Reality Grey – Beneath this crown

Andare avanti sempre, con caparbietà ed ottimismo, trasformando anche i momenti negativi in nuove opportunità di crescita. Questa è la filosofia di vita che salta fuori dalle parole di Anto, chitarrista dei Reality Grey, band finalmente giunta, dopo anni di silenzio, al proprio terzo album, “Beneath This Crown” (Blood Blast Distribution).

Ciao Anto, da qualche giorno è uscito il nuovo “Beneath This Crown”.  Si tratta della terza pubblicazione in 17 anni, come mai il vostro processo di scrittura ha tempi così lunghi?
Ciao a tutti i lettori, è vero, le nostre uscite sono centellinate ma in realtà il gap di tempo non è mai dipeso da “blocchi compositivi”, anzi. Fra il 2004 e il 2008, anno che ha segnato una specie di spartiacque fra la vecchia e la nuova formazione, siamo stati super attivi facendo uscire un demo, un disco e un EP, poi 2009 nel sono partito negli Stati Uniti per studio fino al 2011 dove abbiamo praticamente rimesso in piedi la band da zero con il rientro di Tommy alla voce, Albo alla chitarra e Claudio alla batteria. I tre anni successivi fino a “Define Redemption” sono serviti per rodare la band e a scrivere un disco, se ci pensiamo un attimo non sono tantissimi. Per quanto riguarda “Beneath This Crown” invece, le prime sessioni di pre-produzione sono cominciate verso la fine del 2016, e fra il 2014 ad oggi abbiamo cambiato ben tre batteristi e sicuramente questo ha pesato sulle tempistiche di produzione dell’album, ma anche il fatto che abbiamo atteso pazientemente il giusto contratto discografico per la release.

Tra il precedente “Define Redemption” e questo nuovo disco sono passati ben sette anni, secondo te siete cambiati più come musicisti o come persone in questo lasso di tempo?
Come musicisti sicuramente siamo cresciuti, siamo entrati in contatto, fatto esperienze e abbiamo cominciato a lavorare sia live che non con professionisti del music business e abbiamo imparato molto. Per quanto riguarda la composizione siamo più consci delle nostre possibilità e dei nostri limiti, abbiamo cercato di spingerci sempre più là con i nuovi brani. Come persone fondamentalmente siamo sempre le stesse, l’unica differenza che siamo sette anni più vecchi e con impellenze diverse, vedi lavoro, bollette ecc ecc ahahah Ma fondamentalmente siamo sempre noi, con la nostra voglia di fare musica, la band ormai è la nostra seconda famiglia da diversi anni, la nostra attitudine non è cambiata di un millimetro, se non ci fosse questo la band sarebbe morta da un pezzo perché ci vuole veramente tanta passione e voglia di fare per portare avanti un progetto.

Sicuramente una delle esperienze più importanti maturata a cavallo delle due pubblicazioni è il vostro tour in Giappone, come è andato e cosa vi ha lasciato in eredità?
Sicuramente è stata l’esperienza più strana che abbiamo mai fatto perché la loro cultura è profondamente diversa dalla nostra, anche se cercano di fare “gli occidentali” spesso in maniera buffa. Il tour andò benissimo, la gente veniva ai nostri concerti, comprava il merchandising, voleva farsi foto e quant’altro, ancora oggi ci scrivono per sapere quando ci ritorneremo. Naturalmente ci furono degli imprevisti, quelli capitano in tutti i tour, ma siamo riusciti a cavarcela e questo sicuramente ci ha insegnato molto su come approcciarci ai promoter in futuro. Alla fine è stata un’esperienza super positiva che ci auguriamo di ripetere.

Parlare oggi di attività live è doloroso, la ripresa non appare vicinissima, in un periodo come questo l’avere un album in uscita riesce in qualche modo a lenire il dispiacere di non poter andare in tour o lo acuisce?
Sicuramente una cosa molto positiva e ti spiego il perché. Da quando è iniziata questa pandemia ho constatato che molte band, specie a livello locale, si sono sciolte ho hanno avuto vari problemi al loro interno, per varie ragioni, spessissimo legate proprio al Covid. Ora, non voglio entrare nei dettagli ma noi abbiamo avuto la “fortuna” di poterci concentrare su diverse cose che riguardano la band, non ultima la firma di un nuovo contratto per la release, che questa volta ci sta portando via un sacco di tempo e di impegno, molto più di quanto sia mai successo in passato. Certo, poter fare un tour promozionale a ridosso della release sarebbe l’ideale ed è sicuramente lo standard, ma le cose adesso stanno così, è inutile lamentarsi di qualcosa che comunque non si può cambiare, allora meglio concentrarsi su quello che c’è da fare. Stiamo lavorando assieme al nostro management e label anche su quel fronte, per la fine del 2021 inizio 2022 quando si spera la situazione migliori. Per come la vedo io siamo stati fortunati, ma è anche questione di attitudine che, come ho spiegato nell’altra domanda, non è mai cambiata da quando ci siamo formati, andare avanti sempre, fare le cose per bene, un pizzico di ambizione e anche non prendersi troppo sul serio. Take it easy come dicono gli anglofoni.

Dal punto di vista promozionale avete fatto una scelta molto particolare, pubblicando quattro video – “Daybreakers” (2018), “The Void” (2018), “The Fury” (2019) e “Preachers of Hatred” (2021) – con largo anticipo rispetto alla data di uscita del album, da cosa è dipesa questa mossa?
Come ho già anticipato le prime pre-produzioni di “Beneath This Crown” sono cominciate nel 2016 e solo nel 2017 con l’entrata di Francesco Inchingolo alla batteria abbiamo avuto di nuovo una line up stabile per produrre il disco in tranquillità. Nel frattempo abbiamo cominciato ad entrare in contatto con diverse label parecchio conosciute, ma come ben sai, spesso queste cose si tramutano in tempi biblici, tipo “sì, i pezzi sono davvero fighi, sentiamoci fra un paio di settimane” che poi diventano mesi, insomma sembra una regola non scritta del music biz. Semplicemente non volevamo lasciare la band in silenzio per troppo tempo così abbiamo deciso di far uscire dei singoli. Questo ci ha permesso di rimanere “on the map”, oggi purtroppo la gente tende a dimenticarsi subito di una band, anche solo dopo un anno di silenzio. Scelta che abbiamo fatto in controtendenza e anche rischiosa per molti versi ma alla fine ci ha dato ragione in quanto ci ha permesso di partecipare a diversi festival di rilievo e a far vedere alle label che eravamo comunque attivi e vogliosi di fare.

Mi ha colpito una vostra dichiarazione, che si può riassumere con “abbiamo ottenuto quello che volevamo perché finalmente avevamo abbastanza soldi e tempo per fare quello che desideravamo”. In un’epoca caratterizzata da home studio e uscite amatoriali di livello accettabile, il poter puntare sulla qualità secondo te alla lunga fa ancora la differenza o il pubblico si è standardizzato su livelli di ascolto più bassi
Difficile per me rispondere a questa domanda. Forse adesso c’è meno attenzione alla qualità di un prodotto perché sempre più spesso si ascolta musica dalle “casse” di un cellulare, con tutti i contro che ne derivano, per cui in teoria tutto il lavoro fatto in fase di produzione va a farsi benedire. Nonostante questo però, gli addetti ai lavori che potenzialmente potrebbero pubblicare il tuo disco sono molto attenti alla qualità sonora e alla produzione quindi è ancora una prerogativa di qualità e professionalità. Sono anni che ci affidiamo a Simone Pietroforte dei Divergent Studios, il quale oltre che un caro amico è un professionista incredibile. Se l’album suona così bene è tutto merito suo perché ci ha permesso di poter sperimentare e di ottenere quello che volevamo da tanti anni. Lo consideriamo un membro aggiuntivo della band assieme a Francesco Petrelli che ci fa da sound engineer ormai 2013.

“Beneath This Crown” ha l’appeal di una colonna sonora fantascientifica, ma è un vero e proprio concept oppure i brani sono slegati l’uno dall’altro?
No, l’album non è un concept, ogni brano ha una storia a sé sia a livello di liriche che a livello strumentale. I testi sono stati scritti da Tommaso e Albo (con piccoli miei contributi qui e lì), entrambi hanno approcci totalmente diversi, Tom è più introspettivo mentre Albo scrive più sul sociale. Per quanto riguarda la parte strumentale vera e propria, ci hai preso. Sono un grande estimatore dei film di fantascienza e soprattutto delle loro colonne sonore, che ascolto avidamente, specie Hans Zimmer. Abbiamo avuto la possibilità di sperimentare molto con i synth e volevamo raggiungere proprio quel risultato.

I brani sono caratterizzati da alti livelli di tecnica, ma qual è quello che vi ha dato più filo da torcere in fase di scrittura?
Se parlo dei brani che ho composto per la maggior parte personalmente, sicuramente “Daybreakers” , “Kings of Nothing” e “Multidimensional Hollow”ma per ragioni diverse. “Daybreakers” ha un riff parecchio strano che utilizza ottave su due corde diverse con una tecnica della mano destra che deriva dal country chiamata “hybrid picking” che utilizza insieme dita e plettro, farlo suonare “malvagio” ma con groove è stata una sfida, per non parlare dell’apertura melodica del ritornello. Trovare il feeling giusto e le note giuste non è stato facile. Per quanto riguarda “Kings of Nothing” e “Multidimensional Hollow” sono due brani molto progressive con parecchi riff, atmosfere e “key changes” oltre che ad avere entrambe degli assoli di chitarra parecchio ostici per il sottoscritto. Cerco sempre di spingermi ai limiti delle mie possibilità, e quindi ho voluto inserire partiture fusion nella composizione degli assoli di chitarra per cambiare un po’ le carte in tavola.

In attesa della ripresa dei live, quali saranno le vostre prossime mosse?
Sicuramente la promozione di “Beneath This Crown” al momento è al primo posto della lista. Se il disco riceverà i favori del pubblico sarà più facile per noi andare in tour e fare concerti quando sarà il momento. Come ho già detto, stiamo lavorando con il management e la label per trovare una booking agency che possa metterci in tour, abbiamo già un paio di opzioni sul tavolo che dovremo valutare presto. Sicuramente il supporto del pubblico sarà fondamentale. Se l’album vi piace, ascoltatelo in streaming, compratelo su iTunes e comprate merchandising e i dischi fisici non appena saranno disponibili. Ora più che mai per le band è fondamentale questo tipo di supporto. Grazie a tutti e a voi in particolare per lo spazio concessoci.

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