The Ossuary – Requiem for the Sun

Nel ventre oscuro dell’underground europeo, tornano a risuonare i rintocchi funebri delle campane della premiata fucina The Ossuary. Un nuovo lugubre capitolo che sa di fine e rinascita: “Requiem for the Sun”, ancora una volta fuori da fine maggio per Supreme Chaos Records. A rispondere alle nostre domande è Max, voce e battito cardiaco dietro il collettivo, che ci conduce tra le pieghe di un disco più introspettivo, viscerale e contaminato che mai. Tra mutazioni di formazione — con l’assenza di un bassista stabile e nuovi ingressi tra le ossa —, registrazioni frammentate e un’estetica che vira verso il grigio più plumbeo, il nuovo lavoro riflette una trasformazione: ma tranquilli, gli Ossuary pur cambiando pelle, restano fedeli al loro spirito: un rock doom psichedelico che scava, come uno scalpellino di mausolei funebri, nella carne della memoria e dell’anima.

Bentornato Max, sin dal primo ascolto appare chiaro che il nuovo album, “Requiem for the Sun”, differisce dal vostro disco di esordio, ma se tra il primo e l’ ultimo, ascoltiamo anche “Southern Funeral” e “Oltretomba”, probabilmente è più facile intravedere la traccia che ha condotto al vostro sound attuale. Ma ai tempi di “Post Mortem Blues” avresti mai pensato che nel giro di quattro dischi saresti arrivato a qualcosa di simile a “Requiem for the Sun”?
In realtà parliamo di qualche anno fa oramai, agli inizi volevamo semplicemente suonare “dark & doomy” heavy rock, le cose si sono evolute spontaneamente nel frattempo e ci hanno portato allo stato attuale. In effetti non potevo immaginare questo tipo di evoluzione sonora, forse il bello è proprio lì, produrre musica senza starci troppo a pensare, in fin dei conti non mai abbiamo voluto dei paletti che delimitassero lo spettro sonoro della band. Se un domani volessimo, potremmo anche incidere un album di psychedelic folk o synth-oriented, l’importante è che ci soddisfi e che sia buona musica.

Credo che questa volta sia più evidente rispetto al passato l’influenza di gruppi come Blue Oyster Cult e certa psichedelia. Conoscendoti, so che questi gruppi hanno fatto sempre parte del tuo background, ma come ti spieghi che siano emersi così prepotentemente in questa stagione artistica della tua vita?
E’ interessante vedere come certe influenze vengano percepite da orecchie esterne in maniera più preponderante rispetto ad altre, non è un mistero il fatto che mi piacciano tutte quelle band di heavy rock prog psychedelico anni 70 e i B.O.C. non fanno eccezione. L’ unica spiegazione che riesco a darmi è che probabilmente per supportare al meglio le melodie di alcuni brani siano inconsciamente venuti in aiuto i classici “hooks” in stile B.O.C. Ho scoperto la band negli anni ’80 quando per curiosità comprai a scatola chiusa il doppio album dal vivo “On Your Feet On Your Kees” attratto dalla fantastica cover. Sulle prime mi suonavano davvero strani ma poi a furia di ascolti l’ album è “cresciuto” e mi sono innamorato del sound della band e così negli anni a seguire ho poi acquistato altri dischi. Credo siano una band eccezionale, in Italia ed Europa a mio parere non hanno mai raccolto il successo che meritavano ma quello è il destino di tante altre grandi band americane di quegli anni, dai misconosciuti Captain Beyond e Bloodrock, ai più famosi Grand Funk Railroad ed Iron Butterfly…

Come è stato registrato il disco?
Per motivi logistici ognuno di noi ha registrato separatamente le proprie tracce, ma è andata nello stesso modo anche per “Oltretomba”. A parte i primi due dischi dove registravamo tutti insieme su tracce separate, da lì in poi abbiamo cambiato modalità.

Anche la formazione ha subito delle variazioni e attualmente, che io sappia, non avete un bassista di ruolo nella line-up. Ti va di fare chiarezza su questi avvicendamenti? E chi si è occupato delle parti di basso in studio?
Lo split è avvenuto all’ indomani della pandemia, ad un certo punto ognuno nella band aveva priorità diverse, alcuni di noi hanno fatto delle scelte che non potevano farci più proseguire nel modo in cui volevamo per cui è diventato fisiologico separarci. Abbiamo cambiato chitarrista facilmente, Alex collaborava con noi quasi dagli inizi come session live guitarist e video maker, ma ancora non abbiamo trovato un bassista full time per cui alla fine le tracce di basso le ha registrate Lorenzo, il nostro sound engineer e ha fatto un ottimo lavoro. E’ stato facile per lui chiudere in breve tempo anche perché è un bravo bassista, tra le altre cose conosce bene la band avendo prodotto tutti gli album, incluso quest’ultimo.

Questi cambi hanno in qualche modo influenzato il mood generale del disco, che mi sembra molto più grigio rispetto a quello dei suoi predecessori? Anche la copertina, è la meno colorata di sempre…
In realtà io e Stiv eravamo disposti a ricominciare con altri elementi nella band perchè dopo qualche anno ci siamo accorti che necessitavamo nuova linfa vitale e creativa per proseguire. II mood più oscuro in generale è dipeso da altri fattori, alla fine gli Ossuary sono una entità astratta guidata dal sottoscritto, i membri cambiano ma il concept rimane lo stesso, sicuramente “Requiem For The Sun” è un album maggiormente introspettivo…

A livello tematico, invece, ci sono delle novità?
In passato c’erano molti riferimenti al lato oscuro della storia e del folklore locali, prendevamo ispirazione da dei fatti storici e dalle credenze popolari per esprimere dei concetti a noi vicini, col passare del tempo sono venuti progressivamente meno i riferimenti diretti alla cultura locale, o per lo meno sono diventati meno evidenti. Non mi piace ripetermi, soprattutto a livello concettuale. Sono cambiato negli anni e di conseguenza cambia anche il mio approccio alla musica, sento il bisogno di esprimermi diversamente e dire cose nuove ogni volta. Di sicuro gli Ossuary oggi affrontano temi più personali, più intimistici.

Avete collaborato con Costin Chioreanu per il video musicale di “Far From The Tree. Quanto è importante la narrazione visiva per completare e comprendere la vostra musica?
Costin è un mago degli animation video e grafico professionista che lavora con nomi come Jethro Tull, Candlemass, Voivod, Carcass, Mayhem, Ghost, Tribulation, Corrosion Of Conformity, Diamond Head e tanti altri artisti internazionali. Ci conosciamo dai tempi in cui lavoravo per gli Entombed AD per cui ci siamo beccati anni fa per la prima volta sul set di uno dei suoi video per la band. Gli piacciono molto gli Ossuary e qualche anno fa ha realizzato il video di “Ratking”. Quando è arrivato il momento di realizzare un nuovo video per il primo “singolo” dell’album, gli ho inviato un paio di brani e lui è rimasto particolarmente colpito da “Far From The Tree” decidendo però questa volta di utilizzare una tecnica diversa (action painting) e chiedendomi informazioni dettagliate sul concept del brano. Credo il risultato sia fantastico: musica, parole ed immagini sono perfettamente legati tra di loro rendendo il brano ancora piu’ epico ed onirico.

Siete noti come una delle migliori band live in Italia. Cosa possono aspettarsi i fan dai vostri prossimi spettacoli in supporto a “Requiem for the Sun”? Quali dei nuovi brani proporrete?
Torneremo a suonare dal vivo in Italia a Maggio in occasione dell’ uscita dell’ album e proporremo prevalentemente l’ultimo album e qualche brano tratto dai primi tre album.

A questo proposito, ci sono date in programma?
Suoneremo a Bari, Matera, Frosinone e Cremona, come see us on the road!

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