Gravestone – Ars arcana

Nonostante qualche contrattempo, come quello che ha portato all’ingresso della nuova cantante Simona “Sandcrow” Guerrini durante le sessioni di registrazione, i Gravestone sono riusciti nell’impresa di pubblicare il loro album più ambizioso, “Ars Arcana” (Elevate Records). Un concept album che trae ispirazione da “Gens Arcana” di Cecilia Randall, avallato dalla stessa autrice italiana. Ne abbiamo parlato con un orgogliosissimo Gabriele Maschietti.

Benvenuto Gabriele, da poco è uscito il vostro nuovo album “Ars Arcana”, un concept che trae ispirazione da “Gens Arcana” di Cecilia Randall. Come è quando è nata l’idea di scrivere questo disco dedicato al libro dell’autrice italiana?
Grazie per l’ospitalità. L’idea nasce da un mio pensiero molto remoto, risalente a vario tempo prima che mi unissi ai Gravestone. Una decina di anni fa lessi il libro della Randall e pensai che, a mio avviso, era incredibile che nessuno non avesse ancora tratto un film o cose simili ispirati a quel romanzo, così mi dissi che un giorno, chissà quando, l’avrei musicato… Anni dopo parlandone ai Gravestone, riguardo all’idea per il nuovo disco, ho trovato tanto entusiasmo; i ragazzi hanno letto a loro volta il libro e abbiamo così cominciato a lasciarci ispirare dalle atmosfere magiche e quattrocentesche Italiane.

La stessa Cecilia Randall vi ha autorizzato a trarre un disco dalla sua opera, chi vi ha messi in contatto e quale è stata la sua prima reazione?
Sarò sincero, ahahah. Ho avuto la faccia tosta di mandare una mail a Cecilia stessa, raccontandole della mia storia e dei miei intenti e chiedendole, poi, se le avrebbe fatto piacere ascoltare le prime idee di preproduzione. Beh accettò di buon grado e rimase molto contenta del nostro interesse. Prima però, ho dovuto fare un po’ di chiarezza sul genere, non essendo lei addentrata nel death metal, parole che fanno sempre “paura” a chi non avvezzo.

Vi ha dato delle indicazioni per tirare giù la storyboard del disco o vi ha lasciato piena libertà per l’adattamento?
Cecilia e, successivamente, la sua crew manageriale (nelle persone di Piergiorgio Nicolazzini e Antonio Carminati) hanno chiaramente voluto leggere i testi esistenti per capire di cosa effettivamente si trattasse. Ma ci hanno lasciato molto liberi e non hanno avanzato richieste sotto quel punto di vista. Nei testi troverete, ad esempio, molti riferimenti diretti e indiretti al libro, a volte addirittura dei virgolettati, altre volte si parla solo delle stesse tematiche, ma in altre salse, senza essere vincolati al libro. È, comunque, un’opera liberamente ispirata a…

Avete discusso anche dei suoi gusti musicali? Come ha accolto l’album completo dopo il primo ascolto?
Riguardo ai gusti, mi ha accennato di una sua passione per l’hard rock in generale, ma ponendolo tuttavia come punto massimo di arrivo riguardo alla “durezza” dei generi ascoltati. È stata molto curiosa di conoscere le motivazioni che avrebbero potuto portare una band di un genere così “moderno” (da lei così definito) a pubblicare un album con temi fantasy e rinascimentali.

Venite descritti come death metal band, ma alla luce del sound di “Ars Arcana”, questa etichetta vi va bene o vi sta un po’ stretta?
Eh, ahaha, è stata dura mantenere il piglio death con un album così. Scherzi a parte, noi cerchiamo sempre di suonare ed incidere quello che ci piace di più. Il bello della nostra band è che ognuno ha dei gusti musicali molto variegati e  tutti cercano di inserire qualcosa. Se poi, tutti insieme, riusciamo a commistionare le idee, i suoni e le armonie, il gioco è fatto! Per questo disco abbiamo pensato tutti al libro e il resto è venuto da sé; il death ha molte sfaccettature e noi volevamo coglierle tutte o quasi. Inoltre, l’idea di un concept/opera death metal ci stimolava non poco, perché terreno poco esplorato da altri. C’è da dire che potrete aspettarvi di tutto per il futuro, siamo abbastanza camaleontici.

La genesi del disco non è stata lineare, ad un certo punto c’è stato un avvicendamento dietro il microfono, ti andrebbe di  presentare la nuova cantante?
Avevamo l’idea e qualche preproduzione, era ora di cominciare a pensare alle voci, di cui già avevo scritto le linee principali, ma avevamo ancora un ultimo, importante, concerto da portare a casa (supporto ai Dark Funeral all’Orion di Ciampino). Pochi giorni prima del concerto, ecco che Daniele “Secco” Biagiotti ci comunica che quello a Ciampino sarebbe stato il suo ultimo impegno con i Gravestone. Quindi, dopo qualche ricerca, abbiamo ascoltato una registrazione di Simona “Sandcrow” Guerrini ed abbiamo deciso (non con poche remore, a dirla tutta) di chiederle un provino. Beh, lì è venuta fuori la bestia, che ci ha convinto al 100% della strada da intraprendere. Era lei! Eravamo tutti impazienti di iniziare a lavorare insieme, da ultima arrivata, ha dimostrato grande intelligenza e professionalità, rispettando il lavoro che già era stato fatto e arricchendone paurosamente i contenuti vocali e ritmici. In studio è stata una belva da “one take” ed ha caratterizzato i pezzi con il suo ruggito; non meno importante il suo contributo “operistico” neglle intro (per scelta artistica, mai nel mezzo dei pezzi). La ragazza, infatti, è diplomata al conservatorio in canto lirico ed in quel momento cadeva a fagiolo col tipo di disco che stavamo scrivendo. Non sappiamo se la rivedrete in questa veste, ma per ora Simo ha dimostrato di poter spaziare fra mille tecniche vocali, estreme e non. Inoltre, ci teniamo a dire che non morde! Ahahah! È una ragazza d’oro e una grande professionista

L’aver sostituito la voce vi ha costretti a rifare parte del lavoro già fatto o è bastato incidere semplicemente le nuove linee vocali?
In realtà, le linee vocali esistevano solo nella mia testa, ma ancora non erano state svelate al “Secco” quindi, quando poi è entrata Simona alla voce, è bastato cominciare il lavoro insieme a lei.

Finora avevate inciso solo EP, come è stato lavorare su un album di lunga durata?
Beh, i nostri due co-fondatori Marco (chitarra) e Massimiliano (tastiera) ci erano già passati con il primo full-lenght della band, “Simphony of Pain” nel 1994. Come nuova formazione, invece, come dicevi tu, è il primo full. Io e “Maax” (basso) venivamo da un progetto che avevamo chiamato “ArsArcana”, proprio per il libro che avevamo letto (Maax è stato il primo a cui ne parlai); avevamo cominciato a scrivere i testi (infatti in “Aqua” ed “Ignis” troverete anche il suo zampino), ma poi non se ne fece nulla. Quando, ritrovatici insieme nei Gravestone, proponemmo tale progetto, “Ars Arcana” diventò il titolo del disco ed il resto è storia.

A darvi una mano sono intervenuti  vari ospiti, vi andrebbe di presentarli?
È stato un piacere collaborare con tutti e quattro i ragazzi che sono intervenuti come “special guest”. Cristiano Borchi, storico cantante degli epici “Stormlord” e, qui, co-voice in “The Slaughter Conspiracy”, è stato squisito sin dall’inizio ed ha dimostrato, ce ne fosse stato ancora bisogno, di essere uno dei frontman “estremi” italiani più in gamba. Ketty Passa, che ci ha prestato la voce in “Aqua”, prima di essere una grande artista con un curriculum da paura, una VJ, Dj, voce nel progetto “Rezophonic” e nei sui personalissimi “Kemama”,  è per noi una cara amica; collaborare con lei ci ha fatto capire che le cose fatte con mestiere sono sempre le migliori e che la scelta di miscelare la sua voce “pop-rock” con quella di Simona era una bella idea; in studio ha portato le sue linee melodiche, ed è stata subito magia! Giacomo Voli è il cantante dei “Rhapsody of Fire” ed ha impresso il suo marchio a fuoco su “The Death of Folco De’ Nieri”; con Giacomo sognavo di lavorare dalla prima nota che emise durante il TV show “The voice of Italy”, che poi lo vide arrivare secondo per pochissimi voti; anche lui è stato molto disponibile e stuzzicato dall’idea di cantare su un pezzo death. Gli mandai un audio di me, che cantavo ciò che secondo me avrebbe dovuto fare lui… Beh, ancora oggi lo ringrazio di tutto cuore  per non avermi preso in giro e per aver colto precisamente il senso dei nostri desideri a riguardo; inoltre, mi ha aiutato con le liriche e le melodie delle sue prime due strofe: un altro professionista eccelso! Daniele Paifelman Coccia, “Surgery” e “Muro del Canto”, che dire? Con Daniele ci vogliamo bene da almeno 15/20 anni; registrare tutte le narrazioni del disco con lui è stata una delle esperienze più divertenti ed appaganti della nostra vita. La sua interpretazione del vecchio nobiluomo italiano che narra in inglese, nonché la caratterizzazione di vari personaggi, è qualcosa che non pensavamo riuscisse così bene. Inoltre, adesso deve pagarci da bere, perché grazie a noi ha imparato a dire più di due parole di fila in Inglese ahahahah.

Blocchi permettendo, proporrete l’intero concept dal vivo, magari con l’ausilio di qualche ospite?
Certamente. Stiamo preparando il release party, che comprenderà chiaramente anche l’esecuzione live del disco per intero. Ovvio che i tempi non li conosciamo, perché, fino ad ora, a causa del covid, dei blocchi, dell’uscita del disco e poi dell’estate è stato impossibile anche solo fare le prove in sala. Ora però non vediamo l’ora di metterci in carreggiata e prepare un grande show. Non sappiamo ancora come gestiremo la questione ospiti, ma lo scopriremo presto.

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