ExpiatoriA – When darkness falls

Dalle ombre del passato sbucano fuori gli ExpiatoriA. I genovesi che, avevano pubblicato nel 2010 l’EP “Return to Golgotha”, hanno ripreso il proprio cammino ripescando da quelle influenze che nel 1987 avevano spinto i fratelli Malechina a metter su una band. Pur con una formazione ormai rivoluzionata, gli ExpiatoriA hanno saputo portare a termine quella missione iniziale, pubblicando “Shadows” (Black Tears Label \ Diamond Prod.), un disco capace di coniugare al meglio le lezioni di Death SS, Candlemass e Mercyful Fate\King Diamond. Ne abbiamo discusso con uno dei fondatori, GB, e con la nuova voce, David Krieg

Benvenuti ragazzi, cosa si prova a vedere fuori il proprio full length di debutto, “Shadows”, dopo una lunga attesa iniziata nel 1987?
GB: Una gioia immensa! Nel lontano 1987 io, mio fratello Massimo e Massimo Cottica avevamo in mente di mettere su una band con influenze musicali di gruppi come Death SS, Paul Chain, Mercyful Fate King Diamond. Abbiamo iniziato con questo trio e, dopo tanto tempo e tantissimi vicissitudini, eccoci qua con “Shadows”.
Krieg: Beh, è sicuramente un’emozione non da poco, soprattutto per i membri fondatori della band (Gianni e Massimo Malachina). Per loro è un sogno durato trent’anni che finalmente si avvera, ma anche per noialtri membri più “giovani” è una gioia sapere di aver contribuito a questo risultato, da vedersi non come traguardo finale, ma come la partenza di una nuova avventura.

Prima di soffermarci sul presente e sul futuro della band, tornerei proprio a quel 1987: cosa ricordate di quei primi giorni della band?
GB: Era una band molto underground, eravamo giovani acerbi ma con idee molto chiare: volevamo essere i nuovi Death SS! Sogni di ragazzini che sapevano cosa volevano fare, l’oscuro l’avevamo sotto la pelle!
Krieg: Non so se sono la persona più indicata a rispondere a questa domanda perché in quegli anni io non facevo parte del progetto ed ero solo un ragazzino che li conosceva di fama leggendo le recensioni dei loro demo sulla leggendaria rivista HM. Però posso provare a fare luce sulle origini degli ExpiatoriA basandomi sulla mia esperienza indiretta e sui racconti e gli aneddoti che si sanno. Quelli erano anni in cui in Italia, e specialmente a Genova, il metal stava faticosamente aprendosi un varco nella scena alternativa e le band stavano cominciando ad assumere un atteggiamento più professionale, benché ancora acerbo. Agli ExpiatoriA ha sicuramente giovato (non ci nasconde dietro un dito) la presenza in formazione del cantante Massimo Cottica, figura storica dell’underground genovese, la cui caratura artistica ha permesso alla band fin dai primi passi di elevarsi sopra alla massa (oltre alle capacità tecniche, il perfezionismo e la caparbietà dei fratelli Malachina). Erano certamente periodi pionieristici la cui arma a doppio taglio era che l’eventuale originalità di una proposta musicale non era sempre ben recepita. Anche gli ExpiatoriA hanno dovuto fare i conti con questa dicotomia fra l’essere una band di culto e il trovarsi a volte ai margini di una scena che tendeva a premiare chi andava sul sicuro.

Uno snodo fondamentale della vostra storia è stato sicuramente la pubblicazione dell’EP “Return to Golgotha”, un’uscita che pareva dare finalmente lo slancio definitivo alla vostra carriera: come mai dopo la sua pubblicazione intorno alla band è sceso di nuovo il silenzio?
GB: “Return to Golgotha” è stato fatto da due grandi menti: testi e voce Massimo Cottica e musiche di mio fratello. Massimo che, secondo me, è un compositore di una oscurità incredibile! Ha realizzato tutto con un multitraccia a 6 canali della Boss 600, secondo me un lavoro incredibile! Dal 2010 fino al 2016 c’è stato il silenzio, ti dico anche il perché: le famiglie e i bambini piccoli. Ma avevamo già in mente di tornare quando saremmo stati più liberi da impegni famigliari, ora i bambini sono diventati ragazzi e noi siamo più liberi di fare quello che a noi piace: suonare!
Krieg: In quell’occasione erano stati riallacciati i rapporti con il già citato ex singer Massimo Cottica. Era nata quindi l’idea di rimettere in moto la band inizialmente senza troppe pretese, un po’ come una rimpatriata tra vecchi amici, la cosa però non poteva durare perché Cottica ormai si era trasferito da anni in Irlanda. Questo da una parte ha causato l’ennesimo stop forzato, dall’altra ha fatto tornare la voglia ai membri fondatori di rimettersi definitivamente in gioco e portare a compimento un’opera iniziata molti anni prima.

Appunto, come e quando si è rimessa in moto la macchina che ha portato, poi, alla pubblicazione di “Shadows”?
GB: A inizio 2020 c’è stata una rivoluzione all’interno della band, non riuscivamo andare avanti, c’era della negatività incontrollabile. Una mattina, esausto, telefono a mio fratello dicendo di mollare tutto e di rifondare di nuovo la band. Ho lasciato a lui la scelta, così abbiamo rivoluzionato tutto reclutando nuovi membri: David Krieg, Edo Napoli e Stefano Caprilli. Abbiamo iniziato questa nuova avventura riprendendo le sonorità del passato, così è venuto fuori “Shadows”.
Krieg: Nel 2020, dopo svariati anni in cui cambi di formazione, intoppi e una discordanza di vedute artistiche sempre più evidente tra i componenti, si è giunti all’importantissima e fondamentale decisione di allontanare quelle persone che non facevano che creare inutili discussioni assolutamente non costruttive. Da lì l’incontro e la ricerca di vari musicisti già noti nella scena underground è avvenuto in modo estremamente naturale, quasi che i pezzi del puzzle stessero solo aspettando l’eliminazione di quegli elementi di disturbo per incastrarsi fra loro alla perfezione.

Tutti i brani contenuti nel debutto sono nuovi, come mai avete deciso di non utilizzare pezzi – editi o inediti – provenienti dal vostro passato?
Krieg: Perché, contestualmente al radicale cambio di formazione del 2020, si è deciso anche di riconnettersi alle vere origini musicali della band, legate molto più a un doom-dark metal di scuola Mercyful Fate, Candlemass e Death SS piuttosto che a quell’ibrido di techno-thrash appena velato di oscurità caratterizzante le uscite ExpiatoriA fino a quel momento.

Vi siete ripresentati con una formazione a sei, un mix tra musicisti che arrivano da esperienze diverse, quale valore aggiunto ha portato alla vostra musica questa combinazione?
Krieg: Ha portato una ventata d’aria fresca, un’ intesa fra tutti noi quasi soprannaturale e soprattutto sei teste che viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda e senza nessun complesso da prime donne.

A proposito di mix vincenti, l’album è ricco di ospiti, vi andrebbe di presentarli?
Krieg: Riallacciandomi al discorso che facevo prima circa l’assenza di prime donne, a noi non piace chiuderci nel nostro orticello e sparare a vista a chiunque si avvicini, tutt’altro: ci piace molto collaborare con altri artisti anche in apparente antitesi con la nostra proposta, ma che stimiamo e sentiamo umanamente vicini ed è esattamente con questo spirito che sono nate in modo del tutto spontaneo le collaborazioni con personaggi del calibro di Freddy Delirio (Death SS), Raffaella Cangero (La Janara), Diego Banchero (Il Segno del Comando) ed Edmondo Romano (sassofonista e flautista di grandissimo valore e assai noto a Genova).

“Ombra (Tenebra pt. II)” spicca nella tracklist perché è l’unico brano con un titolo in italiano: si tratta di un caso a sé o pensate che in futuro la nostra lingua possa ricoprire un ruolo predominante nei vostri testi?
Krieg: No, anzi, non ci poniamo limiti di sorta. Pur non abbandonando mai del tutto la lingua inglese, non ci precludiamo altre sortite nell’idioma nostrano, tanto è vero che stiamo preparando tre nuovi pezzi interamente in italiano per un futuro split insieme a Il Segno del Comando basato su un concept in comune.

Visto che abbiamo aperto una piccola finestra sugli eventuali sviluppi futuri della vostra produzione, mi soffermerei ancora sulle prossime mosse: quali sono i programmi a breve?
Krieg: Oltre all’appena citata prossima realizzazione di questo split, l’obiettivo è portare lo show ExpiatoriA ovunque ci sia possibile perché è parte integrante dell’esperienza totalizzante rappresentata dalla nostra musica. Da un punto di vista di evoluzione sonora cerchiamo di non accontentarci mai delle soluzioni banali pur tenendo sempre bene a mente la fluidità degli arrangiamenti. Il tutto naturalmente ammantato dalla più ferale oscurità.

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