Death SS – The Entity

Torniamo, dopo qualche anno, nel mondo oscuro e affascinante dei Death SS, storica band italiana capitanata da Steve Sylvester. Proprio il Vampiro ci ha raccontato il concept dietro il nuovo album “The Entity”, pubblicato sotto la guida del produttore inglese vincitore di Grammy Tom Dalgety. Il disco esplora temi legati all’occultismo, alla letteratura gotica e alla storia, intrecciando influenze artistiche e narrative che spaziano da Aleister Crowley a James Hogg e Robert Louis Stevenson.

Bentornato Steve, “The Entity” sembra intrecciare occultismo, letteratura e storia. Qual è stata la scintilla iniziale che ha dato vita a questo concept?
“The Entity” è un concept esoterico-horror composto da 12 tracce dedicate all’Entità, lo spirito paranormale che da sempre è al centro del progetto artistico Death SS. L’idea di base mi venne diversi anni fa, parlando con il mio amico James Hogg. James è l’ultimo discendente dell’omonimo scrittore scozzese che nel 1824 scrisse il romanzo “The Private Memoirs and Confessions of a Justified Sinner”, una magistrale satira gotica sui paradossi della fede e sul tema della duplicità dell’animo umano, considerato il precursore del celebre romanzo di Robert Louis Stevenson “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”. Entrambi i romanzi esplorano il “lato oscuro” dell’uomo e la sua doppia natura, quella buona e quella malvagia. Partendo da questa ispirazione ho incluso vari altri elementi, che vanno da Aleister Crowley, che cerca di liberare l’uomo risvegliandone il genio artistico attraverso le sue invocazioni magiche, per poi proseguire con personaggi storici come Jack lo Squartatore e il pittore Walter Sickert, e anche di fantasia, come una delle eroine dei fumetti erotici italiani degli anni ’70 Cimiteria e molto altro ancora, fino a ricollegarsi alla storia della band.

Crowley è una figura chiave nel concept dell’album. In che modo il suo pensiero e i suoi scritti hanno plasmato la narrazione di “The Entity”? E cosa ha rappresentato in generale per i Death SS, anche alla luce di un album, per esempio, come “Do What You Wilt”?
Mentre in “Do What Thou Wilt” la figura di Aleister Crowley e della sua filosofia era preponderante, essendo quell’album interamente dedicato all’argomento, su “The Entity” la sua presenza è solo marginale. Qui Crowley è solo la scintilla che fa partire il concept, colui che nel primo brano evoca l’Entità e quindi innesca tutto il racconto. Sicuramente la sua figura è importante per l’ispirazione dei testi dei Death SS e, come vedi, in un modo o nell’altro fa sempre capolino nei nostri dischi.

Nella nostra precedente intervista, hai parlato di cicli artistici e di un ritorno naturale alle origini. “The Entity” rappresenta un nuovo inizio per i Death SS o segna il compimento di un altro ciclo creativo?
Penso che “The Entity” sia un elemento a sé stante, che non fa un particolare riferimento alla nostra storia artistica passata ma ne riassuma comunque i principali connotati. Musicalmente è un album “classico” con influenze metal che vanno dagli anni ’70 agli ’80 pur con una sua “modernità”. Essendo un concept, tutte le canzoni sono in qualche modo collegate tra di loro come diversi atti di una stessa opera e questo lo fa assomigliare stilisticamente ad una sorta di dark-musical. Sotto questo aspetto è quindi un nuovo ciclo creativo rispetto a quanto proposto fino ad ora dalla band, una nuova sfida…

L’album include riferimenti a James Hogg, Robert Louis Stevenson, Jack lo Squartatore e altri. Come hai scelto questi personaggi e come si collegano alla vostra visione dell’occulto?
Come ti ho detto prima, i personaggi dei romanzi di Hogg e Stevenson sono un punto di partenza, uno spunto per l’intreccio narrativo del concept, così come le loro connessioni con altri personaggi, reali o immaginari. Ognuno di loro è un elemento di quella “parte oscura” che costituisce la nostra visione dark e occulta che, in tutte le sue molteplici sfaccettature, fa da sempre parte della nostra produzione artistica. I Death SS si sono sempre orientati verso ogni forma di “horror”, da quello mutuato dai romanzi e dalla letteratura gotica a quello ispirato all’iconografia cinematografica di genere e dai fumetti. Il “male” ha mille volti e lo si può trovare ovunque, anche e soprattutto nella quotidianità. La sfida che il “male” rappresenta, per la ragione e la scienza, ha portato a vari approcci interpretativi, attribuendo la sua origine a numerosi e vari elementi come la volontà divina, i sentimenti morali, la struttura dell’universo, la libertà individuale, la ragione umana, la cultura, l’evoluzione biologica e tecnologica, l’architettura stessa del cervello umano… Di conseguenza il modo di concepirlo varia sempre nel tempo e da individuo a individuo. “The Entity” e i suoi personaggi rappresentano quindi la nostra visione artistica personale ed attuale di questo argomento.

Nell’album si parla, anche, di un’entità primordiale che esalta il lato oscuro degli individui. È una metafora per qualcosa di più personale o rappresenta un concetto esoterico preciso?
Un po’ entrambe le cose. Si tratta sicuramente di una percezione personalizzata ma secondo gli insegnamenti di Crowley il “dio occulto” o l’Entità era un mezzo per liberare l’uomo dalla sua schiavitù insegnandogli ad esprimere il suo genio latente. Per questo praticava dei riti il cui scopo era stabilire il contatto con entità extraterrestri e non-umane al fine ultimo di trascendere le limitazioni della personalità e realizzare la Coscienza Cosmica, adempiendo così la formula magica del Nuovo Eone. L’Entità da lui evocata asserisce di essere una forza primordiale che ha sempre convissuto nel mondo degli uomini attraverso la possessione a vari livelli di determinati individui “eletti”, esaltando in essi quella che veniva comunemente considerata la “parte malvagia”, quell’energia repressa dell’animo umano che, se sviluppata senza preconcetti e restrizioni morali, può portare ad un processo trasformativo dell’individuo, nonché all’accrescimento del suo potenziale artistico e creativo.

Steve Sylvester e Tobias Forge (Ghost)

Negli anni hai più volte reso tributo alle tue influenze musicali, soprattutto attraverso le cover che hanno trovato spazio negli album, negli EP e nei singoli dei Death SS. Ma sono curioso di scoprire se in qualche modo, oggi tu sei influenzato da band che a loro volta sono state influenzate dai Death SS. Penso, per esempio, ai Ghost, che in qualche modo hanno voi tra le loro influenze e che oggi hanno un successo planetario. In qualche modo, la loro rilettura dei vostri canoni estetico/musicali ha influenzato i Death SS del 2025?
Non direi che i Death SS del 2025 abbiano subito delle influenze dai Ghost. Conosco e stimo Tobias Forge e credo che se pensi di sentire qualche similitudine nel sound delle nostre due band sia dovuto solamente al fatto che entrambe condividiamo gran parte del background musicale. I nostri punti di riferimento del genere “dark-horror” sono sempre gli stessi e hanno radici negli anni ‘70. Infatti anche in questa nuova occasione ci siamo cimentati in una cover tratta dal repertorio dei Black Widow.

Com’è stato lavorare con un produttore di fama come Tom Dalgety, che ha collaborato con band come Rammstein e Ghost?
Mi sono trovato molto bene con Dalgety. È un grande professionista e ha capito subito quello che stavo cercando di realizzare. Ha voluto ascoltare bene le demo version dei brani e poi ne abbiamo discusso assieme. Siamo entrati subito in sintonia e abbiamo entrambi concordato che il tipo di suono finale doveva risultare classico e potente, molto lineare e diretto. Alla fine siamo rimasti entrambi molto soddisfatti.

L’album è anticipato da quattro edizioni speciali con vinili colorati e una copertina sagomata. Puoi raccontarci di più su questa scelta e sull’importanza dell’aspetto visivo?
Gli EP di cui parli sono solo delle limited edition in poche centinaia di copie, destinate ai collezionisti interessati a questo tipo di prodotti. Da cultore del vinile ho sempre dato molto importanza ad avere delle copie “fisiche” dei miei dischi, anche se si tratta di tirature molto limitate che di per se non incidono minimamente nel mercato attuale. Non si tratta quindi di una mossa “commerciale” ma piuttosto di soddisfare una precisa esigenza artistica per quella ristretta cerchia di fans che sono attenti a questo tipo di cose. Per questo partecipo personalmente alla realizzazione degli artwork assieme a grafici esperti come Roby Manini, in modo che l’aspetto visivo delle realizzazioni sia sempre curato e particolare.

Dahlila e Jessica aggiungono un elemento scenico alle esibizioni. Come si integra la loro presenza con la musica e il concept dell’album? Dopo l’uscita di “The Entity”, avete in programma concerti particolari o spettacoli che enfatizzino l’aspetto teatrale e occulto del disco?
Dhalila e Jessica sono parte integrante della band, Il loro compito è quello di rappresentare teatralmente le canzoni che noi musicisti suoniamo sul palco. Lo sarà quindi anche in occasione di “The Entity”, per lo meno per le canzoni estratte da quest’album che intendiamo riproporre in sede live. Per il momento le potete vedere nei quattro video clip che abbiamo pubblicato.

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