazione del più recente, “Mystai Keltoy” (Elevate Records), abbiamo contattato Jonathan Vanderbilt.
I Celtic Hills nascono nel 2008, ci mettono un paio di anni a rilasciare un demo e poi spariscono. Finalmente nel 2020, nel bel mezzo di una pandemia, rilasciate il vostro esordio “Blood Over Intents”, dopo qualche mese pubblicate un EP (“Schräge Music”) e nel 2021 il secondo album, il recente “Mystai Keltoy”: cosa vi ha sbloccato a tal punto da diventare un band prolifica dopo tanti anni di inattività?
Eravamo praticamente sciolti! Io di mio sono stato sempre prolifico e in questi anni ho scritto diversi pezzi per tanti artisti a cui cedevo i brani. Siamo usciti su delle compilation internazionali tanto per tenere vivo il nome. Lo sblocco è stato organizzativo! Ora che c’è una line up registrare le idee risulta molto più semplice
Tre opere in breve tempo, credete che ci siano stati dei miglioramenti tra l’esordio e il vostro ritorno, oppure le varie uscite sono stanzialmente omogenee al punta di vista qualitativo?
Ciascun lavoro ha portato a un evoluzione… tornare a cantare e suonare dopo 10 anni comporta tornare ad allenarsi. Per la chitarra ci vuole meno tempo che per la voce. Dal debutto del 2010 a oggi c’è stata un evoluzione sicuramente!
Cosa si prova ad avere tre dischi fuori e non poterli promuovere dal vivo?
Frustrazione. Ma il saggio sa che da ogni ostacolo si può trovare un opportunità; in questo caso comporre e registrare.
Soffermiamoci sull’uscita più recente, quel “Mystai Keltoy”, che già dal titolo appare enigmatico. Il disco parla dei Misteri Eleusini, ammetto che non ne sapevo nulla prima di leggere le note promozionali e immagino che anche alcuni tra i nostri lettori si trovino nella stessa mia condizione di ignoranza. Vi va di raccontarci qualcosa sul concept?
Gli argomenti che trattiamo da sempre nei testi si rifanno allafFilosofia, alla storia e alle emozioni umane. Argomenti che a scuola chiamavi “pipponi”. La descrizione e spiegazione dei argomenti è materia che va studiata per anni e i nostri testi sono esoterici alcuni ed essoterici altri. Le band scrivono di ciò che li circonda, noi siamo circondati da tanta storia, dai vigneti e dai produttori di birra. In questo disco abbiamo dedicato più testi alla storia e meno alla birra!
Faccio una seconda ammissione, sono più tipo da Giacobbo che da Alberto Angela, non vi chiedo di esporvi, così vi evito il linciaggio degli intellettuali da salotto, ma vorrei sapere cosa vi affascina di questi argomenti…
Ci sono diversi metodi per studiare la storia, da quella dei riassunti Bignami allo studio approfondito di testi e autori che possono anche mettere in discussione certi “passaggi” poco logici. Tutto iniziò con un libro premio Bancarella nel 1976 dal titolo “Non è terrestre” dell’italiano Peter Kolosimo e della sua rivista PK che mio padre acquistava e leggevo anch’io.
In tema di cose affascinanti, chi ha disegnato la copertina? Mi ricorda le illustrazioni che si trovavano sui libri della collana Urania…
La copertina e stata dipinta a mano da una giovane ragazza friulana di Pordenone: Sheila Franco che aveva disegnato anche il precedente “Blood Flows Down”. Un aneddoto: per capire cosa volessi esprimere, le consigliai di guardare il film “Outlander” del 2008 del regista Howard McCain.
Tra i misteri trattati nel disco, ce ne sono alcuni del Friuli, la vostra terra natale. Quel è il filo di congiunzione tra quella parte di Italia e le colline celtiche che danno il nome al gruppo?
Questo territorio estende gli attuali confini e si allarga nei territori che oggi sono la Carinzia austriaca e l’Istria slovena e croata; Chi vive qui non si è mai sentito troppo vicino ai Savoia, ma piuttosto a Francesco Giuseppe! D’altra parte sono solo 100 anni che qui siamo sotto l’Italia.
Sinora ci siamo soffermati più che altro sugli aspetti tematici, come descrivereste invece il vostro sound?
Un sound genuino, potente e sincero. Quel cuore metallico che è andato un po’ perduto negli ultimi 10/ 20 anni. Ci sono diverse influenze, ma alla fine cerchiamo la potenza, la grinta, l’esprimere energia di rivolta da fuorilegge… penso più a Robin Hood che non a Dominic Toretto.
Recentemente avete sdoganato il metal tricolore su RAI Radio 1. Come siete arrivati sulle frequenze di Rock Revolution e che riscontri avete avuto?
Siamo stati contattati da un grandissimo insegnate di musica del Friuli Gabriele Medeot che ci ha invitato al programma di rock che tiene su Rai Radio 1.
